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4. L’indagine parlamentare

4.1. Il “branco” Ambrosiano

“Non sono mai stato iscritto alla P2 e nessun documento esiste per provarlo”.

“Ho conosciuto Gelli da terze persone nel 1976, non ho partecipato a nessuna attività comune di nessun genere, sono stato talvolta consultato per indicazioni pertinenti al lavoro che svolgo”. “Se fosse esperto o non esperto questo è un problema che non mi sono mai posto, anche perché io non ho mai fatto affari con lui”358.

Delle registrazioni delle audizioni del Presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi rimangono in testa le sue risposte ermetiche, dalle quali è quasi possibile disegnarne i lineamenti: capelli tinti e volto pallido, una certa angoscia nelle parole che porta addosso il segno della sconfitta. Se leggiamo le sue risposte, siano esse legate al mondo dell’editoria, della politica, della finanza, troviamo un deserto di contenuti dal quale è impossibile far nascere anche la sola speranza di un’interpretazione.

Compito di questo paragrafo non è quello di ricostruire le segmentazioni economiche, le ricapitalizzazioni finanziarie e in generale la storia del Banco Ambrosiano e del suo Presidente. Così come non interesseranno i suoi legami torbidi con ambienti del mondo ecclesiastico, politico e piduista. Questi legami sono stati ampiamente sviscerati dallo stato dell’arte ed esiste una ampia bibliografia su cui non abbiamo tempo di insistere e alla quale rimando in una pur significativa bibliografia359. Ciò che interessa, è capire in che modo la Commissione indagò il rapporto tra finanza e P2 dal momento che essa era stata chiamata ad “accertare l'origine, la natura, l'organizzazione e la consistenza dell'associazione massonica denominata Loggia P2, le finalità perseguite, le attività svolte, i mezzi impiegati per lo svolgimento di dette attività”360

Sotto questo aspetto le testimonianze più illuminanti sui rapporti che si erano instaurati tra Licio Gelli e Roberto Calvi erano rese dalla vedova del banchiere milanese, Clara Canetti

.

358 CP2, Resoconti stenografici, Audizione Roberto Calvi del 20 gennaio 1982, 2-ter/I, p. 752 e ss.

359 L. Gurwin, The Calvi affair: death of a banker, MacMillan, London, 1983; G. Piazzesi, Storia di Roberto

Calvi, Longanesi, Milano, 1984; C. Raw, La grande truffa: il caso Calvi e il crack del Banco Ambrosiano,

Mondadori, Milano, 1984; F. Pinotti, Poteri forti, Bur, Milano, 1985,

360 Camera dei Deputati, VIII Legislatura, Atti e Documenti, Leggi, 23 settembre 1981, n. 527, Istituzione di

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Calvi, e dai figli nel corso degli interrogatori tenuti da una delegazione parlamentare recatasi appositamente negli Stati Uniti, dove la famiglia Calvi si era trasferita dopo la morte del Presidente dell’Ambrosiano. Il 6 dicembre 1982 la signora Calvi aveva rivelato di aver conosciuto Licio Gelli e il suo sodale Umberto Ortolani al Grand Hotel di Roma: “Sono venuti loro da noi ed abbiamo fatto una colazione a quattro, perché mio marito ci teneva che li conoscessi, o che loro conoscessero me. Quella è stata la prima occasione in cui li ho visti. Poi Ortolani è venuto spesso a casa nostra, mentre invece abbiamo visto Gelli solo due o tre volte”. Di fronte alle domande della Presidente sul tipo di protezione che Gelli garantiva a suo marito la Signora Calvi rispondeva che la funzione del capo della P2 era quella di guarda spalle, “perché aveva tanti nemici: per esempio, per motivi di concorrenza. Insomma lui mi diceva che era il suo protettore e che finché ci fosse stato Gelli nessuno l'avrebbe toccato, o gli avrebbe fatto del male”361

Queste audizioni permettevano di mettere assieme alcuni dati utili all’indagine. In particolare Clara Canetti Calvi, spiegando il canovaccio delle protezioni di cui godeva il marito, specificava che esse esistevano “più che altro nel mondo politico” e che “Gelli faceva anche da mediatore”. La figura di Gelli retrocedeva da gran manovratore dei destini della Repubblica verso la più modesta figura di mediatore, “avido di denaro”, di cui Calvi si era servito per incrementare i propri affari. Un uomo attento al soldo più che alla bandiera, a cui “brillavano gli occhi e tremavano le mani quando sentiva parlare di soldi”

.

