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Indici alti e indici bassi

Nel documento Simmetrie e modello a quark (pagine 40-53)

Indichiamo i vettori appartenenti allo spazio vettoriale della rappresentazione denente attraverso le loro componenti va, con a = 1, 2, ..., n. Essi sono trasformati dalle matrici

[D(g)]a

b. Il primo indice, a, è quello di riga il secondo, b, è indice di colonna. Sono

convenzionalmente posti il primo in alto e il secondo il basso. Indici ripetuti due volte sono sommati su tutti i loro possibili valori e si usa la convenzione che nella somma un indice sia posto in alto e uno in basso.

va→ v0a

= [D(g)]abvb (6.48)

Abbiamo inoltre

([D(g)]abvb)T = vb[D(g)T]ba (6.49)

Nel caso di rappresentazioni unitarie, indichiamo i vettori dello spazio complesso coniu- gato con va ed essi trasformano secondo [D(g)∗]abvb nel seguente modo

va→ va0 = [D(g) ∗

La convenzione pone il primo indice, quello di riga, in basso ed il secondo in alto. Abbiamo, per lo spazio complesso coniugato

([D(g)∗]abvb)T = vb[D(g)†]ba (6.51)

e inne

[D(g)†]ba[D(g)]ab = ˆ1 (6.52)

Notiamo che la contrazione di un indice alto con uno basso produce uno scalare. Il prodotto vawa equivale al prodotto di due vettori , ossia vTw.

vawa → va0w 0a

= v0Tw = ([D(g)∗]abvb)T[D(g)]abwb

= vb[D(g)†]ba[D(g)]abwb = vbwb = vawa

(6.53) Studiamo ora la forma di un generico prodotto tensoriale e il modo in cui trasforma.

Fabc≡ vawbxc (6.54)

rappresenta un elemento di uno spazio vettoriale n3 dimensionale che sotto l'azione del

gruppo si trasforma come

Fabc→ F0abc = [D(g)]ad[D(g)]be[D(g)∗]cfFdef. (6.55)

Vediamo che δa

b è uno scalare, mentre non lo è δab :

δab → δ0ab = [D(g)]ac[D(g)∗]bdδcd= [D(g)]ac[D(g)∗]bc

= [D(g)]ac[D(g)†]cb = [D(g)D(g)†]ab = δab

(6.56) dove il primo passaggio viene dalla legge di trasformazioni di un generico tensore. Il secondo passaggio equivale al prodotto [D(g)∗]

bd[δT]dc e nel terzo passaggio abbiamo

trasposto la matrice [D(g)∗]

bc ed invertito l'indice di riga con quello di colonna per

mantenere lo stesso risultato. Viceversa se consideriamo δab abbiamo

δab → δab0 = [D(g) ∗

]ac[D(g)∗]bdδcd = [D(g)∗]ac[D(g)∗]bc

= [D(g)∗D(g)†]ab 6= δab

(6.57) Vi sono altri due tensori invarinati per SU(N): i1...in = 

i1...in, deniti come

i1...in =     

1 se (i1, . . . , in)è una permutazione pari di (1, 2, . . . , n)

-1 se (i1, . . . , in) è una permutazione dispari di (1, 2, . . . , n)

0 altrimenti i.e due indici si ripetono uguali

(6.58) Vediamo per prima cosa che in SU(3)

perchè è la somma di tutti i prodotti formati con elementi presi da colonne e righe tutte diverse tra loro, con il segno dato da i1i2i3 o equivalentemente

det[D(g)∗]ji,j2,j3 = [D(g) ∗ ]j1 i1[D(g)] j2 i2[D(g)] j3 i3 i1i2i3 (6.60) e poichè det[D(g)∗] = 1, 

ijkè un tensore invariante. Questo risultato si può generalizzare

ad uno spazio N dimensionale. I tensori invarianti sono molto utili, infatti pur restando invariati essi si trasformano come veri e propri tensori e possiamo utilizzarli per ridurre il rango di altri tensori. Vogliamo ora studiare i tensori allo scopo di indviduare le rappre- sentazioni irriducibili di una certa rappresentazione tensoriale. Lo facciamo studiandone le proprietà di simmetria. Ad esempio il tensore Tab può essere separato nella sua parte

simmetrica (Sab = Sba)e antisimmetrica (Aab = −Aba) nel seguente modo:

