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5 TRATTAMENTO DELLE ACQUE

5.7 Processo di trattamento oggetto di studio

5.7.1 Il dimensionamento delle vasche di pioggia

Com’è noto, le vasche di pioggia sono una delle più efficaci tra le misure adottabili per la riduzione dei carichi inquinanti, prevedendo di regola il successivo rilascio delle acque immagazzinate verso l’impianto di trattamento. L’uso di vasche di pioggia è

ampiamente descritto da manuali americani (ASCE-WEF, 1992), ed è da tempo applicato in Germania (Kowalski et al., 1998), in Francia (Chocat, 1997; Perez- Sauvagnat et al, 1998), in Giappone (Fujita, 1998).

Questi dispositivi sono studiati in Italia già da diversi anni; si può anche affermare che essi costituiscono una realtà virtuale, presente nella letteratura ma non nella pratica, esclusi pochi casi riguardanti in prevalenza soggetti privati.

Occorre qui distinguere, tra gli studi di letteratura, quelli in cui si indicano capacità dell’ordine di 150 m3/ha e oltre da quelli in cui si propende per capacità minori, dell’ordine di 25-50 m3/ha.

Tra i primi, già Mignosa et al. (1991) per il regime pluviometrico milanese, dal 1971 al 1987, mostrano come con capacità dell’ordine di 5 mm si continua a verificare un numero di scarichi di diverse decine per anno, con volumi specifici annui dell’ordine delle centinaia di mm, valutando in più di 300 m3/ha la capacità necessaria per una sensibile riduzione.

Calomino et al. (2003a, 2005a), sulla scorta di dati relativi a sfiori di acque miste, nel bacino sperimentale del Liguori, a Cosenza, concludono che, con vasche off-line, occorrono capacità dell’ordine di 100- 150 m3/ha per una sensibile riduzione del numero degli eventi di sfioro, dei volumi e dei carichi inquinanti complessivamente sversati.

In un recente studio basato su una serie di 25 anni di piogge e sulle osservazioni dei deflussi e della qualità condotte per alcuni eventi su un bacino sperimentale, Milano et al. (2004), applicando il modello SWMM, hanno ottenuto le portate idriche e di inquinanti in termini di TSS, valutando i volumi di vasca in funzione dell’efficienza sia in termini di riduzione di volumi che di riduzione di massa, tenendo conto anche delle regole imposte per il vuotamento. Le conclusioni mostrano che, in termini di volumi, capacità di 50 m3/ha hanno un’efficienza media del 37%, e che per ottenere efficienze dell’80% la capacità richiesta è dell’ordine dei 250 m3/ha. Una riduzione di questi valori, dell’ordine del 30%, è determinata inoltre dal valore della portata fissato per il vuotamento. Conclusioni non dissimili si ottengono valutando l’efficienza in termini di massa, ma gli stessi autori rilevano che per questo aspetto si dovrebbe tener conto dell’effetto di sedimentazione nella vasca stessa.

Le vasche di pioggia, oltre che nelle classiche categorie di vasche on-line e off-line (AA.VV., 2001) si distinguono nelle cosiddette “vasche di cattura” e “vasche di transito”.

Una vasca di cattura, una volta riempita, viene esclusa e vuotata appena le condizioni a valle lo permettono.

Una vasca di transito invece, una volta riempita, viene attraversata dalle portate in eccesso a quelle inviate al trattamento, che si mescolano con l’acqua già accumulata e ne provocano lo sfioro verso lo scarico.

Le vasche di cattura risultano più efficaci nei casi in cui i pollutogrammi sono caratterizzati da un significativo effetto di “first flush”, mentre le vasche di transito sono più efficaci nel caso in cui ci sia un effetto di “last flush”. Studi condotti (Oliveri et al, 2001) considerano importante il fenomeno del mescolamento che avviene all’interno della vasca di transito, sicché le concentrazioni in uscita sono diverse da quelle in ingresso, e possono risultare maggiori o minori a seconda della concentrazione dell’acqua presente in vasca. Le simulazioni condotte inoltre indicano per le vasche di cattura un insignificante aumento dell’efficienza oltre i 50 m3/ha di capacità.

Bornatici et al. (2003) presentano i risultati relativi al bacino sperimentale di Cascina Scala, ottenuti dalla simulazione di un anno di precipitazioni. Si mostra che l’impiego di scaricatori di piena e vasche off-line consente una consistente riduzione sia dei volumi annui scaricati nel ricettore sia del numero di scarichi, entrambi dell’ordine del 50% per vasche di 50 m3/ha con portata limite inviata all’impianto pari a 2 l/s/ha. La simulazione dei carichi inquinanti accumulati e poi dilavati e trasportati nella rete ha anche permesso di valutare un’importante riduzione del carico inquinante annuo sversato nel ricettore, che, con le predette condizioni, sarebbe del 90%. Occorre osservare in proposito che risultati così ottimistici sono in realtà determinati dal deciso fenomeno di first-flush rilevato dalle osservazioni sul bacino di Cascina Scala, come messo bene in evidenza anche dai più recenti rilievi (Barco et. al, 2004, Ciaponi et al, 2005).

Bornatici et al. (2004), ancora sulla scorta delle osservazioni condotte nel bacino di Cascina Scala (PV), ma con due anni precipitazioni, confermano che vasche di volume utile maggiore di 50 m3/ha, con vuotamento a portata costante in 24 ore

successive all’evento, conducono a benefici piuttosto marginali. Gli stessi autori (2004), con i dati del bacino di Cascina Scala (PV), mostrano un confronto tra tre diverse soluzioni per la riduzione delle masse annue sversate: vasca di transito on-line, vasca di transito off-line, vasca di cattura off-line, dal quale la maggiore efficacia è quella che si ottiene con la terza soluzione, concordando con quanto mostrato da Oliveri et al.. È significativa inoltre la considerazione che, tenendo conto di diversi valori del rapporto di diluizione delle portate ammesse allo scarico, non si ottengono sensibili benefici con volumi di vasca superiori a 50 m3/ha. Sia l’analisi delle caratteristiche idrologiche del bacino, sia quella del sistema di vuotamento della vasca, portano gli autori a concludere che un valore ottimale della capacità delle vasche si può collocare tra 25 e 50 m3/ha, con il quale si può ottenere una riduzione della massa scaricata fino all’80%, pur se diverse considerazioni sono necessarie caso per caso.

Infine Artina et al. (2005a), simulando la rete fognaria della città di Bologna, sia riguardo alle portate che ai carichi inquinanti veicolati per un intero anno, hanno valutato il beneficio che si avrebbe disponendo delle vasche di pioggia di capacità 25, 50 e 75 m3/ha. Le vasche di pioggia sono disposte off-line e dotate di un impianto di sollevamento che vuota la vasca in 12 ore. In particolare con 50 m3/ha si avrebbe la riduzione al 40% sia del numero di sversamenti che del volume totale, mentre la massa di SST sversata sarebbe ridotta al 25%.

In sintesi, occorre dire che, se si considerano serie pluviometriche molto lunghe, come nel caso degli studi di Mignosa et al. (1991) e Milano et al. (2004), la capacità delle vasche di pioggia necessaria per ottenere un dato livello di riduzione dei carichi inquinanti tende inevitabilmente ad aumentare; al contrario, quando ci si limiti a serie di 1-2 anni e nei bacini in cui prevale un fenomeno di first flush, si può far conto su vasche di capacità più ridotta.