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POSSIBILI MODELLI PROCEDURALI PER LA SUA ESCLUSIONE

IV.II Il discrimen della "sufficiently close connection, both in substance and in

time" tra condanna penale e decisione sanzione tributaria, la sua idoneità a

mitigare la ricorrenza del "Bis" nonché ad ammettere una eventuale duplicazione sanzionatoria nel contesto Italiano

a) La prospettiva convenzionale-Cedu

Come si diceva, lo scenario attuale ha visto prendere forma - pel tramite dell'intervento della Grande Chambre della Corte EDU in sede di decisione del caso "A

and B v. Norway " - un ulteriore orientamento concettuale pretorio, peraltro ancora in

fieri (in parte però - lo si è visto - già abbozzato nelle pronunce "R.T. v. Svizzera" e

"Nilsson c. Svezia"), secondo il quale, pur non sconfessando la propria giurisprudenza più recente sulle nozioni di "materia penale" e di "idem factum" [ed ancorché immutate le problematiche interpretative che da esse discendono, secondo l'analisi svolta nel Capitolo III° che precede], l’art. 4, Prot. n. 7 della CEDU non conterrebbe invero uno “stringente” divieto di doppie sanzioni inflitte o da infliggersi da Autorità differenti, purché quest’ultime vengano ad operare ed agire nell’ambito di procedimenti strettamente collegati dal punto di vista sostanziale e temporale (“sufficiently close

connection in substance and in time”)

Come si vedrà nel proseguo, ciò pare aver definitivamente aperto la via ad una "terza strada" – ancorata a valutazioni di ordine processuale e procedimentale – coessenziale a dirimere le questioni sulla violazione del principio del "Ne Bis in Idem".

In effetti, ben presto i giudici di Strasburgo si sono ritrovati stretti fra la necessità di tutela degli interessi finanziari dei Paesi dell'Unione (che in maggioranza adottano sistemi di duplicazione punitiva in materia penale-tributaria) e l'esigenza di auspicata garanzia dei diritti dei singoli, nonché a dover mediare tra suoi precedenti "non

allineati". In particolare, quanto a quest'ultimi, in alcuni si paventava come l'art. 4 del Protocollo 7 proibisse sempre il doppio giudizio su "offence" la cui medesimezza era da valutarsi in funzione del fatto storico sussunto ad imputazione ("Sergey Zolotukhin v.

Russia") nonché a prescindere da qualsivoglia qualificazione giuridico-legale attribuita alle relative sanzioni potenzialmente applicabili (caso "Grande Stevens c. Italia"). In altri, invece [quelli relativamente più datati], si consentiva la pendenza contemporanea dei due giudizi amministrativo e penale coinvolti (caso "R.T. v. Svizzera") sull'assunto che il divieto in parola non fosse leso ove tra gli stessi - ancorché trattati in modo asincrono - sussistesse nondimeno una "connessione sufficientemente stretta" a tal punto da rendere agevolmente prevedibile ex ante la possibilità di incorrere in una doppia sanzione (caso "Nilsson c. Svezia").

E' così che, da ultimo, la Corte di Strasburgo ha finito per ammettere de facto la "praticabilità" di sistemi statuali a duplice intervento sanzionatorio.

In particolare, dal novellato esame condotto - nel caso "A and B v. Norvegia"211 - attorno all'art. 4 Prot. n. 7, la Corte EDU ne ha inferito come siffatta disposizione non escluda invero che lo Stato possa legittimamente approntare un sistema di risposte sanzionatorie a condotte socialmente offensive costruito sulla base di procedimenti

211 Nella decisione in oggetto i ricorrenti privati avevano lamentato la violazione dell'articolo 4 del Protocollo n. 7 per essere stati perseguiti e puniti due volte per la medesima offence, sull'assunto di essere stati prima sentiti dal pubblico ministero come testimoni per poi essere successivamente incriminati, nonché di aver subito - successivamente - l’irrogazione di sanzioni tributarie sotto forma di sovrattasse nella misura del 30% dell’imposta evasa (e di averle pagate), e di essere stati - alfine - condannati nei procedimenti penali che ne erano seguiti per l'addebito di frode fiscale. Si noti, però, come dando corso alla sua giurisprudenza già avviata con le sentenze "Engel and Others v. The Netherlands" e "Sergey

Zolotukhin v. Russia, il Giudice convenzionale, prima di addivenire alle sua decisione del caso, non ha comunque mancato di premettere l’afflittività “sostanzialmente” penale della sanzione fiscale inflitta ai soggetti ricorrenti nonchè, contemporaneamente, la sostanziale identità del fatto posto al centro dei procedimenti - amministrativo il primo e penale il secondo - coinvolti.

