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3.1 I diversi approcci

3.7 Il processo comunicativo

La comunicazione contribuisce alla creazione di una specifica relazione tra medico e paziente; il termine comunicazione deriva dal latino cum-munus che vuol dire mettere in comune, condividere ed è ciò che avviene anche tra medico e paziente. Le caratteristiche di entrambi contribuiscono alla costruzione e al mantenimento del rapporto.Alcuni studi si sono interessati all’analisi del processo comunicativo, ovvero l’analisi di ciò che concretamente avviene tra gli attori coinvolti nell’interazione tra il medico e il paziente. A questo scopo sono stati sviluppati vari strumenti di analisi dell’interazione; tra le procedure più interessanti sviluppate e seguite nello studio della comunicazione tra medico e paziente troviamo gli Interaction Analysis Systems e la Conversation Analysis.

Gli Interaction Analysis Systems

Gli strumenti di analisi dell’interazione (IAS) vengono utilizzati in ricerca per identificare, categorizzare e quantificare gli aspetti di contenuto e le forme di comunicazione propri della consultazione medica. Del Piccolo (1998) rileva nella sua review che la maggior parte dei sistemi di analisi dell’interazione sinora formulati: 1) si fonda su una strategia di tipo osservativo (osservazione diretta, uso di video o audio registrazioni o di trascrizioni di colloqui); 2) analizza lo scambio verbale, e più raramente il non-verbale; 3) implica la costruzione di un sistema di classificazione esaustivo per le componenti di interazione e una loro definizione operativa e 4) condivide la suddivisione dei contributi comunicativi in “aspetti strumentali”, legati alla cura e quindi basati sul compito e quindi fornire informazioni e indicazioni, e

“componenti socio-emotive”, finalizzate alla comprensione olistica del paziente. Questi sistemi consistono in sistemi di codifica degli atti comunicativi dove gli incontri video o audio registrati vengono scomposti in singoli atti comunicativi, codificati poi sulla base del contenuto e della connotazione emotiva e quindi “ricomposti” in termini di frequenze, di presenza/assenza di un certo comportamento comunicativo. Da questa review emerge che il sistema di analisi elaborato da Debra Roter (Roter Interaction Analysis Sistem, RIAS: Roter, 1977) è probabilmente l’evoluzione migliore del precedente e “classico” sistema di Bales (1950). Il RIAS è inoltre ancora oggi il sistema più utilizzato nelle ricerche internazionali ed è quello che ha maggiormente influenzato i sistemi di classificazione proposti successivamente. Tra gli altri sistemi ricordiamo quello di Wolraich e collaboratori (1986) che ha il pregio di essere il primo a cercare di descrivere le interazioni particolarmente stressanti e complesse che intercorrono tra più di due interlocutori ad esempio intere famiglie, e che evidenzia sia aspetti legati al comportamento strumentale quali il passaggio di informazioni, che quelli legati al piano relazionale cioè i comportamenti affettivi positivi o negativi di medico, consulente o paziente. Vi sono poi i sistemi di Henbest e Stewart (1989) e di Brown e colleghi (1995) entrambi fondati sul modello dell’intervista “centrata sul paziente”.

Questi sistemi sono molto usati nelle ricerche sulla comunicazione (Zandbelt et al., 2005; Ong et al., 1999) e la loro efficacia nel distinguere tra aspetti relazionali e di contenuto della comunicazione è stata ampiamente documentata. Questi studi hanno ad esempio confermato la possibilità di distinguere tra dimensioni diverse quali i comportamenti dei medici che risultano facilitanti la relazione e quelli inibenti (Zandbelt et al., 2005) nonché diverse modalità di comunicazione in contesti medici diversi ad esempio oncologia vs. medicina generale (Ong et al., 1999). L’attendibilità di questi sistemi si è dimostrata alta sia qualora le interazioni vengano videoregistrate che quando sono audio registrate, con una lieve maggiore accuratezza nel primo caso. Non è semplice elaborare un sistema di analisi che rappresenti adeguatamente il succedersi di eventi che sono bidirezionali e altamente specifici . Medico e paziente, inoltre, utilizzano sistemi di riferimento diversi mentre dialogano: il medico sembra impiegare soprattutto un metodo finalizzato a raccogliere informazioni che siano il quanto più possibile “oggettive”, mentre il paziente desidera generalmente essere compreso, cerca di dare un senso ai propri disturbi e vuole essere coinvolto nelle decisioni sul trattamento.

