3.2 3 Impatto della fauna selvatica sulla vegetazione
3.3 La biodiversità in Italia
3.3.1 Il cinghiale e la biodiversità nei parchi natural
Tra gli ungulati selvatici, quello più invasivo e conosciuto per i danni diretti e indiretti e il suo impatto sull'ambiente, è sicuramente il cinghiale.
In questo caso, come in altri analoghi, il problema fondamentale è l'equilibrio tra conservazione della natura e presenza di specie invasive da contenere.
Su questo argomento, analizzato a livello nazionale, è stato redatto dal Ministero dell'ambiente un protocollo per il progetto di conservazione della biodiversità la cui denominazione è ”Impatto degli ungulati sulla biodiversità nei Parchi italiani”.
Il documento apre affermando che il cinghiale (Sus scrofa) è inserito nell’elenco redatto dall’IUCN delle 100 specie animali e vegetali più invasive al mondo (Lowe S., Browne M., Boudjelas S., De Poorter M., (2000) 100 of the. World's Worst Invasive Alien species). (Fonte:impatto degli ungulati (cinghiale sus scrofa) sulla biodiversità dei parchi aderenti, pag 2)
“L'impatto delle specie invasive e aliene è confermato dal fatto che recentemente, un documento congiunto della IUCN e CBD (Invasive Species Agreement, novembre 2011) individua nelle specie aliene o invasive una grave minaccia per la conservazione della biodiversità in senso lato “(Fonte:impatto degli ungulati (cinghiale sus scrofa) sulla biodiversità dei parchi aderenti pag 2).
Questo ungulato detrmina infatti numerosissimi danni diretti e indiretti (vedi cap 5 sui danni da cinghiale) in seguito ad abitudini particolarmente dannose per la ricerca del cibo, quali il grufolamento dello strato superficiale (effetto rooting), lo scavo per raggiungere rettili e bulbose ( es arum).Le sue abitudini alimentari pertanto determinano una forte perssione selettiva nei confronti della fitocenosi (vedi parte sperimentale) in quanto l'animale rifiuta o ambisce a numerose essenze erbacee in seguito a fattori fisici, chimici o olfattivi posseduti dalle singole specie (Pistoia e Ferruzzi: “Impatto ambientale da pascolamento suino”, pag 169) .
Inoltre allo studio sono anche gli effetti negativi sulla zoocenosi in particolare insetti terricoli e avifauna che nidifica al suolo.
presenza e diffusione in 90 province su 103 (Il Naturalista Campano, n° 32- La gestione del cinghiale (Sus scrofa L.) in Italia, con cenni su biologia e distribuzione (Mammalia: Suiformes: Suidae) Vatore Roberto, Pignataro Camillo, Vicidomini Salvatore, pag 4). Il problema della riduzione della biodiversità è comunque di recente studio e introduzione nell'opinione pubblica, infatti :”Benché generalmente l’attenzione all’interno dei Parchi Nazionali sia focalizzata sul problema dei danni causati dal cinghiale alle colture agricole, a causa delle implicazioni socio economiche del fenomeno, poco o nulla viene affrontato riguardo al problema dei danni causati alla biodiversità dal proliferare delle popolazioni di cinghiale”. (Fonte: “ Impatto degli ungulati (cinghiale sus scrofa) sulla biodiversità dei parchi aderenti”, pag 2).
Inoltre bisogna considerare il fatto che spesso le aree protette in genere fungono da protezione per le specie invasive che normalmente, al di fuori di tali zone, sarebbero contenute con metodi non ammessi all'interno dei parchi .
Come conseguenza, si ha un aumento esponenziale delle specie, come il cinghiale, che prendono il sopravvento, andando indirettamente a causare una riduzione e un
danneggiamento costante, nei confronti proprio della biodiversità che si intendeva salvaguardare con l'istituzione e il mantenimento dei Parchi Naturali.
Proprio allo scopo di contenere i danni agendo in maniera comune in tutti i Parchi interessati dal problema è sorta l'esigenza di un progetto che definisse metodi
standardizzati, per monitorare l'impatto dei selvatici e quindi soprattutto del cinghiale, sui vari ecosistemi presenti nei parchi.
