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I L TURISMO ATTRAVERSO UNA PROSPETTIVA ANTROPOLOGICA

Il turismo costituisce un'occasione di contatti culturali, confronti tra alterità, oltre che uno dei settori economici più dinamici e importanti al mondo. Le origini del turismo vanno ricercate, certo in forma diversa, nel bisogno umano di riposo e svago attraverso viaggi terapeutici, religiosi o sportivi, abitudini già diffuse nella civiltà greca e rafforzatesi nell'Impero Romano107. I romani

facoltosi erano soliti praticare la villeggiatura, allontanandosi dalla chiassosa città, tanto che, come ricorda Graburn, «[t]he very word vacation comes from the Latin vacare, "to leave (one's house) empty," and emphasizes the fact that we cannot properly vacation at home»108.

Nel corso del medioevo i pellegrinaggi religiosi rappresentarono l'occasione predominante di ampio spostamento, quando i viaggi erano legati a grandi fatti storici quali le crociate, il giubileo o le indulgenze

Alcuni secoli più tardi, a partire dal XVII secolo, il turismo cominciò a trovare le sue prime vere radici nella pratica del Grand Tour, un viaggio con fini educativi che i rampolli delle classi privilegiate europee e gli artisti più facoltosi intraprendevano alla scoperta di Paesi stranieri. Mete privilegiate per l'arricchimento umano e culturale erano Parigi, la Germania, i Paesi Bassi, la Svizzera e naturalmente l'Italia, esotica e ricca di storia. Uno dei viaggi più famosi è senza dubbio quello di Goethe, giunto fino in Sicilia e a Palermo. Prima dell'Ottocento l'assenza di reti viarie imponeva viaggi lenti, scomodi (a dorso di multo), dispendiosi e rischiosi. Il treno favorì la massificazione del trasporto e una sconvolgente percezione diversa di distanze e velocità, cambiamento dei tempi di cui i quadri di Turner sono emblematiche rappresentazioni.

Oggi la situazione si è ulteriormente sviluppata se si pensa che nel solo 2014 gli abitanti dei 28 Paesi dell'Unione Europea hanno realizzato circa 2,6 miliardi di pernottamenti all'estero109. Un

esercito di viaggiatori, come mette in evidenza Marco Aime, «[i] turisti sono sani, parlano quasi tutti l'inglese, sono un popolo in crescita vertiginosa. Inoltre hanno già elaborato un loro sistema di credenze, una mitologia molto complessa, dei propri modi di vestirsi, mangiare, viaggiare».110 Le

parole dell'antropologo italiano si possono collegare a quelle di Erve Chamber che sottolinea quanto il turismo non riguardi solo il guadagno economico e le trasformazioni socioculturali che questo

107Giuseppe Rocca, Dal prototurismo al turismo globale. Momenti, percorsi di ricerca, casi di studio, Torino, G. Giappichelli Editore, 2013, p. 6.

108Nelson H. H. Graburn, Tourism: The Sacred Journey, in in Valene L. Smith, Hosts and Guests. The Anthropology of Tourism, Philadelphia, The University of Pennsylvania Press, 1989, p. 23.

109http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Tourism_statistics/it

110Marco Aime, Un'antropologia dell'incontro, La Ricerca Folklorica, n. 56, Antropologia del turismo, Ottobre 2007, p. 3. A proposito della situazione del turista odierno e delle convinzioni che lo caratterizzano, Enzo Nocifora sottolinea: «Viaggiamo per sottoporre a verifica le informazioni, vere o presunte, consapevolmente o inconsapevolmente acquisite, su di una realtà che, più o meno precariamente, è entrata a far parte del patrimonio collettivo di conoscenze esistente nel nostro paese.» in Itineraria. Dal Grand Tour al turismo postmoderno. Lezioni di sociologia del turismo, Pescara-Milano, Le Vespe, 2001, pp. 18-19.

genera ma «[i]t is also about the uses of power and about the ways people choose to represent themselves»111. L'antropologia del turismo studia perciò questi fenomeni in quanto essi stimolano

processi e producono beni materiali e immateriali. L'approccio antropologico si differenzia da quello economico per concentrarsi su aspetti più difficilmente quantificabili ma pregni di valore. Il prodotto collaterale del turismo è l'esperienza, un prodotto che varia da individuo a individuo. Boorstin mosse una critica alla fruizione turistica della società di massa statunitense, rea a suo avviso di accontentarsi di realtà illusorie, appositamente inventate, da lui definite pseudo-eventi (The Image: A Guide to Pseudo-events in America, 1962). Egli intente con questo termine delle situazioni pianificate, riproducibili, ambigue nel proprio significato ma prevedibili nella loro realizzazione. Ne consegue una "perdita dell'arte del viaggio", nella forma diffusa all'epoca del Grand Tour, poiché la ricerca dell'esotico compiuta dal viaggiatore odierno risulta una falsificazione costruita appositamente per lui. L'autenticità che si presenta agli occhi del viaggiatare difficilmente si discosta dalle sue aspettative, basate su idealizzazioni auto-ricorsive. Cooperano allo stabilizzarsi di tali immagini le pubblicità e le rappresentazioni mediatiche. Non sono da meno i percorsi turistici guidati che semplificano e appiattiscono la realtà agli occhi di viaggiatori soddisfatti di vedere ciò che in fondo si aspettano, come ho potuto personalmento notare nel corso dei tour tematici all'interno del mercato di Ballarò, a Palermo, promossi per fornire uno scorcio della realtà attraverso gli occhi dei migranti112.