Tab = 1 2(T

ab+ Tba) + 1

2(T

ab− Tba) , (6.61)

dove il primo termine indica la parte simmetrica, mentre il secondo la parte antisim- metrica. Questa scomposizione è utile perchè la parte simmetrica e antisimmetrica non si mescolano fra loro sotto l'azione del gruppo ed identicano perciò rappresentazioni irriducibili : Sab → S0ab= [D(g)]ac[D(g)]bdScd = [D(g)]ac[D(g)]bdSdc = [D(g)]bd[D(g)]acSdc= S0ba (6.62) Aab → A0ab = [D(g)]ac[D(g)]bdAcd = [D(g)]ac[D(g)]bd(−Adc) = −[D(g)]bd[D(g)]acAdc= −A0ba. (6.63) Per un generico prodotto tensoriale N ⊗ N del gruppo SU(N) si ha in questo modo

N ⊗ N = N (N + 1)

2 ⊕

N (N − 1)

2 (6.64)

Se è possibile si può ulteriormente scomporre il prodotto tensoriale, separandone la trac- cia. In questo caso non è lecito perchè δab non è un tensore invariante per SU(N).

Viceversa se consideriamo il prodotto tensoriale N ⊗ N possiamo isolare la parte di traccia da quella senza traccia attraverso lo scalare δa

b Tab = 1 Nδ a bT + ˆTab, (6.65) dove T ≡ Ta

a e ˆTab ≡ Tab− N1δabT. Da questa scomposizione ricaviamo

Nel caso di SU(3) possiamo calcolare il prodotto

3 ⊗ 3 = 6 ⊕ 3 , (6.67)

dove la rappresentazione 6 viene dal prodotto di due vettori con indici alti e ha peso massimo (2,0). Mentre la rappresentazione di dimensione 3 è quella complesso coniuga- ta, poichè il tensore antisimmerico Aab può essere scritto come abc

cijTij = abcvc, che

trasforma come un vettore dello spazio complesso coniugato, dato che abc è un tensore

invariante per SU(3). Inoltre

3 ⊗ 3 = 1 ⊕ 8 . (6.68)

Nel caso di SU(2) abbiamo

2 ⊗ 2 = 3 ⊕ 1, 2 ⊗ 2 = 1 ⊕ 3 , (6.69)

perciò i due prodotti tensoriali sono equivalenti. Infatti, la rappresentazione 2 equivale alla reappresentazione 2. Si ha anche

3 ⊗ 3 ⊗ 3 = 1 ⊕ 8 ⊕ 8 ⊕ 10 . (6.70)

Per vederlo pensiamo 3 ⊗ 3 come 6 ⊕ 3 e dunque 3 ⊗ 3 ⊗ 3 = (6 ⊗ 3) ⊕ (3 ⊗ 3). Inoltre possiamo scomporre 6 ⊗ 3 nel seguente modo

Tabc =1 6(T

abc+ Tbca+ Tcab+ Tbac+ Tcba+ Tacb)

+ 1 6(T

abc+ Tbca+ Tcab− Tbac− Tcba− Tacb) .

