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5.3 Struttura concettuale di una LCA

5.3.3 Valutazione degli impatti

5.3.3.1 Il metodo Recipe 2014

Quanto ai metodi di valutazione dell’impatto, ai sensi delle norme ISO si distingue tra:

- elementi obbligatori, come la classificazione e la caratterizzazione;

- elementi opzionali, come la normalizzazione, il raggruppamento e la pesatura.

Classificazione

I risultati dell’analisi di inventario di solito contengono molteplici dati di emissioni differenti e parametri di estrazione delle risorse e pertanto occorre organizzare tutti gli elementi associandoli alle corrispettive categorie d’impatto. È possibile assegnare la stessa emissione o consumo di risorse ed energia contemporaneamente a più categorie d’impatto, le quali rappresentano i rispettivi effetti sull’uomo e sull’ambiente. Distribuire i valori di tutte le emissioni gassose, liquide e solide, dirette o indirette, può risultare alquanto difficile, specialmente se si considera che la stessa emissione può contribuire a più fenomeni d’impatto. L’aggregazione dei dati in categorie d’impatto è solo il primo step della fase di valutazione e permette di individuare, nel confronto tra più processi, quello con minor consumo di risorse e minor impatto a seguito dei rilasci nell’ambiente. A tal proposito i metodi di valutazione degli impatti sono suddivisi in:

- midpoint level, se i dati sono associati a categorie di impatto intermedio (es. acidificazione terrestre, cambiamento climatico);

- endpoint level, se i dati sono associati a categorie di impatto finale (danni alla salute umana, all’ecosistema e al consumo di risorse).

Caratterizzazione

Dopo aver definito le categorie d’impatto e aver assegnato i risultati dell’analisi d’inventario, è necessario definire il fattore di caratterizzazione. Tramite tale fattore viene quantificato il potenziale contributo di ogni impatto ambientale e quindi è possibile capire quanto una sostanza contribuisce alla sua categoria d’impatto mediante comparazione con una sostanza di riferimento.

Normalizzazione

È una procedura che mostra quanto una categoria d’impatto contribuisce significativamente al problema ambientale globale, dividendo le categorie per un parametro di normalizzazione. Questo valore può essere determinato in diversi modi. La procedura più comune è quella di determinare gli indicatori delle categorie d’impatto in un’area definita in un periodo di un anno e dividere il risultato ottenuto per il numero di abitanti nell’area oggetto di studio.

La fase di normalizzazione ha due scopi principali:

- le categorie d’impatto che contribuiscono in piccola parte possono non essere considerate, riducendo così il numero di aspetti che devono essere valutati;

- i risultati normalizzati mostrano l’ordine di grandezza dei problemi ambientali generati dal ciclo di vita del prodotto, rispetto ai carichi ambientali totali.

Pesatura

La pesatura è la fase più difficile e controversa della valutazione di impatto del ciclo di vita. Ci sono diverse soluzioni per semplificare o risolvere il problema:

1. utilizzare un elenco per la valutazione delle categorie d’impatto e proporre pesi standard;

2. distanza dall’obiettivo: se è possibile impostare un obiettivo per ogni categoria di impatto e il suo target, questo può essere usato per determinare il fattore di ponderazione;

3. monetizzazione: tutti i danni sono espressi con la stessa unità monetaria, i diversi carichi ambientali sono associabili ai costi, ad es. i costi relativi all’estrazione delle risorse attuali e futuri possono variare.

Il metodo ReCiPe (2014) è un metodo di valutazione degli impatti che offre risultati sia a livello di

midpoint che di endpoint, derivante dalla combinazione di due approcci principali:

- il metodo CML (Centrum Milieukunde Leiden), proposto come metodo linea guida per la caratterizzazione nell’Handbook of LCA (Guinée et al. 2002), per le categorie di midpoint;

- il metodo Eco-indicator 99 (Goedkoop & Spriensma, 1999) per le categorie di endpoint.

Recipe 2014 comprende due gruppi di categorie di impatto con opportunamente associati dei fattori di caratterizzazione. A livello di midpoint il metodo prevede ben diciotto categorie di impatto che sono:

1. cambiamento climatico (CC);

2. assottigliamento dello strato di ozono (OD);

3. acidificazione terrestre (TA);

4. eutrofizzazione delle acque dolci (FE);

5. eutrofizzazione marina (ME);

6. tossicità umana (HT);

7. ossidazione fotochimica (POF);

8. formazione di particolato (PMF);

9. ecotossicità terrestre (TET);

10.ecotossicità delle acque dolci ( FET);

11.ecotossicità marina (MET);

12.radiazione ionizzante (IR);

13.occupazione di terreno agricolo (ALO);

14.occupazione di terreno urbano (ULO);

15.trasformazione del suolo naturale (NLT);

16.esaurimento delle risorse idriche (WD);

17.esaurimento delle risorse minerali (MRD);

18.esaurimento del combustibile fossile (FD).

