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Il lutto impossibile e la mancanza dell’urna

dalla negazione della morte all’“annegazione” della vita Jessica Castagliuolo

5. Il lutto impossibile e la mancanza dell’urna

pericolo, e quindi involontariamente si ritraggono»,35 ma nella realtà del contagio non può

esserci una rimozione, perché nessuna rimozione può essere volontaria.

Ci troviamo piuttosto nella costrizione di ritrarcene, un po’ come Orfeo, il quale, anche se gli si vieta di guardare il volto di Euridice, non può far altro che voltarsi.

È un incontro quanto mai doloroso, che fa i conti con la nostra cultura logorata della morte e insieme ci costringe a concepirla con meno proibizionismo: se è vero che «una delle carenze delle società avanzate si palesa nell’isolamento prematuro, anche se non deliberato, cui sono condannati i morenti»,36 allora quando questo distacco, com’è accaduto con la

pandemia, diviene atto deliberato non si può far altro che notare con maggiore vigore la necessità di un riavvicinamento.

Non conosciamo le parole che hanno coronato l’ultimo istante di chi da quegli ospedali non è uscito più, ma è proprio questa assenza assordante che invita tutti noi a una riflessione profonda sull’essenza dell’umano e quindi della sua fine.

Siamo così chiamati a guardare la Nera Mietitrice negli occhi e a porci un interrogativo cruciale: in cosa consiste 'una buona morte' per la nostra società?

Dovremmo necessariamente partire dai grandi temi delle cure palliative e dell’eutanasia ma anche dalla creazione di una nuova simbolizzazione laica del lutto.

Ci troviamo attualmente in quello stato di strabismo tipico dell’elaborazione della perdita: un occhio ancora intento a decifrare quello che è accaduto e l’altro impegnato a scorgere il domani, a individuare e scrutare i connotati del mondo che verrà, perché è sempre spaventosamente forte questa prodigiosa volontà in chi resta.

In più siamo nel pieno della tragedia sofoclea della mancanza dell’urna, dell’impossibilità del rito funebre: tutto questo rende molto difficile l’elaborazione della perdita designata come mutilata e mutilante, senza corpi, nella quale è quanto mai difficile ogni processo di ontologizzazione dei resti.

Se già le «condoglianze alla famiglia sono soppresse e le manifestazioni del lutto sono condannate e vanno scomparendo»,37 allora a maggior ragione dobbiamo porre l’accento

sulla caratteristica collettiva di questa perdita, perché quello che accadeva nelle piccole famiglie, in maniera intimistica, assume caratteri ampissimi, addirittura globali.

Freud nel suo celebre scritto sulla Caducità, affronta la dinamica del lutto immaginando una passeggiata con un poeta e un amico silenzioso in una contrada fiorita; tutti e tre ammiravano quello spettacolo e tutti e tre conoscevano la verità: quella bellezza sarebbe destinata a perire.

Il poeta non riusciva a goderne perché già presagiva il dolore di quella perdita e ne soffriva irrimediabilmente, lo psicologo quindi controbatte che proprio quella caducità donava più valore alla bellezza, preservando la sua ‘rarità’ nel tempo. Eppure, ‘l’enigma’ del lutto, dell’attaccamento della libido agli oggetti perduti, restava per il padre della psicoanalisi qualcosa di inspiegabile. È posteriore alla seconda guerra mondiale la seguente annotazione al saggio:

Un anno dopo la guerra scoppiò e depredò il mondo delle sue bellezze. Rifece piccola la nostra patria e di nuovo lontano e remoto il resto della terra. Ci depredò di tante cose che avevamo amato e ci mostrò quanto siano effimere molte altre cose che consideravamo durevoli. Non c’è da stupirsi se la nostra libido, così impoverita di oggetti, ha investito con intensità tanto maggiore su ciò che ci è rimasto; se l’amor di patria, la tenera sollecitudine per il nostro prossimo e la fierezza per ciò che ci accomuna sono diventati d’improvviso più forti. Una volta superato il lutto si scoprirà che la nostra alta considerazione dei beni della civiltà non ha sofferto per l’esperienza della loro precarietà.38

6. Conclusione

La ‘tenera sollecitudine’, la compassione, l’abnegazione sono i sentimenti che devono porsi come essenziali, come base costituente di un nuovo mondo costruito sulle macerie dell’egoismo e dell’amor proprio.

La metafora della guerra estende inevitabilmente anche quelle della malattia: pensare alla patologia come sfida individuale, come ‘lato notturno’ della vita, ‘come colpa’, così come ne ha parlato perfettamente la Sontag, dopo l’epidemia non può più essere possibile. Nel frattempo mentre si è alla ricerca di nuove nicchie della catarsi, abbiamo già i primi muri del pianto su Facebook, dove leggiamo i parenti delle vittime scambiarsi la loro esperienza; uno di questi si intitola Vogliamo la Verità.

