di Maddalena Agazzari
di Elena Brizio*34
che era ancora pupillo, cioè minorenne. E’ molto probabile che il matrimonio tra Mar-cantonio e Maddalena sia stato combinato all’interno della famiglia Sozzini alla quale entrambe le madri, Niccola e Girolama, ap-partenevano. Questo esempio mette in luce il ruolo importante che le donne ricopriva-no nel combinare i matrimoni, ruolo che è particolarmente evidente anche nel caso della moglie (e poi vedova) fi orentina Ales-sandra Macinghi Strozzi.
Lo scandalo che coinvolge Maddalena ha le basi non nel suo primo matrimonio, ma nella sua decisione di risposarsi e, più speci-fi camente, di sposare un soldato spagnolo di stanza a Siena col quale, come il gover-natore Niccolini informa il duca Cosimo, la donna aveva già avuto una relazione mentre era ancora sposata a Marcantonio Placidi.
E’ importante sottolineare che i docu-menti che fanno riferimento a Maddalena sono stati trovati per caso lavorando su fonti fi orentine. Questa scoperta fortuita, mi ha spinto ad analizzare la documentazione se-nese, che è spesso frammentaria e diffi cile da gestire. Sfortunatamente non abbiamo testimonianze dirette di Maddalena: la sua voce, così come i molti resoconti di questa storia intrigante, sono raccontati da uomi-ni (magistrati, il goveratore fi orentino, i rappresentanti ecclesiastici), molti dei quali hanno ‘nascosto’ o ‘dimenticato’così da non evidenziare il comportamento sovversivo di Maddalena.
Il ruolo della famiglia del primo marito, i Placidi, sembra essere più visibile soprattut-to perché molti documenti appartenenti alla famiglia sono sopravvissuti, grazie al suo eccezionale ruolo politico e al suo potere economico.
Dopo la caduta di Firenze in mano dei Medici e degli spagnoli nel 1530, le truppe spagnole rimaste avevano iniziato ad infi l-trarsi nel territorio senese. In Siena gli spa-gnoli erano riusciti abilmente ad utilizzare le differenze politiche per trarre personale vantaggio, infl uenzare e controllare il gover-no locale fi gover-no ad imporre la presenza di una guarnigione spagnola in città. Questa deci-di autonomia femminile che non era deci-diffuso
nelle pratiche matrimoniali del tempo né a Siena né altrove in Italia.
Il suo particolare caso, che viene presen-tato ai magistrati della città occupata nel 1557, dimostra che alcune donne avevano la forza e l’iniziativa per affermare la propria autonomia anche in campi legati alla politi-ca e alle aspettative sociali come il matrimo-nio e che anche un politico avveduto come Agnolo Niccolini, il governatore fi orentino inviato dal duca Cosimo I de’ Medici, aveva diffi coltà a risolvere.
L’endogamia, cioè il matrimonio all’in-terno della propria classe sociale e politica, era la pratica predominante perché salva-guardava e corroborava la struttura sociale e politica del tempo. Nella Siena di questi anni di crisi che avrebbe portato al crollo della Repubblica e alla sua incorporazione nel doppio stato ducale (lo Stato vecchio – fi orentino — e quello nuovo – il senese), l’endogamia era vista anche come uno stru-mento che permetteva di difendere e man-tenere l’élite locale contro le interferenze esterne, soprattutto fi orentine.
