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DISPONIBILITÀ EFFETTIVE

IMPLICAZIONI MEDICO-LEGALI

Il riconoscimento dell’origine professionale di un tumore polmonare in un soggetto con pregressa o attuale esposizione a silice libera cristallina comporta, alla luce di quanto sopra esposto, decisioni medico-legali non scevre da aspetti controversi. L’ammissione del nesso causale “di per sé” appare, per quanto sopra esposto, al momento attuale ingiustificato.

Nel caso di esposizione a silice, non sono disponibili alcuni preziosi “indicatori di espo-sizione”, invece presenti, ad esempio, nel caso di lavoratori dell’amianto (il numero di corpuscoli dell’asbesto nell’escreato e/o nel tessuto polmonare).

L’individuazione di un quadro di silicosi polmonare, pertanto, dovrebbe, attualmente, rappresentare la discriminante “efficace” per l’ammissione dell’origine tecnopatica del tumore, in particolare in un singolo soggetto fumatore. A questo proposito, si ripropo-ne la ripropo-necessità di criteri standardizzati di diagnosi, ed in particolare di valutazioni

“oggettive” del quadro radiologico polmonare (scarsamente utili appaiono infatti i risultati di eventuali esami di funzionalità respiratoria, data la loro aspecificità), che dovrebbe rigorosamente essere valutato, se non (idealmente) da un lettore “B-reader”, per lo meno sempre da un lettore esperto e comunque sempre in relazione allo standard ILO-BIT, nella sua versione ultima del 2000.

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* COORDINATOREMEDICOCENTRALEPATRONATOINCA-CGIL)

** DIRIGENTEMEDICO DIIILIVELLO- SEDEINAILDIRIETI)

Fino al 1997 anno di pubblicazione del numero 68 monografia della IARC (1) in cui la silice cristallina inalabile sottoforma di quarzo e di cristobalite è stata inserita nel grup-po 1 (sufficiente evidenza di cancerogenicità nell’uomo) non si grup-poneva il problema della indennizzabilità dei casi di cancro polmonare anche sotto il profilo delle patologie pro-fessionali non tabellate ex sentenza n. 179/1998 della Corte Costituzionale, eccetto che nel caso di insorgenza di tumore polmonare in soggetti affetti da silicosi polmonare in virtù delle direttive dell’INAIL (notiziario n. 34/1985 del 25.12.1985 a firma del Direttore Generale dell’Istituto) che, in applicazione degli articoli 4 e 5 della legge 27 dicembre 1975 n. 780, ammettevano sia al maggior indennizzo i postumi di sopravve-nienza di tumore polmonare sia la correlazione causale lavorativa con il decesso e quin-di la reversibilità della renquin-dita ai superstiti quando la morte era causata da tumore pol-monare in soggetti affetti da silicosi.

Viceversa nel caso di soggetti esposti a silice ma non affetti da silicosi non veniva rico-nosciuto alcun diritto di indennizzo né di reversibilità né di rendita a superstiti in caso di tumore polmonare contrariamente al parere di alcuni Patronati (2).

La IARC nella monografia n. 42 del 1987 aveva classificato la silice cristallina nel grup-po 2A (agente probabilmente cancerogeno per l’uomo) e i silicati amorfi nel grupgrup-po 3 (agente non classificabile come cancerogeno per l’uomo) (3), così come confermato nel supplemento 7 delle monografie IARC (4).

Quanto sopra sebbene un certo numero di studi avesse mostrato che persone con silico-si polmonare dopo esposilico-sizione a polveri contenenti silico-silice cristallina avessero sviluppato cancro polmonare (3-5).

E questo aumento di incidenza di casi di cancro polmonare era stato osservato tra i minatori, lavoratori delle cave, lavoratori di fonderia, lavoratori della ceramica, lavo-ratori di granito e tagliatori di pietra (4).