(6.71) La dimensione della parte simmetrica è data dalle combinazioni con ripetizione di n oggetti di classe k n + k − 1k



, dove n è la dimensiose dello spazio e k il numero di indici. Infatti il numero di gradi di libertà del tensore simmetrico, è uguale a tutti i gruppi di k elementi che dieriscono almeno per un elemento. Il numero di elementi è uguale alla dimensione dello spazio, e possono ovviamente essere ripetuti. Il calcolo dela dimensione della parte antisimmetrica è simile, ma bisogna eliminare la ripetizione. Gli elementi con una coppia di indici uguali devono essere nulli, altrimenti lo scambio di tali indici non porterebbe alcuna variazione e il tensore non sarebbe antisimmetrico. La dimensione del tensore antisimmetrico si ricava perciò dalla combinazione di n elementi di classe k senza ripetizione: nk



Capitolo 7

Il gruppo di Lorentz

Consideriamo due sistemi di coordinate spazio temporali S e S0, in moto relativo, le cui

coordinate coincidano per t = t0 = 0. La trasformazione che lega i due sistemi è chiamata

trasformazione di Lorentz. Dalla teoria della Relatività sappiamo che la grandezza s2

denita come

s2 = c2t2− x2− y2− z2, (7.1)

si conserva nel cambiamento di coordinate (c = 299792458 m·s−1 è il valore della la

velocità della luce nel vuoto). Utiliziamo la seguente notazione per identicare eventi nello saziotempo: xµ≡ (x0 = ct, x, y, z) = (x0, xk) µ = 0, 1, 2, 3 k = 1, 2, 3 . (7.2) L'invarianza di s2 è espressa da xµxµ≡ x2 = gµνxµxν = gµνx0µx0ν ≡ x02, (7.3) con gµν =     1 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 −1     (7.4)

Le trasformazioni di Lorentz sono omogenee e continue, per le proprietà dello spazio tempo, di conseguenza descritte da un operatore lineare

x0µ = Λµνxν (7.5)

La costanza di s2 si può esprime perciò come una condizione sulle sole trasformazioni,

ovvero

xµxν = xTgx = x0µx0µ x 0

o in modo equivalente

gρσ = gµνΛµρΛνσ (7.7)

L'equazione (7.6) mostra che le matrici del gruppo di Lorentz sono matrici 4 x 4, con l'usuale prodotto tra matrici. Inoltre deve valere la seguente condizione

det g = det (ΛTgΛ) =⇒ det Λ = ±1 (7.8)

che è equivalente alla condizione di ortogonalità, e conferma la proprietà dell'esistenza dell'elemento inverso del gruppo. Abbiamo un'ulteriore condizione sugli elementi di matrice di Λ data da

1 = g00 = gµνΛµ0Λν0 = [Λ00]2− Λk0Λk0 =⇒ |Λ00| ≥ 1 . (7.9)

La (7.9) divide la matrice di Lorentz in quattro categorie delle quali solo la prima è un sottogruppo

• proprio ed ortocrono L↑+ = {Λ ∈ L|det Λ = 1 ∩ Λ0

0 ≥ 1}

• improprio ed ortocrono L↑= {Λ ∈ L|det Λ = −1 ∩ Λ0

0 ≥ 1}

• proprio non ortocono L↓+ = {Λ ∈ L|det Λ = 1 ∩ Λ00 ≤ −1}

• improprio non ortocrono L↓ = {Λ ∈ L|det Λ = −1 ∩ Λ0

0 ≤ −1}

Si vede che solamente il gruppo proprio ed ortocrono è connsesso con l'identità. L'in- tero gruppo di Lorenz è denotato solitamente con O(1, 3) e quello proprio ed ortocrono con SO(1, 3), dove il 3 indica le componenti spaziali e l'1 quella temporale. Ogni classe è ottenibile moltiplicando le matrici di SO(1, 3) per una matrice rappresentativa della classe: l'inversione spaziale, l'inveriosne temporale, l'inversione spazio-temporale. Dal- l'equazione denente il gruppo si ricava che la matrice Λ ha 6 gradi di libertà ed è perciò descrivibile da 6 parametri. L'algebra di Lie del gruppo di Lorentz ha quindi dimensione 6. La condizione di essere proprio ed ortocrono non restringe il numero di parametri. Studiamo ora le trasformazioni relativamente ad SO(1, 3). Tre parametri descrivono le rotazioni spaziali, che vengono descrritte dalle matrici

