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QUARTO CAPITOLO

1. BRAND NAMES: LA MODA INTERNAZIONALE E LA MODA CINESE A CONFRONTO

1.2 I FASHION BRAND NAMES CINESI: TRATTI DISTINT

Il presente paragrafo si focalizzerà sulla creazione di fashion brand names cinesi al fine di comprendere quali strategie vengono predilette e quali caratteri sono maggiormente utilizzati nel mondo della moda. Così come nel paragrafo precedente, verranno anche confrontate le quattro sottocategorie considerate nell’analisi condotta nel terzo capitolo per evidenziare se e quali differenze sussistono nella creazione di un brand name quando le categorie di appartenenza si distinguono tra loro per alcune caratteristiche, come il tipo di abbigliamento o la popolarità.

In merito alle strategie di creazione dei quaranta fashion brand names cinesi, è bene sottolineare fin da subito la varietà delle tecniche di formazione utilizzate: sono state ben 11 le strategie di creazione utilizzate su un campione di 40 marchi di abbigliamento. Andando in ordine decrescente, la strategia più utilizzata è la composizione, ovvero il metodo di formazione più utilizzato in lingua cinese per formare le parole (cfr. par. 2.2 e 4.3, cap.1). Sono 14 i brand ad essere stati formati attraverso tale strategia e molti composti sono del tipo modificatore-testa, dove il modificatore indica una qualità o caratteristica particolare e, di conseguenza, permette di trasmettere un messaggio chiaro e diretto nei confronti dei consumatori. Il primo dato risultante dall’analisi dei quaranta brand di abbigliamento cinesi è identificativo, poiché la strategia principalmente utilizzata può essere definita, così come è stato fatto nel terzo capitolo, ‘cinese per eccellenza’; il fatto che la composizione, appunto il metodo di formazione delle parole cinesi più usato, sia anche la prima strategia a cui la lingua cinese attinge per creare brand names rimanda all’importanza che il valore semantico ha nella creazione di un marchio cinese e, quindi, del significato che viene trasmesso grazie a determinati caratteri.

La seconda strategia più utilizzata è quella dei ‘nomi stranieri’ (cfr. par. 4.7, cap.1): 10 brand sono stati resi con l’intento di assomigliare da un punto di vista fonetico ad un brand internazionale. Anche questo dato si dimostra interessante poiché indica la volontà di avvicinarsi al mondo occidentale e il fascino che tale mondo esercita sui consumatori cinesi per le associazioni positive connesse con i prodotti occidentali. Aver scelto tale strategia per ben 10 marchi su 40, e quindi far

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sì che si posizioni al secondo posto tra le modalità di creazione più utilizzate, mostra quanto questo fascino occidentale sia sempre più evidente, importante e sicuramente non trascurabile.

Le due strategie successive utilizzate rispettivamente per 3 marchi sono: ‘i termini esistenti’ (cfr. par. 4.2, cap.1) e l’apposizione, per cui si aggiunge un nome comune (nei casi che vedremo il nome di un animale) ad un nome proprio. Per quanto riguarda l’utilizzo dei termini esistenti, questa strategia può riconfermare la volontà di creare dei marchi definiti nel corso del capitolo 3 come marchi ‘cinesi per eccellenza’, ovvero brand che attingono a parole di uso comune o simboliche per la tradizione culturale cinese. In merito all’apposizione, vedremo in seguito come questa strategia si rivela particolarmente vincente per la categoria di abbigliamento in cui è stata utilizzata.

Altre tre modalità adottate per la formazione dei fashion brands cinesi sono: l’utilizzo di una lingua straniera (2 nomi), ovvero la scelta di un nome in una lingua europea, che mostra quanto il mondo internazionale influenzi le scelte del mercato cinese; l’adattamento fonetico (cfr. par. 5.2, cap.1), utilizzato per creare 2 nomi (1, per la precisione, creato con la strategia del clipping partendo da un adattamento fonetico), mostra quanto sia importante che un marchio nato in Cina suoni come un nome straniero adattato in cinese per coinvolgere positivamente i consumatori; infine, tra i brand di abbigliamento per bambini due sono i marchi che sono stati creati attraverso la ripetizione di alcune sillabe/caratteri che compongono il nome del brand stesso. Ci soffermeremo sotto su questa strategia.