distinti, purché questi ultimi siano "strettamente avvinti nel tempo e nello spazio", connessione spaziale-temporale la quale, a sua volta, andrà accertata verificando:

i. se i due procedimenti perseguono scopi complementari, di modo da sanzionare differenti aspetti della condotta illecita;

ii. se la doppia pendenza dei procedimenti fosse una conseguenza prevedibile;

iii. se la sanzione applicata nel procedimento definito per primo possa essere [e, per l'effetto, sia stata] presa in considerazione nel procedimento definito per secondo, sì da evitare che il medesimo reo sopporti un carico sanzionatorio eccessivo212;

212 Il riferimento all'esigenza di evitare l'imposizione di un "excessive burden" a causa del carico sanzionatorio complessivo (meglio, cumulativo) pare essere stato mutuato, ad opera della Corte EDU, dalla previa giurisprudenza comunitaria della Corte di Giustizia UE, la quale ultima ha elaborato sin dalla causa

"Wilhelm" il principio della "proporzionalità" della duplice risposta sanzionatoria. In effetti, nella Sent. del 13.2.1969, C-14/68, involgente l'eventualità che una duplice sanzione, da parte della Commissione delle Comunità europee e da parte delle autorità nazionali competenti in materia di intese per la stessa fattispecie, si opponesse all'ammissibilità di due procedimenti paralleli, la Corte di Giustizia concluse sì che "la possibilità di un cumulo di sanzioni non è tale da escludere l'eventualità di due procedimenti

paralleli che perseguono scopi distinti", ma con la precisazione tuttavia che laddove ".. la possibilità di un

duplice procedimento dovesse implicare una doppia sanzione, un'esigenza generale di equità … implica che si tenga conto, nel determinare la sanzione, delle decisioni repressive anteriori".

Sul punto in dottrina si è così riassunto che: "in base all'Anrechnungsprinzip (che costituisce una particolare espressione del principio di proporzionalità), al momento della commisurazione della sanzione comunitaria si dovrà tenere conto delle sanzioni penali nazionali eventualmente già irrogate per il medesimo fatto, onde evitare che il complessivo trattamento sanzionatorio previsto per un singolo fatto illecito risulti troppo severo" (così A. BERNARDI, "L'armonizzazione delle sanzioni in Europa: linee

ricostruttive", Riv. ital. dir. proc. penale, 2008).

Si ricordi, comunque, come il relatore di minoranza nella decisione A and B v. Norway, Pinto De Albuquerque, nell'esprimere il suo dissenso rispetto al resto del Collegio giudicante, abbia formulato sul punto proprio una delle sue maggiori critiche, sostenendo che: "… the majority’s offsetting mechanism only applies to the deduction of penalties imposed in the proceedings which become final first. It does not apply in the event of a different outcome in the proceedings which become final first, namely if the court delivers an acquittal or decides to discontinue the case. The reason is obvious. In these cases, there is literally

iv. se i due procedimenti siano stati condotti in guisa tale da evitare duplicazioni

nella raccolta e nella valutazione delle prove, eventualmente tramite interazione tra le diverse competenti autorità.

Se, dunque, è necessario che il grado di interazione e coordinamento tra due procedure punitive contemperi i quattro criteri di cui sopra affinché esso possa essere valutato come "adeguato" ai fini convenzionali [e, come conseguenza, poter "legittimare" la duplicazione di sanzioni a carico del medesimo soggetto per la medesima violazione fiscale sottostante], cionondimeno questo non esime dal rilevare come, invero, i primi due "canoni di indagine" appaiano per lo più superflui o, se lo si preferisce, nientemeno che la (ri-)proposizione di elaborazioni precedenti, giacché:

nothing to offset – that is, to compensate for or to deduct – in the subsequent or parallel administrative proceedings. …

No mention is made either of the limits of the combination of penalties, such as, for instance, a requirement that the overall amount of the penalties imposed should not exceed the highest amount that could be imposed in respect of either of the types of penalty. In fact, the taking into consideration of previous penalties is not even mentioned in the event that a sentence of imprisonment has been imposed. …

But Ne Bis in Idem is not a procedural rule which operates as a palliative for proportionality when an individual is tried and punished twice for the same conduct, but a fundamental guarantee for citizens" (pp. 68 - 74 - 75).