362

. Sulla stessa frequenza il figlio del Presidente dell’Ambrosiano, Carlo Calvi, rispondeva al senatore del Movimento Sociale Italiano Giorgio Pisanò, sottolineando il parallelismo tra Gelli e suo padre, stretto al punto che “una volta uscito di scena Gelli, la parabola di Calvi era entrata politicamente in crisi”363

Benché l’accertamento della penetrazione piduista all’interno del mondo della finanza fosse stata affidata ad un ristretto gruppo di lavoro, a dimostrazione di quanto il tema interessasse da vicino tutti i partiti era stata l’intera Commissione a prendere in carico la spinosa questione in seduta plenaria.

.

Non era la prima volta che il paese assisteva ad eventi che scuotevano violentemente la solidità apparente del sistema finanziario italiano. Avvenimenti che si intrecciavano ad alcuni mali endemici della società: corruzione, esportazione di valuta all’estero. Ma recidere tali collegamenti, isolare e battere la grande delinquenza organizzata togliendole ogni copertura da parte del sistema finanziario, inserire il sistema all’interno di una logica

361 CP2, Allegati alla relazione, Resoconti stenografici, 2-ter/VI, Audizione di Clara Canetti Calvi del 6

dicembre 1982, p. 555. 362 Ibid.

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programmatoria di sviluppo e di trasformazione, erano obiettivi che superavano probabilmente le forze, sicuramente le prerogative di una Commissione di inchiesta parlamentare. L’errore derivava in gran parte da una inadeguatezza culturale nell’affrontare tali problemi. Forse altri dalla Commissione avrebbero dovuto spiegare perché fosse stata garantita protezione e immunità a Roberto Calvi lasciandolo libero di proseguire e sviluppare considerevolmente le proprie attività.

Era noto che il Gruppo Ambrosiano avesse avuto in passato rapporti di affari con la Democrazia Cristiana. Dopo i legami con la curia di Milano, la direzione del Banco Ambrosiano aveva instaurato rapporti tutt’altro che chiari con il bancarottiere Michele Sindona e con il Vaticano. Inoltre era nota la presenza di Sebastiano Rumor, fratello sacerdote dell’ex primo ministro Mariano nel Consiglio d’amministrazione della Banca Cattolica del Veneto, satellite Ambrosiano. E ancora, il salvataggio di organi di informazione democristiana come il “Gazzettino” di Venezia, caro all’ex ministro Bisaglia, che nel 1979 doveva tre miliardi all’INPS e dieci alla Cassa di Risparmio di Venezia, toglievano ogni dubbio sugli appoggi reciproci che per tutti gli anni Settanta avevano caratterizzato il percorso dell’istituto milanese364

Il muro di protezione di cui usufruì il Banco durante tutto il decennio Settanta aveva respinto chiunque provasse ad avvicinarsi all’istituto milanese. Esemplare era stata la vicenda che coinvolse il Governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi e il capo dell’Ufficio Ispezione Mario Sarcinelli, coscienziosi controllori delle banche italiane, tra i pochi a cercare di far luce sugli affari del Banco Ambrosiano con ispezioni e verifiche.