Infine, i restanti 4 brand names sono: un marchio alfanumerico (cfr. par. 4.6, cap.1), all’interno del quale l’unione tra le lettere latine e i numeri arabi; un marchio numerico, quindi composto esclusivamente da numeri, i quali, come evidenziato nel paragrafo 4.1.1. del primo capitolo, hanno un valore simbolico nella tradizione culturale cinese; un marchio creato attraverso la strategia del

blending (cfr. par.1, cap.1), quindi l’unione di due o più parti di parole già esistenti, che in questo

caso specifico, ovvero 大魔王 Damowang, sono le parti dei cognomi dei fondatori, tendenza interessante di cui parleremo nel paragrafo successivo; in ultimo, un marchio creato a partire da un 成语 chéngyǔ (cfr. par. 4.4, cap.1), che può essere considerato come un brand ‘cinese per eccellenza’ poiché nasce da un tipo di espressioni idiomatiche che occupano una parte importante nel patrimonio culturale e linguistico cinese.

Alla luce di quanto affermato finora, è chiaro come il cinese utilizzi svariati metodi per creare il nome di un marchio, prestando attenzione sia ai fattori fonetici che a quelli semantici. Se si pone l’attenzione sulle strategie scelte per creare i quaranta fashion brands selezionati, oltre alla principale volontà di confermare l’identità cinese con strategie come la composizione, i termini esistenti, i numeri e i 成语 chéngyǔ al fine di creare brand che siano ‘cinesi’ e che quindi abbiano caratteristiche prettamente cinesi, sia dal punto di vista linguistico che culturale, si nota anche la volontà di farsi spazio sul mercato globale, l’influenza positiva che i prodotti occidentali esercitano sui consumatori cinesi, e questo grazie ai brand names che assomigliano a nomi stranieri, all’uso di nomi in una lingua straniera e di nomi che sono il risultato dell’adattamento fonetico di un termine straniero. Tale doppia tendenza, di cui parleremo anche in seguito, è una caratteristica interessante che non può essere trascurata e che risulta essere rilevante ai fini della ricerca condotta nel presente elaborato.

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Passiamo ora alle strategie utilizzate per la creazione dei brand names nelle quattro sottocategorie selezionate per la nostra analisi. Per quanto riguarda la prima sottocategoria, quella dell’abbigliamento di lusso, si evince una notevole varietà di strategie adottate per creare i dieci brand di alta moda.

La strategia più utilizzata è quella della composizione: 4 brand su 10 sono delle parole composte. Comparando questo dato con i brand di alta moda internazionali, si evince un dato interessante, poiché se per il primo campione di alta moda (si veda cap.2) il metodo di resa più utilizzato è stato l’adattamento fonetico, quale mira principalmente alla pronuncia e al suono del brand name, nel secondo campione di moda di lusso (si veda cap.3), l’attenzione si focalizza principalmente sul significato che le parole composte trasmettono. Questo permetterebbe di fare, pertanto, una netta distinzione tra un brand straniero che viene reso in cinese ed uno, sempre di alta moda, che nasce in Cina. In seguito, 2 brand sono stati formati secondo la strategia dei ‘nomi stranieri’, pertanto, non manca la volontà di creare marchi di alta moda che assomiglino a quelli internazionali e che implichino, quindi, associazioni positive con i prodotti occidentali. Seguono altre quattro strategie, ovvero 4 brand creati rispettivamente con: i termini esistenti, il blending, la combinazione di numeri e lettere latine e, infine, l’utilizzo di un nome in una lingua straniera. Dai risultati ottenuti, è interessante ribadire come i nomi cinesi cerchino principalmente di veicolare un significato e di mandare, quindi, un messaggio ai consumatori che rispecchi aspetti della cultura cinese o che rimandi all’influenza del mondo occidentale.

