• Non ci sono risultati.

Il sistema delle fonti del diritto nell’ordinamento giuridico

1. Stato e pluralismo giuridico in Siria

1.6 Il sistema delle fonti del diritto nell’ordinamento giuridico

L’insieme di rapporti e relazioni che interessano l’istituto della famiglia in Siria sono regolate da una pluralità di leggi, che si articolano in tre livelli: il livello statutario, il livello comunitario e il livello individuale.

Si tratta, pertanto, di un sistema giuridico caratterizzato da una notevole complessità, in cui tali tre giurisdizioni, che a livello di teoria generale rimangono distinte, nella prassi invece si incontrano, dando vita alla Hanafi Fiqh (giurisprudenza islamica) (90). In tale sistema pluralistico troviamo, dunque, quali fonti del diritto, la Costituzione, le leggi, i codici e il fiqh, ossia il diritto giurisprudenziale, che rappresenta la fonte principale dell’ordinamento islamico (91).

Negli ordinamenti giuridici a maggioranza musulmana la Shari’a svolge un ruolo molto importante e, in particolare, con la colonizzazione occidentale, essa ha rappresentato la forza identificativa della comunità sociale islamica e del suo

88 Costituzione Siriana 1973, art. 35 “la libertà di credo è protetta e lo Stato rispetta tutte le

religioni. Lo Stato garantisce la libertà di tutte le pratiche religiose purché ciò non nuoccia all'ordine pubblico”.

89 Costituzione Siriana 2012 art. 42 “la libertà di credo è protetta in conformità alla legge”.

90 Cfr. E.V.Eijk, Pluralistic Family Law in Syria: Bane or Blessing?,« Electronic Journal of

Islamic and Middle Eastern Law », 2 (12), 2014, 73.

ordinamento giuridico, diventando, così, il più valido strumento di opposizione giuridica e di lotta politica contro l’oppressore straniero.

Nel corso degli ultimi due secoli la legge islamica ha continuato ad essere inglobata nelle nuove istituzioni statali e nelle codificazioni introdotte e imposte dagli occidentali, in particolar modo in ambito penale ed in ambito commerciale. Questo processo è consistito, di fatto, nella “positivizzazione” del diritto, che ha fatto sì che la Shari’a entrasse nei Codici mano a mano adottati (92).

Ad ogni modo, seppure la struttura dello Stato contemporaneo sia passata attraverso una rimodulazione in chiave occidentale, essa non ha mai perso quale punto di riferimento le norme della Shari’a e, più in generale, l’etica islamica. Nonostante l’influenza e l’imposizione europea abbiano calcato la mano sull’ordinamento islamico e sulle sue strutture, la tradizione giuridica islamica ed il diritto musulmano classico trovano tutt’ora salda applicazione, in quanto integrati in tutte le strutture e le legislazioni di area islamica (93). In particolare, lo statuto personale è prevalentemente retto dalla norma islamica, nonostante i tentativi di “modernizzazione”, e rimane, quindi, un domain della

Shari’a, simbolo della capacità della stessa di resistere alle pressioni esterne.

Seppur passato attraverso il processo di positivizzazione, il nucleo fondamentale del diritto islamico, che incarna l’identità delle Costituzioni statali, non è mai venuto meno ed ha garantito il trait d’union con la tradizione e con il passato giuridico islamico.

L’Islam ha dimostrato una grande elasticità, nel sapersi innovare senza perdere la propria identità, ricercando nuove forme per esprimere i principi della Shari’a e rivelandosi un sistema duttile e in grado di preservarsi, ciò ha permesso il mantenimento dell’autorità giuridica delle fonti islamiche su legislazione e giurisprudenza.

92 Vale la pena dire qui che il concetto di Fiqh esclode molte parti di quelle discipline che per gli

occidentali rientrano nel diritto pubblico e nel dirittp privato,esempi di questo tipo la dottrina dello stato e del suo capo, le tre branche del diritto in discusszione (costituzionale e amministrativo e internazionale ) presentano un carattere essenzialmente teoretico e fittizio. Cfr. J. Schacht, Introduzione Al diritto Musulmano, Fondazione Agnelli, Torino 1995, p 121( An Introductione To Islamic Law , OUP, Oxford, 1995, Traduz dall'Inglese, A cura di G.M, Piccinelli).

