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IL PRINCIPIO D‟IRRETROATTIVITA‟

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CAPITOLO TERZO

IL PRINCIPIO D‟IRRETROATTIVITA‟

Sommario: - 3 Premessa. - 3.1 Campo d‟applicazione del principio d‟irretroattività. - 3.2 L‟irretroattività nell‟esecuzione della pena. - 3.2.1 Segue. Irre-troattività e art. 4-bis OP. - 3.2.2 Segue. IrreIrre-troattività: la Corte costituzionale, «dal grado di ravvedimento raggiunto» al momento del reato? - 3.2.3 Segue. Irretroattivi-tà: la Corte EDU, i casi Kafkaris, Del Rio Prada e Contrada. - 3.2.3.1 IrretroattiviIrretroattivi-tà: il caso Kafkaris v. Cipro. - 3.2.3.2 Irretroattività: il caso Del Rio Prada v. Spagna. - 3.2.3.3 Irretroattività: il caso Contrada v. Italia. - 3.3 Rapporti tra CEDU e diritto domestico. - 3.4 Il mutamento giurisprudenziale in Italia. - 3.5 Il principio d‟(ir)retroattività: profili di diritto comparato. - 3.5.1 L‟(ir)retroattività in Francia. - 3.5.2 L‟(ir)retroattività in Germania. - 3.5.3 L‟(ir)retroattività in Spagna. - 3.5.4 L‟(ir)retroattività in Inghilterra. - 3.5.4.1 I mutamenti di giurisprudenza e lo stare de-cisis. - 3.5.4.2 L‟overruling. - 3.5.4.3 La produzione di norme penali da parte della giurisprudenza. - 3.6 L‟(ir)retroattività negli Stati Uniti. - 3.7 Conclusioni parziali.

3. Premessa.

Nullum crimen, nulla poena, sine previa lege, recita l‟antico broccardo

che introduce il principio d‟irretroattività della legge penale incriminatri-ce, uno dei corollari del più generale principio di legalità, unitamente a quelli di riserva, tassatività e determinatezza della legge. Mentre questi ultimi interessano più la fonte di produzione della legge, il primo attiene alla necessità della preesistenza della norma incriminatrice alla commis-sione del fatto, per poter fondare un qualunque giudizio di colpevolezza.

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Le fonti di questo principio nell‟ordinamento italiano sono rappresen-tate:

dall‟art. 11 Preleggi del codice civile, che esprime il principio genera-le secondo il quagenera-le «la genera-legge non dispone che per l‟avvenire: essa non ha effetto retroattivo», principio questo derogabile per ragionevoli motivi dal legislatore ordinario.

Dall‟art. 25.2 della Costituzione laddove afferma, per la materia pena-le, che «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso», principio inderogabile al legislatore ordinario.

E dall‟art. 2 c.p. che nei vari commi stabilisce nell‟ordine: il principio d‟irretroattività di nuove norme incriminatrici; quello di retroattività di legge penale favorevole che abroga un fatto previsto come reato «e se vi sia stata condanna ne cessano l‟esecuzione e gli effetti penali» (2° com-ma) e laddove le leggi «del tempo in cui fu commesso il fatto e quelle posteriori siano diverse, si applicano le più favorevoli salvo non sia in-tervenuta sentenza irrevocabile» (3° comma); principio quest‟ultimo che non si applica «se si tratta di leggi eccezionali o temporanee» (4° comma ed art. 14 Prel.); ed infine regola gli effetti in caso di decadenza del de-creto-legge o conversione in legge363.

In sintesi, dall‟art. 2 c.p. si evince che il principio opera nella doppia direzione d‟irretroattività in caso di legge sfavorevole e di retroattività in caso di legge favorevole.

363 Cfr., PALAZZO, Corso di diritto penale. Parte generale, cit., p. 153: a) per i fatti commessi pre-cedentemente al decreto-legge non convertito questi non produrrà alcun effetto perché perde efficacia ex tunc, come non fosse mai esistito, dunque non troverà mai applicazione: se sfavorevole perché peggiorativo-irretroattivo, se favorevole per l‟effetto della decadenza ex tunc; b) laddove i fatti siano stati commessi durante la vigenza del decreto legge non convertito: se sfavorevole non troverà appli-cazione per la caduappli-cazione ex tunc, se favorevole il fatto non potrà sanzionarsi in modo peggiore del trattamento previsto al momento del fatto (periodo di vigenza della lex mitior).