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Contro di loro si era scatenato un terremoto politico e giudiziario. Il 13 luglio 1977 il senatore democristiano Vincenzo Carollo aveva presentato un’interrogazione parlamentare per conoscere i finanziamenti erogati dall'Istituto Mobiliare Italiano, l’IMI, nel cui comitato esecutivo sedeva all’epoca dei fatti anche Paolo Baffi365. A seguito dell’interrogazione Carollo, era partita un’inchiesta dalla Procura di Roma su presunte irregolarità nelle procedure di emissione dei crediti.Baffi e Sarcinelli erano stati accusati di aver nascosto alla magistratura inquirente un rapporto stilato dagli ispettori della Banca d’Italia sui finanziamenti erogati; inoltre si accusava il governatore di aver agito per coprire proprie responsabilità, in quanto ex membro del comitato esecutivo dell’IMI. Nel suo libro “Un eroe borghese” Corrado Stajano scriveva:

Nell’affare Baffi–Sarcinelli c’è una sostanziale ripetitività con l’affare Ambrosoli- Sindona, più bruciante, più tragico. I giornali che attaccano il governatore e il suo modo

364 Cfr. Atti del Convegno, Banco Ambrosiano: crisi di un sistema di potere, Milano 19 luglio 1982.

120 indipendente di guidare la Banca d’Italia sono gli stessi che hanno avallato Michele Sindona nelle sue avventure, disavventure e nel tentativo di salvataggio: “Il Fiorino”, “Il Borghese”, “Il Secolo d’Italia”, l’agenzia “Aipe” e l’Agenzia “OP” di Mino Pecorelli. Anche il gioco delle parti è lo stesso, uguali o simili i personaggi366.

Quali responsabilità politiche discendevano dalla vicenda Baffi-Sarcinelli lo ricordava “Repubblica” nel luglio 1982 sottolineando come “solo il Presidente del Consiglio o il Ministro del Tesoro avrebbero potuto fermare l’iniziativa contro la Banca d’Italia”. Ma a quell’epoca Presidente del Consiglio era Giulio Andreotti, politico certamente di razza ma che più di una volta era inciampato sulle parole in difesa di personaggi di dubbia onestà367

Se è difficile ricostruire le parole enigmatiche e dense di sottointesi di molti tra gli escussi che vennero ascoltati dalla Commissione P2 nell’ambito dell’affare Ambrosiano, per quanto riguarda le fonti ufficiali la Commissione aveva cominciato a focalizzare l’attenzione su quegli enti che avevano raccolto negli anni un’abbondanza di documenti che permettesse di vagliare accuratamente l’operato dell’Ambrosiano. La Commissione considerò infatti fondamentali ai fini dell’indagine l’acquisizione degli atti d’inchiesta seguita all’ordinanza del 6 febbraio 1982 con cui veniva instaurato presso la Procura della Repubblica di Milano un procedimento concernente “Fatti di cui al rapporto Bankitalia 17 novembre 1978 che potrebbero assumere penale rilevanza e diversi da quelli per cui è già stata esercitata l'azione penale”

. Mentre al Tesoro si erano succeduti prima l’onorevole Gaetano Stammati, noto per la sua appartenenza alla P2 e più tardi Filippo Maria Pandolfi.

368

Nell'ambito di tale procedimento era stata sequestrata tutta la documentazione esistente presso l'Ufficio Italiano dei Cambi e il Ministero del Commercio con l'estero concernente le irregolarità segnalate dalla Banca d'Italia in ordine ai rapporti intrattenuti tra il Banco Ambrosiano S.p.A., il Banco Ambrosiano Holding S.a. e la Cisalpine Overseas Bank di Nassau emersi in occasione degli accertamenti del 1978.

.

366 C. Stajano, Un eroe borghese. Il caso dell’avvocato Giorgio Ambrosoli assassinato dalla mafia politica,

Einaudi, Torino, 2005.