Con la monografia n. 68 del 1997 la IARC ha operato una differente classificazione della silice (1). E precisamente:

- sufficiente evidenza nell’uomo per la cancerogenicità della silice cristallina inalabile sottoforma di quarzo o di cristobalite;

- inadeguata evidenza nell’uomo per la cancerogenicità della silice amorfa:

- sufficiente evidenza negli studi sperimentali degli animali della cancerogenicità del quarzo e della cristobalite;

- limitata evidenza negli studi sperimentali negli animali della cancerogenicità della tridimite;

- inadeguata evidenza negli studi sperimentali negli animali circa la cancerogenicità della terra di diatomee non calcinata;

- inadeguata evidenza negli studi sperimentali negli animali circa la cancerogenicità della silice amorfa sintetica.

Ed in conclusione la IARC ha classificato la silice inalabile sottoforma di quarzo e di cristobalite da fonti lavorative come cancerogena per l’uomo (gruppo 1) e la silice amorfa non cancerogena per l’uomo (gruppo 3).

Il giudizio della IARC include una premessa che indica come causa delle discrepanze vada ricercata o in una possibile intrinseca varietà di attività dei vari polimorfi, ovvero in fattori esterni, cioè in un possibile ruolo giocato da eventuali contaminanti, quasi sempre presenti nelle polveri di quarzo.

Su questo punto la professoressa Fubini nella sua relazione al NIS (26) ricorda che emergono chiaramente alcuni dati quali:

- maggiore pericolosità di polveri macinate di fresco (spigoli acuti, radicali di superfi-cie, generazione di ROS), confermata in vitro ed in vivo;

- probabile in attivazione della superficie da contaminazioni di caolino o di allumina;

- minore pericolo da polveri generate ad alta temperatura (ceneri volanti) e non da macinazione.

L’ipotesi di cancerogenicità sostenuta dalla interpretazione della IARC degli studi spe-rimentali in vitro e nei ratti è rappresentata della figura 1.

Il ruolo eziopatogenetico fondamentale sarebbe quello della infiammazione. Altri mec-canismi quali il ruolo del quarzo di generare ossidanti o di svolgere un ruolo genotossi-co diretto non hanno retto all’esame epicritigenotossi-co.

Altri autori circa gli studi sperimentali sul rapporto tra silice e cancro ammettono una genotossicità della silice.

Soffiotti V. (6) riferisce di avere effettuato studi sperimentali sul ratto, sul topo e sul criceto. Nel ratto egli ha ottenuto lesioni proliferative bronchiolo-alveolari; adenomi e carcinomi.

Nel topo la silice ha indotto silicosi ma non tumori. Nel criceto non ha indotto né tumori né silicosi come anche comprovato dagli studi di Holland (27).

Gli studi di biologia molecolare del gruppo di ricerca di Soffiotti V. (6) hanno eviden-ziato che la silice provoca rotture delle catene di DNA, formando legami tra i gruppi silanolici e da Aphosphate blackhone del DNA, ancorando il DNA alla superficie della silice, in prossimità dei punti di formazione dei radicali liberi che inducono rotture del DNA. Con la microscopia elettronica di cellule trattate si sono viste localizzate parti-celle di silice < 0,5 micron anche all’interno dei nuclei e dei fusi mitotici. Sono stati evi-denziati numerosi mediatori proteici (citochine e fattori di crescita) nelle reazioni cellu-lari alla silice che sono oggetto di studio.

Soffiotti V. (6) cita studi di Montuenga L. M. ed altri della Università di Navarna a Pamplona che mostrano che la silice induce nel polmone di ratto alterazioni delle mole-cole di adesione cellulare E-caderine e b-catenine) e marcatori mesenchimali (vimentina e N-caderina) sono espressi in carcinomi indotti da silice, suggerendosi così la presenza del fenomeno di epithelial-mesenchymal transition.

Figura 1: Un ipotetico meccanismo basato sulla infiammazione per la cancerogenicità del quarzo nei ratti.