Così come per la prima sottocategoria, anche per quanto riguarda il mondo dell’abbigliamento non di lusso, è possibile notare una netta preferenza per l’utilizzo della strategia della composizione, poiché ben 6 brand su 10 sono parole composte; utilizzando parole come quelle che compongono i marchi 三福 Sanfu o 唐狮 Tonlion, si nota l’importanza che determinati simboli hanno nella cultura cinese e che vengono, dunque, trasmessi ai destinatari grazie all’uso di questa strategia. Ancora una volta, si evince la presenza di marchi dall’identità cinese ben marcata. È interessante sottolineare come, anche qui, la seconda strategia più utilizzata sia quella dei ‘nomi stranieri’: 2 brand su 10 assomigliano foneticamente a marchi che potrebbero sembrare internazionali e, dunque, non manca nemmeno in questo caso l’influenza del mondo occidentale. Infine, le ultime due strategie utilizzate sono: i termini esistente e l’uso di una lingua straniera (l’inglese in questo caso). La doppia volontà di cui si parlava in precedenza è, quindi, presente anche in questa seconda sottocategoria.

Anche nella terza sottocategoria in questione, ovvero l’abbigliamento sportivo, sono varie le strategie utilizzate, sei per la precisione. Dei dieci brand names analizzati in questa categoria, 3 sono parole composte, più specificamente composti con struttura modificatore-testa, come nel caso di 安踏 Anta (āntà ‘sicuro-camminare’) o 特步 Xtep (tèbù ‘speciale-passo’). Oltre all’utilizzo di numeri arabi termini esistenti, due strategie che risultano interessanti sono l’utilizzo di ‘nomi stranieri’ e dell’adattamento fonetico, che come è stato già detto in precedenza, è una strategia di resa e non di creazione. La presenza di marchi sportivi creati con questo tipo di permette di confermare come l’influenza del mondo occidentale sia evidente anche nel mondo sportivo. Infine, a confermare l’importanza della tradizione culturale cinese, è in questa sottocategoria che è stato fatto riferimento all’uso dei 成语 chéngyǔ per formare il nome di un brand name sportivo.

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Infine, è proprio nell’ultima sottocategoria, ovvero l’abbigliamento per bambini, che troviamo il maggior numero di brand creati attraverso l’utilizzo di ‘nomi stranieri’: 4 brand su 10 hanno un nome che ricorda nomi stranieri e, quindi, che si concentrano sull’aspetto fonetico, ovvero sono costruiti come se fossero adattamenti fonetici di parole straniere. Oltre a questi quattro marchi, sono altri due brand a essere stati creati prestando attenzione al suono e alla pronuncia: 2 marchi su 10 sono stati formati attraverso la ripetizione di alcune sillabe/caratteri, strategia che risulta particolarmente adatta perché, come è stato detto nel paragrafo 1.5 del capitolo 3, ricorda le lallazioni dei bambini, i primi destinatari dell’abbigliamento in questione, e sembrano essere di facile memorizzazione. Seguendo con le modalità di creazione, una strategia utilizzata in questa sottocategoria è quella di cui parlavamo in precedenza, ovvero l’apposizione: ben 3 marchi su 10 sono stati creati attraverso l’aggiunta di un’apposizione (più specificamente il nome di un animale) ad un nome proprio, come ad esempio 叮当猫 DDCat o 杰米熊 JMBear. Così come affermato nel corso del terzo capitolo, l’utilizzo di nomi di animali per brand di abbigliamento per bambini sembra essere particolarmente adeguato. Infine, 1 brand su 10 è stato formato con la strategia della composizione, dove tre termini esistenti (precisamente tre colori) sono stati affiancati l’un l’altro per formare il brand name; scelta, ancora una volta, vincente perché attinge al mondo dei bambini.

Alla luce dell’analisi effettuata, emerge una varietà di strategie utilizzate per la creazione dei

brand names cinesi.

Nel paragrafo seguente, l’ultimo dell’elaborato, faremo un confronto tra la resa dei brand names internazionali e i brand names cinesi nell’ambito della moda.