La Conversation Analysis

Un’altra serie di studi utilizza l’analisi della conversazione con lo scopo di comprendere più precisamente come avvengano i passaggi comunicativi tra gli attori coinvolti nella conversazione. In questo caso l’analisi non avviene più attraverso il semplice conteggio di frequenze, ovvero la misura di quanto ricorra un comportamento piuttosto che un altro, quanto attraverso variabili più complesse quali la sequenza degli eventi, il loro significato per i partecipanti e soprattutto le variabili di contesto. Obiettivo dell’analisi conversazionale è quello di comprendere come i comportamenti comunicativi operino, siano interpretati ed insistano simultaneamente a livelli multidimensionali del contesto (Sacks et al., 1974; Maynard e Heritage, 2005).

In quest’ambito di studi il significato sociale degli eventi comunicativi prende forma, e quindi dipende, dal contesto in cui essi sono situati. Il contesto include i comportamenti verbali e non verbali precedenti l’interazione e tutte le strutture e situazioni sociali in cui quel comportamento comunicativo si colloca (le istituzioni sociali, il significato sociale degli oggetti, i ruoli sociali ed istituzionali dei partecipanti, le loro identità sociali, le azioni ed attività sociali). Un interessante studio riferibile a questo ambito è proprio quello realizzato da Robinson e Stivers (2001) che utilizzano la Conversation Analysis per indagare i passaggi che nella visita medica hanno luogo tra un tipo di attività e l’altra (in questo caso tra raccolta di informazioni anamnestiche e esame obiettivo). Alcuni comportamenti visibili e direttamente osservabili che il medico utilizza all’inizio della visita per la raccolta anamnestica, ad esempio il tenere in mano la penna per scrivere, diventano un codice, una forma di conoscenza condivisa che il paziente comincia ad utilizzare come risorsa per decodificare e comprendere anche altri comportamenti, ad esempio appoggiare la penna, che indicano il passaggio ad una nuova attività che solitamente è l’esame obiettivo, cioè la visita medica classicamente intesa. Lo studio mostra come le azioni, sia verbali che non verbali, del medico e del paziente si coordinino e si integrino fluidamente nell’organizzare la sequenza comunicativa che consente di passare da una fase ad un’altra della visita medica. Dallo studio emerge che la sequenza delle fasi, già ordinate in senso normativo nelle idee che paziente e medico hanno sin dall’inizio, diviene rilevante, viene attivata, dai comportamenti e dalle attività che si realizzano localmente, nel “qui e ora”, e che vengono interpretate dai partecipanti come comportamenti rilevanti per quel passaggio. Un approccio molto interessante nello

studio dell’interazione, è quello ispirato alle idee del socio-costruzionismo secondo cui i significati che le persone attribuiscono agli eventi non si trovano “nella mente” delle persone, né sono determinati unilateralmente da un singolo individuo. I significati sono invece il risultato dell’attività congiunta e coordinata delle persone coinvolte nelle conversazioni. Al centro dell’analisi viene posta la relazione tra le persone piuttosto che i singoli individui, il processo e le pratiche piuttosto che i contenuti, la co-costruzione dei significati e la loro negoziazione nel “qui e ora” della conversazione (Gergen, 1999; McNamee, 2004). Gli interlocutori si aspettano risposte, accordo, comprensione, obiezioni, giudizi e così via, poiché questo consente un continuo adattamento e coordinamento del flusso comunicativo in corso. L’approccio dialogico alla comunicazione, enfatizza dunque la qualità relazionale della comprensione e l’importanza dell’azione congiunta dei comunicanti. Qualora applicato ad un contesto medico l’approccio dialogico suggerisce che le conoscenze, spesso specialistiche del medico devono essere situate in un contesto relazionale per divenire utili, cioè, quando sono indirizzate a qualcuno che conferisce loro valore e rilevanza mediante un processo di scambi conversazionali.

