• Non ci sono risultati.

I riscontri esterni: a) le intercettazioni

Nel documento SVOLGIMENTO DEL PROCESSO (pagine 46-49)

Quanto ai riscontri esterni alle dichiarazioni accusatorie dell'Olino, essi discendono in gran parte dalle conversazioni captate a seguito dell'attività d'intercettazione disposta dall'A.G. trapanese nell'ambito del procedimento penale ivi pendente: dal contenuto dei dialoghi intercorsi tra i parenti del maresciallo Provenzano, uno dei soggetti, cioè, chiamati in causa dall'Olino nel suo racconto, siccome risultante dall'elaborato peritale dell'ausiliario nominato in questa fase, depositato l'11.3.11, risulta accertato, infatti, a parere della Corte, che il “trasferimento” del Vesco e di altri a Sirignano, secondo le descritte modalità, avvenne e che fu determinato dall'intenzione degli investigatori di

condurre un interrogatorio “duro”, stanti le altalenanti dichiarazioni dell'arrestato, circostanza questa che, da sola, è già idonea a riscontrare il racconto dell'Olino e, ancor prima, le accuse formulate all'epoca dai fermati.

Va, intanto, premesso che il contenuto di detti dialoghi deve considerarsi assolutamente genuino: ciò è confermato dallo stretto rapporto di parentela che unisce i conversanti ad uno dei soggetti accusati dall'Olino (il maresciallo Provenzano) e dalla palese preoccupazione di costoro per l'azione che veniva portata avanti dalla magistratura.

Nessuna millanteria, quindi, sulla condotta attribuita alla squadra del Russo, secondo quanto risulta dai dialoghi, poiché le fonti di conoscenza dei conversanti attingono alle notizie che a costoro erano state riferite dallo stesso Provenzano, stando alle parole, assolutamente credibili, dei suoi familiari.

In particolare, in data 13.9.08, rispettivamente alle ore 11.24.08, in entrata sull'utenza 091-599715 intestata ed in uso a Provenzano Giovanni e alle ore 11.51.39, in uscita da detta utenza, venivano intercettate, nell'ambito del procedimento n. 546/08 contro ignoti (trattasi del procedimento pendente presso la procura di Trapani proprio per il duplice omicidio di Alcamo Marina) una conversazione (progr. 528) tra Lina (moglie di Provenzano Giovanni) e Michele (figlio del predetto) e subito dopo un'altra, questa volta tra la predetta Lina e la figlia Rossana (progr. 529).

Nel corso della prima telefonata, il figlio Michele chiama per tranquillizzare la madre sui motivi della convocazione del padre presso la procura di Trapani.

L'uomo spiega alla madre, chiaramente preoccupata, che il procedimento è scaturito dalle dichiarazioni di un ex carabiniere sui fatti di Alcamo che ha chiamato in causa la squadra dell'allora capitano Russo che, pur non avendo competenza territoriale, aveva preso parte a quelle indagini a causa del fatto che l'omicidio aveva riguardato due carabinieri. L'uomo continua esponendo alla madre le informazioni assunte e commenta la vicenda ridimensionandone il peso e riconducendo il tutto al fatto che, nell'occorso, gli investigatori avevano al

più potuto dare “...un po' di legnate, e magari falsificato ... nel senso che … si portava in un posto e magari li c'era l'armadio, la parete di un colore...”. La madre, avuto tale chiarimento, replica dicendo di ricordarsi che il marito le aveva raccontato che avevano “...cambiato la disposizione dei mobili...”. I due commentano le scarse possibilità che l'Olino venga creduto a fronte di un verbale facente fede, a tal fine bastando che gli accusati si trincerassero dietro un “non ricordo”, tenuto anche conto del lungo lasso temporale che li separava dai fatti. La donna, in particolare, ribadisce nel prosieguo della conversazione che il marito le aveva raccontato che avevano cambiato la disposizione dei mobili, in modo che quello che “...era stato in quella stanza non ci si ritrovava più...”, con il che viene a superarsi ogni dubbio in ordine al fatto che la stessa potesse fare riferimento, in maniera generica, ad una “prassi” seguita per gli interrogatori, trattandosi invece proprio di un episodio relativo alle indagini per l'omicidio dei due carabinieri.

Dopo le “rassicurazioni” del figlio Michele, la donna chiama la figlia Rossana e nel corso di tale conversazione si riceve definitiva conferma in ordine alla circostanza che, in quell'occasione, alcuni fermati erano stati portati in un posto diverso dalla caserma e che erano stati sottoposti ad atti di violenza (“...allora mi ricordo che papà mi disse che c'era Di Bona che le dava.. … omissis … … VF2: ma non solo Di Bona, c'erano ma...la mano sul fuoco papà la mette su Scibilia che dice che non si è mai … non ha voluto mai partecipare a queste cose anzi lui dice che si allontanava proprio … e papà che non … lui il comandante ma non si metteva in prima persona capisci? … … omissis … … VF1: ma io in tutto questo tempo puntualmente … infatti proprio quell'episodio

… ho detto vuoi vedere che era quello la proprio … perché poi tra l'altro papà l'ha raccontato più di una volta, non è che non lo racconta... VF2: si … a noi l'aveva raccontato … infatti io … quello gliel'ha detto esattamente così come lo sapevo io infatti ...VF1: si … VF2: io gli ho detto guarda che questo qua papà me l'aveva raccontato a suo tempo, ah dice … hai visto che è vero allora? VF1:

e certo che è vero … … omissis … … VF2”: … … omissis … … vedi non era di competenza manco della squadra di Palermo di andare ad indagare a Trapani alla zona di Alcamo... è successo ad Alcamo, non era competenza loro, però siccome si trattava di due Carabinieri, questi se ne sono fregati della competenza e sono partiti in quarta... VF1: e questo è un altro danno vedi … perché non solo l'hanno … in questo caso mamma, è proprio sequestro di persona”). E' evidente l'estremo interesse del dialogo tra madre e figlia: la prima appare impegnata a convincere la seconda che è tutto a posto; la seconda, invece, sembra decisamente più consapevole della gravità delle accuse che vanno ben al di là del “falso non dimostrabile” ipotizzato dal fratello, concernendo il trasferimento di soggetti fermati da una caserma ad un luogo imprecisato ad opera di un manipolo di militari dell'Arma, altrove funzionalmente dislocati, giunti ad Alcamo in assetto per così dire “punitivo”.

Le conferme ricavate dal contenuto delle conversazioni sin qui commentate non risultano minimamente scalfite (né avrebbero potuto esserlo, stante la chiarezza dei dialoghi intercettati e la qualità delle persone in esse impegnati, parenti stretti del Provenzano) dall'esame testimoniale dei due figli del predetto, essi stessi protagonisti di quelle conversazioni, escussi all'udienza del 20.1.2011.

Nel documento SVOLGIMENTO DEL PROCESSO (pagine 46-49)