Maddalena apparteneva ad una famiglia ricca ed in vista, gli Agazzari, ed era sposata all’erede di una famiglia altrettanto impor-tante, i Placidi. Nata nel 1523, era proba-bilmente l’unica fi glia di un padre anziano, Rinaldo, nato nel 1463. Rinaldo si era sposa-to almeno due volte: nel 1505 con Ansposa-tonia di Pietro Pecci e nel 1508 con Girolama di Alessandro di Pietro Sozzini. Uno dei testa-menti redatti da Rinaldo nel 1519, quando si dichiara malato, è un atto notarile parzial-mente completo. Nel documento non sono menzionati fi gli, e il testamento stabilisce solo che una certa quantità di denaro sia do-nata alla chiesa di Santa Maria degli Angeli, dove Rinaldo aveva la sua tomba.1
Nel 1539 Maddalena sposa Marcantonio di Aldello Placidi, più grande di lei di due anni, e gli porta in dote 5000 fi orini. La ma-dre di Marcantonio era Niccola, la fi glia del giurista Bartolomeo Sozzini. Nel 1531, già vedova, Niccola era “mater, tutrix et cura-trix” dei suoi fi gli tra i quali Marcantonio,
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avevano condotto alla decisione imperiale di inviare un nutrito numero di truppe spagnole a controllare la città.
I senesi consideravano gli spagnoli degli invasori e la costruzione della fortezza era vista come un tradimento da parte di Carlo V, perché Siena era sempre stata un fedele alleato dell’imperatore. Non è una sorpresa dunque che nel 1552, in seguito alla sconfi tta militare delle truppe spagnole di presidio e di quelle fi orentine – il cui appoggio era stato in verità ininfl uente – nella rivolta ordita dai senesi con l’aiuto del re di Francia, la guarni-gione imperiale fosse stata espulsa dalla città e la fortezza parzialmente abbattuta.
L’imperatore Carlo V e il suo alleato, Cosimo de’ Medici, si erano fatti un punto d’onore nel riconquistare Siena, che aveva cercato il sostegno del re francese Enrico II, marito di Caterina de’ Medici, cugina e ne-mica di Cosimo. Come conseguenza della richiesta di aiuto alla Francia e della guer-ra contro gli spagnoli, negli ultimi tre anni della sua indipendenza (1552-1555) Siena aveva dovuto accogliere un numero sempre maggiore di truppe francesi e spagnole nel suo territorio.
sione aveva diviso i governanti senesi: molti appoggiavano la presenza ispano-imperiale, ma molti al contrario vi si opponevano e avevano cercato l’appoggio francese per ‘li-berare’ la città dalla dominazione straniera. Non solo gli uomini ma anche le donne era-no coinvolte in queste tensioni e spesso, se-guendo le scelte familiari, parteggiavano per l’uno o l’altro partito.
In seguito all’incoronazione dell’impera-tore Carlo V a Bologna nel 1530, e alla ri-apertura delle ostilità contro la Francia sul territorio italiano, la posizione strategica di Siena era diventata di estrema importanza. Situata a metà strada tra il ducato Milanese e il regno napoletano, divisa all’interno in lotte continue tra i Noveschi e i Popolari, Siena era descritta dall’inviato spagnolo dell’imperato-re come un luogo nel quale la giustizia non veniva amministrata e dove la competizione tra partiti impediva lo svolgimento della vita quotidiana. Inoltre l’opposizione di una parte dei governanti alla riammissione degli esiliati appartenenti soprattutto ai Nove, dopo anni di guerra interna, e l’opposizione senese alla costruzione della fortezza, che invece l’im-peratore giudicava assolutamente necessaria,
2 “pomposo, enfatico, cerimonioso, vanitoso, adu-latore, fanfarone”, in J. C. D’Amico, Nemici e libertà a Siena: Carlo V e gli spagnoli in M. Ascheri, F. Nevola
(eds.), L’ultimo secolo della Repubblica di Siena. Politica e istituzioni, economia e società, Siena, Accademia senese degli Intronati, 2007, pp. 107-139: 109.
Giorgio Vasari, La presa dei forti di Camollia, Firenze, Palazzo Vecchio.
L’affresco vasariano ritrae il momento iniziale dell’assedio di Siena condotto dalle truppe imperiali al comando di Gian Giacomo Medici, marchese di Marignano, tra il gennaio 1554 e l’aprile 1555