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Alle esigenze soddisfatte dal principio d‟irretroattività della norma sfavorevole, se ne possono contrapporre altre di giustizia sostanziale che suggerirebbero la sua derogabilità. Ciò non è mai ammesso in materia penale, non solo in virtù dell‟art. 25.2 Cost. ma anche per i limiti posti da fonti consuetudinarie internazionali positivizzate, come l‟art. 7 della CEDU, l‟art. 15 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e dalla Costituzione europea (II.109).

Aldilà delle fonti, il principio d‟irretroattività è riconducibile ad esi-genze «endopenalistiche»364. Il fondamento più importante è da rinvenir-si nella funzione di garanzia contro gli aburinvenir-si o arbitri del legislatore in materie che incidono sulla libertà personale365.

Motivo per cui il cittadino deve essere messo nelle condizioni di «de-cidere» consapevolmente e liberamente se assoggettarsi o meno alle con-seguenze previste per un comportamento vietato.

Qui a differenza del rapporto irretroattività-colpevolezza, «la calcola-bilità delle conseguenze giuridiche esprime prima di tutto una relazione ideologica tra Stato e cittadino»366, ovvero in una parola: «è il ricono-scimento della libertà di autodeterminazione individuale all‟interno dell‟obbligatorietà della legge penale»367. Corollario di tale principio è la „prevedibilità‟, una qualità della legge che si esaminerà più avanti,

364 In tal senso, PALAZZO, Corso di diritto penale. Parte generale, cit., pp. 146ss: l‟irretroattività è riconducibile alla base del funzionamento della sanzione criminale stessa, al principio di colpevolezza, ossia della “rimproverabilità” che per essere imputata deve presupporre la consapevolezza del disvalo-re giuridico disvalo-realizzato con la condotta tenuta. Diversamente si vanifichedisvalo-rebbe anche quella funzione general-prevenitiva assegnata alla disposizione incriminatrice, poiché laddove non conosciuta non può esprimere alcuna efficacia.

365 In questi termini, G. VASSALLI, La voce «nullum crimen, nulla poena sine lege», in DPP, vol. VIII, Torino, 1994, p. 285: «Esso [il principio di irretroattività] intende soprattutto costituire una bar-riera contro gli abusi di ispirazione politica che caratterizzano i regimi totalitari ed oppressivi e contro le ricorrenti tentazioni di regimi che comunque subentrano in modo antagonistico ad un diverso regi-me precedente. […] Indubbio è pertanto il suo collegaregi-mento con il carattere democratico di uno Stato e con l‟osservanza di principii di giustizia»; cfr., T. PADOVANI, Diritto Penale, 10a edizione, Milano, 2012, p. 17.

366 PALAZZO, Corso di diritto penale. Parte generale, cit., p. 148.

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nell‟alveo degli ordinamenti di quei paesi europei e della giurisprudenza della Corte EDU, dov‟è maggiormente sviluppata.

Il fondamento della retroattività della legge penale favorevole (2.2-3 c.p.), sia che si tratti di abolitio criminis, sia nel caso della cosiddetta successione semplicemente modificativa (col limite della condanna irre-vocabile), è parte di uno stesso principio che trova fondamento normati-vo nell‟art. 15 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, nell‟art. II.109 della Costituzione europea, nell‟art. 7 CEDU e nell‟art. 11 Preleg-gi, ma non nell‟art. 25.2 della Costituzione368, che stabilisce solo il prin-cipio d‟irretroattività della legge sfavorevole.