A parere di chi scrive, tuttavia, tale critica contenuta nella dissenting opinion espressa dal giudice Pinto de Albuquerque non coglie pienamente nel segno, specie laddove lamenta come il criterio definito dal Collegio giudicante sia generico al punto tale da non definire quale sia il livello massimo ("highest

amount") oltre il quale il cumulo sanzionatorio ("combination of penalties") non possa andare. D'altro canto, accettare tale doglianza equivarrebbe a dimenticare che la Corte EDU è chiamata a definire singole controversie su singoli casi in cui si assumono violati singoli diritti convenzionali, e non a risolvere problematiche strutturali degli ordinamenti giuridici nazionali prescrivendo agli stessi "misura" ed "entità" delle riforme da effettuarsi, a meno che non si voglia denegare agli Stati pure la potestà nella determinazione dei limiti e massimi edittali in sede di configurazione delle fattispecie socialmente lesive del "pactum societatis".

i. quanto al richiesto indice sintomatico della "prevedibilità" della duplicazione di procedimenti e sanzioni da parte dell’autore della condotta (secondo criterio)213, nulla quaestio circa l'indubitabilità della sua ricorrenza negli odierni Stati di diritto, nei quali nel momento in cui la competente Autorità erariale notifica avvisi di accertamento o di rettifica il reo è certo in condizione di rendersi conto della concreta possibilità di avvio dell'azione penale, giacché il suo esercizio è regolato da norme di legge rese pubbliche ex

ante, sicché questi - in molti casi - è anche in grado di correre ai ripari avvalendosi delle procedure premiali, deflattive o conciliative apprestate dal rispettivo Legislatore fiscale nazionale [le relative procedure domestiche italiane in materia saranno analizzate di qui a poco nel proseguo].

Così facendo, dunque, il contribuente è (spesso) addirittura in grado di orientare le proprie scelte difensive nel novero degli strumenti deflativi, conciliativi o premiali (anche) misurandone la convenienza in ambito penale sia in un'ottica prognostica, qualora non risulti ancora indagato o l'azione penale non sia stata ancora esercitata sia, ancora, nel rispetto delle preclusioni processuali laddove si ritrovi già imputato di una fattispecie delittuosa.

Per concludere su questo punto, pare assai difficile - oltreché improbabile - che un contribuente doppiamente sanzionato (in via penale, da un lato, ed in via amministrativo-tributaria dall'altro) possa vittoriosamente attivare la garanzia convenzionale del "Ne Bis in Idem" facendo aggio sulla non prevedibilità di una doppia punizione in Paesi in cui però nessuna sanzione

213 Cfr. § 132 della Sentenza "Case of A and B v. Norway": "Whether the duality of proceedings concerned

può essere imposta se prima non approvata dall'Assemblea dei Rappresentati della Nazione e dipoi resa pubblica tramite le forme previste ex lege.

Da qui la superfluità del criterio in parola;

ii. quanto, poi, alla circostanza che i due procedimenti suscettibili di sfociare in differenti sanzioni debbano perseguire "scopi complementari" e, per l'effetto, attenere a "profili diversi della medesima condotta sociale" (primo criterio)

214, è indubbio come ciò appaia essere "connaturale" alla configurazione

stessa della funzione oltreché del fondamento delle sanzioni interessate.

Della funzione, in quanto la sanzione amministrativa ha fine compensatorio fiscale, quella criminale scopo punitivo avverso il profilo fraudolento della condotta.

Del fondamento, in quanto il contribuente che realizza una violazione incide direttamente o indirettamente sull'equilibrio patrimoniale dello Stato e, dunque, sull'insieme dei consociati-contribuenti andando così a ledere l'interesse ordinamentale della comunità statuale, sicché questi va sanzionato non a scopi punitivi [diversamente da quanto occorre fare in ambito criminale per la repressione degli "intenti fraudolenti"], ma affinché possa percepire la coincidenza (e non già la contrapposizione) dei suoi interessi con quelli della comunità cui appartiene.

214 Si legge infatti al § 132 della Sentenza "Case of A and B v. Norway": "… Whether the different

proceedings pursue complementary purposes and thus address, not only in abstracto but also in concreto, different aspects of the social misconduct involved".

Sennonché questa distinzione di funzioni e fondamento tra sanzioni tributarie e quelle penali è inevitabile (così non fosse è evidente che si avrebbero altrimenti due terminologie per indicare la medesima cosa), ma non

incompatibile, atteso che è indiscusso come ciascuno Stato moderno richieda - per esistere come entità - tanto il mantenimento dell'ordine pubblico (cui è prodromica la risposta penale) quanto la tutela del suo bilancio finanziario (cui è preposta la misura amministrativa-tributaria).

