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Per monitorare i livelli di accumulo di metalli pesanti nel pesce spada sono stati analizzati frammenti di muscolo. Sebbene il fegato sia di solito associato a concentrazioni di contaminanti chimici più alti, in questo studio non è stato analizzato in quanto, non essendo parte edibile del pesce, non rappresenta un rischio per la salute dell’uomo. Nonostante i dati ottenuti riportino un’alta variabilità nei livelli di concentrazione di metalli pesanti, significative differenze sono state riscontrate tra i vari elementi considerati.

In tutto 56 individui sono stati analizzati per il Cadmio, Piombo e Mercurio: 11 pesci dall’Atlantico Nord Occidentale (NWA), 11 dall’Atlantico Centro Nord e 34 individui dall’area mediterranea (rispettivamente 12 dallo Ionio, 12 dal Tirreno centrale, 10 dal Tirreno meridionale). In tabella 7-4 sono riportati i dati relativi alle concentrazioni di Cd, Pb e Hg, espresse in mg/kg di peso fresco, in X. gladius nelle varie aree. Sia per il Piombo che per il Cadmio, sono risultate esserci forti differenze tra le due aree studio (Tab. 6-4), con valori medi di concentrazione significativamente più bassi nel campione Atlantico Nord Occidentale (NWA: Cd=0,045 ± 0,032, Pb=1,078 ± 0,495) e in quello Atlantico Centro Nord (NCA: Cd=0,042 ± 0,041, Pb=0,968 ± 0,646) rispetto ai tre campioni del Mediterraneo (IOS: Cd=0,158 ± 0,080, Pb=1,049 ± 0,358; CTS: Cd=0,116 ± 0,134, Pb=1,358 ± 0,916; STS: Cd=0,101 ± 0,054, Pb=1,160 ± 0,747). I valori massimi di accumulo sono stati trovati nell’area del Tirreno Centrale sia per il Cadmio (0,445 mg/kg ww) che per il Piombo (3,887 mg/kg ww), entrambe sullo stesso individuo che rappresenta anche il pesce tra quelli di taglia maggiore campionati in Mediterraneo (LJFL=140cm).

Tab. 6-4: Concentrazioni medie (mg/kg peso fresco) e Deviazioni standard di Cd, Pb e Hg in X. gladius dalle cinque aree di campionamento.

Sempre nella stessa area tirrenica sono emersi i valori minimi di accumulo di Cadmio, mentre il minimo riscontrato per il Piombo è stato in un pesce spada del Mar Tirreno Meridionale con 0,02 mg/kg. Per il Cadmio (Fig. 6-7), nonostante alcuni individui abbiano presentato alti livelli di accumulo, le concentrazioni medie riscontrate non superano i tenori massimi decisi dalla CE come detto nel capitolo 5 (vedi allegato 1).

IOS STS CTS NWA NCA

Cd 0,158 ± 0,080 0,101 ± 0,054 0,116 ± 0,134 0,045 ± 0,032 0,042 ± 0,041 Pb 1,049 ± 0,358 1,160 ± 0,747 1,358 ± 0,916 1,078 ± 0,495 0,968 ± 0,646 Hg 1,580 ± 0,710 2,414 ± 1,623 1,040 ± 0,613 0,887 ± 0,186 0,658 ± 0,333 !

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Fig. 6-7: Grafico delle concentrazioni di Cadmio (mg/kg peso fresco) ritrovato nelle cinque aree studio. Il raggio delle sfere rappresenta la deviazione standard. La linea tratteggiata indica il tenore massimo imposto

dalla CE

Fig. 6-8: Grafico delle concentrazioni di Piombo (mg/kg peso fresco) ritrovato nelle cinque aree studio. Il raggio delle sfere rappresenta la deviazione standard. La linea tratteggiata indica il tenore massimo imposto

dalla CE

Per il Piombo invece (Fig. 6-88), tutti gli individui analizzati hanno mostrato alte concentrazioni e accumuli notevolmente superiori ai 0,30 mg/kg imposti come limite massimo (limiti Reg. CE 1881/2006), ad eccezione di soli due pesci del Tirreno meridionale. Questi risultati sono conformi a quelli riportati da Papetti & Rossi (2009) sulla stessa specie e da Ylmaz (2003) su specie simili (Mugil cephalus e Trachurus mediterraneus), entrambe sul pescato del Mediterraneo. I volori sono invece più alti rispetto al lavoro di Storelli et al. (2005) che in uno studio comparativo dell’accumulo di metalli tra Thunnus thynnus e Xiphias gladius trovarono livelli medi di Cd e Pb più bassi. In media le concentrazioni maggiori di Pb e Cd sono state trovate rispettivamente in area centro-tirrenica ed in area ionica.