In Italia un fondamento costituzionale della retroattività favorevole è stato individuato nel „principio di uguaglianza‟ (3 Cost.)369, da ritenersi inderogabile per effetto dell‟art. 7 CEDU370 parimenti al principio d‟irretroattività („formula di Radbruch‟ a parte)371. Assimilazione non

368 Ivi, p. 149.

369 Ossia nell‟ingiustizia che si determinerebbe nel lasciare espiare una pena per un fatto che non esprime più un disvalore (fatto prima vietato poi permesso); per la riconducibilità all‟art. 3 della Costi-tuzione si dichiara gran parte della dottrina, cfr., Palazzo, Corso di diritto penale. Parte generale, cit., p. 150; Scaccianoce, La retroattività della lex mitior nella lettura della giurisprudenza interna e so-vranazionale: quali ricadute sul giudicato penale?, cit., p. 1; G. FIANDACA –E.MUSCO, Diritto pena-le. Parte generale, 6a ed., Milano, 2009, pp. 86ss.; MANTOVANI, Diritto penale, ult. op. cit., pp. 81ss.; cfr., MARINUCCI – DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, cit., pp. 101ss.; D. PULITANÒ, Diritto penale, 4a ed., Torino, 2011, pp. 613ss.; PADOVANI, Diritto penale, ult. op. cit., pp. 38ss.; G. VASSALLI, Abolitio criminis e principi costituzionali, ult. op. cit., pp. 377ss. Per un‟analisi comparati-stica v. M. SCOLETTA, Principe de retroactivité favorable et illegitimité de la lex mitior dans la per-spective européenne, in A. ZAPATERO –N.MARTIN, European Criminal Law: An Overview, 2010, pp. 337ss. È invece favorevole alla riconducibilità del principio ex art. 2, co. 4, c.p., all‟art. 25, co. 2, Cost., ARDIZZONE, Limiti all‟applicabilità dei nuovi termini di prescrizione ed illegittimità costituzio-nale, cit., pp. 208ss.

370Cfr., SCACCIANOCE, La retroattività della lex mitior nella lettura della giurisprudenza interna e sovranazionale: quali ricadute sul giudicato penale, cit., p. 8, che evidenzia come a seguito dell‟intervento della Corte EDU, caso Scoppola v. Italia, cit., l‟art. 7 CEDU ha incorporato il principio della retroattività favorevole, riflettendosi nel nostro ordinamento come nuovo valore inderogabile; F. PALAZZO, Correnti superficiali e correnti profonde nel mare delle attualità penalistiche (a proposito della retroattività favorevole), in Dir. pen. proc., 2012, p. 1174.

371 In questi termini (sulla in/derogabilità del comma 2 dell‟art. 7 CEDU), L. BIN, «Formula di Radbruch», Principio di irretroattività e lex mitior. Nota a C. eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 18 luglio 2013, Maktouf e Damjanovic c. Bosnia Erzegovina, in www.penalecontemporaneo.it., 2013, pp. 6-7: la c.d. “formula di Radbruch” tenta di risolvere il conflitto tra diritto positivo e diritto natura-le, facendo cedere la certezza del diritto innanzi all‟ingiustizia manifesta, intollerabile come quella delle leggi naziste, che in quanto arbitrarie e discriminatorie devono ritenersi non-diritto. Tale formula «prevede che la regola dell‟irretroattività della legge penale non debba ostare alla punizione di fatti che al momento della loro commissione costituivano crimini alla luce dei principi generali di diritto

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accolta dalla Corte costituzionale che si attesta su posizioni di „ragione-vole giustificata‟ derogabilità372.

Il principio in esame non si applica alle leggi eccezionali o tempora-nee, per non vanificare la funzione general-preventiva delle relative san-zioni, poiché i consociati potrebbero preventivamente contare sulla sca-denza della cessazione dell‟efficacia della legge per adottare comporta-menti ad essa contrari.

3.1 Campo d‟applicazione del principio d‟irretroattività.

Poiché il nostro studio volge su materie penali inerenti la libertà per-sonale il principale riferimento oltre all‟art. 25.2 della Costituzione è il più dettagliato art. 2 del codice penale.

Nulla quaestio riguardo all‟operatività dei principi espressi per tutte le norme penali sull‟an, quantum e al quomodo, ossia riferibili al reato, forme di manifestazione e conseguenze punitive.

