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2. I comportamenti problema nei CFp: quali interventi educativi?

2.1. il comportamento disadattivo: descrizione e interpretazioni

il termine disadattamento viene generalmente utilizzato per esprimere un di- sagio di natura relazionale vissuto nei confronti di un’istituzione. si parla, così, di disattamento familiare, scolastico, sociale.

Definire il disadattamento scolastico non è facile si tratta, infatti, di un feno- meno polimorfo nelle sue manifestazioni.

i segnali che emergono sono a volte subdoli e poco vistosi come, ad esempio, la mancanza di motivazione e di coinvolgimento; altre volte eclatanti e drammatici come l’insorgere di comportamenti aggressivi o l’opposizione ostinata.

quello che sembra accomunare la vasta gamma di situazioni, comprese generi- camente sotto l’etichetta di disadattamento scolastico, è il profondo malessere nei confronti della scuola e della Formazione Professionale che vive il ragazzo in diffi- coltà, malessere non ascrivibile a carenze cognitive o handicap specifici, ma piut-

1coLAsAntiA.R., I comportamenti problema in ambito scolastico: quali interventi educativi?, Atti del convegno, Milano, 2000.

tosto ad una pluralità di cause esterne e, talvolta, interne alla stessa istituzione for- mativa.

Al di là delle forme silenti e nascoste o scoperte e palesi che il malessere può assumere, ci si trova, comunque, di fronte a ragazzi che:

– non si adattano alla routine della classe, manifestando un comportamento sgar- bato, scontroso o poco comunicativo;

– richiedono al formatore molto più tempo, energia e pazienza della maggior parte dei compagni di classe;

– sembrano resistenti e irriconoscenti per qualunque aiuto si offra loro.

non a caso sono frequentemente segnalati dai formatori come difficili, proble- matici e frustranti.

Ma quale può essere il significato dei comportamenti descritti come disadat- tivi.

Particolarmente promettenti, ai fini dell’agire educativo, risultano le interpreta- zioni del disadattamento scolastico suggerite dai teorici della motivazione intrin- seca e da alcuni autori di matrice adleriana.

secondo i primi (Weiner, 1980; Deci e Ryan, 1985; Brehm e Brehm, 1981), gran parte dei comportamenti-problema in ambito scolastico e formativo sarebbe interpretabile come il tentativo, da parte dell’allievo, di agire secondo modalità che soddisfano tre bisogni psicologici fondamentali: l’autodeterminazione, il senso di competenza e la relazione con gli altri.

quando questi bisogni sono minacciati, ad esempio quando gli allievi sono co- stretti ad affrontare situazioni, nelle quali sentono di non riuscire in modo efficace o quando si sentono frustrati nel tentativo di stabilire un buon rapporto con i forma- tori o quando ancora percepiscono di non essere accettati dai compagni, aumenta consistentemente la frequenza dei comportamenti disfunzionali.

questi ultimi possono esternarsi in azioni palesi, come la sfida, l’aggressione aperta e diretta e il non conformarsi o nascoste, come la manipolazione, l’inganno, la chiusura passiva.

sulla stessa linea, alcuni teorici di impostazione adleriana (Dreikurs e cassel, 1972; Froyen, 1988) interpretano il comportamento disfunzionale come il tentativo, da parte dell’allievo, di guadagnarsi un riconoscimento e di trovare una propria col- locazione all’interno del gruppo classe.

così, mentre l’allievo ben adattato si inserirà nel gruppo conformandosi alle sue richieste e apportandovi utilmente dei contributi, l’allievo non adattato cer- cherà, a seconda delle circostanze, di attirare l’attenzione su di sé, di affermare il proprio potere, di vendicarsi, di ostentare debolezza.

il meccanismo diretto a richiamare l’attenzione è utilizzato molto frequente- mente. Gli allievi, incapaci di entrare nel gruppo tramite una collaborazione fattiva, trovano modalità alternative per farsi notare, ad esempio, suscitando l’ilarità della classe. tali modalità, in quanto vissute come possibilità di sollievo dalla routine e di evasione dalla responsabilità, sono perlopiù accolte favorevolmente dai com-

pagni che contribuiscono a rinforzarle positivamente con le loro reazioni. D’altra parte, qualunque reazione del formatore, sia essa diretta ad ignorare il comporta- mento o a punirlo, sortisce effetti negativi: nel primo caso, alimentando un bisogno di attenzione ancora maggiore; nel secondo, fornendo, comunque, all’allievo una qualche forma di considerazione.

un’altra strategia diretta ad ottenere riconoscimento è l’affermazione del pro- prio potere.

L’allievo vuole mostrare che può fare o rifiutare ciò che vuole, pertanto fa solo ciò che desidera e non accetta ordini. spesso si pone nei confronti del formatore come l’antileader.

ogni azione del formatore, volta a ristabilire i confini di competenza, aumenta nell’allievo la convinzione circa l’importanza del potere, innescando una lotta an- cora più decisa per la supremazia.

L’allievo può ancora ricercare il suo posto nel gruppo ricorrendo alla vendetta. sentendosi disapprovato e rifiutato, colpisce la vulnerabilità degli altri e fa di tutto per essere detestato.

screditare e ferire i compagni e il formatore è considerato un trionfo, una di- mostrazione di forza.

infine, troviamo l’allievo che sceglie la resistenza passiva, utilizzando la mani- festazione della propria inadeguatezza, come modalità di evitamento della respon- sabilità. nell’attesa di collezionare solo sconfitte e fallimenti rinuncia a qualsiasi sforzo e ostenta la sua reale o immaginaria incapacità per proteggersi dalle richieste e dalle attese degli altri.

si tratta, in tutti i casi, di allievi che sperimentano un debole controllo delle si- tuazioni scolastiche e che, percependosi incapaci di prendere parte costruttivamente alla vita scolastica, ripiegano su gratificazioni surrogate, provocate dai comporta- menti problematici.

questi ultimi rappresenterebbero, infatti, il modo più accessibile all’allievo per ricercare conferme al proprio valore personale e guadagnarsi un posto nella classe.

in sintesi, tanto per i teorici della motivazione intrinseca, quanto per gli autori di ispirazione adleriana, i comportamenti devianti e scorretti in ambito scolastico non sono il risultato di patologie interne, ma sono in larga misura interpretabili come tentativi motivati e intenzionali da parte dell’allievo di trovare risposta ad al- cuni bisogni psicologici fondamentali, connessi al valore personale, quando stra- tegie e modalità opportune gli sono precluse per qualche ragione.

Detto ciò, vediamo ora di considerare alcune possibilità sul piano dell’inter- vento educativo.

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