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L'area che maggiormente è risultata presentare i livelli più alti di Mercurio è stata quella mediterranea, con livelli altissimi nei campioni del Tirreno Meridionale (Fig. 6-99). I valori medi dei campioni provenienti da quest'area superano notevolmente i tenori massimi consentiti, con la concentrazione massima (4,036 mg/kg peso fresco) riscontrata in un pesce spada di taglia grande (150 cm). Anche nel Mar Ionio i livelli medi di accumulo si sono rivelati elevati, mentre nel campione del Tirreno Centrale, nonostante alcuni pesci contengano livelli di Mercurio superiori ai tenori massimi consentiti, i valori medi (1,040 ± 0,613) rimangono accettabili. Entrambe i campioni atlantici hanno al contrario valori medi al di sotto della soglia di rischio, con una diminuzione delle concentrazioni nel campione atlantico centrale rispetto a quello occidentale.

Fig. 6-9: Grafico delle concentrazioni di Mercurio (mg/kg peso fresco) ritrovato nelle cinque aree studio. Il raggio delle sfere rappresenta la deviazione standard. La linea tratteggiata indica il tenore massimo imposto

dalla CE

Per quanto riguarda la relazione tra la taglia del pesce e gli accumuli di metalli pesanti (Fig. 6-1010, Fig. 6-1111 e Fig. 6-12) X. gladius ha presentato una correlazione significativamente positiva tra la taglia del pesce e le concentrazioni dei tre metalli pesanti. Cd: r = 0,46, p < 0,001; Pb: r = 0,45, p < 0,001; Hg: r = 0,37, p < 0,01). Questi risultati rispecchiano il processo di bio-magnificazione risalendo la catena trofica, oltre alle alte assunzioni di contaminati dovuti agli elevati livelli metabolici dei grandi predatori. Individui più grandi hanno mostrato più elevati livelli di concentrazione di metalli pesanti come era stato già precedentemente riscontrato da altri autori in studi sugli inquinanti chimici dei pesci (Anderson & Depledge, 1997; Mendez et

al. 2001; Storelli et al., 2002).

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Fig. 6-10: Confronto tra la taglia di X gladius e le concentrazioni di Cd riscontrate

Fig. 6-11: Confronto tra la taglia di X gladius e le concentrazioni di Pb riscontrate

Fig. 6-12: Confronto tra la taglia di X gladius e le concentrazioni di Hg riscontrate !"#"$%&'" (")"$%$$*" $%$$" $%$+" $%*$" $%*+" $%,$" $%,+" $%-$" $%-+" $%&$" $%&+" $%+$"

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7. Discussioni

La priorità principale in materia di gestione degli stock ittici nel bacino del Mediterraneo è quella di garantire un corretto sfruttamento della risorsa. La diversità delle culture che si affacciano sul Mediterraneo ed il livello di antropizzazione presente, rendono difficile interventi mirati alla salvaguardia ambientale e degli stock. La stessa legislazione internazionale in materia di pesca del Mar Mediterraneo è applicata con pesi diversi a seconda delle diverse realtà su cui agisce, sia sociali che economiche. Per proteggere l’ambiente mediterraneo, su cui attualmente gravano pressioni diverse a scapito degli habitat costiero e marino, è sempre più necessario, oltre che attuare e applicare le leggi ambientali esistenti, adottare anche approcci integrati basati sulla conoscenza degli ecosistemi al fine di comprenderne al meglio l’organizzazione ed il funzionamento. Gli aspetti più importanti di cui tener conto sono: 1) l’inquinamento prodotto dall’urbanizzazione e dalle attività industriali; 2) la sostenibilità dello sfruttamento delle risorse della pesca e dell’acquacoltura; 3) la presenza di meccanismi sia regolamentari sia informativi non adeguati (prevalentemente, la non applicazione della legge). La maggior parte delle aree costiere del Mediterraneo ospitano industrie chimiche ed estrattive, che generano quantità considerevoli di rifiuti industriali tra i quali metalli pesanti e altre sostanze pericolose e persistenti che raggiungono, direttamente o indirettamente, il Mar Mediterraneo (attraverso i fiumi e le acque di dilavamento). Il risultato di questi fattori è un ecosistema in cui la sopravvivenza di specie ittiche è delicatamente dipendente dall’intervento umano. Questo studio vuole cercare di fornire un quadro delle complesse variabili che ad oggi agiscono sulla popolazione di pesce spada del Mar Mediterraneo, intesa sia come risorsa ittica di grande valore commerciale, sia come simbolo di un ecosistema che vive ormai al di sotto dei limiti di sostenibilità. Lo studio comparativo tra la popolazione mediterranea e quella atlantica di X.