Alcune incertezze si rinvengno, invece, per tutte quelle norme che seppur non penali in senso proprio, sono ad esse strettamente collegate

riconosciuti dai paesi civili». Formula trasfusa nel comma 2 dell‟art. 7 CEDU e che la Corte EDU nel caso Maktouf respinge, circoscrivendone l‟operatività ai crimini commessi dai nazisti, sui presupposti: del momento storico (Seconda Guerra Mondiale), ingiustizia intollerabile e riconoscimento interna-zionale del crimine; mentre l‟autore evidenzia come sia stata applicata in alcuni casi recenti come in S.W. v. Regno Unito del 1995 e Streletz, Kessler e Krenz v. Germania del 2001: in quest‟ultimo la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato da tre alti esponenti militari della Germania Est, rei di concorso nell‟omicidio di diversi soggetti che tentavano di oltrepassare il muro di Berlino, poi-ché le norme applicate per punirli non erano affatto successive e imprevedibili, ma coperte da discri-minanti poi venute meno; tra gli altri il caso Kononov v. Lettonia del 2010 , decisione criticata, in que-sti termini da VALENTINI, Diritto penale intertemporale, Milano, 2012, p. 113: per la ritenuta prevedi-bilità del crimine dal diritto internazionale anche non scritto, poiché nel caso di un ampliamento anco-rato ai diritti umani come delineati dalla CEDU «l‟irretroattività penale degraderebbe a principio me-ramente informatore, rinunciabile ogni qualvolta si tratta di proteggere/ristorare la vittima di una vio-lazione delle libertà convenzionali»; con la discussa sentenza Corte EDU, caso Touvier v. Francia del 1997, la deroga ex 7.2 CEDU è stata estesa ai crimini contro l‟umanità. Per una visione d‟insieme del-le varie posizioni odierne si rinvia a E. NICOSIA, Art. 7, Par. XVI, in BARTOLE – DE SENA - Z AGRE-BELSKY (a cura di), Commentario breve alla convenzione europea dei diritti dell‟uomo, Padova, 2012, pp. 289-290.

372 Cfr., Corte cost., n. 236 del 2011; cfr., F. VIGANÒ, Sullo statuto costituzionale della retroattivi-tà della legge penale più favorevole, in www.penalecontemporaneo.it, p. 22; in tal senso, O. DI G IO-VINE, Ancora sui rapporti tra legalità europea e legalità nazionale: primato del legislatore o del giu-dice?, in www.penalecontamporaneo.it, p. 17: «la retromarcia nella corsa verso il maximum standard delle garanzie», imposta dalla Consulta con la sentenza n. 236 del 2011.

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ed il cui «contenuto condizionano la posizione del soggetto e finanche la sua libertà»373.

Queste riguardano le disposizioni processuali, che sono strumenti volti ad accertare la colpevolezza del soggetto e possono indirettamente inci-dere sulla libertà.

Altre sono le disposizioni relative all‟esecuzione penitenziaria che:

concretizzano la pena detentiva prevista dalle norme penali, in quanto stabiliscono in dettaglio in che cosa consiste effettivamente, individuando i confini della residua libertà del detenuto e prevedendo gli istituti alternativi all‟esecuzione carceraria374.

Queste ultime, per una parte della dottrina, non sono soggette al prin-cipio d‟irretroattività375.

Divieto, invece, previsto espressamente per le misure di sicurezza e di prevenzione dall‟art. 25.4 Cost., limitatamente però alle norme sfavore-voli non esistenti al momento del reato o indizianti di pericolosità.

Altri problemi, per stabilire l‟operatività del principio d‟irretroattività, discendono dal tempus commissi delicti del reato e le varie ipotesi di rea-to permanente ed abituale. Nel silenzio della legge si ritiene che tale

momento sia quello della condotta tipica del reato e non dell‟evento (se

previsto); se la condotta è omissiva, quello di scadenza del termine, co-me per il reato permanente , co-mentre per quello abituale, quello del primo atto ripetitivo.