Da: Silica, some silicates, coal dust and para-aramide fibrils. IARC Monograph n. 68 1997. Lyon. France

D’altra parte allo stato attuale non c’è convincente evidenza per un meccanismo alterna-tivo a quello ipotizzato dalla IARC. Gli studi esaminati dalla IARC hanno riguardato:

1. i minatori di oro: sono stati esaminati 17 studi di coorte e cinque studi caso controllo di minatori di oro potenzialmente esposti a polvere di silice. La maggior parte di questi studi ha riportato una elevata mortalità per cancro polmonare tra lavoratori esposti a silice.

2. lavoratori delle cave e lavoratori di granito: sono stati esaminati 6 studi di coorte che hanno rilavato un eccesso di casi di cancro polmonare. Negli studi relativi ai lavora-tori di pietra di granito negli Stati Uniti è stato riscontrato un rischio relativo di 3,5.

3. industrie ceramiche, delle terracotte, di mattoni refrattari e di terra di diatomee:

(nell’industria dei mattoni refrattari e di impianti di terra di diatomee, i materiali amorfi o di silice cristallina sono portati a temperature al di sopra dei 1000° C con

conversione di notevole grado in cristobalite). Due studi di coorte di mattoni refrat-tari in Cina e in Italia e uno studio di coorte di impianti di terra di diatomee negli Stati Uniti hanno evidenziato un rischio relativo di circa 1,5. In uno studio di coorte in Inghilterra di industrie delle terracotte l’incidenza del cancro polmonare era alquanto elevata.

Uno studio caso-controllo in Italia ha registrato un piccolo incremento di cancro polmonare in soggetti senza silicosi. Uno studio olandese di lavoratori della cerami-ca indicerami-cava una relazione tra lavorazione e cerami-cancro polmonare da esposizione cumu-lativa.

4. lavoratori in fonderia: erano disponibili solo tre studi di coorte. Uno di questi prove-niva dalla Danimarca che ha mostrato più elevati livelli di cancro polmonare nei soggetti silicotici che non nei soggetti non silicotici. Uno studio cinese era inficiato dall’effetto confondente di idrocarburi policiclici aromatici. Un altro studio degli Stati Uniti non dimostrava un’associazione di cancro polmonare con esposizione cumulativa a silice.

5. soggetti silicotici: la vasta maggioranza di studi su soggetti registrati come silicotici ha riportato un eccesso di rischio di cancro polmonare con rischio relativo variabile da 1,5 a 6. Alcuni studi, in particolare uno proveniente dal Nord Carolina (USA) e uno dalla Finlandia, comprovano una inconfutabile associazione fra silicosi e cancro del polmone.

In generale la maggioranza di tutti gli studi esaminati dalla IARC nelle diverse lavora-zioni hanno evidenziato un rischio relativo in coorti di silicotici variabile fra 1,5 e 6, o, riportato una relazione fra incremento del rischio e durata di esposizione. Nei lavorato-ri esposti a silice il lavorato-rischio relativo per cancro polmonare, in assenze di silicosi, è lavorato- risulta-to minore: compreso fra 1,5 e 3,5 (1).

Eppure le conclusioni della IARC sono state criticate da altri studi sull’argomento in quanto i diversi autori hanno ritenuto che gli studi citati dalla IARC per allocare la sili-ce cristallina inalabile sottoforma di quarzo e di cristobalite nel gruppo 1 non dessero risultati significativi circa la sicura cancerogenicità della sostanza.

Nel 2000 Hessel P. A. ed altri hanno pubblicato un riesame della letteratura sull’argo-mento (7). In contrasto con le decisioni della IARC, gli Autori concludono che in realtà l’insieme della letteratura epidemiologica non dimostra con assoluta certezza la cance-rogenicità della silice cristallina né un’associazione causale fra la severità delle silicosi e il cancro polmonare.

In particolare alcuni riesami di altri autori circa gli studi esaminati dalla IARC ed in particolare quelli relativi agli esami autoptici sui minatori delle miniere d’oro del Sud Africa, non mostrano alcuna relazione tra il cancro polmonare e la silicosi, dopo aver tenuto conto dell’effetto del fumo (8-9).