Simile "connessione" è, ad esempio, ben evidenziata in una sentenza del Giudice di legittimità domestico, in cui - non a caso - lo stesso ha osservato come la Guardia di Finanza, allorquando coopera con gli Uffici erariali per l'acquisizione ed il reperimento degli elementi utili ai fini dell'accertamento delle imposte e per la repressione delle relative violazioni, "persegue

l'interesse pubblico al corretto funzionamento del sistema tributario (art. 53 Cost.); interesse di rango non inferiore, ed anzi connesso, a quello per il perseguimento dei reati fiscali, allorché la guardia di finanza agisce anche in veste di polizia giudiziaria".215

Tra l'altro, a scanso di equivoci, tale connessione affiora "indirettamente"216 finanche da taluni passaggi della decisione "A and B v. Norway", in

215 Corte Cass., Sez. Tributaria, Sent. del 3 settembre 2008, n. 22176.

216 A parere di chi scrive simile connessione è "indiretta" in quanto non diretto è l'intero ragionamento di chi, come la Corte EDU, prima impone di accertare che procedimento penale e quello amministrativo perseguano finalità complementari, ancorché diverse, in ipotesi di violazioni fiscali affinché possa ritenersi non violato il divieto di "Bis in Idem", salvo poi precisare come tale per tale "complementarietà" sia sufficiente configurare i due procedimenti quale "coherent whole", ossia quale “integrated approach to the social wrongdoing …"; atteso ex sé che i fini tra le due corrispondenti sanzioni non potrebbero certo essere

del tutto identici, sia perché - è sottointeso - fossero identici la sanzione in realtà non sarebbe che solo una, sia in quanto - è esplicitato - la misura penale è prodromica a punire la fraudulent conduct, della cui valutazione [quale elemento tipico della fattispecie criminale e, perciò, additional] difetta invece l'illecito amministrativo-tributario.

particolare nei punti in cui la Corte EDU nota come la garanzia convenzionale del "Ne Bis in Idem" non precluda appunto agli Stati contraenti di elaborare "strategie sanzionatorie unitarie" di duplicazione procedimentale ["proceedings … combined in an integrated manner so as to form a coherent

whole"]217, considerato che "it cannot be the effect of Article 4 of Protocol No.

7 that the Contracting States are prohibited from organising their legal systems so as to provide for the imposition of a standard administrative penalty on wrongfully unpaid tax (albeit a penalty qualifying as “criminal” for the purposes of the Convention’s fair-trial guarantees) also in those more serious cases where it may be appropriate to prosecute the offender for an additional element present in the non-payment, such as fraudulent conduct, which is not addressed in the “administrative” tax-recovery procedure".218

Non fosse che con tale inciso il Giudice di Strasburgo non solo ha confermato, come appena visto, la superfluità del criterio di cui si discute, ma addirittura ne ha reso la lettura più complessa, atteso che:

 il richiamo alla "fraudulent conduct" presuppone il rinvio alla nozione propria dell'elemento psicologico coinvolto da rinvenirsi nell'intento

fraudolento, la cui dimostrazione è inevitabilmente imposta nel giudizio penale ma non altrettanto in quello amministrativo-tributario ["additional

element"].

217 Ad esempio, nel caso specifico sottoposto al suo giudizio la Corte EDU ha ritenuto che i due procedimenti contestati potessero essere ritenuti formar parte di un schema sanzionatorio integrato contro fatti di omessa dichiarazione al fisco di cumulati guadagni in quanto l’Amministrazione tributaria procedente aveva disposto l'applicazione della "sovrattassa" sulla base delle stesse dichiarazioni rese dagli interessati nel loro procedimento penale, così come i giudici penali avevano poi tenuto conto, nella commisurazione della pena, delle sanzioni già irrogate dalla detta Amministrazione erariale.

Non a caso proprio questo profilo era stato valorizzato nella già ricordata pronunzia del 2004 "Rosenquist c. Svezia" (cfr. Cap. III.II°) al fine di garantire - all'epoca dei fatti - la compatibilità all'art. 4 Prot. n. 7 della disciplina punitiva fissata dall’ordinamento giuridico svedese.

