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I.5.1 RIPERCUSSIONI SUCCESSIVE IN ETA’ ADULTA

Un interessante studio effettuato nei Paesi Bassi (Rovers MM. et al, Family Practice, 2006)64 ha seguito dai 2 ai 21 anni di età un gruppo abbastanza cospicuo di bambini per verificare la frequenza delle infezioni delle alte vie

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respiratorie ma soprattutto la loro persistenza nel passaggio dall’infanzia all’età adulta. Circa il 23% del campione in esame presentava caratteristiche di RRI mentre il 30% aveva assunto antibiotici per questa indicazione più di una volta e, sempre nella stessa percentuale, era stato sottoposto ad un’operazione otorinolaringoiatrica. Di questo 23% solo il 4% ha presentato, in tutto il periodo dello studio, infezioni ricorrenti delle alte vie respiratorie che, nella maggior parte dei casi, sono iniziate prima degli 8 anni: è quindi molto raro che le RRI si manifestino per prima volta dopo quest’età.

Da questo lavoro, probabilmente il primo che ha seguito bambini con RRI durante vari anni della loro vita, se ne evince che, oltre alla conferma dell’alta incidenza di questa patologia in età pediatrica, il numero di queste infezioni diminuisce con il passare degli anni (fig.1), quasi sicuramente a causa di una maturazione del sistema immunitario e di un miglioramento delle condizioni anatomiche (come l’aumento dell’inclinazione delle tube di Eustachio), e circa l’80% dei bambini guarisce verso i 5 anni. Volendo guardare al tipo di infezione, tra tutti i pazienti con tonsilliti ed otiti ricorrenti, circa l’11% di entrambi i gruppi si ammaleranno fino ai 20 anni. Tuttavia, sebbene la frequenza degli episodi infettivi diminuisca con l’età, quasi 1/3 dei bambini con RRI hanno una probabilità maggiore di ammalarsi in età adulta di patologie a carico dell’apparato respiratorio, anche se non con la stessa ricorrenza. E’ quindi un problema che può avere delle ripercussioni importanti anche in età adulta, sebbene il fenomeno ricorrenza tenda a limitarsi con l’età, e quindi, dal momento che potrebbe essere responsabile di una quota importante di assenze dal lavoro, anche sulla società.

I.4.2 ECCESSIVO USO DI ANTIBIOTICI

Un altro aspetto che evidenzia lo studio di Rovers come anche altri (Brand et al, Paediatric Respiratory Reviews, 2012; Heikkinen et al, Lancet, 2003)65, 66 è quello relativo al consumo di antibiotici. Infatti, anche in paesi in cui si sta cercando da decenni di ridurre l’uso di questi farmaci come i Paesi Bassi, le RRI rimangono una delle principali cause di prescrizione degli antimicrobici; nello studio di Rovers almeno un terzo dei pazienti in esame ha assunto ripetutamente antibiotici per il trattamento delle infezioni delle alte

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vie respiratorie. L’uso di questi farmaci si traduce ovviamente in costi che, nei Paesi con un Sistema Sanitario universalistico (che garantisce cioè l’assistenza a tutti i cittadini), come l’Italia, sono spesso a carico della società. In una ricerca fatta in Veneto (Cantarutti L. et al, Medico e bambino pagine elettroniche 2001)67 sulle prescrizioni fatte da 17 pediatri di libera scelta per 16760 bambini è stato tuttavia osservato che solo nel 32% dei casi di infezioni respiratorie è stato somministrato un antibiotico. In realtà, come sottolinea l’autore dell’articolo, dietro a questo dato si potrebbe nascondere non un basso utilizzo del farmaco ma piuttosto una bassa prescrizione; i genitori infatti potrebbero aver somministrato l’antibiotico “presente in casa” al momento del bisogno e senza, quindi, una ricetta. Un altro studio effettuato in Emilia-Romagna, invece, ha rilevato una percentuale più alta di bambini che, specialmente nei primi anni di vita, sono stati trattati almeno una volta all’anno con antibiotici (Moro M. et al, Medico e bambino pagine elettroniche, 2002)68(fig.12).

Figura 12: percentuale di bambini trattati con antibiotico durante un anno, per classi di età

Oltre all’aspetto economico, che si concretizza in una spesa media di 151 euro per singolo episodio infettivo, l’uso degli antibiotici si traduce, ovviamente, anche in un aumentata probabilità dello sviluppo di resistenze.