367

Nel 1974 Michele Sindona era stato salutato come “salvatore della lira”. Anni dopo, nell’elogio funebre scritto in seguito alla morte di Baffi, Andreotti si giustificava così: “Presiedendo il Governo, dovetti intervenire per sottolineare che la Banca d’Italia ha un ruolo così superiore e atipico che dovrebbe conseguirne una salvaguardia particolare persino nelle procedure penali. E potei farlo con una certa efficacia proprio perché (pur prendendomi da alcuni male parole e incomprensioni) non mi misi a polemizzare in pubblico, come altri fecero, dando addosso al giudice. […] I legionari della zizzania non persero tuttavia (né perdono) l’occasione per insinuare chi sa quali retroscena politici per lo svolgersi di quella penosa congiuntura.

368

CP2, Allegati, 2-quater/8/VIII, Documento 13, “Relazione della Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Milano alla Commissione P2 sui procedimenti penali pendenti relativi al Gruppo Ambrosiano e società collegate”.

121

Nell'ambito dei lavori sul Banco Ambrosiano la Commissione parlamentare aveva inoltre chiesto ed ottenuto importanti documenti anche dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio Italiano dei Cambi.

In particolare erano state ricevute le relazioni ispettive concernenti gli accertamenti, iniziati contemporaneamente il 17 aprile 1978, presso il Banco Ambrosiano S.p.A. - Milano, la Banca Cattolica del Veneto S.p.A. - Vicenza e il Credito Varesino - Varese, nonché la successiva corrispondenza intercorsa con il Banco Ambrosiano fino alla messa in liquidazione di tale istituto nel Giugno del 1982369

Parte di tali documenti era già stata pubblicata in altri volumi, ma la Commissione aveva comunque ritenuto importante effettuarne una raccolta organica con un raggruppamento per singolo istituto di credito legato al Banco Ambrosiano. La relazione ispettiva della Banca d’Italia comprendeva fra gli allegati anche alcuni riferimenti preliminari effettuati il 7 giugno 1978 in ordine ai rapporti in essere tra il Banco Ambrosiano ed il Banco Ambrosiano Holding S.a. - Lussemburgo

.

370

. Terminati gli accertamenti il 17 novembre 1978, in relazione alle incombenze previste dalla legge sulle “Disposizioni penali in materia valutaria”371

I fatti segnalati si riferivano “all’acquisto all' estero di azioni di alcuni istituti come la “Toro Assicurazioni”, il “Credito Varesino”. Nel corso del sequestro effettuato presso la GioLe di Castiglion Fibocchi era stata poi rinvenuta una copia della denuncia stessa

, Bankitalia aveva inviato nel Dicembre 1978 al Procuratore della Repubblica di Milano e per conoscenza al Ministero del Tesoro, una denuncia per evidenziare operazioni nelle quali riteneva sussistessero elementi di reato.

372

All’interno del “rapporto ispettivo”, composto da una corposa mole di documenti riservati, era possibile trovare i “Collegamenti finanziari e attività di intermediazione finanziaria, i rapporti finanziari con l'I.O.R., le relazioni finanziarie intrattenute con la Suprafìn S.p.A.”. Ciò che era contenuto nei documenti parlava molto più di mille audizioni. Vi era l’intera struttura economico-finanziaria estera e l'evoluzione dei rapporti del Banco con le principali imprese del gruppo: Banco Ambrosiano Holding S.a. di Lussemburgo, Cisalpine Overseas Bank Ltd di Nassau, l'Ambrosiano Group Comercial S.a. di Managua, nonché la descrizione dell'attività sviluppata dal Banco nel settore delle valute. In ordine a tali aspetti, la

.

369 CP2, 2-quater/8/ VI, Documento 2, Rapporto ispettivo della Banca d’Italia sul servizio di informazione dei

rischi bancari del Ambrosiano S. p. A. Visita effettuata dal 17 aprile 1978 al 27 novembre 1978.

370 CP2, Allegati, Vol. 2-quater/8/ III, doc. 19, Fotocopia della lettera interlocutoria in merito ai rapporti con il

Banco Ambrosiano Holding – Lussemburgo.

371

Legge 30 aprile 1976, n. 159.