93 Cfr. O. Arabi, Studies in Modern Islamic Law and Jurisprudence, The Hague , London, 2001, p.

La Shari’a è così divenuta state law, sempre caratterizzata dal suo pluralismo storico, ma arricchita anche dalle interpretazioni delle scuole giuridiche e dei principi introdotti dal modello europeo. Il diritto islamico è un coacervo di eterogenee strutture giuridiche, che vedono convivere norme di origine occidentale con le norme che hanno fondamento religioso e che disciplinano determinati ambiti del diritto, come il già ricordato statuto personale. L’ordinamento giuridico islamico è, inoltre, caratterizzato dalla convivenza di fonti di origine umana e di origine divina (94), dualità, questa, che lo pervade in

tutti i suoi livelli. Il fattore religioso è indissolubilmente legato alla legge islamica ed all’ordinamento giuridico.

Anche sul piano della terminologia, le espressioni “legge islamica” o, addirittura, “Shari’a”, indicano non soltanto un sistema giuridico ed istituzionale, ma sono anche indici della religione islamica, intesa in senso lato come cultura, diritto e civilizzazione (95). Proprio per questa sua caratteristica bidimensionalità il diritto musulmano costituisce un autonomo sistema giuridico accanto ai modelli di civil

law ed di common law (96).

Il diritto musulmano ha alla sua base, come già sopra ricordato, la cosiddetta

Shari’a, che sta a significare letteralmente “Via da seguire”, ossia l’insieme delle

norme religiose, giuridiche e sociali che hanno alla base le fonti sacre e che si disciplinano tutti gli ambiti della vita umana, da quella religiosa alla regole che stanno a fondamento dell’organizzazione dello Stato e della società. Pertanto, essa simboleggia ed indica la via che ogni fedele musulmano deve seguire in ogni aspetto della sua vita, dal rapporto con Dio al rapporto con gli altri credenti: disciplina le azioni riguardanti l’aspetto spirituale dell’essere credente (Ibadat), l’aspetto attinente la vita della comunità e dell’organizzazione sociale (mua’malat). L’osservanza della Shari’a si traduce, per i fedeli, nella promessa di un mondo migliore nell’aldilà. E’ proprio per la sua natura trasversale che la

Shari’a ha i tre volti della religione, del diritto e della morale.

94 Cfr. W. F. Menski , Islamic Law: God’s Law or men’s Law?, in Comparative Law.

95 Cfr. W.B. Hallaq, What is Shari’a?, in Yearbook of Islamic and Middela Eastern Law, vol 12,

2005- 2006, p 152.

La Shari’a in senso stretto si differenzia dal Fiqh, che rappresenta l’interpretazione che gli studiosi danno della prima e che corrisponde alla giurisprudenza islamica. Mentre la Shari’a discende direttamente dalla volontà divina, il Fiqh è interamente di matrice umana: rappresenta lo sforzo umano nell’interpretare ed applicare la Legge di Dio, tramite la conoscenza giurisprudenziale della Shari’a (97), cioè quell’aspetto di quest’ultima che regola l’attività esterna del credente verso Dio.

Il Fiqh si può, pertanto, definire come la scienza del diritto religioso islamico, le cui fonti si suddividono in due gruppi: le radici della giurisprudenza (usùl al-fiqh) e rami della giurisprudenza (furù’ al-fiqh (98)). Appartengono al gruppo delle radici della giurisprudenza il Corano, la Sunna, l’Igmà’ e il Qyàs; mentre i rami della giurisprudenza sono costituiti dalle norme e le regole sciaraitiche.

Il Fiqh può, dunque, definirsi come la conoscenza sciaraitica delle azioni umane, che in esso vengono così ripartite: atti obbligatori (fard o wagib), atti proibiti (haram o mahzur), oppure atti sconsigliati (makruh)(99).

Nel corso del tempo, in particolare tra l’VIII e il X secolo, gli studiosi del diritto islamico hanno dato vita ad una cospicua quantità di materiale di studio, raccolto in manuali del diritto, che rappresentano il corpo e l’essenza del Fiqh, nei quali è contenuta l’elaborazione e la spiegazione della Shari’a; in essi, pertanto, si trova l’interpretazione delle regole giuridiche che sono contenute nel Corano e negli

Ahadith.