373 PALAZZO, Corso di diritto penale. Parte generale, cit., p. 153; tali disposizioni riguardano: le misure di sicurezza (199 ss. c.p.); le misure di prevenzione ante delictum (v.d. leggi speciali nn. 1423, del 27 dicembre 1956; 575, del 31 maggio 1965; 646, del 13 settembre 1982); le norme processuali e quelle disciplinanti l‟esecuzione penitenziaria (n. 354 del 26 luglio 1975).

374 Ivi, p. 154.

375 Ibidem: l‟irretroattività non opera nei casi di «legge successiva disciplinante una nuova misura di sicurezza o di prevenzione ovvero la loro esecuzione, così una legge modificativa dell‟esecuzione penitenziaria o della disciplina processuale alle situazioni in atto nonostante sia più sfavorevole».

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Altre incertezze discendono dal caso che una nuova legge incida solo indirettamente la norma incriminatrice e direttamente una norma richia-mata da questa.

Come criterio si è inizialmente utilizzato quello dell‟incidenza sulle caratteristiche concrete del fatto d‟incolpazione, successivamente si è adottato quello incidente sul contenuto del disvalore del fatto. Ma la grande incertezza derivatane ha suggerito l‟elaborazione di una diversa soluzione, più coerente con i principi di eguaglianza e di garanzia del no-stro ordinamento, al di là dell‟aspetto formale (rapporto d‟integrazione) o del criterio sostanziale (permanenza del disvalore nel fatto). Per tale nuovo criterio «ciò che sembra essere davvero essenziale è la differenza di trattamento giuridico-penale che per lo stesso fatto consegue alla mo-difica legislativa seppure “mediata”»376.

Altra questione è quella di delimitare le reciproche interferenze appli-cative relative al secondo comma (abolitio criminis) e terzo comma (successione solo modificativa) dell‟art. 2 c.p.377.

Si è accettato infine il più accreditato criterio elaborato dalle Sezioni Unite378, che si fonda sul «rapporto strutturale» tra le due fattispecie astratte in successione. Per la quale una «successione meramente modifi-cativa (terzo comma) vi è tutte le volte in cui il fatto storico risulti essere previsto da due fattispecie tra loro in rapporto di specialità»379. La Corte raccomanda massima cautela, specie quando, in via interpretativa, si perviene alla conclusione che il legislatore abbia preferito l‟abolitio

cri-minis della fattispecie precedente.

376 Ivi, p. 156.

377 Per la soluzione si è passati dal criterio del c.d. fatto concreto, per il quale il disvalore resta tale sia per la vecchia che nuova legge (successione meramente modificativa), ipotesi a cui trova applica-zione il terzo comma dell‟art. 2 c.p., al criterio della c.d. continuità del tipo di illecito, che mostra pun-ti di cripun-ticità circa l‟imprecisione applicapun-tiva al pari dei criteri valutapun-tivi di natura sostanziale.

378 Ivi, p. 158.

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In quest‟ambito si collocano anche le problematiche relative alla suc-cessione solamente modificativa afferente non il fatto reato ma la san-zione. In tal caso, per la dottrina, occorre raffrontare i risultati derivanti dall‟applicazione di una delle due leggi al caso concreto, non essendo sufficiente la comparazione tra norme astratte delle diverse discipline succedute nel tempo, rendendosi necessaria una «valutazione in concre-to»380.

3.2 L‟irretroattività nell‟esecuzione della pena.

Se con riferimento al momento applicativo della norma incriminatrice ci sono alcune incertezze, la situazione si complica nella fase dell‟esecuzione della pena, laddove si intendano stabilire l‟operatività del principio d‟irretroattività ed i criteri per l‟individuazione del momen-to applicativo.

Il legislatore si è mostrato consapevole del rapporto tra norme peni-tenziarie e principio d‟irretroattività, tant‟è che in occasione di alcuni in-terventi legislativi ha cercato di limitare espressamente la retroattività