(R)µν =     1 0 0 0 0 0 (R)µ ν 0     (7.10) dove (R)µ

ν denotano le ordinarie rotazioni nello spazio tridimensionale. Le altre trasfor-

mazioni agiscono sia sulle coordinate temporali che su quella spaziale. Sono trasforma- zione relative a sistemi con velocità relativa diversa da 0. La più semplice di queste e

quella in cui il sistema S0 si muove con velocità v ≥ 0 rispetto a S, diretta lungo un asse

coordinato, ad esempio l'asse x. (Lx)µν =     coshξ −sinhξ 0 0 −sinhξ coshξ 0 0 0 0 1 0 0 0 0 1     (7.11) con β = v c, γ = 1 (1−β2) e sinhξ = βγ coshξ = γ . (7.12)

La scrittura (7.11) enfatizza l'analogia tra rotazioni e trasformazioni speciali di Lorentz. Una genericaa trasformazione di SO(1, 3) si ricava moltiplicando una trasformazione di velocità, con una rotazionale. I parametri che descrivono il gruppo sono i tre angoli di rotazione attorno agli assi cartesiani indicati con αk(k = 1, 2, 3) e i parametri iperbolici

ξk ≡ Arsh(βk(1 − βk2) −1/2

) k = (1, 2, 3) ∈ R, che rendono il gruppo di Lorentz non com- patto. Possiamo scegliere i generatori del gruppo di Lorentz nel seguente modo [8]: Ik≡ −idΛ k αk=0 e Jk = −idΛ k ξk=0 (k = 1, 2, 3). I1 =     0 0 0 0 0 0 −i 0 i 0     I2 =     0 0 0 i 0 0 0 −i 0 0     I3 =     0 0 −i 0 i 0 0 0 0 0     J1 =     0 i 0 0 i 0 0 0     J2 =     0 0 i 0 0 i 0 0     J3 =     0 0 0 i 0 0 0 i     . (7.13)

ed ottenere la parametrizzazione esponenziale Λ = e(iαkIk+iξkJk), con le regole di commu- tazione

[Ii, Ij] = iijkIk [Ii, Jj] = iijkJk [Ji, Jk] = −iijkIk j, k, l = 1, 2, 3 . (7.14)

Si vede che Ji non sono hermitiani, mentre lo sono Ii. Per trovare gli altri gruppi basta

aggiungere a questo le trasformazioni P , T e P T . La trasformazione di parità P è elemtno del gruppo L↑

−, l'inversione temporale T del gruppo L ↓

−, mentre l'inversione totale P T

appartiene a L↓ +.

Poichè non è compatto, il gruppo di Lorentz possiede sia rappresentazioni nito dimensionali, che innito dimensionali, ma quest'ultime non sono unitarie. I generatori delle rappresentazioni innito dimensionali possono essere scelti hermitiani.

7.1 Rappresentazioni nito dimensionali del gruppo di

Lorentz

Le rappresentazioni dell'algebra descritta nelle equazioni (7.14) forniscono anche rap- presentazioni dell'algebra di SL(2, C) che è un ricorpimento del gruppo di Lorentz ed è denito come il gruppo delle matrici 2 x 2 a coecienti complessi con determinante uguale ad 1. L'algebra si SL(2, C) si ricava da una complessicazione dell'algebra di SU (2), che è invece un'algebra reale di dimesione 3. In particolare denotando l'algebra di SL(2, C) con sl(2, C) e con su(2) l'algebra di SU(2) si ottiene la seguente relazione

sl(2, C) = su(2) ⊕ i su(2) . (7.15)