A livello di endpoint, queste diciotto categorie di impatto midpoint, sono ulteriormente convertite e aggregate nelle seguenti tre categorie:

1. danno alla salute umana (Human Healt, HH);

2. danno alla diversità dell’ecosistema (Ecosystem Diversity, ED);

3. danno alla disponibilità di risorse (Resource Availability, RA).

La figura 12 riassume tutte le categorie accennate relative ai due approcci e mostra graficamente i collegamenti tra le categorie di impatto midpoint e le tre categorie di danno (endpoint), a partire dai dati di inventario, ossia dalla fase LCI. Si noti come alcune categorie a livello di midpoint (Occupied area, Transformed area, Hazard W. Conc., Water use) non vengono considerate in un ulteriore modello ambientale per il calcolo relativo alle categorie di endpoint.

Figura 12 - Relazioni tra i parametri LCI, gli indicatori di midponint e gli indicatori di endpoint (Recipe 2008, Goedkoop et.al,2012).

Per le categorie di endpoint, sono necessari due fattori di caratterizzazione: uno per convertire i risultati dell’indicatore di midpoint nel corrispettivo indicatore di endpoint, l’altro per convertire l’impatto (es. emissione) direttamente in indicatore di endpoint:

= ∑ (Eq.1) con: Q, fattore di caratterizzazione; i, carico ambientale; m, indicatore di midpoint; e, indicatore di endpoint.

I fattori di caratterizzazione ottenuti sono poi convertiti in indicatori di risultato (I).

Per quanto riguarda la categoria di midpoint m, l’indicatore I risulta pari a:

= ∑ (Eq.2) dove mi è la magnitudine del carico ambientale i (ad esempio la massa di CO2 rilasciata in aria)

L’indicatore di risultato I, per la categoria di endpoint può essere calcolato in due modi:

1. Si calcola direttamente dal valore del carico ambientale senza passare dagli intermedi di

midpoints:

= ∑ (Eq.3)

2. Si passa attraverso il calcolo degli intermedi di midpoints:

= ∑ (Eq.4)

Danno alla salute umana

All’interno di questa categoria sono compresi i danni causati da:

- sostanze cancerogene (HH Carcinogenic effects);

- sostanze organiche (HH Respiratory effects organic);

- sostanze inorganiche (HH Respiratory effect inorganics);

- cambiamenti climatici (HH Climate Change);

- assottigliamento dello strato di ozono (HH Ozone depletion).

La metodologia solitamente valuta il danno alla salute umana stimando il Disability-Adjusted Life

Years, DALYs (Hofstetter,1998). L’obiettivo è quello di correlare gli effetti sulla salute umana al

numero di anni vissuti dall’uomo con disabilità e al numero di anni di vita persi. Considerando che viene data la stessa importanza per un anno di vita perso nelle diverse età e che non viene considerata alcuna variazione per le generazioni future, il DALYs è la somma degli anni di vita persi (YLL) e degli anni di vita vissuti con la disabilità (YLD):

DALY = YLL + YLD (Eq.5)

Con:

YLD= w * D (Eq. 6)

dove :

w, fattore di severità compreso tra 0 (stato di piena salute) e 1 (morte);

D, durata della malattia.

Il DALY è molto utile per valutare il danno alla salute umana, ma è un metodo che dipende fortemente da assunzioni soggettive, in quanto:

- si riferisce ad una specifica regione in un certo arco di tempo, applicando poi una media mondiale nel calcolo dei fattori di caratterizzazione, si assume che questa sia accettabile;

- non considera le differenze di età e le variazioni per le generazioni future;

- conferisce un peso soggettivo all’entità delle malattie.

Danno alla diversità dell’ecosistema (ED) La categoria comprende i danni causati da:

- emissione di sostanze tossiche (EQ Ecotoxicity);

- combinazione degli effetti di acidificazione ed eutrofizzazione (EQ Acidification/ Eutrophication);

Gli ecosistemi sono eterogeni e molto complessi da monitorare, ma la biodiversità, le funzioni ecologiche, le risorse e le informazioni genetiche sono aspetti importanti per tutta l’umanità. Un approccio per descrivere la qualità degli ecosistemi è in termini di energia, materia e flussi informativi. Quando tali flussi sono utilizzati per caratterizzare la qualità dell’ecosistema, si considera lo stato di alta qualità, la condizione che permette ai flussi di verificarsi senza alcuna interruzione causata dall’attività antropica. Pertanto, il parametro più importante per la determinazione della qualità di un ecosistema è il grado di perturbazione dei flussi chiave. I fattori antropogenici possono influenzare tutti i gruppi di specie presenti, ma dato che è impossibile controllarle tutte, sono state selezionate solo le specie in grado di rappresentare la qualità totale dell’ecosistema. Inoltre, occorre scegliere tra:

- estinzione totale o reversibile di specie;

- scomparsa reversibile o irreversibile di una specie in una regione durante un certo periodo di tempo.

