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EMBL/NCB

B. aff brevipedicellata

3.2. Indagini citogenetiche

Il cariotipo riscontrato nelle piastre conferma il numero cromosomico di 2n = 16 (Figura 9) e l’organizzazione del corredo corrisponde a quella descritta per il genere

37 acrocentrici, due set di cromosomi submetacentrici, purtroppo non ben distinguibili a causa della difficoltà di individuazione dei satelliti.

L’esame delle fotografie fatte al microscopio a fluorescenza dei vetrini di B.

webbiana, a cui è stata applicata la tecnica GISH, rivela per tutte le piastre ottenute

un’ibridazione diffusa delle sonde lungo tutto il genoma della specie (Figure 10 e 12): tutte le sonde appartenenti alle tre supposte specie parentali mostrano tale

pattern e se confrontati contemporaneamente, tramite l’uso di un software per

l’elaborazione dell’immagine, i segnali mostrano una generale sovrapposizione delle colorazioni (Figura 13). La seconda sessione di esperimenti, con uso esclusivo di sonde singole, non ha fornito risultati apprezzabilmente diversi rispetto alla prima, per cui le piastre non sono state fotografate.

La tecnica FISH applicata ai cromosomi schiacciati su vetrino ha fornito segnali di ibridazione della sonda per il 45S e per il 5S abbastanza chiari, sebbene non per tutte le piastre.

Le zone che mostrano i segnali di ibridazione con il 45S risultano presenti esclusivamente in posizione telomerica sui cromosomi e, seppur non sempre il conteggio risulti agevole, sembrano essere in numero di 12. L’unica coppia di cromosomi esclusa da tale ibridazione è quella costituita dagli elementi acrocentrici, il resto dei cromosomi mostrano regioni del 45S: i lunghi cromosomi metacentrici la mostrano sul braccio più corto e sui satelliti; i cromosomi submetacentrici sul braccio più lungo (Figura 14).

Le zone che mostrano i segnali di ibridazione con il 5S risultano invece presenti esclusivamente in posizione intercalare. Il conteggio risulta piuttosto complesso data la qualità delle immagini, ma ad uno sguardo attento sembrerebbero 4 le regioni che presentano il segnale di ibridazione con la sonda per il 5S (Figura 15). Da un esame più approfondito risulta che le regioni 5S sono esclusive delle 4 copie di cromosomi acrocentrici, sul braccio corto, appena sopra il centromero (Figura 15).

38 Figura 6. Haplotype network da software TCS (Phylogenetics Network Estimation using statistical parsimony). Calcolo dei limiti di connessione al 95%. Le zone cerchiate rappresentano degli ipotetici intermedi, non documentati nel materiale studiato. B. dubia = B. dubia 1 e B. dubia 2; Chouardia = Chouardia litardierei;

39 Figura 7. Albero di massima parsimonia (MP) ottenuto da ricerca euristica della regione trnL-trnF. Albero di consenso scelto tra 4 alberi più parsimoniosi lungi 33 step. Tutti i caratteri sono stati considerati non ordinati (Fitch parsimony). Percentuali di Bootstrap (>50%) sono indicate sopra i rami.

40 Figura 8. Albero di distanza (UPGMA) della regione trnL-trnF. Caratteri non ordinati. Percentuali di Bootstrap (>50%) riportati sopra i rami.

41 Figura 9. Piastra cromosomica di Bellevalia webbiana a cui è stato applicato

il Protocollo1. Colorazione DAPI in blu. Barra micrometrica = 10μ.

Figura 10. Piastra cromosomica di Bellevalia webbiana a cui è stato applicato il Protocollo1. Sonda genomica di B. ciliata in rosso. Colorazione DAPI in blu. Barra micrometrica = 10μ.

42 Figura 11. Piastra cromosomica di Bellevalia webbiana a cui è stato

applicato il Protocollo2. Colorazione DAPI in blu. Barra micrometrica = 10μ.

Figura 12. Piastra cromosomica di Bellevalia webbiana a cui è stato applicato il Protocollo2. Sonde genomiche di B. trifoliata (in rosso) e di B. boissieri (in verde). Barra micrometrica = 10μ.

43 Figura 13. Sovrapposizione dei pattern di ibridazione delle sonde

44 Figura 13. Localizzazione delle regioni del 45S (in giallo) in cromosomi di

Bellevalia webbiana.Colorazione DAPI in blu. Barra micrometrica = 10μ.

Figura 14. Localizzazione delle regioni del 5S (in rosso) in cromosomi di

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4. DISCUSSIONE

Analogamente a quanto già stimato in altri studi basati sul marcatore trnL-trnF (SANG et al., 1997), esso si presenta molto poco variabile, nonostante la sua natura non codificante. Le informazioni che si ricavano dagli alberi filogenetici prodotti conseguentemente alle analisi (Figure 6,7 e 8) non chiariscono i rapporti filogenetici tra le specie italiane del genere Bellevalia: lo testimoniano la presenza di politomie diffuse e un supporto statistico non particolarmente elevato, per molti nodi. Comunque, informazioni preziose possono essere colte anche in questo caso.