La (7.15) verrà resa esplicita studiando le rappresentazioni di Wyel. Vediamo come uti- lizzare il gruppo SU(2) di cui sappiamo costruire le rappresentazioni irriducibili per iden- ticare le rappresentazioni nito dimensionali di SL(2, C). A questo scopo è conveniente introdurre le combinazioni Ai ≡ 1 2(Ii+ iJi) Bi ≡ 1 2(Ii − iJi) i = 1, 2, 3 . (7.16) I nuovi operatori sono tutti hermitiani e formano la seguente algebra:

[Ai, Aj] = iijkAk [Bi, Bj] = iijkBk [Ai, Bj] = 0 . (7.17)

Le relazione di commutazione per gli operatori Ai sono le stesse del gruppo SU(2),

così come quelle dei Bi. Possiamo scegliere due operatori che denominiamo A3 e B3,

diagonalizzarli simultaneamente ed associare a ciascuna delle due sottoalgebre una rap- presentazione irriducibile di SU(2). Inne ricostruiamo i generatori Ii e Ji invertendo le

(7.16).

rappresentazioni di Weyl Le rappresentazioni di dimensione più bassa, dopo la sca- lare, sono le rappresentazioni spinoriali di Weyl (1/2, 0) e (0, 1/2). La rappresentazione (1/2, 0) è Ai = 1 2σi Bi = 0 (7.18) da cui segue Ii = 1 2σi Ji = i 2σi (7.19)

viceversa (0, 1/2) è Ai = 0 Bi = 1 2σi (7.20) da cui si ottiene Ii = 1 2σi Ji = − i 2σi (7.21)

Le matrici che rappresentano gli elementi del gruppo nelle rappresentazioni (1/2, 0) e (0, 1/2) sono quindi R(1/2,0) = e( i 2θiσi− 1 2ξiσi) R(0,1/2) = e( i 2θiσi+ 1 2ξiσi) (7.22) Lo spinore χR chimato spinore destro con chiralità positiva trasforma secondo la rap-

presentazione (1/2, 0), viceversa lo spinore χL chiamato spinore sinistro con chiralità

negativa trasforma con la rappresentazione (0, 1/2). Gli spinori χR e χL sono dei campi,

cioè funzioni che occupano tutto lo spaziotempo dipendenti dalle cordinate xµ.

parità Sotto una trasformazione di parità

x0 → x0 xi → −xi (7.23)

i generatori di Lorentz trasformano come

Ii → Ii Ji → −Ji

Ai → Bi Bi → Ai

(7.24) Per trasformazioni di parità, la rappresentazione (jA, jB), viene mandata nella rappre-

sentazione (jB, jA). Essa rimane invariante per partità solo se jA = jB ed in tal caso

si dice non chirale, altrimenti si dice chirale. Osserviamo che le due rappresentazioni di Weyl si scambiano per parità.

χR(x0, xi) → χL(x0, −xi) χL(x0, xi) → χR(x0, −xi) (7.25)

coniugazione Le matrici di Pauli godono delle seguenti proprietà

(σ1)∗ = σ1 (σ2)∗ = −σ2 (σ3)∗ = σ3 (7.26) Introducendo la matrice unitaria (iσ2), che soddisfa (iσ2)−1 = −(iσ2)abbiamo

(iσ2)(iσa)∗(iσ2)−1 = σa = (iσ2)−1(iσa)(iσ2) (7.27) da cui segue che

(iσ2)R∗(1/2,0)(iσ2)−1 = R(0,1/2) (iσ2)R∗(0,1/2)(iσ 2)−1

L'equazioni (7.29) esprimono le relazioni di complesso coniugazione tra le due rappre- sentazioni fondamentali ed implicano che, dato uno spinore sinistro χL si può costruire

uno spinore destro χR = χCL chiamato spinore C-coniugato e viceversa

χL = χCR = (iσ 2

)−1χ∗R χR = χCL = (iσ 2

)−1χ∗L. (7.29) Le rappresentazioni di Weyl sono le due rappresentazioni fondamentali del gruppo di Lorentz. Per descrivere uno spinore appartenente all'intero gruppo di Lorentz, bisogna considerare la somma diretta (1/2, 0) ⊕ (0, 1/2) che forma una rappresentazione di dimensione 4 chiamata rappresentazione di Dirac. Osserviamo inne che la generica rappresentazione (jA, jB)può essere decomposta nel prodotto diretto