372 CP2, Allegati, 2-quater/8/ VI, Reperto 2/A. Della documentazione sequestrata il 17 marzo 1981 a Castiglion

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Commissione aveva richiesto alla Banca d’Italia ulteriori notizie che riguardavano tutti gli aspetti significativi della gestione bancaria dell’Ambrosiano.

Insomma, dopo che il potere economico ed il potere giudiziario si erano mossi per conoscere le manovre di un istituto considerato sino a pochi anni prima intoccabile, adesso anche il potere politico per mano della Commissione doveva chiamare sé stesso ad esprimersi. Già l’onorevole Giuseppe Pisanu, sottosegretario al Ministero del Tesoro e delegato dal Governo a rispondere alle interrogazioni sull’Ambrosiano l’8 giugno 1982, aveva provato a fornire un panorama adamantino sullo stato di salute dell’istituto milanese,

che invece sarebbe crollato otto giorni dopo 373. Un tempo forse sarebbe andata

diversamente. Forse la vicenda del Banco Ambrosiano sarebbe passata sotto silenzio e Pisanu sarebbe diventato Ministro del Tesoro. Ma in quel contesto, il Banco falliva e Pisanu era costretto a dimettersi374

Certamente le condizioni politiche erano molto diverse rispetto alla fine degli anni Settanta. Finita l’esperienza di solidarietà nazionale, a capo di governi e ministeri non vi erano più politici come Giulio Andreotti capaci di mettere tutti d’accordo, nella discordia. La parola chiave sembrava essere “frammentazione”: frammentazione di partiti divisi in correnti, attenti a preservare il proprio interesse, consapevoli che ciò che stava cambiando era tutto un sistema valoriale e ideologico che era stato il punto di riferimento del decennio precedente.

.

Se guardiamo la congiuntura che va dal commissariamento del Banco Ambrosiano nel giugno 1982 alle elezioni che portano Bettino Craxi alla presidenza del Consiglio nel Luglio 1983, la cosa sembra di tutta evidenza: grande dispersione del voto, astensione, voto nullo, moltiplicazione delle liste, redistribuzione di voti a favore di partiti più piccoli375

373 In seguito alla conoscenza della natura dei suoi rapporti con Calvi e Carboni, Pisanu fu costretto a dimettersi

l'8 gennaio 1983.

. Il Censis coglieva una metamorfosi culturale della società italiana che definiva permeata da crescenti “modelli acquisitivi individuali” all’interno dei quali il declino delle ideologie si poneva come punto di partenza di una nuova prospettiva soggettiva. L’uomo che tornava a parlare di sé come individuo e non come categoria. Negli anni del trionfo liberista in tutto l’Occidente, in cui la formula “meno Stato più mercato” si cominciava a declinare quasi come ideologia di massa, l’uomo veniva posto al centro di una nuova riscoperta di sé. All’indomani del fallimento dell’Ambrosiano, un articolo pubblicato da “L’Espresso” non lasciava dubbi sul

374 S. Flamigni, Trame atlantiche. Storia della Loggia P2, Milano, 2005: “Sollecitato dal suo protetto Flavio

Carboni, il sottosegretario al Tesoro Pisanu si interessa attivamente, e senza averne alcuna autorità istituzionale, della vicenda Calvi-Ambrosiano. L’On. Pisanu incontra privatamente Calvi per ben quattro volte, sempre accompagnato da Carboni; l’ultimo incontro col banchiere della P2 è del 22 maggio 1982, quando Pisanu vola a Milano utilizzando l’aereo di Carboni, e scortato dal suo faccendiere sardo incontra Calvi.

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fatto che la frammentazione sociale fosse specchio e riflesso di una segmentazione politica: Guido Quaranta interpellava 12 ministri, ricavandone un quadro di confidenze al limite della rissa376

In questo contesto, le verifiche operate dalla Commissione d’inchiesta si incentravano sull’organizzazione, sullo stato degli impieghi, sulla situazione di liquidità e sulle singole partecipazioni possedute dall’istituto milanese.