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I.4.3

RICORSO

NON

APPROPRIATO

ALLA

TONSILLECTOMIA-ADENOIDECTOMIA

In aggiunta all’utilizzo dei farmaci antimicrobici, un altro approccio terapeutico spesso messo in atto per ridurre la frequenza delle RRI è la chirurgia che si traduce in tonsillectomia e/o adenoidectomia; il ricorso all’operazione, però, non dà sempre il beneficio sperato e può non essere efficace nel ridurre il numero degli episodi infettivi ma è spesso necessario in caso di tonsilliti ricorrenti che portano con sé importanti implicazioni per la famiglia e il bambino31. Oltre che nell’assenteismo scolastico, queste infezioni si traducono in un aumento della frequenza di patologie respiratorie in tutti i membri della famiglia, in alterazioni del sonno sia del bambino che del resto della famiglia, in uno scarso rendimento scolastico, in spese per le cure mediche (laddove non coperte dal SSN) e, infine, in una diminuzione del guadagno familiare a causa delle ore di lavoro perse dai genitori. Tutto ciò porta inevitabilmente ad un costante stato di ansia e preoccupazione nei genitori che solo parzialmente si risolve con la chirurgia e che influisce sicuramente sulla loro efficienza lavorativa.

I.4.4 EFFETTI SULLE PRESTAZIONI LAVORATIVE DEI

GENITORI E SUL RENDIMENTO SCOLASTICO

Le ripercussioni sociali delle RRI si esplicano, quindi, indirettamente anche attraverso la perdita di ore lavorative dei genitori; questo è particolarmente vero nei paesi in cui non vi sono figure vicarianti dei genitori come l’Australia dove è stato calcolato che ogni genitore perde circa 11,7 ore per accudire il bambino malato ad ogni episodio infettivo (Leder K., J Paediatric Child Health, 2005)69. In Italia, infatti, dove il modello della famiglia allargata (con il coinvolgimento diretto dei nonni, come già detto, nell’accudimento dei bambini) è estremamente diffuso, solamente l’11% dei genitori ha perso almeno una giornata di lavoro all’anno per assistere il figlio malato 63.

Altre fonti di costi diretti ed indiretti sono costituiti dalle visite mediche e dai ricoveri41, ma questi, ancora una volta, soprattutto nei paesi con SSN non universalistico.

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Le RRI sono infine responsabili di oltre un terzo delle assenze scolastiche42 e potrebbero avere, quindi, una ripercussione sul normale apprendimento dei bambini, certo non aiutato da questa discontinuità. Su quest’ultimo aspetto non ci sono molti dati in letteratura e, forse, sarebbe uno spunto importante per ricerche future.

I.4.5 COMPORTAMENTO DEI PEDIATRI DI FRONTE AL

PROBLEMA

Ad aggravare questa situazione c’è anche sicuramente un aumento dello stato di ansia e preoccupazione dei genitori (probabilmente legato a famiglie sempre più con un ridotto numero di figli) che influisce sul comportamento adottato dai pediatri. Da ricerche italiane è emerso che, se è vero che di fronte ad un bambino che si ammala spesso, il 77% dei pediatri tranquillizza i genitori, quest’atteggiamento si traduce quasi sempre in un qualcosa di pratico; il 66% consiglia il ritiro dall’asilo nido, il 46% prescrive esami, anche in bambini che presentano solo febbre e tosse, e ben il 64% prescrive terapia antibiotica (tra questi, il 15% circa afferma di ricorrere sempre al farmaco). Tutto ciò si traduce naturalmente in un uso scorretto e/o eccessivo delle risorse del SSN, che è totalmente ingiustificato e che sta ponendo e porrà anche nel futuro importanti interrogativi; è infatti necessario sensibilizzare le famiglie e anche i pediatri sull’assoluta benignità di queste infezioni e sui modi preventivi per ridurne la frequenza allo scopo di evitare sprechi nel comparto della sanità che, soprattutto adesso nel nostro paese, non possono essere più sopportati.

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II CAPITOLO: INQUADRAMENTO

DIAGNOSTICO ED APPROCCIO

TERAPEUTICO

II.1 VALUTAZIONE CLINICA E DIAGNOSI

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