Prosegue le ricerche di Boorstin, ma senza il suo atteggiamento pregiudizievole, Dean MacCannell il quale inquadra il turismo in una cornice marxista e strutturalista e fa dell'autenticità il soggetto del suo studio. MacCannell contesta a Boorstin l'idea che i turisti siano superficiali o che le loro esperienze siano moralmente inferiori e si rifà al concetto di frontstage e backstage, già espresso da Goffmann. Quest'ultimo distingue tra chi compie, chi fruisce e chi è esterno alla performance sociale che prende vita nel luogo d'incontro. Se il frontstage è lo spazio dove l'interazione tra gli attori assume coerenza, il backstage è quello spazio che divide e si occulta allo sguardo superficiale degli spettatori. Per gli attori in gioco in questa interazione è necessaria una certa mistificazione che convalidi la realtà mostrata sul frontstage. Infatti ciò che si dice o si fa nel backstage potrebbe discreditare la performance sul "palcoscenico". Inoltre la vita dei nativi è costantemente esposta ai loro "relevant others"113, il vicinato e i conoscenti, e in tale contesto non si genera un'ansia

sull'autenticità. Secondo MacCannell il turista brama di sentire vicinanza e l'intimità di essere "uno di loro", di condividere la vera vita dei luoghi visitati, e per questo viene allestita quella che lo

111Erve Chambers, Native tours: the anthropology of travel and tourism, Long Grove, Waveland Press, 2000, p. 31. 112Si veda il capitolo etnografico dedicato a Ballarò, p. 55.

113Dean MacCannell, The tourist: a new theory of the leisure class, Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1999, p. 93.

studioso definisce "staged back region"114. I turisti hanno la possibilità di gettare qualche occhiata,

appositamente permessa, in ciò che percepiscono come autentico. Non è però sempre facile comprendere cosa sia genuino e cosa sia mediato, dato che il confine tra frontstage e backstage non è qualcosa di fisso. Erik Cohen riprende e si confronta con MacCannell, a suo giudizio troppo generalista, non essendo possibile comprimere la varietà dell'esperienza turistica a schemi fissi. L'uomo contemporaneo a suo avviso ricerca l'autenticità secondo gradi e intensità diversi. Fondamentali sono per Cohen gli studi sullo straniero di Simmel, la sociologia di Park e il concetto di commercializzazione dei rituali di Greenwood. Certo, come MacCannell, anche Cohen condivide l'idea che il turista ricerchi l'autenticità. Tuttavia, se per MacCannell l'autenticità è un dato acquisito, per Cohen esso è negoziabile e socialmente costruito115. L'analista sociale e il mediatore

che si occupa di turismo dovrebbe perciò riconoscere il desiderio del turista e agire di conseguenza. Il concetto di autenticità, così perseguita come il tesoro dell'esperienza turistica, viene a identificarsi con la ricerca "sacra" di senso in Graburn. Lo studioso, rifacendosi a Edmund Leach, individua nel tempo della vacanza uno scarto dalle fatiche routinarie, in un processo che vede l'alternanza tra periodo ordinario, momenti di rottura e ritorno allo stadio iniziale, e perciò sostiene che il turismo «provides an aesthetically appropriate counterpart to ordinary life116». A livello simbolico il viaggio

con fini turistici diventa quindi una versione moderna delle feste tradizionali religiose. L'ottenimento di simboli e souvenirs (materiali o "digitali") contribuisce a dare all'esperienza una propria identità. A differenza di Graburn, Dannison Nash analizza il fenomeno turistico sotto l'aspetto economico, nel contatto tra coloro che fruiscono del surplus di tempo libero (leisure) e coloro che lavorano tramite chi spende le risorse di quel tempo. Si genera dunque per sua natura una disparità di potere tra i due poli, aspetto che va considerato anche nella creazione e sviluppo di aree turistiche. La produzione di un immaginario e la costruzione di strutture (viarie, alberghiere, ecc...) che permettano l'accessibilità mentale e fisica all'area può in gradi diversi coinvolgere la popolazione locale. Mentre questa può giovarsi ed essere attivamente coinvolta nella creazione di punti d'attrazione, i turisti non hanno la necessità di essere coinvolti nella vita profonda della società ospitante. Per tale ragione l'antropologia del turismo può interessarsi di studiare le conseguenze che può comportare l'introduzione di nuove realtà socioculturali dall'esterno 117. Nel caso di studio di

Matteo Sgobino, ad esempo, viene analizzato il fenomeno del Ladakh Festival, nel Kashmir indiano, che dal 1993 attrae per due settimane turisti «alla ricerca di un viaggio intriso di

114Dean MacCannell, op. cit., p. 99.

115Erik Cohen, Authenticity and Commoditization in Tourism, in Annal of Tourism Research, Vol. 15, 1988, p. 374. 116Nelson H. H. Graburn, op. cit., p. 28

117Dannison Nash, Tourism as a Form of Imperialism, in Valene L. Smith, Hosts and Guests. The Anthropology of Tourism, Philadelphia, The University of Pennsylvania Press, 1989, p.

"spiritualità e "autenticità" rigeneratrici118». Il Festival si adegua alle esigenze dei turisti, con lo

sconvolgimento delle tempistiche del lavoro nei campi degli autoctoni, e influenza anche la produzione artigianale locale, affinché i souvenirs siano a misura di valigia. Similmente anche a Palermo, come si vedrà nell'etnografia qui condotta, il cibo di strada spesso si adegua nelle forme e nella fruizione ai turisti, pronti a immortalarsi in autoscatti con i propri "esotici" pasti119.

118Matteo Sgobino, Turismo e giochi di rappresentazione nella cultura ladakhi, La Ricerca Folklorica, n. 56, Antropologia del turismo, Ottobre 2007, p. 42.

119«Il turista con il suo sguardo seleziona, secondo un'idea e un'esigenza precisa, gli oggetti del suo viaggio rendendoli materiale esotico e fotogenico», ibidem.

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APITOLO

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TNOGRAFIA