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Secondo una lettura che ricorre in vari filoni culturali — dal diritto cano- nico alla dottrina protestante, da tradizioni ebraiche al giusnaturalismo —5

il principio del contraddittorio, la necessità che il potere, prima di assu- mere una decisione, ascolti il destinatario della stessa, rimonterebbe a ori- gini molto autorevoli. O, per meglio dire, alle origini più autorevoli, dato che esse si radicherebbero direttamente agli inizi della vicenda umana, nella relazione primordiale tra l’essere umano e Dio stesso, precisamente nel momento in cui Dio decise la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre.

In effetti, prima di pronunciare l’espulsione, Dio, pur essendo onni- sciente, si rivolge al primo uomo per porgli alcune domande, cui Adamo risponde con imbarazzo...6 Finirà, appunto, con la cacciata; ma la deci-

sione è stata preceduta da una interlocuzione.

E su questa base, si teorizzerà il due process of law, il giusto procedi- mento, il diritto a essere ascoltati.7

Peraltro, queste risalenti elaborazioni si concentravano generalmente sull’attività giudiziaria, sul processo.

5. Cfr. per il diritto canonico: R.H. Helmholz, The Bible in the Service of Canon Law, Chicago-Kent

Law Review, 1994, vol. 70:1557; W. Durantis, Speculum iudiciale, Basel, 1574, 435, Lib. ii, Pt. 1, tit. De

Citatione, 4 § 4 (ove si desume anche dall’episodio di Sodoma e Gomorra il principio «Procedural

Justice must be accorded to all»); per la tradizione protestante: S. Ferrari, R. Cristofori, Law and

Religion. An Overview, vol. I, New York, Routledge, 2013 (ove si fa risalire a Lutero il principio «if God

gives due process in judging us, we should give due process in judging others»); nell’ambito della cultura giudaica: T.D. Lytton, «Due Process and Legal Authority in the Garden of Eden: Jurisprudence in Aggadic Midrash», in The Jewish Law Annual, vol. xvi, p. 185 ss.; per il pensiero giusnaturalista: R.H. Helmoholz, «Natural Law and Christianity. A Brief History», in N. Doe (ed.), Christianity and

Natural Law. An Introduction, Cambridge, Cambridge University Press, 2017, p. 7 ss.

6. Genesi, 3, 9-13.

7. In questo senso, una origine così autorevole poteva anche tendere a limitare il potere del sovrano, mentre l’impostazione che consideravano le garanzie procedurali derivanti semplicemente dal diritto positivo lasciavano al principe, autorità legislativa e amministrativa (lex animata in terris), la possibilità di disporne con la più ampia discrezionalità. Il principio si applicava anzitutto in caso di processo penale, ma anche in altri casi, ad esempio in relazione a confisca di beni: cfr. K. Pennington, «Due Process, Community, and the Prince», in Rivista Internazionale di Diritto Comune, 1998, n. 9, p. 9 ss.

Per il complesso delle relazioni tra istituzioni e amministrati, invece, particolarmente nella tradizione europea, domina lo schema che configura queste relazioni come unilaterali: le istituzioni sono portatrici di poteri auto- ritativi, conferiti dalla legge per la tutela dell’interesse pubblico; che si pone su un piano superiore rispetto alle posizioni giuridiche dei cittadini, consen- tendo di intervenire su di esse in termini, appunto, unilaterali e autoritativi. Se fosse possibile fare riferimento, per le istituzioni giuridiche, ad at- teggiamenti umani, si potrebbe ravvisare in questa impostazione qualche venatura di superbia, orgoglio, presunzione di autosufficienza nell’analisi delle questioni, nella valutazione dei dati, nella ponderazione degli inte- ressi coinvolti.

Il cittadino, in questa impostazione, si presenta come un destinatario passivo dell’esercizio del potere. Se poi questo esercizio avviene contra le-

gem, il cittadino ha sempre il diritto di rivolgersi ad un giudice. Solamente

dopo che il potere è stato esercitato, solamente dopo l’assunzione della decisione e l’emanazione dell’atto, dunque, il cittadino ha la possibilità di presentare le sue argomentazioni, di entrare in contraddittorio con il Po- tere pubblico, di difendere i propri diritti e interessi.

Un esempio significativo, tra molti, di questa impostazione, può es- sere rappresentato da un volume, diretto negli anni Ottanta da un autore- vole studioso francese, composto da numerosi contributi relativi ad altret- tanti Paesi europei.

Il volume si riferisce, in generale, alle relazioni tra Administration et

administrés. Credo che qualunque lettore, dinnanzi a un titolo come que-

sto, oggi si aspetterebbe uno studio su una pluralità di relazioni tra ammi- nistrazione e amministrati: relazioni di partecipazione, di collaborazione, di contrattazione... Ma tutto questo appartiene una prospettiva di oggi; qualche decennio fa, semplicemente, ogni attenzione si concentrava sui ricorsi e sulle tutele giurisdizionali. Così, in concreto, nel volume queste relazioni si limitano ai ricorsi, alle tutele giurisdizionali, al contraddittorio che si sviluppa nell’ambito del processo.8

In effetti, basta ritornare con il pensiero al modo in cui questi profili venivano trattati dai manuali mezzo secolo fa per rendersi conto dell’im- portanza delle trasformazioni avvenute.

Perché tutti si ricollegavano a una impostazione che, in definitiva (e mi scuso per la grossolanità della sintesi), vedeva i pubblici poteri — retti da un’organizzazione compatta e piramidale, essenzialmente basata su rapporti gerarchici — agire unilateralmente, incidendo sulle posizioni dei cittadini, secondo metodi e strumenti retti da criteri di autoritatività, riser- vatezza, sostanziale assenza di vincoli procedurali, se non ove fossero espressamente stabiliti da specifiche disposizioni di legge.

Il perno del rapporto era il provvedimento finale, rispetto al quale il cittadino si configurava come semplice destinatario, tenuto al di fuori da ogni possibilità di intervenire nel corso della sua formazione. Fermo re- stando, naturalmente, il suo diritto a rivolgersi a un giudice ove ritenesse tale provvedimento illegittimo; ma soltanto dopo che il provvedimento fosse stato emanato e fosse divenuto efficace nei suoi confronti.

In questi termini, l’attenzione alla tutela dei cittadini nei confronti dell’esercizio del pubblico potere e le relazioni con le istituzioni restava affidata a rimedi nei confronti degli atti che costituivano il risultato di que- sto esercizio; affidando ogni garanzia a una tutela, dunque, a posteriori.

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