Dobbiamo perseguire la verità, non negando, o voltandoci dall’altra parte, ma rendendo la perdita presenza, conducendo Euridice metaforicamente fuori dalle tenebre, per renderci conto, un po’ come l’Orfeo di Pavese, che «cercavamo piangendo non più lei ma noi stessi»39 nella speranza che «andremo se mai verso l’uomo, perché questo è l’ostacolo, la

crosta da rompere: la solitudine dell’uomo, di noi e degli altri».40

bibliografia

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notE

1 Saramago 2013: 144. 2 Huizinga 2010: 40 ss.

3 Ariès 1978: 34 ss. L’autore distingue quattro fasi della percezione della morte: Morte addomesticata, Morte di Sé, Morte dell’Altro, Morte Proibita.

4 Ibidem.

5 «L’uso del termine ‘rimozione’ mi sembra oggi avere un doppio significato; si può intendere la ‘rimozione’ della morte a livello individuale o a livello sociale. Nel primo caso si utilizza il concetto di rimozione più o meno in senso freudiano […] diremo che l’evoluzione del comportamento sociale cui si allude quando si parla in questo senso di ‘rimozione’ della morte, è un aspetto di quel più generale processo di civilizzazione [per il quale] tutti gli aspetti elementari e animali della vita umana sono regolati in maniera assai più complessa, armonica e differenziata che in passato, da regole imposte da una società e dalla coscienza individuale». (Elias 2019: 27 ss.)

6 Bruckner 2000: 215 ss. 7 Elias 2019: 69.

8 Ivi, 61: «All’ occultamento – privo di funzione e comunque motivato esclusivamente da ragioni politiche di potere – delle pratiche sessuali degli adulti è subentrato un atteggiamento fisico e verbale aperto e spassionato». La mescolanza di erotismo e morte, molto forte nel XVI al XVII secolo, è stata invece messa in luce da Ariès.

9 Derrida 2008: 149 ss. 10 Sozzi 2014. 11 Sontag 2002. 12 Carbone 2007: 9. 13 Perelman, Olbrechts-Tyteca 1966: 79 ss. 14 Jankélévitch 1966: 39 ss. 15 Morin 2002: 51. 16 De Martino 2000. 17 Micalessin 2020.

18 La Fondazione Floriani si occupa dell’assistenza ai malati terminali. La Carta è consultabile sul sito https://www.fedcp.org/news/carta-dei-diritti-dei-morenti (Ultimo accesso: 2 luglio 2020).

19 Il diritto all’autodeterminazione del malato è sancito nell’articolo 32 della Costituzione che lo lascia il soggetto libero di accettare o di rifiutare le terapie e, in generale, gli interventi medici che gli vengono proposti.

20 Ariès 1978: 69. 21 Ibidem.

22 Elias 2019: 58. 23 Ivi: 70.

24 Micalessin 2020. Testimonianza di Francesca Cortellaro. primario del pronto soccorso dell’Ospedale

San Carlo Borromeo.

25 Sozzi 2014: 68. 26 Micalessin 2020.

27 «La decomposizione è il segno del fallimento dell’uomo, e questo è senza dubbio il senso profondo del macabro» (Ariès 1978: 43).

28 Micalessin 2020.

29 https://www.varesenews.it/2020/03/trincea-la-gente-giro-passeggio/909962/ (Ultimo accesso: 2 luglio 2020).

30 https://www.la7.it/piazzapulita/video/coronavirus-le-morti-in-casa-che-nessuno-vuole- vedere-26-03-2020-315951 (Ultimo accesso: 2 luglio 2020).

31 Cavrini 2016. 32 Leopardi 1924: 606. 33 Elias 2019: 68.

34 «Nude anime dialogano solitarie con nudi destini. Sono stati spogliati ambedue di ogni scoria e sono rimasti con la loro intima essenza; ogni relazione esistenziale è stata cancellata, per poter instituire una relazione fatale; ogni elemento atmosferico che avvolge gli uomini e le cose è sfumato, ed è rimasta soltanto la tagliente aura montana, cristallina, che disegna i contorni netti delle loro domande e risposte» (Lukács 1963: 311). 35 Elias 2019: 14. 36 Ivi: 20. 37 Ivi: 71. 38 Freud 1989: 173 ss. 39 Pavese 2014: 38. 40 Idem 1945.

https://doi.org/10.6092/issn.2724-5179/12315

attori, cantiMbanco, vocidi piazzaEvocirEginE

Una “cronaca” teatrale del contagio.