gladius ha permesso di trovare differenze tra due aree soggette ad impatto antropico diverso, se

non altro per la differente dispersione geografica di cui godono. La popolazione mondiale di pesce spada risulta geneticamente strutturata suggerendo un ridotto flusso genico tra i vari bacini oceanici, nonostante l’assenza di barriere geografiche (Chow et al., 1997). In particolare Chow et

al. (1997) affermano la presenza di quattro distinte popolazioni di pesce spada sulla base di

analisi degli RFLP del mtDNA: pacifica, nord atlantica, sud atlantica e mediterranea. Studi genetici, biologici e morfometrici, condotti sulle due popolazioni atlantica e mediterranea, hanno evidenziato inoltre una separazione dei due stock all’altezza dello stretto di Gibilterra (Cimmaruta

et al., 2006; Kotoulas et al., 2006; Lu et al., 2006; Mattiucci et al., 2007; Reeb & Block, 2006).

Mancava però ad ora uno studio comparativo degli effetti di questa separazione con le variabili che possono mettere a rischio la salute della popolazione di pesce spada come ad esempio i metalli pesanti.

I risultati relativi allo studio della comunità parassitaria di X. gladius hanno messo in evidenza alcuni parassiti come indicatori biologici in due approcci differenti: il primo

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considerando la parassito fauna in toto, il secondo considerando le singole specie come potenziali “biological tags”. Come infatti suggerito da Lester & MacKenzie (2008), non tutti i parassiti possono essere utilizzati come indicatori biologici nella discriminazione di stock ittici. Di solito si associa a differenti composizioni delle faune parassitarie differenti stock ittici; in realtà quello che si sta osservando sono diverse distribuzioni di parassiti associate a diverse aree geografiche. Secondo gli Autori, elemento non trascindibile per l’utilizzo di parassiti come indicatori di stock è la permanenza all’interno dell’ospite e l’eteroxenicità del ciclo biologico. Tra tutte le specie parassite identificate in X. gladius, solamente alcune hanno risposto positivamente ai requisiti richiesti per un buon indicatore biologico. Pennella instructa, Hepatoxylon squali, Bolbosoma sp., Anisakis spp. e Hysterothylacium spp. sono specie permanenti in quanto, incistandosi nel caso in cui l’ospite intermedio non sia adatto al loro ciclo biologico, hanno periodo di rimanenza superiore ad un anno (Speare, 1995). Questi parassiti, superando quindi la stagionalità della migrazione, forniscono maggiori informazioni sulla distribuzione spaziale dell’ospite (Khan & Tuck, 1995) e sono stati per questo già utilizzati in passato come indicatori biologici di stock di pesce spada (Mattiucci et al., 2007; Garcia et al., 2008). La parassitofauna dei pesci spada catturati nelle diverse aree è stata valutata usando l’analisi multivariata. I valori sono stati assegnati tramite scale multidimensionali non-metriche (MDS) basate su matrici di similarità calcolate con il coefficiente di Bray-Curtis (Fig. 7-1). Nell’analisi gli individui dell’area mediterranea (croci) e quelli dell’area atlantica (rettangoli) presentano una distribuzione diversa. Solamente un pesce spada campionato nelle Azzorre occidentali è stato assegnato nell’analisi alla popolazione mediterranea, mentre due campioni catturati nel Tirreno Meridionale hanno mostrato una parassito fauna più caratteristica delle zone atlantiche. Questo potrebbe essere dovuto allo spostamento della linea di confine tra le due popolazioni che secondo alcuni studi non ricadrebbe esattamente all’altezza dello stretto di Gibilterra, ma piuttosto nell’area a sud della Sardegna intorno ai 10° di longitudine Est (Kotoulas at al., 2006)

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Fig. 7-1: MDS ottenuto dai valori di similarità di Bray-Curtis sulle specie parassite rinvenute in X. gladius del Mar Mediterraneo (linea tratteggiata) e dell’Oceano Atlantico (linea continua).

