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Inattuazione e ineffettività della legge n 194 del 197 Le criticità derivanti dall’espansione dell’obiezione di coscienza

La riconduzione della disciplina in parola alla categoria delle disposizioni a contenuto costituzionalmente vincolato ha avuto, quale ulteriore effetto, quello di chiudere la lunga e tormentata fase storica di mobilitazione per la modifica della legge n. 194/78 per (ri)aprire quella della sua piena attuazione168. Da circa un ventennio, infatti, il dibattito intorno a questa legge si è focalizzato principalmente sulla sua ineffettività, ma all’interno di esso si continua a scorgere la permanenza di posizioni molto divergenti, se non in vera e propria antitesi: da un lato, chi denuncia (solo) la mancata applicazione delle parti della legge volte a prevenire l’aborto, dall’altro, quanti contestano (esclusivamente) la mancata valorizzazione della pro- creazione cosciente e responsabile169.

L’unilateralità di queste visioni, nel trascurare la necessità di assicurare la coesisten- za di plurimi interessi di rilievo costituzionale coinvolti nella pratica abortiva, finisce per piega- re la scelta compromissoria della legge n. 194 a favore di una sola parte, mirando, in ultima istanza, a perseguire obiettivi diametralmente opposti, oltreché di dubbia fondatezza: si per- viene infatti, per questa via, a conferire al colloquio tra la donna e il medico ex art. 5 della legge una preminente funzione di dissuasione dalla scelta abortiva170; o, all’opposto, si mira a ritenere preferibile superare qualsiasi confronto della donna con altri soggetti per dar spa- zio così solo alla sua autodeterminazione.

Si tratta di posizioni forse estreme ma che, comunque, tendono a rinnovare, nella di- scussione sull’aborto, la logica dell’irrisolvibile conflitto tra interessi contrapposti, che, invece, come si è già avuto modo di precisare, è primario compito del diritto dirimere attraverso deci- sioni ispirate al canone della ragionevolezza.

Mettendo da parte opinioni oltranziste, è opportuno soffermarsi sulla più volte denun- ciata carente attuazione di quelle parti della legge n. 194/78 che assicurano la coesistenza di interessi, parimenti meritevoli di tutela, e cioè il diritto della donna di ottenere, al ricorrere di determinati presupposti, la prestazione sanitaria di IVG e la libertà di coscienza del persona- le sanitario.

Già nel corso del dibattito parlamentare, conclusosi con l’approvazione della legge n. 194, era emersa la preoccupazione che gli obiettivi perseguiti dalla nuova regolamentazione dell’IVG potessero essere vanificati da un incondizionato e illimitato ricorso all’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario171. Queste osservazioni, per quanto risalenti, sono di estrema attualità, in quanto è proprio nella massiccia e incontrollata espansione dell’obiezione di coscienza che va ravvisata una delle più insidiose pratiche di depotenzia- mento, se non di vero e proprio sabotaggio, della legge n. 194 nel suo momento applicati-

168 F. G

RANDI,Le difficoltà nell’attuazione della legge 22 maggio 1978, n. 194, cit., 99 s. 169 Approfonditamente su entrambe le posizioni, G.B

RUNELLI, op. ult. cit., 817 ss. 170 Decisamente critica sul punto G.B

RUNELLI, op. ult. cit., 848 ss.

171 Per un puntale richiamo ai lavori preparatori della legge n. 194, si rinvia a G.B

ERLINGUER,La legge

sull’aborto, Editori riuniti, Roma, 1978, 95 ss. e, più di recente, B. LIBERALI,op. ult. cit., 443 e 604, con ulteriori riferimenti bibliografici.

vo172. Ed è su questo specifico versante che si intende ora appuntare l’attenzione, per verifi- care la praticabilità e, prim’ancora, la compatibilità costituzionale di alcuni interventi volti ad assicurare l’espletamento delle procedure e l’effettuazione degli interventi abortivi.

Prima di inoltrarsi in questo percorso, è bene evidenziare che il quadro normativo del- le garanzie di effettivo ed uniforme accesso alle prestazioni di IVG appare già piuttosto chia- ro e completo: accanto alle previsioni contenute nella stessa legge n. 194 (specie nell’art. 9 co. 4), rileva, in particolare, l’esplicita inclusione dell’IVG nei LEA, fin dall’approvazione del d.P.C.M. del 2001.