In Italia Carta P., Aru G., Billai B., Cadeddu C., Manca P. (10) hanno effettuato due studi di mortalità fra i lavoratori della Sardegna. Il primo riguarda il follow-up di 20 anni di una coorte di 1741 minatori in attività di servizio al 1973 in due miniere metalli-fere della Sardegna.

Il secondo studio riguarda 724 silicotici provenienti dal comparto estrattivo della Sardegna con prima diagnosi radiologica di silicosi avvenuta tra il 1964 ed il 1970 nell’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Cagliari e seguiti fino al dicem-bre del 1997.

A giudizio degli Autori i risultati delle due indagini non mostrano alcuna associazione tra la mortalità per cancro polmonare e la severità del quadro radiologico per silicosi o

l’entità della esposizione cumulativa alla silice cristallina calcolata per ogni membro delle due coorti. A giudizio degli autori il fumo di sigaretta, l’ostruzione bronchiale e l’esposizione, per i minatori del sottosuolo, a prodotti di decadimento del radon rap-presentano le variabili maggiormente predittive per un incremento del rischio neopla-stico nei silicotici analizzati. In particolare secondo alcuni autori non sembra ancora chiaro se l’associazione positiva descritta in diversi studi sia da imputare ad un’azione diretta della silice o ad un effetto secondario mediato dall’esistenza di alterazioni pato-logiche di silicosi (11).

Da parte di molti ricercatori permangono diversi dubbi in rapporto anche ad altri fat-tori di potenziale rilevanza nei risultati riportati negli studi epidemiologici (10). Tra questi, l’effetto di potenziali fattori di confondimento (altre esposizioni professionali, fumo di tabacco, differenze socio-economiche, inadeguata scelta della popolazione di riferimento, errori di selezione e di diagnosi nelle coorti dei silicotici), la mancata evi-denza in molti studi di una relazione dose-risposta, il problema della differente tossicità del quarzo rispetto alla cristobalite rappresentano i quesiti più rilevanti ancora da chia-rire (10).

La controversia è indubbiamente alimentata dall’inclusione di studi la cui qualità meto-dologica non è elevata.

Finkelstein nel 2000 (29) ha pubblicato una meta-analisi degli studi sulla relazione fra esposizione a silice e tumore del polmone. Lo scopo principale di questa meta-analisi era quello di identificare un valore soglia di esposizione alla silice, a partire dal cui superamento era possibile evidenziare un aumento di rischio di tumore polmonare.

L’Autore (che per altro non precisa i criteri di inclusione ed esclusione dei lavori) con-clude per una associazione fra esposizione alla silice e tumore del polmone ma anche per l’impossibilità di definire una relazione dose-effetto. L’Autore ha determinato che il rischio relativo di tumore del polmone aumenta di 0,15 per ogni unità di indice di espo-sizione alla silice superiore ad 1.

Nel marzo 2005 l’ente del Quebec IRSST ha pubblicato una ricerca dal titolo: “Silicose, silice et cancer du poumon: meta-analyse de la letterature médicale” (30) i cui Autori, dopo aver evidenziato nelle banche-dati 1071 titoli, hanno selezionato 286 articoli di cui solo 150 avendo superato i criteri selettivi, sono poi stati inclusi nella meta-analisi.

96 studi epidemiologici descrivevano la relazione fra esposizione a silice e cancro del polmone ma solo 8 riportavano una quantificazione dell’esposizione alla silice in mg/m3-anni. Sulla base degli studi gli autori concludono che “i dati pubblicati suggeri-scono anche che l’esposizione professionale alla silice rappresenta un debole fattore di rischio per il tumore del polmone per tassi di esposizione elevati che superino il limite di esposizione ammesso in base agli standards nord-americani. Questi risultati devono essere interpretati con prudenza tenuto conto dell’eterogenicità rilevata negli studi oggetto di analisi. Queste conclusioni sono in accordo con quelle della IARC, anche se introducono delle sfumature”.

Sono anche molto importanti nel dibattito attuale in seno alla comunità scientifica due studi giapponesi.

