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Partendo dalla consapevolezza che qualsiasi interazione fra l’ambiente e i manufatti storico-artistici comporta inevitabilmente un degrado degli stessi, più o meno veloce ma comunque inesorabile, l’obiettivo di conoscere quali siano i vari fattori di degrado e i meccanismi attraverso i quali questi possano innescare processi di deterioramento nelle opere d’arte è quello di agire in base al concetto di conservazione preventiva, la quale auspica che vengano presi tutti quegli accorgimenti ed effettuati tutti quegli interventi necessari ad evitare il restauro. Quest’ultimo è un intervento diretto sul bene necessario quando il degrado è già avvenuto. È probabilmente l’azione conservativa più conosciuta ma in realtà ve ne sono molte altre, altrettanto importanti, che non vanno ad agire direttamente sul bene ma sull’ambiente che le circonda, attraverso il controllo delle condizioni ambientali. Si tratta, per esempio, di gestire le variazioni di umidità in modo da non causare deformazione alle tavole lignee, oppure, di gestire in modo adeguato l’illuminazione per evitare fotossidazioni di alcuni pigmenti e coloranti99.

Tutte le attività di prevenzione, quindi, mirano a minimizzare le attività di restauro sui manufatti: queste infatti, per quanto possano avvenire in maniera accurata, indurranno sempre uno stress sull’opera che vi viene sottoposta rendendola così più vulnerabile all’interazione con fattori di degrado nel futuro.

Il degrado di un manufatto può essere fisico (disgregazione, rottura) oppure chimico quando avvengono trasformazioni chimiche o biochimiche dei suoi costituenti.

I fattori di degrado possono essere naturali o anche antropici, causati dall’uomo (inquinamento atmosferico, vibrazioni da traffico, interazione umana diretta col manufatto ecc.), mentre gli agenti di degrado vengono generalmente suddivisi in fisici, chimici o biologici.

Fra gli agenti fisici si trovano:

• le radiazioni luminose

• la temperatura

• l’acqua e l’umidità

• il vento

• le polveri Fra gli agenti chimici:

• l’ossigeno e l’ozono contenuti nell’aria

• le componenti acide dell’atmosfera

• gli inquinanti chimici presenti nel particolato atmosferico o nell’aerosol Fra gli agenti biologici:

• i microorganismi (muffe, batteri, spore, ecc.)

• i licheni

• i funghi

• le piante infestanti (alghe, muschi, ecc.)

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• gli animali100

Tutti questi fattori agiscono in modo più o meno aggressivo in base al tipo di manufatto con cui interagiscono. Ogni materiale ha sensibilità diverse ai vari agenti.

Fra i manufatti possiamo distinguere quelli architettonici, quelli storico-artistici e quelli archeologici. Trattando di ambienti museali possiamo ulteriormente classificare quelli di tipo storico-artistico in:

• manufatti pittorici (su tela, su intonaco, su legno, su carta, su pietra, ecc.);

• manufatti scultorei (sculture di legno, di metallo, lapidee, ecc.);

• beni librari ed archivistici (libri, documenti, pergamene, ecc.);

• oggetti d’uso comune con particolare interesse storico-artistico (ceramiche, gioielli, tessuti, ecc.)

Il degrado di un manufatto, quindi, dipende dal tipo di materiale e dal tipo di agente responsabile. Può anche succedere che più fattori agiscano simultaneamente o anche in sinergia. Per esempio, un’elevata umidità associata alla presenza di luce e di microorganismi favorisce la crescita di funghi o muffe.

La velocità con cui avviene il processo di deterioramento dipende non solo dal tipo di materiale ma anche dalla sua storia (per esempio, se è già stato sottoposto ad interventi di restauro in passato) e dalle condizioni dell’ambiente circostante.

Questo capitolo si limita a considerare ciò che avviene negli ambienti confinati dei musei dove il degrado, rispetto agli ambienti aperti, è notevolmente ridotto grazie all’assenza di precipitazioni, ad una ridotta intensità luminosa, a variazioni di temperatura e umidità più contenute, e a concentrazioni più basse di agenti biologici. Il controllo della qualità delle condizioni ambientali è un elemento cruciale per la conservazione delle opere d’arte e per la limitazione degli interventi di restauro su di esse. Se a partire dal secolo scorso il problema della conservazione si è acutizzato a causa delle diverse condizioni ambientali prodotte dall’inquinamento atmosferico (acidità atmosferica, radicali prodotti dai processi di combustione, ecc.101) negli ambienti chiusi la situazione

è divenuta più complessa a causa della globalizzazione e delle nuove frontiere del turismo culturale, che hanno generato il fenomeno della grande fruizione di massa nei musei102. Questa, infatti, ha

reso necessaria l’installazione di impianti nuovi nelle strutture espositive: impianti di riscaldamento, condizionamento, illuminazione, ecc., che rendessero l’ambiente agevole per il pubblico per un maggior numero di ore durante il giorno e per periodi più estesi durante l’anno andando però a complicare la dinamica ambientale esistente.

Conservare allora diventa anche sinonimo di creare intorno all’opera d’arte un ambiente ad essa idoneo. Negli ultimi decenni questo è stato possibile grazie ad una disciplina come quella della microclimatologia103. Tutti i processi fisici, chimici, biologici sono infatti strettamente correlati al

microclima dal quale dipende l’avvio dei processi stessi, il loro sviluppo e la loro velocità.

100L. CAMPANELLA (et al.), Chimica per l’arte, Bologna, Zanichelli, 2007, p. 3 101Ivi, p. 4

102ADRIANA BERNARDI, Conservare opere d’arte, Il microclima negli ambienti museali, Padova, Il

Prato, 2004, p. 9

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Studiare il microclima diventa la chiave per analizzare e definire l’ambiente, cercando di arrivare ad una stabilità auspicabile per ogni spazio espositivo, riducendo l’azione degli agenti di degrado e rispondendo all’imperativo della conservazione di tipo preventivo104.

La microclimatologia prende in considerazione non soltanto l’ambiente museo nella sua naturale evoluzione temporale (giorno-notte, stagioni, ecc.) ma anche elementi quali il condizionamento, le aperture di porte e finestre, le pulizie, la presenza dei visitatori e, chiaramente, anche l’illuminazione105.

Parlare di illuminazione significa parlare anche di energia, la quale viene immessa nell’ambiente dalla sorgente luminosa e che colpisce direttamente o indirettamente le opere d’arte. L’energia assorbita da un manufatto può causare reazioni che vanno dal semplice riscaldamento a reazioni più complesse di trasformazione fisica e chimica dei materiali costituenti. L’illuminazione costituisce un fattore che non può essere trascurato nello studio del microclima e della stabilità ambientale in quanto la luce potrebbe essere responsabile anche di processi di deterioramento di opere d’arte, nel breve e nel medio termine106.

Questo capitolo andrà ad analizzare i processi di degrado causati nello specifico dalle radiazioni luminose. A partire da una panoramica storica sulle prime ricerche effettuate in merito, si passerà alla classificazione dei materiali in base alla loro fotosensibilità, alle varie forme in cui si declina il degrado causato dalla luce e alle variabili da cui esso dipende. Verrà analizzata nello specifico la problematica delle superfici dipinte, particolarmente sensibili, e altri materiali.

Infine, si concluderà con una breve panoramica sulle principali tipologie di sorgenti artificiali disponibili cercando di effettuare delle valutazioni sulla loro idoneità rispetto alle esigenze dell’ambiente espositivo e al dovere di conservazione preventiva.