.

Tutti aspetti su cui Bankitalia, il più autorevole organo di tutela delle banche italiane, aveva già cercato di far luce già negli anni passati, ottenendo tuttavia come risposta un secco rifiuto dall’Ambrosiano, soprattutto per tutto ciò che concerneva le partecipazioni estere di cui gli elementi informativi non erano desumibili né dai bilanci né dalle relazioni degli organi amministrativi e di controllo. La Banca d’Italia aveva posto all’attenzione della Commissione d’inchiesta un nutrito scambio di lettere di particolare interesse soprattutto per la novità dell'argomento che il Banco, con lettera del 7 aprile 1982, si impegnava a pervenire alla costituzione di una «holding» per una più trasparente gestione delle attività del gruppo377

Il 31 maggio arrivava sulla scrivania di Roberto Calvi una lunga lettera della Banca d’Italia nella quale si chiedeva “in risposta ai reiterati inviti rivoltigli” una “più concreta ed esauriente definizione dell’istituto sia nel settore interno che nel settore estero”

.

378

A fronte dell'invito a procedere in tempi brevi all'attuazione di un generale progetto di sistemazione delle partecipazioni, il Banco Ambrosiano aveva rassegnato un piano non giudicato tuttavia dalla Banca d'Italia aderente alla normativa vigente. La rete di lettere e richiami che richiedeva la normalizzazione del Banco Ambrosiano, una visione chiara dei . La Banca d’Italia chiedeva di conoscere il rischio finanziario legato alle consociate estere del Banco Ambrosiano, la Overseas di Nassau, la Group Commercial di Managua, il Banco Andino di Lima. Davanti alle cifre allarmanti il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, aveva chiesto una serie di interventi immediati “per ragioni di ordine pratico e giuridico”, tali da “esercitare una efficace azione di vigilanza”.

376

G. Quaranta, Vogliamoci male! Possono collaborare tra loro ministri che si giudicano l’un l’altro come

nelle dichiarazioni che qui riportiamo? “L’Espresso”, 18 luglio 1982.

377 CP2, 2-quater/8/VI, p. 407 e ss., Corrispondenza intercorsa tra la Banca d’Italia e il Banco Ambrosiano

nell’esercizio del potere conoscitivo di cui all’art. 31 della legge bancaria, orientata ad ottenere informazioni sui rapporti del Banco con le società del gruppo; vd. in particolare, Lettera del Banco Ambrosiano alla Banca d’Italia del 7 aprile 1982, p. 737 e seguenti.

378

CP2, 2-quater/VIII/6, Allegati, Documento 7, “Lettera dell’amministrazione centrale della Banca d’Italia al Banco Ambrosiano del 28 maggio 1982”. Vedere anche: Corrispondenza intercorsa tra la Banca d’Italia ed il Banco Ambrosiano nell’esercizio del potere conoscitivo di cui all’art. 31 della legge bancaria, orientato ad ottenere informazioni sui rapporti del Banco medesimo con le società del gruppo.

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rapporti degli istituti ad esso collegati, si stringeva come una morsa attorno a Roberto Calvi, fino al 9 giugno 1982, giorno in cui scomparve.

La Commissione d’inchiesta ascoltò Roberto Calvi due volte, il 20 gennaio e il 24 marzo 1982. Ma avrebbe voluto interrogare una terza volta l’uomo che come un giocoliere sembrava aver intrecciato il proprio destino con “preti e massoni, onorevoli e servizi segreti”

ma al quale ormai, per dirla con Enzo Biagi, “cominciava a cadere qualche pallina”379

La stampa si era scatenata: “Fine di un’avventura” scriveva Eugenio Scalfari sulle colonne di “Repubblica”, descrivendo il banchiere come un uomo “circondato da avventurieri, legato da interessi oscuri ma corposi con vere e proprie bande d’arrembaggio”