Il primo, di Hanne K. ed altri (12), mostra una prevalenza di neoplasie polmonari, a parità di età ed abitudine al fumo, rispetto ai casi con quadri radiologici di confluenza, nei soggetti silicotici e con silicosi semplice.

Il secondo, di Katabami M. ed altri (13), riguarda 563 pazienti dove si osserva una più alta incidenza di cancro polmonare soprattutto nei casi con silicosi semplice rispetto ai quadri radiologici con confluenze.

Per quella parte di ricercatori che ammettono una correlazione concausale tra

esposi-zione a silice e insorgenze di cancro al polmone è importante rispondere al quesito: se il cancro del polmone negli esposti a silice deve essere considerato associato alla esposi-zione solo in presenza di silicosi (radiologica o anatomo-patologica) o anche in assenza di silicosi (14).

Nel nostro Paese il dibattito è iniziato a metà degli anni ‘80 con il lavoro di Forestiere et al sui lavoratori della ceramica (28).

Il problema, come vedremo successivamente, acquista una grande importanza in ambi-to assicurativo previdenziale.

D’altra parte prendendo in considerazione tre tra le principali pubblicazioni sull’argo-mento e cioè quella di Steenland (15), che sulla base di una meta-analisi relativa a dieci studi di coorte per un complessivo numero di 1000 tumori polmonari1, conferma le conclusioni della IARC sulla cancerogenicità della silice, quella di Sountar C. A. ed altri (11), che mette in evidenza alcune incertezze scientifiche sulla evidenza epidemiolo-gica di associazione tra silice, silicosi e cancro e la pubblicazione di Hessel P. A. ed altri (7), che contesta le conclusioni della IARC, i dati della letteratura non sono univoci circa una correlazione tra silice e cancro polmonare in particolare in assenza di manife-stazioni chiare, radiologiche e/o anatomo-patologiche, di silicosi polmonare (10).

D’altra parte è anche vero che non possono essere ignorati i risultati degli studi speri-mentali sul ratto, citati in precedenza, e condotti da Soffiotti V. (6) che comprovano un’azione cancerogena diretta della silice.

Il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) nell’aprile 2002 (16) è pervenuto alle seguenti conclusioni:

• il cancro del polmone è associato con le esposizioni lavorative e silice cristallina, par-ticolarmente quarzo e cristobalite.

• una relazione esposizione-risposta è stata riportata in studi di minatori, lavoratori di terra di diatomee, lavoratori del granito, lavoratori dei mattoni refrattari ed altri lavoratori.

• la meta-analisi degli studi epidemiologici su esposizione a silice e cancro del polmone hanno riportato un sommario rischio relativo di 1,3 per i lavoratori esposti a silice e un più alto sommario rischio relativo da 2,2 a 2,8 per i lavoratori silicotici. Alcuni degli studi sui lavoratori esposti a silice sono stati verificati per gli effetti del fumo di sigaretta ed altri no. I dati disponibili supportano anche la conclusione che la silicosi produce un rischio accresciuto per il carcinoma broncogeno, ma i dati sono “meno chiari” quando l’esposizione è associata a cancro del polmone in assenza di silicosi.

L’Undicesimo Report sui cancerogeni del National Toxicology Program (NTP) degli USA nel 2004 ha classificato la silice cristallina respirabile, essenzialmente polveri di quarzo nell’industrie e nelle lavorazioni pertinenti, come agente riconosciuto chiara-mente cancerogeno, basandosi sulla sufficiente evidenza di cancerogenicità dagli studi sull’uomo indicanti una correlazione causale fra l’esposizione a silice cristallina

L’Undicesimo Report sui cancerogeni del National Toxicology Program (NTP) degli USA nel 2004 ha classificato la silice cristallina respirabile, essenzialmente polveri di quarzo nell’industrie e nelle lavorazioni pertinenti, come agente riconosciuto chiara-mente cancerogeno, basandosi sulla sufficiente evidenza di cancerogenicità dagli studi sull’uomo indicanti una correlazione causale fra l’esposizione a silice cristallina