Capitolo 8

Applicazioni: simmetrie

nell'interazione forte

8.1 Isospin

La prima simmetria dell'interazione forte ad essere stata osservata riguarda il protone e il neutrone, poichè questi sono i blocchi fondamentali costituenti la materia. Protone e neutrone possono essere considerati come due diversi stati di una stessa particella chiamata nucleone. Questa idea proviene dall'evidenza sperimentale che la forza forte che agisce tra le coppie p − p, p − n e n − n è la stessa, in modo totalemente indipendente dalla diversità di carica elettrica. Inlotre le due particelle presentano caratteristiche simili tra le quali, ad esempio, stesso numero di spin e masse vicine1 ( m

p ' 938.28M eV /c2

mn ' 939.57M eV /c2). Una tasformazione che muta p in n o viceversa è perciò una

simmetria dell'interazione forte. Osserviamo che il passaggio di stato non è descritto da una trasformazione nello spazio-tempo, poichè è relativo ad un cambiamneto delle caratteristiche interne del sistema le quali vengono descritte dalle coordinate nello spazio di isospin.

8.1.1 Spazio di Isospin

Protone e neutrone sono particelle descritte da funzioni d'onda ψ denite nello spazio complesso C. Perciò lo spazio in cui vive un nucleone, che è una sovrapposizione dei due stati, è C2

= C ⊕ C. Il protone ed il neutrone corrispondono ai vettori di base p = 1 0  ∈ C2 n =0 1  ∈ C2 (8.1)

Lo stato generico del nucleone è descritto dalla combinazione lineare αp + βn ∈ C2, con

|α|2 e |β|2 rappresentanti le probabiltà di trovare il nucleone negli stati p o n. An-

chè si possa parlare di probailità il vettore deve essere unitario. Di conseguenza una generica trasformazione di simmetria in questo spazio sarà rappresentata da matrici 2 x 2 a coecienti complessi unitarie e a modulo unitario, i.e. dal gruppo SU(2). La rappresentazione 2 − dimensionale del gruppo SU(2) è quella denita dalle matrici di Pauli e si tratta della rappresentazione spin 1/2. Indichiamo i generatori con le lettere Ij. Associamo al protone lo stato di autovalore I3=1/2 e lo chiamiamo stato di isospin

up, mentre al neutrone associamo lo stato di autovalore I3=−1/2 e lo chiamiamo stato

di isospin down. Nella notazione standard si scrive p = |1 2, 1 2i n = | 1 2, − 1 2i . (8.2)

Possiamo denire in questo spazio l'operatore carica elettrica come Q = I3+ 1 2 ˆ 1 =1 0 0 0  (8.3) e dall'algebra di SU(2) si deduce subito che la carica non si conserva per trasformazioni di Isospin.

8.1.2 Rottura della simmetria di isospin

Il comportamento indipendente dell'interazione forte dallo stato di carica comporta che, se siamo in presenza di sola forza forte, il sistema risulta invariante per rotazioni nello spazio di isospin. Questo fatto è espresso da

[Hf, ~I] = 0 (8.4)

con Hf hamiltoniana dell'interazione forte. Se ci fosse solo la forza forte la simmetria

sarebbe esatta e protone e neutrone avrebbero la stessa massa. L'interazione elettroma- gnetica rompe l'isotropia dello spazio di isospin

[Hf + He.m., ~I] 6= 0 (8.5)

Tuttavia la legge di conservazione della carica elettrica implica la conservazione del valore di aspettazione hQi e la commutazione dell'operatore di carica con l'hamiltoniana [2]