Fig. 7-2: Analisi delle Componenti Principali (PCA) basata sulle abbondanze delle specie parassite in X. gladius. (!:STS;!":CTS;!#:IOS$%:NWA; &:NCA)

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L’analisi delle componenti principali (Fig. 7-2) è stata utilizzata per trovare delle correlazioni tra le variabili (specie parassite) che pesano maggiormente come indicatori della distribuzione geografica delle popolazioni di X. gladius. I risultati di questa analisi mostrano chiaramente che i pesci spada provenienti dalle cinque aree rappresentano unità distinte, oltre a evidenziare le tre aree mediterranee più simili tra loro. I valori delle abbondanze sono stati utilizzati dopo trasformazione in log (x+1) e le due componenti insieme spiegano il 69,4% della varianza. Le specie parassite che contribuiscono in maniera maggiore alla separazione dei campioni sono le stesse suggerite come buoni indicatori biologici. H. squali è la specie parassita campionata che incide maggiormente come indicatore della popolazione atlantica (cerchio in linea continua). A. ziphidarum, A. simplex (s.s.), A. brevispiculata e Bolbosoma sp. contribuiscono a discriminare lo stock atlantico, rispetto a quello mediterraneo, anche se con un'influenza minore. Le specie che pesano maggiormente nell’area mediterranea sono invece il copepode P. instructa ed il nematode anisakide A. pegreffii. È evidente, sulla componente 2 della PCA, la separazione all’interno della macroarea mediterranea delle due zone ionica (in verde) da quelle tirreniche (STS: in giallo; CTS: in rosso), caratterizzate da A. pegreffii la prima e da P.

instructa e H. petteri le seconde. Le tecniche di analisi multivariata applicate sulle specie

dominanti e idonee come indicatori biologici hanno dunque evidenziato l’esistenza di due popolazioni distinte ed indipendenti. Questi risultati sono congruenti con quelli ottenuti in altri lavori con l’utilizzo di altri marcatori. Già Cimmaruta et al. (2006) sulla base di marcatori molecolari (allozimi e RFLP del D-Loop), aveva trovato una separazione delle popolazioni di X.

gladius tra le stesse aree del Mediterraneo e le Isole Azzorre; risultati questi confermati dai lavori

di Reeb et al. (2003) (Reeb, Arcangeli e Block 2003) sui micro satelliti e da Mattiucci et al. (2007) sugli allozimi dei nematodi anisakidi. I valori ottenuti corroborano l’elevato valore dei parassiti considerati come indicatori biologici nella discriminazione di stock ittici. Ulteriori informazioni che ci fornisce l’analisi comparativa della comunità parassitaria di X. gladius è relativa allo stato di salute della popolazione. La parassitofauna si è dimostrata caratterizzata dalla presenza di specie dominanti e specie rare. Se le prime, come abbiamo visto, forniscono utili informazioni sulla distribuzione spaziale degli stock, le seconde contribuiscono notevolmente ala diversità biologica in termini di numero di specie parassite presenti nel campione. In generale, è stata osservata una maggiore biodiversità (Indice di Simpson) nei campioni atlantici rispetto a quelli mediterranei (Fig. 7-). In particolare la stazione che ha mostrato un più ridotto numero di specie parassite è stato il Mar Ionio (Hs=0,51) mentre la popolazione atlantica occidentale si è

mostrata la maggiormente eterogenea (Hs=0,87). Dall’analisi della parassitofauna abbiamo quindi

un’indicazione sulla situazione ecologica della popolazione mediterranea di pesce spada. Se infatti una diminuzione di biodiversità (a vari livelli) è un indice di impoverimento del sistema ecologico in studio (Noss, 1990), la curva di diversità delle specie parassite sopra riportata rappresenta un campanello di allarme sullo stato di salute della popolazione mediterranea di X.