Gli studi ispirati a questo approccio sono ancora poco numerosi, anche per le evidenti difficoltà di tipo metodologico. Gli studi di Arlene Katz e John Shotter (Katz e Shotter, 1996; Katz et al., 2000) rappresentano un tentativo di studiare la relazione, e soprattutto la comunicazione, tra medici e pazienti da una prospettiva socio-costruzionista. Questi Autori privilegiano pertanto: 1) lo studio di casi singoli, dalla valenza del tutto “locale”; 2) l’analisi della conversazione così come essa emerge dall’incontro del medico e del paziente mentre è in atto; 3) l’analisi di dettagliati momenti che per qualche motivo divengono particolarmente salienti o pregnanti, momenti in cui qualcosa emerge nella conversazione, qualcosa di significativo che prende la forma, secondo il lessico degli Autori, di arresting moments, moving moments, living moments o infine poetics moments (Katz e Shotter, 1996). Lo studio (Katz e Shotter, 1996) ha per oggetto l’incontro tra medico e paziente in occasione di prime visite. Il ricercatore partecipa in qualità di osservatore (ma l’osservazione è già un’azione che modifica il sistema osservato – Fruggeri, 1993; McNamee, 1987) allo scopo di osservare il processo comunicativo e di ragionare con i medici, dopo la visita, sui casi incontrati e sulle conversazioni che si sono avute. Questo studio consente agli Autori, attraverso il resoconto delle visite ed il racconto di alcuni brani di esse, di analizzare dettagliatamente la conversazione attraverso strumenti

qualitativi, i livelli possibili di lettura (le voci rappresentate) e il modo (il processo) in cui durante quella particolare visita si è giunti a costruire quel particolare significato e non un altro ad esempio a definire come “patologico” un comportamento perfettamente comprensibile alla luce invece di riferimenti culturali “altri”. L’interesse degli Autori è rivolto a quanto accade momento per momento nella relazione, vale a dire a quanto accade nella situazione sociale costituita da quel particolare incontro, con un’attenzione forte al suo carattere “locale”. Proprio l’estrema specificità del contesto analizzato e la natura squisitamente qualitativa di tali lavori, rende il tipo di studi citati difficilmente confrontabili. Allo stesso tempo, tuttavia, proprio l’estrema accuratezza delle osservazioni, è in grado di mettere in evidenza aspetti della comunicazione e della relazione che i metodi “quantitativi” non sono in grado di cogliere (come ad es le dinamiche interattive attraverso le quali gli attori coinvolti nella conversazione costituiscono la loro particolare relazione e raggiungono, proprio attraverso questa relazione, gli obiettivi condivisi).

Gli studi italiani inerenti il tema della comunicazione tra medico e paziente non sono molto numerosi e si riferiscono per la maggior parte ad esperienze di implementazione delle competenze comunicative (Goss e Del Piccolo, 2003; Salvini e Del Piccolo, 2000; Moja e Vegni, 2000).

Un limite delle ricerche sulla comunicazione in medicina è l’eccessiva focalizzazione sulla diade medico-paziente, attenzione che esclude spesso molti altri attori significativi coinvolti nell’interazione, nelle decisioni, nelle pratiche cliniche e diagnostiche. Un approccio più allargato è quello che Bakhtin definisce “multivocalità” della conversazione. Spesso gli studi sulla comunicazione medico-paziente seguono modelli deterministici secondo i quali caratteristiche stabili delle persone sono responsabili dell’esito della comunicazione per cui questa dipenderebbe dalle abilità e dalle competenze (di comunicazione o di ricezione) possedute dagli individui. Questo genere di modelli non consentono tuttavia di comprendere realmente come i protagonisti coinvolti negozino e coordinino di volta in volta i significati emersi dall’incontro stesso. I concetti del costruttivismo sociale, applicati all’interazione interpersonale e alla comunicazione possono fornire un contributo utile a superare questi limiti e portare ad una comprensione più accurata dell’interazione che avviene quando il medico (e tutti gli altri attori) ed il paziente (che a sua volta porta con sé tutto un mondo di altre “voci”) si incontrano congiuntamente negoziando nuovi significati co-costruiti nella relazione.

CAPITOLO 4