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ABITARE LA DISTANZA

3.1 IL SOGGETTO FENOMENOLOGICO

Con Réduction et donation del 1989, Marion inaugura quella che ormai dalla critica, sulla scorta delle stesse dichiarazioni marioniennes, viene riconosciuta come la stagione esplicitamente fenomenologica del suo pensiero. A partire infatti da tale opera, Marion avanza una personale proposta teoretica di fenomenologia quale filosofia prima1, in grado di portare a compimento il programma di un effettivo ritorno alle cose che possa rigorosamente e radicalmente dirsi tale. Se non v’è alcun dubbio circa il fatto che l’opera decisiva al riguardo sia Étant donné, non si può significativamente sganciare tale opera dalla già citata Réduction

et donation che l’ha preceduta, ma neppure da opere successive che hanno condotto a termine,

rifinito, approfondito e precisato, oltre che reso operativo, quanto messo a fuoco nel 1997, tra le quali non è possibile non ricordare – anche dando seguito a esplicite indicazioni dell’autore – almeno De surcroît (2001)2, Le phénomène érotique (2003)3, Le visible et le révélé (2005)4,

Au lieu de soi (2008)5, per finire con Certitudes négatives (2010)6, e, più recentemente,

1

Si veda almeno il saggio Phénoménologie de la donation et philosophie première, in ID., De surcroît, 1-34.

2

De surcroît. Études sur les phénomènes saturés, Puf, Paris 2001. Tale opera, stando a quanto dichiarato fin dall’Avertissement, si propone come tentativo di risposta alle domande «d’explication et d’exposition que suscitèrent les thèses présentées par Étant donné», nella speranza di poter «conclure, avec De

surcroît, la trilogie commencée par Réduction et donation et continuée par Étant donné» (ibi, VI-VII).

3

Le phénomène érotique. Six meditations, Grasset, Paris 2003. Su questo testo, assolutamente centrale per la nostra tesi e in particolare per quest’ultimo capitolo, avremo modo di tornare al più presto. Per il momento, non possiamo trascurare di richiamare qui di seguito quanto Marion afferma alla fine dell’introduzione Le silence de l’amour: tutti i testi pubblicati precedentemente, «surtout les trois derniers» – chiaro riferimento alle opere rispettivamente del 1989, 1997 e 2001 – «furent autant de marches vers la question du phénomène érotique» (ibi, 23).

4

Le visible et le révélé, Cerf, Paris 2005. Sia sufficiente qui rinviare alla Préface per comprendere come l’interesse per la Rivelazione non possa che essere collocato all’interno della fenomenologia radicale dell’autore: «la Révélation du Christ se donne comme un événement qui, dans l’histoire et dans le présent, apparaît, apparaît de plein droit et même comme un phénomène par excellence» (ibi, 9).

5

Au lieu de soi. L’approche de Saint Augustin, PUF, Paris 2008. Si tratta di un testo in cui Marion tenta di rendere operativi – verificandone insieme la tenuta sul piano ermeneutico – quegli strumenti concettuali perfezionati in sede fenomenologica: «Lire et interpréter les Confessiones de Saint Augustin sur un mode résolument non métaphysique, en employant à cette fin les principaux concepts que je venais d’élaborer dans une logique d’intention radicalement phénoménologique. Cette entreprise avait dans mon esprit un double enjeu. D’abord celui de tester la validité herméneutique des concepts de donation, de phénomène saturé et d’adonné, en les appliquant à un texte de référence, à la fois supposé bien connu et resté hautement énigmatique» (ibi, 10).

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Certitudes négatives, Grasset, Paris 2010. Sulla linea d’intenti tracciata nell’opera del 2008, Marion spiega, pur se concisamente, nell’Avant-propos: «Ce livre conclut, pour un temps du moins, le déploiement des possibilités théoriques ouvertes, en 1997, par Étant donné. Essai d’une phénoménologie de la donation et

Figures de phénoménologie (2012)7. Perciò a partire dal 1989 si è andato a costituire, formare e consolidare un blocco di opere tutto teso a rifondare la fenomenologia storica dal suo interno perché potesse diventare sic et simpliciter fenomenologia.