Il primo tipo di danno è estremamente difficile da modellare nel contesto LCA, inoltre si suppone che la completa estinzione di solito sia causata da molteplici fattori. Tale ipotesi implica che nessun singolo ciclo di vita può causare da solo l’estinzione di una specie. Sulla base di questo ragionamento si utilizza solo il secondo tipo di danno. ReCiPe considera che la perdita di ogni specie, marina o terrestre, è ugualmente importante e calcola il numero totale di specie di riferimento perse.

Il fattore di caratterizzazione endpoint per il danno all’ecosistema (CFED) si calcola con la somma del PDF (Potential Disappear Fraction of species) moltiplicato per la densità delle specie (SD):

= ∗ + ∗ + ∗ (Eq. 7)

Dove:

PDF = fattore di caratterizzazione;

SD = densità della specie;

terr = sistemi terrestri;

fw = sistemi d’acqua dolce;

Si deve poi determinare il totale delle specie sulla terra, registrate da UNEP (United Nations Environment Programme), a loro volta suddivise in specie terrestri, d’acqua dolce e marittime:

- numero totale specie terrestri: 1'600'000;

- numero totale di specie d’acqua dolce: 100'000;

- numero totale di specie marittime: 250'000.

Infine, occorre stimare l’area terrestre (escludendo le aree agricole, i ghiacciai e i deserti) e il volume delle acque dolci e marine (fino ad una profondità di 200m, entro il quale vi è la maggior concentrazione di specie).

- Densità specie terrestri: 1.48 E-08 [m-2];

- densità specie d’acqua dolce: 7.89 E-10 [m-3];

- densità specie d’acqua marina: 3.46 E-12 [m-3].

Disponibilità di risorse (RA)

Il rischio che l’umanità esaurisca le risorse per le generazioni future è uno dei principali problemi, motivo per cui alcuni gruppi di studiosi considerano l’esaurimento delle risorse come l’unica questione da monitorare. I danni di questa categoria sono causati fondamentalmente da:

- estrazione di minerali (R Mineral);

- estrazione di combustibili fossili (R Fossil Fuel).

Per comprendere al meglio le esigenze di risorse, occorre distinguere tra un materiale e la funzione che può fornire, o come Müller-Wenk (1998) afferma, la proprietà essenziale del materiale che viene utilizzato per servire un certo scopo. Il gruppo di lavoro sulla valutazione d’impatto dell’organizzazione SETAC-UNEP Life Cycle Initiative ha classificato le risorse in tre categorie: biotic, abiotic (flussi, riserve e scorte) e land. Per la valutazione delle risorse abiotiche esistono vari approcci:

- aggregazione basata sul deposito (D) e sul consumo (U), ma la dimensione del deposito rimane piuttosto incerta (Modello CML 2000);

- aggregazione basata su interventi ambientali causati da ipotetici processi futuri, come ad esempio il metodo proposto da Müller-Wenk (1998), basata sul surplus di energia per future estrazioni di bassa qualità. Quest’ultimo metodo è stato applicato, con alcune modifiche, nel modello Eco-

indicator 99. Questo tipo di approccio deve suppore scenari futuri e ciò rende il fattore di caratterizzazione piuttosto incerto;

- exergia, come proposto da Finnveden (1997). Tuttavia, è lecito chiedersi se l’exergia attuale riflette i problemi ambientali, in quanto è una proprietà fisica che rispecchia lo sforzo per produrre le risorse a prescindere dalla sua scarsità nell’ambiente. Come tale, l’indicatore non esprime la scarsità della risorsa.

Recipe 2014 non utilizza nessuno di questi approcci, infatti, si basa sulla distribuzione geologica di minerali e risorse fossili, valutando come l’uso di queste risorse può contribuire negativamente all’estrazione delle risorse stesse. Pertanto, si fa riferimento ad una funzione che considera l’aumento del costo di estrazione nel tempo, non considerando l’aumento di richiesta energetica in un futuro lontano.

L’aumento marginale del costo (MCI, in $/kg2) è il fattore che rappresenta l’aumento del costo di un prodotto r ($/kg) dovuto all’estrazione o resa (kg) di risorsa r:

= ∆

∆ ! (Eq. 4)

L’aumento del costo deve essere moltiplicato per un fattore che esprime l’ammontare consumato. Questo stadio converte l’aumento di risorse in aumento di costo per la società.

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