Il Fiqh è, come detto, l’elaborazione umana della Shari’a, ossia il diritto divino, ed è per questo mutabile, anche se spesso è stato assimilato al concetto stesso di

Shari’a, acquisendone la stessa valenza e la stessa forza giuridica.

Recentemente, una corrente di studiosi “modernisti” sta tentando di scindere nuovamente i due concetti e recuperare l’originaria Shari’a, liberandola dalle “contaminazioni” che sono intervenute, inevitabilmente, nel corso del tempo. Il processo di creazione del Fiqh può essere fatto risalire all’avvento della dinastia sunnita degli Omayyadi (661-750 d.C.), dinastia dominante intorno al 720

97 http:/www.islamitalia.it/islamologia/diritto_islamico.html.

98 Cfr. F. Castro, Il modello islamico, Giappichelli, Torino, 2007, p.12. 99 http://web.jus.unipi.it/wp-content/uploads/2014/05/DIritto_musulmano.pdf.

d.C.(100).

Stando a quanto sostiene Castro (101), il Fiqh originariamente aveva un significato di maggiore ampiezza e di minore complessità, afferendo più genericamente alla comprensione ed all’intelligenza e, per questo, risultava applicabile a tutte le branche del sapere. Solo successivamente, tale concetto ha assunto un significato più tecnico e ristretto alla sola scienza del diritto religioso dell’Islam.

Secondo il malikita (102) tunisino Ibn Khaldùn, il Fiqh consiste nel ricavare dalle

radici (usùl) e dalle fonti tutte le norme (ahkàm) relative alla qualificazione sciaraitica delle azioni (af’àl) del mukallaf, ossia il musulmano tenuto all’adempimento degli obblighi giuridico – religiosi (103). Gli studiosi del Fiqh

passano sotto il nome di fuqaha, mentre gli studiosi della Shari’a sono detti

ulama.

Dal momento che nell’Islam non è presente un corpo ed una gerarchia ecclesiastica, gli studiosi sopra menzionati assumono un ruolo di grande importanza e spessore, cui corrisponde un forte senso di venerazione pur non potendo essere considerati parte integrante di un clero.

Gli studiosi e i dottori della legge islamica si sono raccolti, nel tempo, in scuole, suddivise a livello territoriale, all’interno delle quali venivano elaborate differenti dottrine giuridiche: in un primo momento, tali scuole di dottrina vedevano la compresenza di musulmani sunniti e non, in un secondo momento, invece, i musulmani non sunniti si sono separati, organizzandosi e fondando scuole differenti che tutt’ora sopravvivono.

Le scuole sunnite attualmente attive sono quattro (104), affermatesi tra il XI e il XII secolo, ossia:

- La Scuola Hanafita, fondata da Abu Hanifa, alla quale si riconduce il ra’y, cioè l’approccio alla tradizioni con un ragionamento individuale ed analogico. Essa rappresenta la scuola principale, in quanto la sua dottrina è quella che è stata fatta propria dall’Impero Ottomano;

100 http://web.jus.unipi.it/wp-content/uploads/2014/05/Diritto_musulmano.pdf. 101 Cfr. F. Castro, Il modello islamico, op. cit., p.11.

102 I malikiti sono quei musulmani sunniti che seguono il Madhhab (scuola giuridico – religiosa)

fondato sulla scia dell’insegnamento di Malik ibn Anas di Medina.

103 Cfr. A. D’Emilia, Scritti di diritto islamico, A cura di F. Castro, Roma, 1976, p.3. 104 Cfr. F. Castro, Il modello islamico, op.cit, p.11.

- La Scuola Medinese, fondata da Malik ibn Anas, la quale è incentrata sulla

Sunna, il testo che raccoglie gli usi e le consuetudini del diritto islamico.

La scuola in questione si basa, pertanto, anche sull’impiego dell’analogia e di altri criteri sussidiari;

- La Scuola Shafi’ita, fondata da Muhammad al-Shafi’i, la quale si è occupata di conferire una struttura razionalmente organizzata alla dottrina delle fonti del diritto;

- La Scuola Hanbalita, fondata da Ibn Hanbal, la quale ha sempre strenuamente difeso la tradizione contro l’utilizzo del ra’y e dell’analogia.

Documenti correlati