Il genere risulta certamente monofiletico, confermando così i risultati ottenuti con l’ITS (BORZATTI VON LOEWENSTERN et al., 2012).

Per quanto riguarda le singole specie, la maggior parte di esse, ovvero Bellevalia

webbiana, B. dubia, B. boissieri, B. ciliata e la specie non italiana B. aff. brevipedicellata, si raggruppano in un clado (clado A delle Figure 7 e 8), al cui

interno però non è possibile stabilire ulteriori relazioni filogenetiche tra i vari taxa, vista la estrema similarità delle loro sequenze.

B. trifoliata risulta, invece, esclusa dal suddetto gruppo, fornendo quindi

un’incongruenza rispetto alla posizione riscontrata negli alberi costruiti a partire dall’ITS, dove invece si affilia piuttosto strettamente a B. webbiana e a B. boissieri ed è piuttosto vicina anche a B. ciliata; tutte queste specie insieme costituiscono un clado molto supportato secondo i marcatori di rDNA. Questa incongruenza induce ad escludere un coinvolgimento di B. trifoliata rispetto alle vicende plastidiali di B.

webbiana.

Si può notare inoltre che le due accessioni presenti di B. trifoliata sono leggermente differenti tra di loro, per cui esiste una certa variabilità all’interno della specie, forse di natura geografica, dato che una sequenza appartiene ad un individuo di origine italiano mentre l’altra ad un individuo di origine greca.

Sempre per quanto riguarda l’origine di B. webbiana, secondo l’albero del trnL-trnF possiamo invece ulteriormente confermare l’estraneità di B. romana, che analogamente ai dati dell’ITS, risulta distante dal giacinto di Webb e chiaramente separata dal resto delle specie, presentando un discreto numero di siti nucleotidici non condivisi.

46 Altrettanto interessante è la posizione assunta dalla specie poliploide B. pelagica: è affine a B. romana secondo l’analisi dell’ITS, mentre nell’albero del trnL-trnF si trova in posizione sister rispetto al clado A applicando un algoritmo di distanza (Figura 8), addirittura all’interno del clado A nell’albero di massima parsimonia (Figura 7), quindi lontana da B. romana; situazione che supporta l’ipotesi di allopoliploidia già formulata dai descrittori della specie (BRULLO et al., 2009).

L’applicazione della tecnica GISH non ha fornito molte indicazioni sulla natura allopoliploide di B. webbiana, né tantomeno ne ha dato alcune per individuare le specie parentali. Le sonde non sono riuscite a discriminare, tra le varie porzioni di genoma, i cromosomi, o parti di essi, che sono stati ereditati da ciascuna specie. Il motivo di questa mancanza di informazione potrebbe essere spiegato da una non perfetta realizzazione dell’esperimento. L’uso di un DNA blocking aspecifico non ha, evidentemente, impedito alle sonde di ibridarsi in maniera aspecifica con porzioni di DNA non del tutto omologhe e dato che, anche nell’esperimento effettuato con 2 sonde contemporaneamente, il potere risolutivo di queste si è rivelato nullo, occorre usare un DNA blocking specifico in quantità molto superiori al DNA genomico marcato. Un miglioramento possibile, in esperimenti futuri, sarà quello di usare un

competitor costituito da DNA non marcato di una delle sospette specie parentali, in

quantità 100 volte superiori (ad esempio 10 μg rispetto ai 100 ng di DNA marcato). Non è stato possibile realizzare questo esperimento durante il soggiorno a Brno per mancanza di adeguate quantità di DNA delle specie parentali.

L’esperimento comunque conferma certamente la stretta affinità tra tutte le specie considerate a livello di intero genoma (e non solo di singoli marcatori); non è da escludere che tale estrema vicinanza filogenetica possa, in effetti, comunque influire negativamente sulla riuscita dell’esperimento: le condizioni di applicazione della tecnica prevedono una sufficiente divergenza delle sequenze ripetitive prima della supposta ibridazione, condizione che potrebbe non essere ancora soddisfatta nelle specie trattate. A maggior ragione, si rende necessario un affinamento della tecnica con uso di competitor adeguati.

Se si confrontano i pattern ottenuti con l’applicazione della tecnica FISH con sonde per il rDNA con quelli già descritti recentemente per le presunte specie parentali, (BAREKA et al., 2012) si ricavano interessanti spunti di discussione.

47 Tutti e quattro i cromosomi del set metacentrico mostrano un’ibridazione col 45S in posizione telomerica e a livello dei satelliti, una situazione del tutto corrispondente a quella di B. boissieri, B. trifoliata e B. ciliata. Per quanto riguarda i set submetacentrici, B. webbiana possiede i satelliti esclusivamente su uno solo dei due (CHIARUGI, 1949), mentre entrambi mostrano il 45S in posizione telomerica sul braccio più lungo. Facendo una comparazione con le altre specie vediamo che B.

trifoliata presenta la stessa situazione di B. webbiana, B. boissieri condivide con B. webbiana i siti del 45S, ma porta i satelliti su entrambi i set, mentre B. ciliata ha un

solo set con i satelliti e lo stesso set è l’unico a mostrare ibridazione col 45S, in posizione analoga alle altre specie trattate.

