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I. Ambiente, risorse, territorio e spopolamento in aree di montagna: problematicità e

4. Territorio

4.2 L’identità territoriale

Oggi lo studio, l’interpretazione e l’analisi dell’identità rivestono un’importanza maggiore rispetto al passato, assumendo sempre più caratteri fondamentali, basti pensare come, negli ultimi anni, molti territori abbiano avviato processi di sviluppo incentrandoli principalmente sul tema della valorizzazione delle identità locali. Territorio e identità consentono la creazione di relazioni che trascendono i luoghi, avviandosi in direzione di piani di sviluppo locale che manifestano la necessità di coesione sociale e autenticità in grado di promuovere sviluppo e competitività. Tali fattori, appunto, rappresentano il patrimonio intangibile, che non solo è in grado di implementarne il valore aggiunto e la visibilità, ma incrementando la competitività sostiene e favorisce il benessere delle comunità locali. Per questo lo studio del territorio deve partire e concentrarsi molto sugli aspetti identitari dello stesso, della sua gente, entrandovi in stretto contatto.

Secondo Raffestin (1981, p. 149), «il territorio è generato a partire dallo spazio per mano di un attore sintagmatico (un attore che realizza un programma), che, appropriandosi concretamente o astrattamente dello spazio, territorializza lo spazio.» L’ attore sintagmatico pensato da Raffestin altro non è che ogni individuo quando, relazionandosi in qualche modo con uno spazio, gli elementi e gli aspetti che lo contraddistinguono, crea quello che definiamo un territorio.

«Seguendo questa concezione il territorio è considerato come “produttore” di memoria (Piveteau 1995) e, contemporaneamente, “creatore” di un codice genetico locale (Magnaghi 2000), in cui si intrecciano risorse e valori che si sono costituiti nel passato, ma la cui valorizzazione permette di conferire un senso al presente e al futuro» (Dematteis, Governa 2005, p. 22).

Il connubio di tali presupposti ci evidenzia e chiarisce come, quella che è l’identità collettiva dei soggetti, non venga definita tenendo conto di una vicinanza fisica tra di essi, quanto più dal sentimento d’appartenenza, dal «senso del luogo» (Dell’Agnese, 2001, p. IX) e dall’agire collettivo di tali soggetti, considerati da Dematteis (Dematteis, Governa, 2005, p.22) come «portatori di pratiche e conoscenze, costruttori di territorio e di nuove logiche di riferimento identitario ai luoghi».

Come indicato nel testo "Identità territoriali", esiste una differenza importante tra «uno studio che vuole interpretare un territorio e uno che intende rilevarne l’identità, in quanto il primo può essere

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condotto senza coinvolgere la collettività locale, il secondo non ne può prescindere» (Banini, 2013, p.12).

Sostanzialmente l’identità territoriale non è un dato appreso, bensì è un processo che si costruisce via via nella società, tra gli individui. Essendo essa dinamica, si sviluppa partendo dalle peculiarità materiali e immateriali del territorio e dalle reciproche interrelazioni che la popolazione ha con esso. Assume un carattere dinamico per come essa si modifica, tanto nel tempo quanto nello spazio, regolando, in qualche modo, le relazioni sul territorio. L’identità implica quindi provvedimenti, ridefinisce i confini territoriali e il suo modo di segnarli, agendo direttamente sull’organizzazione dello spazio. Essa è stata definita in vari modi attraverso approcci culturali ogni volta dominanti che l’hanno di volta in volta vista come un processo piuttosto che una condizione.

Pollice ha fornito un’importante interpretazione dell’identità, vista come «prodotto socioculturale,» la quale «può essere oggetto di interesse geografico quando diviene elemento plasmante degli assetti territoriali o, più in generale, quando determina, o è in grado di determinare, modificazioni strutturali, relazionali e di senso nello spazio geografico» (Pollice, 2005, p.76). Egli vuole dimostrare come la prerogativa geografica dell’identità non sia vincolata alla prospettiva spaziale del fenomeno identitario, ma sia usata per riprodurre quei legami, quelle reti di relazioni che costituiscono un territorio. In questo senso l’identità si rivela e ci rivela quella che è la relazione intima che lega e unisce, sostanzialmente, una determinata comunità con lo spazio nella quale essa vive. Questo spazio, che partecipa alla descrizione delle identità (Corinto, 2016a), è chiaramente da intendersi come il contesto dove viene in qualche modo raffigurata l’attività degli individui, riassumendone i valori storici e culturali che vengono via via prodotti e riprodotti.

Il territorio stesso rappresenta un ambito costituito e formato da relazioni che chiaramente si sono costruite nel tempo come risultante della sommatoria di tutti i processi culturali che lo hanno interessato e caratterizzato. Per Dematteis (1996) il passaggio da terra a territorio si manifesta quando «vi sono comunicazioni, quando è strumento ed oggetto di lavoro, di produzione, di scambio, di cooperazione» (Saquet, 2012, p. 74).

Tali aspetti indicano come l’identità territoriale sbocci attraverso un processo generato da una comunità, la quale, mediante atti territorializzanti, conquista culturalmente un determinato ambito spaziale (Pollice, 2005, Corinto, 2016b).

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L’identità è intesa come una «rappresentazione soggettivamente variabile e non necessariamente condivisibile» (De Rubentis, in Banini, 2013, p. 37), mentre il territorio non si limita ad un confine, ma all’identificazione di elementi, relazioni, obiettivi e organizzazione.

L’identità di un territorio è un concetto molto ampio, che possiede molte interpretazioni e significati, ma comunque relazionato e legato alle caratteristiche organizzative ed alle funzioni che un territorio si ritiene svolga nello spazio (Corinto, 2016b). L’identità territoriale, secondo la Banini, è «l’esito di un processo sociale, quando cioè la collettività che risiede o opera a vario titolo in un dato territorio partecipa all’individuazione di significati, specificità e obiettivi del territorio stesso, dimostrando, così facendo, di prendersi cura dello spazio in cui si trova a vivere» (Banini, 2011, p. 45).

Appare indispensabile a questo punto indicare l’esistenza di due differenti categorie relative alle dinamiche identitarie; quelle di identità di luogo e identità del luogo. La prima è «quella parte dell’identità personale che deriva dall’abitare in specifici luoghi», mentre la seconda è definita «sulla base delle rappresentazioni o immagini più condivise, a livello di gruppi e comunità, relative al luogo in questione» (Banini, 2013, p. 11). Rappresentano due concetti molto importanti perché permettono di tenere distinti i due livelli di articolazione del discorso sull’identità, quello individuale e quello collettivo. Differenziare i due concetti consente di non attribuire all’identità la proprietà di “identificazione nel luogo” (Banini, 2013) da parte della collettività. Questo difatti talvolta non rappresenta la realtà delle e certamente necessita di verifiche.

Lo studio del territorio mediante la rilevazione delle sue identità rappresenta uno strumento basilare in chiave di progetti di sviluppo, ma, in tal senso, occorre adoperarsi con particolare attenzione, come indicato dalla Banini: «l’interpretante-geografo (…) può formulare una proposta concreta per individuare i costituenti identitari di un certo luogo, fermo restando che spetterà alla collettività locale scegliere quali riferimenti adottare e, soprattutto, se incamminarsi o meno in un processo di costruzione o ri-costruzione dell’identità territoriale» (Banini, 2013, p. 12).