Al progetto hanno aderito i seguenti parchi naturali: Parco Nazionale dell'Appennino Lucano; Parco Nazionale del Pollino; Parco Nazionale delle Cinque Terre; Parco Nazionale dell'Asinara; Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano; Parco Nazionale del Circeo; Parco Nazionale del Gargano; Parco Nazionale del Gran Sasso; Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ( Tratto da: “Impatto degli ungulati (cinghiale sus scrofa) sulla biodiversità dei parchi aderenti”).
Riferendosi al protocollo visualizzabile su Internet appare chiaro come le azioni di indagine svolte dai rispettivi Enti Parco sono tutte riconducibili ad uno schema comune.
Il capitolo qui presente ha preso spunto dal protocollo del Ministero dell'Ambiente visualizzabile su internet tramite il sito http://www.parcoappenninolucano.it/
A mio parere sarebbe auspicabile che a livello nazionale ed internazionale ci si muovesse stabilendo criteri univoci e universalmente riconosciuti al fine di poter confrontare i danni tra una zona e l'altra e valutare a livello globale l'andamento della situazione.
3.4 I terrazzamenti
Le terrazze rappresentano una tipologia di sistemazione idraulico agraria del suolo al fine di poterlo rendere coltivabile.
Il sitema di coltivazione a terrazza, note anche come fasce, ronchi o gradoni, sono una soluzione adottata in agricoltura per rendere coltivabili territori di particolare e accentuata pendenza (wikipedia.org.terrazzamenti).
Sono adottati in molte località collinari o montuose fin dal Cinquecento, inTrentino, Veneto, Piemonte, Lombardia e Liguria (regione che presenta la maggior presenza di queste sistemazioni agrarie) (wikipedia.org.terrazzamenti).
Un altro luogo in cui le la sistemazione a terrazze è particolarmente diffusa sono i dintorni di Amalfi (wikipedia.org.terrazzamenti).
I terrazzamenti sono ricavati scavando in piano parti collinari, poi delimitate da muri a secco, costruiti con pietra del luogo e fondati sulla roccia che costituisce lo strato più profondo del terreno (wikipedia.org.terrazzamenti).
Il muro in pietra sostiene il terreno formando una sorta di grande scalino
(wikipedia.org.terrazzamenti) la cui pedata ha una grandezza variabile a seconda della pendenza della collina.
Utilizzando questa tecnica anche le zone più ripide diventano utilizzabili per le coltivazioni, specialmente dell'olivo e della vite (specie nella Costiera Amalfitana e nelle Cinque Terre), ma anche per coltivazioni orticole ed erbacee su scala ridotta, per lo più a livello famigliare (wikipedia.org.terrazzamenti).
La realizzazione di tali terrazze è un lavoro immane e comporta la realizzazione del muro a secco quindi: escavazione profonda, posa delle fondamenta che consistono in pietre di garandi dimensioni, realizzazione del muro in pietra e livellamento del piano di coltivazione sovrastante (wikipedia.org.terrazzamenti).
Come tante altre attività artigianali e contadine, nei tempi più recenti è andata perdendosi l'arte di costruzione dei muri a secco ed anche l'attività di manutenzione degli stessi, non più continua ma saltuaria, con un conseguente e progressivo abbandono delle zone rese coltivabili con questa tecnica (wikipedia.org.terrazzamenti).
quali i terrazzamenti erano diffusi: ad esempio a Formello, ad anche là dove si erano affermate altre forme di sistemazioni di colle. Nel vicentino, in particolare nel Canale di Brenta, da qualche anno si sta cercando di salvaguardare i terrazzamenti esistenti (ormai invasi dal bosco), con un'iniziativa atta a supportarne la manutenzione.
Fa eccezione la costa d'Amalfi dove la pressoché totalità delle zone coltivate, e non, è costituita da terrazzamenti ((wikipedia.org.terrazzamenti), modificata).
Figura 2: Terrazze coltivate a oliveto, Dolcina Alta (Parco di Portofino).
60% 7% 33% Territorio agricolo Territorio boscato Territorio antropico
Figura 1: Uso del suolo nei terrazzamenti liguri (dati Regione Liguria).