Ora, come abbiamo avuto modo di vedere, a giudizio di Marion, ciò che alla fine ha impedito alla fenomenologia di essere radicalmente se stessa, è stata la presenza costante, quasi ineliminabile all’interno della storia della filosofia moderna, della soggettività. Detto altrimenti, la ragione, per cui la fenomenologia non ha potuto essere se stessa radicalmente, va ricondotta alla presenza di una certa metafisica lungo la storia della filosofia moderna, una metafisica la cui provenienza ultima è decisamente da ricercare nella tradizione interpretativa post-cartesiana8. Senza dubbio, anche per Marion – cosa che rimarrà vera fin dagli esordi di

Sur l’ontologie grise de Descartes – Cartesio è colui che più di ogni altro inaugura e pone il

soggetto in una posizione di assoluta centralità, andando poi a influenzare tutta la successiva tradizione filosofica. La stessa fenomenologia, secondo Marion, è pesantemente segnata dalla presenza filosofica di Cartesio, che ne ha paralizzato la possibilità di ritornare alle cose, proprio a causa di «infiltrazioni di soggettività, elementi a priori»9. D’altro canto non è possibile sganciare e distaccare la proposta fenomenologica di Marion dalla sua interpretazione cartesiana, secondo cui in Cartesio è possibile reperire e individuare un luogo di tensione dello stesso soggetto umano, un luogo di tensione che anzi viene a coincidere con lo stesso soggetto umano, in quanto contemporaneamente soggetto di una doppia onto-

dégagées par De surcroît. Études sur les phénomènes saturés (2001), Le phénomène érotique (2003), et en un autre sens Au lieu de soi. L’approche de Saint Augustin (2008). Dans tous les cas, il ne s’agit que de travailler à un élargissement du théâtre de la phénoménalité: après la donation et la saturation, on tente ici d’introduire en philosophie le concept de certitudes négatives. Seul l’usage décidera de la légitimité de ces essais» (ibi, 9).

7

Figures des phénoménologie. Husserl, Heidegger, Levinas, Henry, Derrida, Vrin, Paris 2012. Vale la

pena di riportare anche qui le affermazioni con cui Marion offre, della propria opera fenomenologica, una visione fortemente unitaria: «Dans des travaux antérieurs, en particulier dans le triptyque ouvert par Réduction et

donation. Recherches sur Husserl, Heidegger et la phénoménologie (1989), assuré dans Étant donné. Essai d’une phénoménologie de la donation (1997) et complété avec De surcroît. Études sur les phénomènes saturés

(2001), nous avons assez ambitionné une pratique phénoménologique sinon systématique (c’eût été un contre- sens de méthode), du moins globale, pour qu’on nous permette de colliger après-coup certains des travaux de préparation, de détail ou d’exégèse historique qui ont préparé et soutiennent encore l’entreprise principielle. Il en résulte un revers compliqué de l’avers d’apparence mieux organisé, ou plus exactement des stromates informes mais bien serrés de la face offerte d’une tapisserie qui, sans ce revers ouvrier, se déferait fil à fil. Cette nécessité parut encore plus exigeante lorsqu’il se fût agi de prolonger la phénoménalité de la donation par la description, sans note ni référence, du phénomène érotique (Le phénomène érotique, 2003) ou de l’appliquer herméneutiquement avec force citations à un œuvre théologique (Au lieu de soi. L’approche de Saint Augustin, 2008). Aussi, comme avec les Questions cartésiennes I et II (1991 et 1996), livrons-nous ici, au moins en partie, l’atelier d’esquisses ou de brouillons qui n’ont précédés leurs résultats que dans le temps de la publication, mais pas dans la préparation» (ibi, 7).

8

Secondo quanto afferma lo stesso Marion nella ricostruzione del proprio pensiero, è bene distinguere tra la filosofia di Cartesio e le interpretazioni successive, legate e vincolate in buona parte soprattutto alla figura di Malebranche, che tanto hanno condizionato l’immagine e la concezione contemporanea di Cartesio. Si veda

Dialogo con l’amore, 100-103.

9

teologia, e cioè soggetto dell’onto-teologia della cogitatio e soggetto all’onto-teologia della

causa. Una tensione, secondo Marion mai del tutto risolta all’interno del pensiero cartesiano,

ma insieme costitutiva di tale pensiero. La questione consiste semmai nel fatto che la tradizione successiva a Cartesio ha spento la tensione viva pur presente nel filosofo francese, il tutto a vantaggio di un’interpretazione egologica del soggetto cartesiano, fondamento di quell’impostazione trascendentale che, attraverso Kant, si è infiltrata fin dentro la stessa fenomenologia. È bene ribadire che, per Marion, il soggetto trascendentale è certo frutto della tradizione cartesiana, ma di una tradizione cartesiana riduzionista, che non ha saputo leggere nella sua interezza e totalità Cartesio.

