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Il modello di Pickett per l’interfaccia di delaminazione

3.1 Modello analitico di una lamina costituita da tessuto

3.1.4 Il modello di Pickett per l’interfaccia di delaminazione

Attraverso questo modello[2] è possibile considerare la delaminazione, come modalità di rottura fra duo o più lamine di composito. Nella carta del materiale è definito, in Pam-Crash, sotto il nome di Material Type

303 [2], e riveste grande importanza, poiché all’interno dei dati di input, vi è la caratterizzazione del valore

di resistenza alla frattura interlaminare . Esso descrive l’accrescimento di una cricca, secondo

determinati tipi di carico, che vanno a sollecitare strutture predelaminate; pertanto risulta assai importante definire una legge di danneggiamento che permetta all’interfaccia di delaminazione di assorbire la corretta quantità di energia per unità di superficie, , durante il danneggiamento.

54 Dalla figura 56 è possibile osservare come viene affrontato dal software un caso di delaminazione: in pratica le superfici opposte dell'interfaccia di delaminazione, ancora integre, sono collegate da semplici elementi coesivi di tipo elastico, detti Tied elements. Essi collegano i nodi, chiamati Slave node, di una delle due parti con gli elementi, detti Master elements, dell'altra. Con il termine , si indica lo spostamento relativo fra due lamine adiacenti, che sottopone a deformazione l’elemento coesivo, secondo delaminazione(definito modo I) oppure scorrimento(definito modo II).

Per la relazione tra tensione e deformazione viene scelta una forma triangolare (vedi Figura 57), dove fintanto che non viene raggiunta la deformazione , a cui corrisponde la tensione massima e un

assorbimento di energia per unità di superficie pari a 0 (punto A), l'elemento coesivo si comporta in maniera perfettamente elastica. Superato tale sollecitazione le proprietà elastiche degradano in maniera lineare fino al loro completo annullamento (punto B). Da specificare che nel caso in cui si abbia uno sforzo normale di compressione il modello non prevede alcun tipo di danneggiamento.

Figura 57: Andamento tensione/deformazione del modello di danneggiamento(modoI/II) dell’interfaccia[19]

Da notare che l’area sottesa al tratti lineari AB, rappresenta rispettivamente, le resistenze alla frattura interlaminare . Consideriamo adesso, per semplicità, il caso di danneggiamento secondo modo I, anche

se lo stesso ragionamento può essere percorribile considerando il modo II, semplicemente modificando i pedici delle seguenti formulazioni, indicando con ,il modulo elastico della resina non danneggiata, si ottiene:

dove il valore vale:

{

Nei casi reali però ,il componente non è mai sollecitato da un singolo modo, bensì in maniera ibrida, cioè attraverso una combinazione tra modo I e modo II. Nello specifico, indicando con 𝐼 e 𝐼𝐼 le energie per

unità di superficie assorbite contemporaneamente dai due modi, non si avrà danneggiamento fintanto che:

(

) (

55 Dove per , si ha una interazione lineare, per una interazione non-lineare(tipicamente compresa tra 1 e 2). Il decadimento totale delle prestazioni del componente si ottiene al raggiungimento della condizione unitaria della precedente equazione.

Figura 58: Rappresentazione grafica MMB [20]

Tramite la funzione ,nella figura precedente, il software Pam-Crash consente di scegliere in maniera

arbitraria il tipo di interazione tra modo I e modo II. Per concludere, i valori di e sono ottenuti

rispettivamente, attraverso il test Double cantilever Beam(DCB) ed il test End Notched Flexure(ENF). Può essere determinato anche il modo misto( modo I + modo II) attraverso il Mixed Mode Bending test (MMB). Tutti e tre i test sono normati dall’ente ASTM, per l’ottenimento di pratiche di sperimentazione e analisi, comuni ai vari laboratori di ricerca.

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Capitolo 4

CAMPAGNA SPERIMENTALE

Lo scopo principale della campagna sperimentale, presentata in questo capitolo, è quello di determinare, attraverso specifici test(effettuati nel laboratorio strutture MasterLab dell’Università di Bologna a Forlì), i vari valori dei parametri richiesti in ingresso alle diverse carte materiale del software Pam-Crash, suddivisibili in: proprietà del materiale, parametri di danno fibra/matrice e proprietà della matrice, ecc.. Con l'obiettivo finale di simulare lo schiacciamento di un componente avente una geometria già studiata in precedenza da altri lavori di tesi.

Verrà quindi proposta una descrizione del materiale e processo produttivo utilizzati per la realizzazione dei provini, per poi passare ad una relazione dettagliata sull’esecuzione dei vari test, partendo dalla normativa ASTM di riferimento, fino a giungere all’ analisi e discussione dei risultati ottenuti.

Studio dei provini: i principi del Building Block Approach come metodo di progettazione

Per conoscere il comportamento di un materiale in esercizio dal punto di vista strutturale, cioè nel momento in cui andrà ad eseguire una determinata funzione, è necessario definire un’ indagine che ponga le basi sulla caratterizzazione del materiale stesso, attraverso l’analisi di piccoli provini per la raccolta dati relativa alle proprietà meccaniche del materiale stesso. Questa campagna sperimentale è di vitale importanza, prima di poter pensare in ottica macroscopica del componente da studiare, cioè di analisi delle performance in scala reale. Per questo motivo è necessario ricorre al metodo definito dal Building Block

Approach (BBA). Graficamente rappresentato, questo approccio ha una forma a piramide, dove alla base

vengono eseguiti il maggior numero di test, su componenti di piccole dimensioni, tutto ciò a favore di una notevole riduzione dei costi, prima che si raggiunga la sommità, concretizzandosi la fase di analisi della struttura nella sua completezza(Figura 59).

Figura 59: Schema del Building block approach applicato ad una struttura in composito in ambito Automotive

In questo modo, attraverso la sperimentazione su numerosi e piccoli provini, è possibile ricavare molteplici informazioni necessarie per calibrare il modello numerico(attraverso software CAE), costruendo le basi per

57 una conoscenza più profonda del materiale dal punto di vista strutturale, prima di progredire verso livelli più complessi, dal punto di vista delle geometrie coinvolte, e quindi superiori per dispendio di risorse economiche. Peraltro se la calibrazione del modello numerico venisse applicata su un elemento, per esempio appartenente al secondo piano della piramide, e quindi avente già una geometria più complessa, perché evoluzione dalla fase precedente, è possibile ottenere nient’altro che delle previsioni che non andranno a rappresentare con efficacia le reali performance dell’assieme finale.

4.1 Caratteristiche del pre-impregnato e descrizione del processo produttivo

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