Molto interessante è invece il pattern ritrovato nel set acrocentrico , in quanto è condiviso unicamente con B. boissieri; un’ulteriore prova dell’implicazione di questa entità nel poliploidismo del giacinto di Webb. A parte la presenza di satelliti su tutti e due i set submetacentrici, il pattern di B. webbiana corrisponde precisamente a quello di B. boissieri, raddoppiato.

La Figura 16 riassume le considerazioni proposte.

Figura 16. Confronto tra i cariotipi e i pattern di ibridazione con rDNA tra le 3 specie di

48

5. CONCLUSIONI

Indagare l’origine del giacinto di Webb è un esempio di come sia necessario valutare più aspetti biosistematici per ricostruire i meccanismi di evoluzione che intervengono nella creazione di diversità all’interno del regno vegetale, e non solo.

La diversità si esprime a vari livelli nei viventi: genico, organismico ed ecosistemico; per un sistematico analizzare in maniera stagna ciascun aspetto non assicura la piena comprensione delle dinamiche evolutive proprie di un taxon, di qualsiasi rango si tratti.

Questo studio, nonostante l’applicazione di tecniche distinte, ed il vaglio di dati di natura diversa già esistenti in letteratura, non ha potuto dirimere una volta per tutte il mistero che avvolge l’origine di Bellevalia webbiana, ma può rappresentare un ulteriore contributo alla sua soluzione.

Sfruttare i risultati ottenuti, seppur non esaurienti, può essere decisivo per il perfezionamento degli esperimenti già realizzati e per la realizzazione di nuovi. Per l’aspetto molecolare, ad esempio, una trattazione con ulteriori marcatori sia nucleari sia plastidiali potrebbe migliorare la ricostruzione dei rapporti tra le specie, ancora non ben definiti, soprattutto per la filogenesi plastidiale.

Considerando invece le tecniche di ibridazione in situ, si è già parlato dei miglioramenti attuabili alla metodologia GISH, risultata con alto potere risolutivo in altri taxa (BARBA-GONZALES et. Al, 2006; MARASEK ET AL., 2006; LIM et al., 2007) . Inoltre si potrebbe valutare la possibilità di compiere esperimenti GISH per rivelare l’eventuale natura ibrida delle specie indiziate come parentali.

In conclusione, dal presente studio, possiamo stabilire con sicurezza l’esistenza di una forte affinità tra B. webbiana e le specie trattate come presunte parentali, soprattutto con B. boissieri, e con buona probabilità un coinvolgimento di alcune di queste, se non di tutte, in un evento di ibridazione scaturito nella nascita della nuova specie allopoliploide.

La specie B. boissieri appare come la candidata più solida, anche se si dovesse riconsiderare l’ipotesi di un’origine autopoliploide.

49 a) l’ipotesi di origine autopoliploide (CHIARUGI, 1949) viene supportata da una forte somiglianza tra il cariotipo di B. webbiana e quello di B. boissieri (CHIARUGI, 1949) e tra l’organizzazione delle regioni di rDNA su di esso di entrambe le specie (risultati dal presente studio); viene messa in discussione dal numero di nucleoli, dalla esclusiva presenza di bivalenti alla meiosi e dai dati molecolari basati sul marcatore ITS (MAGGINI, 1972; CAPINERI et al., 1979; BORZATTI VON LOEWENSTERN et al., 2012).

b) l’ipotesi di origine allopoliploide con coinvolgimento di B. romana, supportata dalla vicinanza geografica di questa specie a B. webbiana (RUBINI, 2003; GESTRI et al., 2010), viene confutata dalle analisi molecolari sia basate sull’ITS (marcatore nucleare) sia basate sullo spaziatore trnL-trnF (marcatore plastidiale) (BORZATTI VON LOWENSTERN et al., 2012; presente studio).

c) l’ipotesi di origine allopoliploide con coinvolgimento di B. boissieri, B. trifoliata e B. ciliata viene supportata da una generale affinità per molti aspetti biosistematici tra queste specie e B. webbiana, ed in particolare dai dati molecolari ricavati dal’ITS (BORZATTI VON LOEWNSTERN et al., 2012). L’analisi GISH presentata in questo studio conferma tale affinità anche se non certifica l’evento allopoliploide.

Mettendo insieme tutti i dati esistenti potremmo formulare un’ipotesi di allopoliploidia, considerando B. boissieri, la specie parentale più solida, come la specie donatrice di ovuli, ammesso di considerare la passata presenza di un suo nucleo relitto tra la Toscana e l’Emilia-Romagna, mentre B. trifoliata potrebbe essere la specie donatrice di polline, visto le differenze riscontrate tra il marcatore nucleare (molti tratti in comune con l’ITS di B. webbiana) e quello plastidiale (sequenze di

trnL-trnF distinte). Alcuni riarrangiamenti cromosomici e genomici potrebbero aver

completato il modellamento finale del cariotipo di B. webbiana e dell’organizzazione del rDNA su di esso, ad esempio la perdita di siti del 45S o di satelliti su alcuni cromosomi.

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