[Hf + He.m., Q] = 0 (8.6)

L'operatore di carica elettrica Q è legato alla terza componente dell'isospin dalla (8.3), di conseguenza

e la terza componente di isospin viene conservata anche in presenza dell'interazione elet- tromagnetica. Ricordiamo che il vettore di isospin ~I non vive nello spazio-tempo e non va quindi associato a nessuna direzione spaziale. Allo stesso modo la sua terza compo- nente I3 non identica un asse spaziale, ma è invece legata ad un osservabile: la carica

elettrica. Come vedremo il legame tra Q e I3 non è una peculiarità dei nucleoni, ma si

può generalizzare a tutti gli adroni. I generatori I1 e I2 non corrispondono a nessuna

quantità sica misurabile, tuttavia assumono signicato gli operatori I± che alzano e

abbassano il valore di I3.

Particelle che derivano da uno stesso stato di isospin I sono dette multipletti di isospin e costituiscono un insieme di 2I + 1 elementi che, in assenza di interazione elettroma- gnetica, possiedono la stessa massa. I diversi membri di un multipletto rappresentano stati diversi di una stessa particella associati a una diversa orientazione del vettore ~I nello spazio di isospin. L'interazione elettromagnetica elimina la degenerazione separan- do i livelli energetici con diversa componente di I3 e provoca una variazione delle masse

(contribuisce anche la dierenza di massa tra i quark up e down [2]).

8.1.3 I pioni

Anchè si possa parlare di passaggio di stato deve esistere un processo sico il cui risultato sia questo passaggio. La trasformazione di un protone in un neutrone avviene in quanto vi è una particella, il pione, di massa circa 200 volte quella dell'elettrone, mediatrice della forza forte. L'interazione forte agisce attraverso lo scambio di questa particella tra i p ed n. Il nucleo non è perciò da pensare come una collezione di due tipi di particelle distinti e immutabili, ma come una collezione di protoni e neutroni in continuo cambiamenento legati tra loro dallo scambio di pioni. Vi sono inoltre tre varietà di pioni: uno con carica positiva denominato π+, uno con carica neutra denominato π0

ed uno con carica negativa denominato π−. L'esistenza di questi tre tipi di pioni spiega la

dierenza di carica tra neutrone e protone, poichè vi è un trasferimento di carica dovuto al loro assorbimento ed emissione. Il processo di base che descrive lo scambio di pioni è il seguente

N → N0+ π (8.8)

dove N e N0 indicano due nucleoni. Da questo proesso ricaviamo i numeri quantici

indicati nella Tabella 8.1. particella I I3 Q

π+ 1 1 1

π0 1 0 0

π− 1 -1 -1

8.1.4 Altre simmetrie di Isospin

Vi sono altre particelle che possiedono la simmetria di isospin oltre ai protoni i neutroni e ai pioni:

• i mesoni η ,η0 sono due singoletti di isospin, hanno spin 0 e carica elettrica nulla;

• i mesoni K sono un doppietto di iospin, hanno spin 0 e carica elettrica 1,-1 ; • i barioni Σ sono un tripletto di isospin, hanno spin 1/2 e carica elettrica 1,0,-1; • il barione Λ è un singoletto isospin, ha spin 1/2 e carica elettrica 0;

• i barioni Ξ sono un doppietto di isospin, hanno spin 1/2 e carica elettrica -1, 0; I mesoni e i barioni incontrati no ad ora sono quelli più leggeri. Esiste un numero elevato di stati eccitati nei quali si possono presentare che possono essere prodotti attraverso la collisione di particelle, ma decadono molto velocemente negli stati più leggeri. Il primo adrone risonanza ad essere stato scoperto è l'adrone ∆, che costituisce un quartetto di isospin 3/2 di carica elettrica 2,1,0,-1.

Nel documento Simmetrie e modello a quark (pagine 40-53)

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