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Alcuni Autori hanno infatti messo in evidenza, sulla base di analisi degli RFLP del mtDNA e degli allozimi, come questo presenti valori di variabilità genetica significativamente più bassi rispetto alla popolazione atlantica (Chow et al., 1997; Cimmaruta et al., 2006), in seguito all’overfishing, che può aver portato ad un forte calo demografico della popolazione ittica nel Mediterraneo. Ulteriormente, numerose ricerche basate sull’utilizzo di biomarkers hanno recentemente dimostrato gli effetti ecotossicologici degli endocrine disruptors1 sulla popolazione

mediterranea di X. gladius (Kannan et al., 2002; Fossi et al.,2004). L’effetto sinergico di questi fattori, potrebbe aver favorito un indebolimento di capacità adattative della popolazione verso gli attacchi da patogeni. Secondo O'Brien & Evermann (1988) infatti, popolazioni ospiti che mostrano livelli di variabilità genetica ridotti, o comunque un aumento dell’omozigosi, possono essere più suscettibili all’infezione da patogeni (“Red queen Hypothesis”, Van Valen, 1973) come ad esempio da ectoparassiti.

Fig. 7-3: Curva di biodiversità delle specie che parassitano X. gladius nelle cinque popolazioni. Hs= Indice di Simpson (Simpson 1949)

Particolarmente interessanti in questo contesto si sono rivelati i risultati ottenuti dall’analisi dei valori di infestazione dell’ectoparassita Pennella instructa (Fig. 7-a). Questo copepode ematofago esercita un notevole effetto patogeno sull’ospite (Lester & Roubal, 1995). Infatti, dopo una prima fase platonica (larvale), allo stadio giovanile (copepodite) si attacca alla superficie dell’ospite, penetrando poi in fase adulta nella muscolatura e raggiungendo gli organi interni (fegato, stomaco, cuore e gonadi) maggiormente irrorati dal sangue. A questi si ancora con il cefalotorace inducendo da parte dell’ospite la formazione di un granuloma (Fig. 7-4: (a) Valori di infestazione (P e Im) del parassita patogeno Pennella instructa in X. gladius atlantico e mediterraneo. (b) P. instructa e reazioni granulomatose da parte dell’ospite (foto originale)Fig. 7-b), mentre la rimanente parte del parassita, contenente l’apparato respiratorio e riproduttore, protrude all’esterno. È noto che i danni inferti dai copepodi pennellidi possono andare da

1 Agenti che agiscono sul sistema endocrino alterandone le normali funzioni.

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alterazioni locali nei tessuti adiacenti al sito d’attacco, fino alla riduzione del peso corporeo, delle gonadi, quindi con problemi negli stadi riproduttivi, o addirittura portare alla morte dell’ospite. Inoltre queste lacerazioni che provoca nel tessuto dell’ospite, rappresentano una via d’ingresso per agenti patogeni come batteri (Pseudomonas, Acinetobacter, Moraxella, Escherichia etc.) o virus. La P. instructa è stata reperita in tutti gli individui di X. gladius esaminati nel Mediterraneo (P=100% nelle tre località), mentre in Atlantico è stata campionata solamente in pochi campioni (PNCA= 6.5%; PNWA=1.5%), dimostrando come il pesce spada mediterraneo non ha

forse sviluppato forme di risposta efficace ai suddetti patogeni.

Fig. 7-4: (a) Valori di infestazione (P e Im) del parassita patogeno Pennella instructa in X. gladius atlantico e mediterraneo. (b) P. instructa e reazioni granulomatose da parte dell’ospite (foto originale)