Tuttavia, se ci si allontana dal piano astratto delle previsioni normative per valutare la concreta operatività delle garanzie previste dal diritto vigente, la chiarezza del quadro tende a svanire173, per lasciar spazio tanto a divergenze interpretative, che investono l’ambito og- gettivo e soggettivo di applicazione dell’obiezione di coscienza, quanto a persistenti inadem- pienze, sia sul versante regionale, sia su quello statale, relativamente all’effettiva garanzia della prestazione essenziale di IVG.

In effetti, molte delle criticità sottese alla pratica dell’obiezione di coscienza all’aborto derivano dalla difficoltosa delimitazione dello spazio di estensione della stessa, di certo non agevolata dall’anodina formulazione dell’art. 9174, che, al primo comma, con una previsione assai ampia, consente al personale, che abbia preventivamente sollevato obiezione di co- scienza, di non partecipare «alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza», per poi precisare, al terzo comma, che l’esonero riguarda solo le procedure e le attività «specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non l’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Pur non specificando ulteriormente quali adempimenti sanitari siano univocamente diretti a provocare l’aborto, la disposizione di cui al comma 3 dell’art. 9 risponde alla necessità, pale- satasi nel corso del dibattito parlamentare sulla legge n. 194/78, di delimitare e controllare l’espansione dell’obiezione di coscienza. Ancor di più, nel comma 4 del medesimo articolo, il legislatore si è premurato di precisare che gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare espletamento delle procedure previste dall’articolo 7175 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza e che spetta alla Regione controllarne e garantirne l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale.

Nessuna esplicita garanzia di adempimento è invece prevista per le procedure diver- se da quelle dell’aborto oltre il 90° giorno di gestazione e il problema di assicurarne l’effettivo

172 P. V

ERONESI, Il corpo e la Costituzione, cit., 141; G. BRUNELLI, op. ult. cit., 843. 173 Così S. T

ALINI,Interruzione volontaria di gravidanza, obiezione di coscienza e diritto di accesso alle

prestazioni sanitarie nella complessa architettura costituzionale. Profili critici e ipotesi di superamento, in Rivista AIC, 2/2017, 6.

Diversamente A. ARCURI, Il diritto ai tempi dell’obiezione di coscienza. Il caso San Camillo, in Federali- smi.it, 14/2017, 7, ritiene che i problemi determinati dall’espansione dell’obiezione di coscienza «siano essen- zialmente connessi a problemi qualitativi propri della legge, che, sotto questo specifico punto è insoddisfacente».

174 Vedi, per tutti, A. D’A

TENA, Commento all’art. 9, in Aa. Vv., Commentario alla Legge 22 maggio 1978,

n. 194, cit., 1650.

175 Ovvero l’accertamento dei processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malforma- zioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna e che legittimino il ricorso all’aborto oltre il 90° giorno di gestazione.

espletamento si è posto in particolare all’interno dei consultori pubblici, istituiti dalla legge n. 405/75, i quali rappresentano, a tutt’oggi e nonostante non trascurabili differenziazioni territo- riali176, le principali strutture cui le donne si rivolgono per gli adempimenti preliminari all’effettuazione dell’intervento abortivo nel primo trimestre di gravidanza.

Il primo nodo da sciogliere, a tal riguardo, è quello dell’estensione soggettiva ed og- gettiva dell’obiezione di coscienza rispetto alle attività che, ai sensi dell’art. 5 della l. n. 194/78, si svolgono all’interno delle strutture consultoriali. Stando alla sola interpretazione letterale del primo comma dell’art. 9 si potrebbe ritenere che il personale medico e gli opera- tori sanitari obiettori presenti nel consultorio possano legittimamente astenersi dal compi- mento di tutte le attività di cui all’art. 5 della legge n. 194; sennonché, da un’indispensabile lettura sistematica di queste disposizioni alla luce di quanto previsto nel successivo comma 3 dell’art. 9, si evince la necessità di delimitare lo spazio di operatività dell’esonero ai soli sog- getti chiamati a compiere attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza e, di qui, si pone l’ulteriore esigenza di verificare se la legittima astensione dal compimento delle medesime dia luogo a disfunzionalità del servizio pubblico, da risolvere con strumenti adeguati.

9. Le iniziative regionali volte a rilanciare il ruolo dei Consultori pubblici nelle pratiche