Il profilo dell'intenzione criminosa (se non lo si richiama, del resto, quale "elemento essenziale di una fattispecie" ha poco senso pretendere di distinguere tra quest'ultima formalmente criminale ed un'altra legalmente amministrativa) era stato però abbondato - come anzi visto - dalla Corte EDU a partire dalla sentenza "Sergey Zolotukhin v. Russia" del 2009, proprio al fine di consentire l'abbandono di una legal characterisation del concetto di "same offence" a vantaggio di una esegesi storico-

naturalistica.

Sicché tornare a presuppore oggi l'intento fraudolento quale elemento di distinzione ["additional element"] tra la condotta penalmente rilevante e quella suscettibile di scontare la sanzione amministrativo-tributaria, assumendo però al contempo di mantenere fermo il precipitato decisorio contenuto nella decisione "Zolotukhin v. Russia" ed avvinto attorno alla nozione di «idem factum», rende - all'evidenza - ogni ragionamento interpretativo assai più complicato di quanto già non fosse in precedenza; nonché

 correlativamente, poiché questo criterio giustifica la duplicazione punitiva in quanto la seconda sanzione (quella formalmente penale) si incentrerebbe su di un elemento aggiuntivo ["additional element"] non considerato dalla prima (la sanzione formalmente amministrativa), consistente cioè nel "vestire" la medesima condotta - già vagliata ai fini

dell'imposizione della tax penalty - dell'elemento psicologico del dolo ["fraudulent conduct"], è giocoforza desumerne come la prova di quest'ultimo elemento andrà fornita solo nel procedimento criminale, e non anche in quello amministrativo-tributario.

Ma se così è, né si vede come potrebbe essere diversamente, ciò implica che la Corte EDU avrebbe acconsentito ad escludere la violazione dell'art. 4 Prot. n. 7 ogniqualvolta la fattispecie criminale sia "legislativamente costruita" in modo da richiedere la presenza dell'elemento doloso ovvero fraudolento e lo stesso non si imponga per la dimostrazione dell'illecito amministrativo (ciò che, per vero, accade quasi sempre).

In questo modo, però, non solo la Corte EDU sembra aver adottato un criterio esegetico analogo al già analizzato "Blockburger test" statunitense [tale per cui una prima offesa potrà dirsi la stessa rispetto ad una seconda laddove ciascuna condotta da dimostrarsi – alla base delle differenti violazioni – non richieda "la prova" di un fatto od elemento ulteriore non contenuto ovvero richiesto per dimostrare l’altra violazione (cfr. Cap. III.II°)], ma ha ingenerato il dubbio di quale spazio possa così residuare al già visto criterio dell'«idem factum».

Rebus sic stantibus, si è dell'avviso che, data la superfluità ovvero la non coerenza dei primi due criteri anzi citati, meglio sarebbe stato forse per il Giudice convenzionale, e per gli interpreti del diritto tutti, non citarli affatto e concentrarsi invece esclusivamente sul terzo ed il quarto criterio [rispettivamente, la considerazione nel secondo procedimento dell'entità della sanzione inflitta nel primo sì da garantire la proporzionalità complessiva della pena comminata; nonché la conduzione "integrata" dei procedimenti di modo da evitare - per quanto possibile - la duplicazione nella raccolta e nella valutazione

delle prove], probabilmente gli unici a consentire di valutare realmente se due procedimenti punitivi paralleli (il primo penale ed il secondo amministrativo o viceversa) possano o meno dirsi "to constitute an integrated whole".219

Proprio per la loro importanza gli stessi verranno analizzati dettagliatamente nei Paragrafi che seguono, avendo come obiettivo quello di accertare se le discipline domestiche in materia possano valutarsi come ottemperanti alle loro prescrizioni o, quantomeno, rispettose delle stesse; e - consequenzialmente - addivenirsi ad un primo giudizio sul grado di rispetto da parte dello Stato Italiano della garanzia convenzionale del "Ne Bis in Idem".

219 Si noti, peraltro, come la necessità di una "integrazione-coordinamento" tra due procedimenti sanzionatori costituisce comunque l'approdo esegetico di interpretazioni pretorie "diffuse", vale a dire non ad esclusivo appannaggio delle elaborazioni giudiziali della Corte EDU, bastando all'uopo sottolineare come la pronunzia nel caso "A and B v. Norway" sia stata assunta in data 15 novembre 2016, mentre già all'inizio dello stesso anno (con decisione dell'8 marzo 2016) la Corte Costituzionale italiana aveva rilevato come la garanzia del "Ne bis in Idem" convenzionale "… in altre parole, permette agli Stati aderenti di punire il medesimo fatto a più titoli, e con diverse sanzioni, ma richiede che ciò avvenga in un unico