Confermata quindi la separazione dello stock mediterraneo di pesce spada da quello atlantico, osservata nel primo la maggior presenza di parassiti che posso compromettere la salute dell’ospite, l’investigazione sui metalli pesanti ha contribuito ad approfondire maggiormente, a questo punto, lo stato di salute generale della popolazione mediterranea di pesce spada. Innanzi tutto è necessario premettere che la scelta del muscolo in questa investigazione, piuttosto che il fegato o l’epatopancreas, come fatto da altri Autori (es. Storelli et al., 2005), è stata dettata dalla necessità di rapportare questi dati in primo luogo con la salute dello stock ittico, ma soprattutto con gli effetti che questi contaminanti posso avere sul consumo umano. Infatti il muscolo, oltre a costituire uno dei principali dipartimenti di “accumulo” dei metalli, entra a far parte della nostra dieta. Al contrario, il fegato e l’epatopancreas sono riconducibili ai compartimenti di “smaltimento” di questi elementi e forniscono quindi informazioni sulla disponibilità ambientale dei metalli (Renzoni et al. 1993). Un forte accumulo di metalli pesanti è stato riscontrato nei pesci provenienti da tutte le stazioni (Fig. 7-5). In particolare le località del Mar Tirreno hanno presentato i valori maggiori di deviazione standard sia per il Pb che per il Cd. Le prime notizie di presenza elevata di metalli pesanti nei prodotti ittici mediterranei rispetto a quelli oceanici risalgono alla fine degli anni settanta (Renzoni et al., 1979). Questo tipo di notizie ebbero al tempo ripercussioni pesanti sull’opinione pubblica, giustificate dal primo e più famoso caso di

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avvelenamento da Hg, il disastro di Minamata che avvenne nel febbraio del 1959 in Giappone (Maruyama, 1996).

Fig. 7-5: Grafico riassuntivo delle concentrazioni di Pb, Cd e Hg in X. gladius

Per l’uomo, la via principale di assunzione di metalli pesanti è costituita dai prodotti ittici. Infatti fenomeni di accumulo si verificano anche negli ecosistemi terrestri (es. funghi), ma in questi casi i metalli si trovano nella loro forma inorganica e quindi sono facilmente eliminabili. Nella catena trofica marina, invece, la biomagnificazione di questi metalli è determinata da composti di difficile smaltimento (es. metilmercurio, composto altamente tossico e difficilmente eliminabile). Nonostante alcuni lavori passati avessero mostrato un miglioramento dei livelli di accumulo da metalli pesanti nel pesce rispetto agli anni precedenti (Capelli et al., 2004), studi di monitoraggio più recenti hanno dato esito differente evidenziando il superamento dei livelli massimi fissati per piombo, cadmio e mercurio (Storelli et al., 2005). Effetti di avvelenamento per assunzione di metalli da prodotti ittici non sono però mai stati trovati. Questo, forse, perché l’alto contenuto di selenio naturalmente presente nei pesci agisce da antagonista della tossicità di alcuni metalli, dando luogo ad una forma di immunità naturale (Reilly, 1996). È necessario precisare, che i livelli di accumulo che sono stati riscontrati nei pesci spada, sia in questo che in altri lavori, non possono essere considerati indicativi di presenza di rischio per l’uomo. Il rischio maggiore deriva infatti dall’autoconsumo di pesci stanziali (legati al fondo) nelle località ad elevata concentrazione di metalli come ad esempio nelle aree di anomalie geochimiche (Bernhard & Brondi, 1986). In molti dei paesi che vivono di pesca, infatti, gran parte della dieta è basata sul pesce pescato localmente; questo comporta accumuli maggiori di metalli pesanti nei tessuti e nel fegato. Ad ogni modo, in queste popolazioni, non sono mai state ad ora riscontrati effetti di intossicazione da metalli pesanti, in quanto l’assunzione di tali metalli risultata al di sotto delle dosi massime consigliate dagli esperti FAO/WHO (PTWI: Provisional Tolerable Weekly Intake),

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vale a dire le quantità cui l’uomo può essere esposto anche per tutta la vita senza andare incontro ad effetti tossici manifesti (Tab. 7-1). In particolare, per il piombo è stato stabilito un PTWI pari a 25 !g/kg di peso corporeo; per il cadmio è stato fissato un PTWI pari a 7 !g/kg p.c.; per il mercurio totale un PTWI pari a 5 !g/kg p.c.; mentre per la quota di metilmercurio, il JECFA (Joint FAO/WHO Expert Committee on Food Additives) nel 2004 ha ridotto il PTWI da 3,3 a 1,6 !g/kg. Nella valutazione della sicurezza dei prodotti ittici, il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) dell’EFSA ha riesaminato un’ampia gamma di contaminanti concludendo che quelli per i quali i grandi consumatori di pesce potrebbero superare la dose settimanale tollerabile sono metilmercurio, diossine e PCB diossina-simili.

Tab. 7-1: Livelli tollerabili di assunzione settimanale per i metalli pesanti considerati

Se dunque da una parte le concentrazioni di metalli pesanti come Cd, Pb e Hg non

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