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CAPÍTULO 2: PROPUESTA DE TRADUCCIÓN DE EL CAPITÁN ZHEIMER DE NACHO

3. Il capitano

L

’alba del giorno seguente aveva riconciliato gli animi nella casa. Pietro era andato a lavorare come al solito. Lo aspettava una lunga giornata di riunioni. Anna si arrangiava come poteva con il disastro di Nico, che non voleva mai alzarsi dal letto.

Ormai era diventato un rituale. Il nonno di Nico e sua madre lo accompagnavano a scuola tutti i giorni. Al ritorno, Anna conciliava le faccende domestiche con il suo lavoro di graphic designer e, chiaramente, con l'assistenza di suo suocero che, al momento, non le richiedeva un grande sforzo. Anna era cosciente che l’Alzheimer stava avanzando nel signor Nicolas, e che prima o poi non sarebbe stata più in grado di prendersi cura di lui. Ma era disposta a tutto pur di tenere unita la sua famiglia il più a lungo possibile.

Non voleva vedere soffrire suo marito, anche se lui non riusciva a capacitarsi della malattia di suo padre che, fin dall’inizio, non aveva nemmeno voluto accettare. Non poteva voler credere ai propri occhi che il gran signor Nicolas, suo padre, non era più così grande o, almeno, questo era quello che credeva.

Quel pomeriggio Nico tornò a casa contentissimo, poiché non aveva compiti. E quando entrò dalla porta fece un solenne saluto:

«Ciao, CAPITANO!»

Il signor Nicolas, che era mezzo addormentato sulla sua sedia a dondolo, rispose aprendo gli occhi:

«Ciao Giuseppe.»

«Nonno, non mi chiamo Giuseppe, mi chiamo Nico.»

«Eeh infatti quello che ho detto, Giuseppe» rispose convinto suo nonno. «Va bene- sorrise Nico, che iniziava ad abituarsi alle sviste di suo nonno-.

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— Pues nada, aquí estoy, esperando a que pase el tren.

— ¿El tren? ¡Qué guay! —exclamó Nico siguiéndose la corriente—. Y… ¿a dónde vamos?

— A París, nos vamos a París. Oh la la! Oh. Paris!

— ¡Próxima parada…París!

— ¡Pasajeros al tren! ¡Pasajeros al tren!

— Será mejor que cierres las ventanillas, no sea cosa que nos coja frío — indicó

a su nieto.

Rápidamente Nico cerró las ventanillas imaginariamente y volvió a poner la cara de velocidad que tanto le gustaba poner en aquellas aventuras.

— ¿Capitán? ¿Crees que estaremos en París a tiempo para merendar con

Napoleón?

— ¿Merendar con quién?

— Con Napoleón Bonaparte, el general — contestó ilusionado el nieto. — ¿Con quién? —volvió a preguntar el señor Nicolás haciéndose el sordo.

— Con Napoleón, el emperador de Francia. El genio militar que comandó las

mayores batallas nunca vistas en Europa y que…— Nico detuvo su discurso al

ver que su abuelo no se estaba enterando de nada, y no es que estuviera sordo, simplemente no recordaba a Napoleón.

Él mismo le había contado miles de historia sobre Napoleón, unas buenas y otras no tan buenas, pero según su abuelo, la historia era la historia. Y ahora, montado en su mecedora, su abuelo, profesor de historia durante cuarenta años, no recordaba a Napoleón.

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«Niente di che, sono qui, sto aspettando che passi il treno.»

«Il treno? Che forte! - esclamò Nico dandogli corda-. E.… dove andiamo?» «A Parigi, andiamo a Parigi.»

Uh la la! Oh Paris!

«Prossima fermata… Parigi!»

«Passeggeri a bordo! Passeggeri a bordo!»

«Sarebbe meglio se chiudessi i finestrini, non vorrei mai prendessimo freddo» consigliò a suo nipote.

Nico chiuse rapidamente i finestrini immaginari e si buttò a capofitto in quelle avventure che tanto gli piacevano.

«Capitano? Pensi che arriveremo a Parigi in tempo per fare merenda con

Napoleone?»

«Fare merenda con chi?»

«Con Napoleone Bonaparte, il generale» rispose entusiasta il nipote.

«Con chi?» chiese di nuovo il signor Nicolas, facendo finta di essere sordo e di non aver capito.

«Con Napoleone, l’imperatore della Francia. Il genio militare che comandò le più

grandi battaglie mai viste in Europa e che…» Nico interruppe il suo discorso

vedendo che suo nonno non stava capendo niente e non perché fosse sordo, semplicemente perché non si ricordava di Napoleone.

Lui stesso gli aveva raccontato migliaia di storie su Napoleone, alcune belle e altre un po’ meno ma, secondo suo nonno, la storia era la storia. E adesso, seduto nella sua sedia a dondolo, suo nonno, professore di storia per quarant’anni, non si ricordava di Napoleone.

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— Pues eso, Capitán, que llegaremos justo a la hora de merendar, ya lo verás. — Nico disimuló el juego con una sonrisa forzada.

Su abuelo le mantuvo fijamente la mirada durante unos segundos, parecía esforzarse por comprender lo que le decía su nieto, pero… al mismo tiempo sus ojos dejaban entrever su impotencia. Parecía pedirle perdón a Nico, pero no sabía por qué debía pedirlo.

La madre de Nico entró en el salón y detuvo el juego. Era la hora de la merienda y el anciano debía tomarse sus pastillas. Ayudó a levantarse al señor Nicolás y le acompañó a la cocina.

Nico se sentó en la mecedora, acababa de jugar con su abuelo pero le había quedado un sabor agridulce. «No puede ser. Mi abuelo no recuerda al mismísimo

Napoleón. Sé que está enfermo, mis padres me lo explicaron, la cabeza está fallando, pero… a mi abuelo le apasionaba la historia, ha sido su vida, no se le puede haber borrado. No es justo».

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«Beh niente Capitano, arriveremo giusto in tempo per fare merenda, e lo vedrai» Nico dissimulò l’accaduto e continuò il gioco con un sorriso forzato.

Suo nonno mantenne lo sguardo fisso su di lui per alcuni secondi, sembrava si stesse sforzando di capire cosa gli stava dicendo suo nipote, ma… allo stesso tempo i suoi occhi lasciavano intravedere la sua impotenza. Sembrava stesse chiedendo scusa a Nico, ma non sapeva perché doveva farlo.

La madre di Nico entrò in salotto e pose fine al gioco. Era ora di fare merenda e il nonno doveva prendere le sue pastiglie. Aiutò il signor Nicolas ad alzarsi e lo accompagnò in cucina.

Nico si sedette sulla sedia a dondolo, aveva appena giocato con suo nonno, ma questo gli aveva lasciato un po’ di amaro in bocca. «Non può essere. Mio nonno

non si ricorda di Napoleone in persona. So che è malato, i miei genitori me l’hanno spiegato, la sua memoria lo sta abbandonando ma… mio nonno amava tanto la storia, è stata la sua vita, non può averla dimenticata. Non è giusto.»

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