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Il metodo nel «De arte venandi cum avibus»

II. La conoscenza scientifica del mondo animale nel Medioevo

2.2 Il metodo nel «De arte venandi cum avibus»

Alla concezione della subordinazione delle scienze naturali alla teologia si accompagna però la constatazione che forme e manifestazioni molteplici di testi a carattere scientifico cominciano a circolare anche nel Medioevo, o almeno a partire da alcuni secoli di esso.

Sebbene, infatti, nei bestiari del XII e del XIII secolo l’essenziale continui ad essere l’exemplum e la significatio107, proprio in questo periodo inizia a imporsi in tutto

l’Occidente cristiano una nuova visione della natura, un nuovo modo di comportarsi nei confronti del mondo e dei fenomeni naturali. Comincia cioè a manifestarsi un atteggiamento di curiosità scientifica e di ricerca, che prelude alla nascita della moderna scienza sperimentale, anticipandone metodi e prospettive teoriche: dai mirabilia, dagli esotismi, dalle teratologie che caratterizzavano la fisica tardoantica e in parte anche altomedievale, l’attenzione tende ora a spostarsi verso i fenomeni reali, osservabili, verso le leggi e le forze interne che governano la natura.

106 Cfr. Zambon, L’alfabeto simbolico degli animali… op. cit., p. 36.

107 Sono i termini che si ritrovano nei rari accenni programmatici presenti nei bestiari romanzi, come nel Bestiaire di Philippe de Thaün («Non c’è alcuna cosa in questo mondo/ che non offra un esempio/ per chi la sappia interrogare,/ indagare e sperimentare») o in quello di Gervaise («Le bestie hanno aspetti diversi/ e diversi significati;/ lo stesso vale per gli uccelli:/ alcuni sono brutti, altri sono belli»): Zambon, L’alfabeto simbolico degli animali, op. cit., p. 45.

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Come è stato osservato, già nel XII secolo «il mondo fisico non è più, o meglio non è più solo un tenue trasparente tessuto di simboli che si dileguano alla prima interpretazione allegorica; è un complesso di forze, un vigor che organizza e conserva il cosmo […], oggetto di una ricerca fisica, fecondo campo in cui trova piena esplicazione una ratio prima ignota»108.

Numerosi riferimenti a questa nuova condotta e alla sperimentazione diretta si trovano anche nel De arte venandi cum avibus di Federico II, il quale fece addirittura venire dai suoi territori in Oriente un certo numero di struzzi per verificare se le uova di questo uccello fossero veramente covate dal sole, come affermavano alcune redazioni del Fisiologo109.

Nel trattato del sovrano svevo, relativo alla caccia praticata con l’ausilio di uccelli rapaci e scritto al di fuori di ogni suggestione etico-allegorica, prevalgono l’osservazione diretta e il metodo empirico, da cui emerge una conoscenza sistematica e descrittiva della conformazione, della collocazione, dei rapporti, della struttura e dello sviluppo dei diversi organi del corpo e delle loro funzioni biologiche110.

L’interesse di Federico II per i falconi, che allevava e addestrava con cura, non si esauriva nel nesso strettissimo che questi rapaci avevano con la caccia: ammaestrarli significava anche osservarli, classificarli, esplorarne la struttura anatomica, fissarne le funzioni fisiologiche e studiarne i comportamenti.

108 T. Gregory, L’idea di natura nella filosofia medievale prima dell’ingresso della «Fisica» di

Aristotele, in La filosofia della natura nel Medioevo, Milano 1966, p. 51; cfr. anche M. D. Chenu, La

teologia nel Medio Evo. La teologia nel sec. XII, trad. it., Jaca Book, Milano 1972. 109 T. Gregory, L’idea di natura nella filosofia medievale... op. cit., p. 51.

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Così, per esempio, descrivendo lo sterno delle gru cinerine, uccelli con zampe e collo molto lunghi, abituate a grandi migrazioni tra Europa e Africa, egli precisa che «non c’è niente di simile nell’osso del petto di altri uccelli», mettendo in evidenza la conformazione, la collocazione e la fisiologia dell’osso in rapporto alla trachea e cogliendone i legami con le leggi che determinavano l’altissimo timbro sonoro di questi uccelli111.

La passione di Federico II per gli uccelli rapaci è sottolineata da vari cronisti e persino dal Novellino, e si deduce dai documenti con i quali egli ordinava ai funzionari di procurargli esemplari in Spagna, in Bulgaria, nel Levante, in India, in Inghilterra, in Islanda, nella zona artica e soprattutto falconi a Malta, a Lubecca e in Puglia, dove si trovavano quelli più apprezzati perché di specie più rara112.

L’imperatore, sospinto dall’ansia di sapere e dal desiderio di verificare con prove pratiche le ricerche sulla natura, individuava così tipi di uccelli le cui caratteristiche erano fino ad allora sconosciute o precisava meglio i caratteri di quelli noti.

La novità sperimentale del metodo consisteva in un procedimento che rispondeva alle esigenze dell’osservazione diretta dell’anatomia e della fisiologia degli animali, e che contribuiva in modo efficace alla conoscenza della vita e dei comportamenti degli uccelli. Un procedimento che conferma il sistema quantitativo e sperimentale come il solo creatore di valori culturali; la conoscenza cioè della natura come scienza pratica legata alla vita di corte e che scaturiva dalla concezione antropocentrica del mondo secondo la quale «Dio aveva creato gli altri per l’uomo e l’uomo per se stesso»113.

111 Ivi, p. 87. 112 Ivi, p. 85.

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Le informazioni sulla struttura anatomica degli uccelli e sui suoi rapporti con la funzionalità fisiologica non sembrano però poste in rapporto con la terapeutica, i cui riferimenti nel testo sono imprecisi e incompleti114, a differenza di quanto emergerà

invece dal celebre trattato De medicina equorum di Giordano Ruffo, castellano e maniscalco presso la corte di Federico115.

È probabile che anche questo, unito alla novità della metodologia, abbia influito sulla scarsa diffusione e utilizzazione di un trattato che si colloca lontano dalla cornice tradizionale dei bestiari e anche dallo stesso Trésor del fiorentino Brunetto Latini, volgarizzamento toscano dell’enciclopedia di Bartolomeo Anglico, i cui dati scientifici e riferimenti zoologici evidenziano una compilazione povera di osservazioni personali e priva di ogni verifica sperimentale116.

Nel nuovo clima del XII o del XIII secolo, l’utilità spirituale della simbologia zoologica viene quindi messa in discussione. Residuo di una visione della natura arcaica e superata, la materia del bestiario è pronta per essere assorbita, attraverso la lirica e i bestiari d’amore, dalla letteratura.

114 S. Tramontana, Il Regno di Sicilia … op. cit., p. 87.

115 Fra il 1250 e il 1256 Giordano Ruffo, nobile calabrese al servizio dell’imperatore Federico II, portava a compimento in latino il De medicina equorum, un’opera che segna la rinascita della trattatistica veterinaria medievale. Il testo, originariamente redatto in latino, conosce traduzioni e rimaneggiamenti in varie altre lingue; inoltre costituisce una sorta di capostipite per altre opere dello stesso argomento e di diverso autore che si susseguono fino alla diffusione della stampa e anche oltre, fino al Cinquecento. Si veda A. Montinaro, La tradizione del “De medicina equorum” di Giordano Ruffo. Con un censimento dei testimoni manoscritti e a stampa, Biblioteca di Carte Romanze 4, Ledizioni, Milano 2015.

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2.3 La zoologia altomedievale: dai manuali del Basso Impero romano