La tensione del soggetto, stretto tra l’onto-teologia della cogitatio e l’onto-teologia della causa, è il sintomo del rafforzamento dell’onto-teologia attraverso una reduplicazione. Ma tale dispositivo onto-teologico reduplicato introduce la tensione tra la nozione di Dio come causa (sui) – che mentre struttura l’onto-teologia della causa è insieme soggetto, anch’esso, all’onto-teologia della cogitatio nella sua capacità razionale di rendere ragione –, e il nome proprio di Dio – secondo Marion – come infinito – che destabilizza e destruttura insieme l’assolutezza totalitaria della cogitatio e dalla causa. Allo snodo cruciale di tali tensioni sta il soggetto, in quanto non solo capace di cogitazione, ma esso stesso cogitazione, nel senso in cui – e qui il debito di Marion è evidente, pur andando oltre – l’ha proposto Henry10. Nella cogitatio – e nella relativa onto-teologia – il soggetto instaura la propria centralità – trascendentale – fino alla nozione di Dio come causa (sui), ma anche la propria affezione in quanto toccato, affetto dall’infinito. Una volta spenta la tensione della cogitazione, rischia di spegnersi anche la tensione tra la nozione di Dio come causa (sui) e il Dio infinito, a vantaggio di una soggettività assoluta che trova nella causa sui un idolo concettuale in grado di definire e ingabbiare definitivamente anche Dio. Di qui l’esigenza ermeneutica di tenere l’interpretazione di Cartesio nella tensione che le è costitutiva, senza

10

Cfr. MARION, Questions cartésiennes I, 167ss. Ha ragione R. CALDARONE, Caecus Amor. Jean-Luc

Marion e la dismisura del fenomeno, Edizioni ETS, Pisa 2007, 53, quando precisa come «anche la tesi di M.

Henry, che ha avuto tuttavia il merito di riaprire, di rimettere in discussione l’evidenza estatica del Cogito ergo

sum, alla luce – una luce oscura come la carne a cui rinvia – di at certe videre videor, appare insufficiente. Ciò

che si fa strada, infatti, e va ben oltre l’auto-affezione, oltre la necessità di ammettere una modalità non estatica di rapporto al sé, che tuttavia si radica pur sempre in un’altra logica del sé, è una paradossale, più netta, eteronomia: un’affezione originaria, ma ricevuta da altri. Originaria in quanto ricevuta». Come conferma lo stesso Marion, se il debito esplicitamente va riconosciuto in questo caso specifico a Henry, per entrambi, la fonte ultima di ispirazione rispetto ad un’innovativa interpretazione del cogito cartesiano, proviene certamente da Levinas (cfr. Dialogo con l’amore, 101).

abolirne le contraddizioni – ma sarebbe più opportuno forse dire le distanze, intese come differenti istanze – che la caratterizzano11.

Solo tenendo prudentemente a mente tutto questo, è possibile cogliere la rilevanza della scelta fenomenologica e di fenomenologia della donazione compiuta da Marion: nella direzione fin qui tracciata diventa comprensibile recuperare il senso della trasgressione della metafisica come trasgressione di un certo modello di soggettività. Così, ripercorrendo il proprio iter filosofico, Marion riflette nei seguenti termini: «C’è, tuttavia, la possibilità di liberare la filosofia prima non soltanto dal primato dell’ousia ma anche da quello dell’ego? Questa, a un certo punto, è diventata la mia questione, il mio problema. Momento che è coinciso con l’imporsi del passaggio alla fenomenologia»12. Ciò assume un’importanza decisiva poiché, se l’esigenza del passagio alla fenomenologia quale filosofia prima è la trasgressione della metafisica, e se tale trasgressione deve passare per la rifondazione dall’interno della fenomenologia storica, ancora troppo ancorata, secondo una prospettiva trascendentale, a un certo modello di soggetto cartesiano, allora un’operazione filosofica radicalmente fenomenologica dovrà essere in grado di reinterpretare, o, meglio, rifondare lo stesso soggetto cartesiano, in considerazione della ricchezza degli apporti specificamente cartesiani. E ciò, non limitatamente alla necessità della soggettività in fenomenologia. Infatti in quella che, in deroga al rigore della fenomenologia marionienne, potremmo chiamare, ma non definire, la conclusione di Étant donné, ossia all’interno dell’Ouverture sur une question – proprio il contrario di una conclusione –, dopo aver ripreso la rielaborazione personale del concetto di fenomeno, Marion afferma:

La phénoménologie de la donation en finit radicalement – à nos yeux pour la première fois – avec le «sujet» et tous ses récents avatars. Elle y parvient pourtant, justement parce qu’elle ne tente ni de le détruire, ni de le supprimer; car de telles tentatives ont toutes échoué, voire ont renforcé le retour du refoulé, parce que aucun savoir, aussi positiviste qu’il se prétende, ne peut faire l’économie d’un tel x supposé savoir et voir. Ruiner cet x relève de la contradiction performative, puisque quiconque dit ou

11

Cfr. J. GREISCH, Le buisson ardent et les lumières de la raison, II, 301ss. È interessante rilevare in questa sede il piglio, ma, alla francese, potremmo dire la verve, con cui Marion attacca chi legge troppo semplicisticamente Cartesio: «Non insisto sul fatto che in Descartes non c’è dualismo, né parallelismo, né solipsismo. Simili sciocchezze saranno ripetute fino alla fine dei tempi e neanche un’accurata dimostrazione impedirà che tutti ripetano quell’errore. In particolare sono scusati i filosofi analitici per non aver letto il testo di Descartes; loro hanno diritto ad avere il problema del dualismo, del solipsismo, dell’unione dell’anima e del corpo, non dicano però che è un problema cartesiano, perché non lo è. Che leggano Descartes allora! Io non chiedo che leggano i commentatori di Descartes… Davvero Descartes è difficile da leggere. Ci tengo a sottolineare questo punto: Descartes, ed è anche il caso di molti altri filosofi, Platone, Aristotele, Kant, non hanno scritto i loro testi in inglese. La qual cosa evidentemente costituisce una difficoltà reale e dunque non si può chiedere a tutti di conoscere un’altra lingua oltre all’inglese! A ogni modo, bisogna essere ragionevoli, infatti tutto quello che è interessante è scritto in inglese, dunque c’è una logica, se volete… Penso che le mie osservazioni ironiche siano caratteristiche di un europeo, per non dire di un francese» (Dialogo con l’amore, 100-101).

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comprend l’attaque apparemment gagnante (et elle ne gagne que pour un tel témoin) l’annule du même mouvement qu’il la consacre. Détruire le «sujet» en lui déniant toute effectivité revient à lui assigner d’autant plus une définition idéale; mais les idées de la raison restent «inévitables» et ne cessent de prétendre à l’existence dans l’objectivité; le «sujet» rejaillit donc toujours de ses prétendues destructions. Pour en finir avec le «sujet», il ne faut donc pas le détruire, mais le renverser – le retourner. Il se pose comme un centre: on ne le lui contestera pas; mais on lui contestera le mode d’occupation et d’exercice du centre qu’il revendique – à titre d’un «je» (pensant, constituant, se résolvant); on lui contestera qu’il occupe ce centre comme une origine, un ego en première personne, en «mienneté» transcendantale; on lui opposera qu’il ne tient pas ce centre, mais qu’il s’y tient seulement comme un allocataire placé là où se montre ce qui se donne; et qu’il s’y découvre lui-même donné à et comme un pôle de donation, où ne cessent d’advenir tous les donnés. Au centre, ne se tient nul «sujet», mais un adonné; celui dont la fonction consiste à recevoir ce qui se donne sans mesure à lui et dont le privilège se borne à ce qu’il se reçoive lui-même de ce qu’il reçoit13.

Prima di addentrarci nella questione dell’adonato, è interessante osservare come, stando a quanto dice lo stesso Marion, con la fenomenologia della donazione, per la prima volta, la filosofia – almeno quella moderna, potremmo specificare noi – la fa finita con il soggetto. Il che diventa assolutamente importante nella comprensione e interpretazione generale di Marion in relazione ai suoi contenuti e portati originali e innovativi. Non vi è infatti alcun dubbio che la fenomenologia della donazione sia la sua personale proposta filosofica. Tuttavia tale proposta non solo si inserisce nella fenomenologia, specificamente quella francese14, e più in generale nella storia della fenomenologia, a cui costantemente Marion riconosce di essere debitore. Ma, nei suoi presupposti ultimi, appartiene altresì al momento originario della fenomenologia storica, forse già a colui che classicamente potrebbe a ragione esserne considerato il padre, Husserl:

«Étant donné» reprend donc la question que nous posions avec Réduction et donation. Recherches sur

Husserl, Heidegger et la phénoménologie, en 1989. Nous ne pensions alors que procéder à un simple

examen historique du développement de la méthode phénoménologique: surgissement de la réduction dans l’objectité chez Husserl, virage de la réduction à l’éntatité en vue d’accéder à l’être de l’étant pour le Dasein avec Heidegger, possibilité enfin de radicaliser la réduction pure au donné comme tel. Ceci nous avait semblé s’imposer presque banalement à la lecture des textes canoniques. Sans doute, le privilège finalement accordé à la donation pouvait surprendre – mais ne s’agissait-il pas, après tout, que de la simple traduction d’un concept redondant chez Husserl (Gegenbenheit)?15.

Il privilegio accordato alla donazione (Gegenbenheit)16, sembra, per Marion, poter risalire ad Husserl stesso prima ancora che a Heidegger, nonostante solo quest’ultimo ne tenti una prima radicalizzazione. Anzi la stessa scelta filosofica marionienne di radicalizzare la riduzione, aveva conosciuto per l’appunto in Heidegger un anticipatore di tutto rispetto, quasi che Marion non abbia fatto altro che mettere a frutto un’intuizione filosofica husserliana, attraverso una spinta heideggeriana ulteriormente riproposta e radicalizzata, in vista della sua

13

ID., Étant donné, 441-442.

14

Cfr. CANULLO, La fenomenologia rovesciata, 21ss. 15

MARION, Étant donné, 7. 16

Molto critico nei confronti della fenomenologia della donazione marionienne, rimane J. BENOIST,

personale elaborazione fenomenologica. Detto altrimenti, pare che il Nostro non abbia fatto altro che valorizzare – lasciar apparire, a volerla dire fenomenologicamente – qualcosa che era già strutturale alla fenomenologia fin dalle origini17. Ciò che invece sembra qui avere un carattere inedito sembra proprio la questione del soggetto nei termini esatti in cui l’ha posta Marion. Se la rifondazione della fenomenologia passa attraverso un rovesciamento della fenomenologia18, ciò che viene rovesciato insieme, nella fenomenologia della donazione

marionienne, è proprio il soggetto. Non si tratta di distruggere, rovinare, abolire il soggetto,

ma di rovesciarlo, ribaltarlo. Esso mantiene la posizione centrale conferitagli da Cartesio, e a cui la fenomenologia in particolare, ma la filosofia in generale non possono rinunciare, ma in maniera completamente differente tanto da non essere più riconoscibile quale soggetto, così come inteso dalla modernità.

In effetti il blocco fenomenologico dell’opera marionienne si apre con Réduction et

donation, il cui Avant-propos, estremamente conciso e denso, chiarisce da subito che «les

recherches, dont nous présentons ici le résultat, visent à mettre la donation au centre de la réduction, donc de la phénoménologie», e dunque mirano a costituire il primato della fenomenalità rispetto a quello che, in sede trascendentale, spettava al soggetto conoscente. E se da un alto tali ricerche «gardent un lien, indirect mais sans doute nécessaire, avec des travaux plus anciens qui, sans le savoir, les présupposaient», dall’altro esse «doivent, en principe, rendre possibles d’autres avancées, en vue de déterminer ce qui, sans l’être, vient

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A tal proposito, non possiamo non riportare quanto Marion scrive nell’Avant-propos di una delle sue ultime fatiche, Figures des phénoménologie. Husserl, Heidegger, Levinas, Henry, Derrida, 8 – dove certamente il termine figure, oltre che l’immediato successivo elenco degli autori a diverso titolo riconducibili o comunque pertinenti, se non appartenenti esplicitamente alla scuola fenomenologica, lascia intendere sia la varietà ed eterogeneità di declinazioni filosofiche fenomenologiche, sia la continuità di differente natura degli uni rispetto agli altri –: tutti i saggi raccolti in tale testo, «aussi imparfaits et dispersés qu’ils restent, attestent cependant beaucoup plus que leurs résultats. Ils témoignent à leur manière d’un privilège remarquable de la tradition désormais séculaire de la phénoménologie inaugurée en 1900 par les Recherches Logiques de Husserl: sa capacité de développement cumulatif. Car, au contraire de bien d’autres traditions qui soit ne tiennent qu’aussi

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