380 Concorda la dottrina italiana sulla necessità di una valutazione in concreto: cfr., per tutti, M. ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, cit., pp. 68-70; C. PODO, Voce «successioni di leggi penali», in Novissimo Digesto Italiano, vol. XVIII, Torino, 1982, pp. 675ss.; A. PAGLIARO, Principi di diritto penale. Parte generale, Milano, 2003, pp. 134-136, F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2007, p. 88; contra, VANNUCCHI, «La legge più favorevole» e il comma terzo dell‟art. 2 del codice penale, in Foro Italiano, 1932, II, pp. 361ss.; più recentemente G. MARINI, Li-neamenti di diritto penale, Torino, 1993, pp. 121-123, e, parzialmente, proponendo una sintesi tra i due criteri, M. SINISCALCO, Irretroattività delle leggi in materia penale. Disposizioni sostanziali e di-sposizioni processuali nella disciplina della successione di leggi, Milano, 1987, pp. 124-125. La valu-tazione in concreto è criterio consolidato anche in giurisprudenza fin dagli anni ‟50, cfr., per tutte Cor-te d‟Appello di Torino 1 dicembre 1954, in Giustizia penale, 1954, II, p. 725. Anche la necessità che la valutazione in concreto vada intesa in senso oggettivo e non secondo le preferenze soggettive dell‟imputato è parimenti fuor di dubbio, cfr., FIANDACA -MUSCO, Diritto Penale, ult. op. cit., 2009, pag. 92; nello stesso senso PODO, Voce «successioni di leggi penali», cit., p. 676: «Adottando un crite-rio «astratto» […] non si saprebbe il più delle volte come individuare la legge più favorevole. […] non si vede in base a quale metro risolvere il problema qualora una norma aumenti il minimo della pena e contemporaneamente diminuisca il massimo, o viceversa […]. In tali ipotesi, secondo la corrente do-minante, il giudice dovrà rispettivamente accertare se al reo, nel caso concreto, sia applicabile il mi-nimo o il massimo della pena […], e decidere in conseguenza a norma della legge che permette il trat-tamento più mite»; concorda BIN, «Formula di Radbruch», Principio di irretroattività e lex mitior. Nota a C. eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 18 luglio 2013, Maktouf e Damjanovic c. Bosnia Er-zegovina , cit., pp. 4-5.

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delle modifiche peggiorative. Il riferimento, nel presente caso, è all‟art. 4 del DL 152/91, oppure all‟art. 4 della legge n. 279/2002, entrambi affe-renti l‟introduzione e la modifica dell‟art. 4-bis OP. Disposizione quest‟ultima, che nel presente studio, assume un‟economia particolare sotto diversi profili, oltre ad essere un tema propedeutico ai successivi capitoli. Motivo per cui tale disposizione verrà presa in esame per verifi-carne i riflessi alla luce del principio d‟irretroattività.

3.2.1 Segue. Irretroattivtà e art. 4-bis OP.

Come accennato le leggi d‟introduzione e modifica dell‟art. 4-bis OP, nell‟ordine la legge 203/1991 e 279/2002(381) all‟art. 4 disciplinano en-trambe il regime transitorio col quale si stabilisce: nella L. 203/1991 l‟irretroattività parziale dell‟art. 4-bis OP nella parte in cui prevede degli aumenti di pena per l‟accesso alle misure extramurarie382; mentre nella legge n. 279/2002 si stabilisce l‟inapplicabilità delle preclusioni ex art.

4-bis.1 OP, ai nuovi delitti ivi inclusi (infra, 2.8.2) ed a quelli già

consu-mati al momento della legge con finalità terroristiche che, nell‟occasione, dal novero dei delitti di „seconda fascia‟ sono stati collo-cati in quelli di „prima fascia‟383 (v. infra, §§ 2.7 e 2.8.2).

3814bis OP - Legislazione (clicca sopra).

382 Testualmente, l‟art. 4 DL 152/1991: «1.Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 2, 3, lettera c), e 4, e all'articolo 2, comma 2, nonché le disposizioni di cui all'articolo 58-quater, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354, si applicano esclusivamente nei confronti dei condannati per delitti commessi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Le disposizioni di cui all'articolo 58-quater, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, si applicano ai condannati nei confronti dei quali il provvedimento di revoca è stato adottato dopo la data di entrata in vigore del presente decreto. 3. Per i reati commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 26 giugno 1990, n. 162, i riferimenti, contenuti nell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ai delitti di cui agli articoli 73, 74 e 80 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si intendono effettuati alle corrispondenti

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