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Ingresso corrente, uscita corrente

Nel documento Circuiti Elettronici (pagine 69-74)

3.6 Introduzione all’amplificazione

3.6.4 Ingresso corrente, uscita corrente

A questo punto immaginare come funzioni una topologia di questo tipo non dovrebbe essere un problema: in ingresso abbiamo un generatore di corrente, con in parallelo la sua impedenza interna alla nostra resistenza Rin, ed in uscita il generatore pilotato di corrente con la resistenza Rout in parallelo a s`e ed alla resistenza di carico RL. Ai fini di realizzare un buon amplifi-catore corrente-corrente, dunque, dovremo avere una resistenza di ingresso Rin molto bassa, in modo da favorire il partitore di corrente di ingresso ver-so l’amplificatore, e dualmente la resistenza di uscita Rout molto elevata, in modo da favorire il passaggio di corrente verso il carico resistivo RL.

Osservazione importante

Quelli che abbiamo appena terminato di descrivere, sono i quattro fondamen-tali tipi di amplificatori elettronici realizzabili mediante circuiti di transistori; ci`o che `e importante capire, anche se non si hanno ancora idee precise su come lavorare, `e che singoli stadi di amplificazione non sono in grado di realizzare un sistema di amplificazione appartenente ad una delle quattro topologie appena presentate, dal momento che nessuno `e in grado di soddisfare pien-amente queste caratteristiche, e non avrebbe neanche senso farlo, a causa di motivi che meglio analizzeremo parlando di reazione. Si sappia che certo tutto ci`o che finora `e stato fatto `e fondamentale, ma al fine di comprendere il funzionamento reale di dispositivi quali amplificatori di segnali, funzionanti, ci mancano ancora diverse nozioni.

Capitolo 4

Transistore MOS a Effetto di

Campo (MOSFET)

Come si sa dallo studio dei Dispositivi Elettronici, MOS sta per Metal-Oxide-Semiconductor: si tratta di un tipo di tecnologia basata sull’unione di un substrato di silicio (opportunamente drogato) ad uno strato di ossido (soli-tamente biossido di silicio), e questo a sua volta ad una lamina metallica (oppure gate in silicio fortemente drogati, nelle tecnologie pi`u recenti).

Esistono sostanzialmente due classificazioni di transistori MOSFET: • n-channel o p-channel: nel primo caso i MOSFET avranno un canale

di conduzione di elettroni, nel secondo caso di lacune; ci`o si ottiene mediante artifici tecnologici di diversa natura, che non tratteremo qua; • A canale indotto o a canale preformato: i MOSFET a canale indotto (detti anche ad arricchimento) non hanno un canale: esso si forma solo mediante l’applicazione di una tensione VGS sufficientemente elevata (come si `e visto nel corso di Dispositivi Elettronici, e come rivedremo brevemente ora); nel caso di MOSFET a canale preformato (detti anche a svuotamento), il canale esiste a partire dalla nascita del transistore, e quindi non necessita una VGS al fine di essere attivato. Questo secondo metodo viene spesso utilizzato per realizzare transistori come i JFET o i MESFET; non entriamo nel merito di dispositivi di questo genere, o di nozioni tecnologiche legate a questo tipo di distinzione, che comunque pu`o essere utile da conoscere.

Il MOSFET (che spesso abbreviando chiameremo MOS), dispone di quat-tro terminali: gate (G) , bulk (o body, B), source (S), drain (D).

G B G B

S S

D D

Figura 4.1: Simboli circuitali dei MOSFET a quattro terminali rispettivamente a canale n e p.

G G

S S

D D

Figura 4.2: Simboli circuitali dei MOSFET a tre terminali rispettivamente a canale n e p.

Questa notazione, con la freccia entrante nel bulk (o uscente da esso), es-prime il tipo di canale del MOS: se la freccia `e entrante, avremo un dispositivo a canale n; se la freccia `e uscente, un dispositivo a canale p.

Nell’ambito in cui noi studieremo transistori a effetto di campo di questo tipo, utilizzeremo una convenzione semplificata: considereremo i terminali bulk e source cortocircuitati, e considereremo la freccia uscente dal source per indicare un MOS a canale n, entrante per indicare un MOS a canale p.

4.1 Caratteristica statica del MOSFET

Analizziamo la caratteristica statica del MOSFET, come facemmo in prece-denza per quanto riguarda il transistore bipolare BJT, in modo da presentare le equazioni di funzionamento del dispositivo:

Notiamo che si possono distinguere sostanzialmente cinque regioni di funzionamento del dispositivo:

1. Zona di interdizione: zona nella quale il MOSFET si trova in condizione di interdizione, e dunque `e OFF;

2. Zona lineare/resistiva: `e possibile approssimare ad una retta la zona di lavoro del MOSFET, e dunque si pu`o considerare in prima

approssi-ID VD VGS1 VGS2 VGS3 VGS4

Figura 4.3: Caratteristica statica del MOSFET con limiti della regione di saturazione (pinch-off ) in blu e della SOA in verde.

mazione resistivo il comportamento del transistore: dal momento che V = RI, possiamo dire che se la crescita della tensione al variare della corrente `e costante, allora avremo un andamento lineare, e paragonabile a quello di una resistenza,

3. Zona quadratica/triodo: in questa zona di funzionamento, la caratter-istica statica `e parabolica, e ricorda nella fatispecie l’andamento del triodo, una particolare valvola termoionica ora non pi`u utilizzata; 4. Zona di saturazione: la zona dove si ha maggior guadagno, la zona utile

del transistore MOS: nella stragrande maggior parte dei casi, analizzer-emo il comportamento di un MOSFET proprio in questo ambito; 5. SOA (Safe Operating Area): al di l`a di questa zona, il MOSFET va in

rottura, e non sar`a pi`u utilizzabile (zona del tutto analoga a quella del transistore bipolare.

Discutiamo a questo punto le equazioni, ricavate nel corso di Dispositivi Elettronici, delle zone pi`u importanti:

• In zona di interdizione:

• In zona quadratica, abbiamo che la tensione VGS `e maggiore della ten-sione di soglia VT n, ma VDS < VGS− VT n, dunque l’equazione rappre-sentante l’andamento della corrente ID, ossia della corrente di drain, sar`a: ID = Kn  (VGS− VT n)VDSV 2 DS 2 

Dove Kn `e un termine cos`ı definito: Kn= µnCOX

W

L; COX = εOX

TOX

La seconda zona di lavoro semplicemente ignora il termine quadratico dell’appena presentata equazione, poich`e ancora ininfluente;

• In zona di saturazione, avremo: VGS > VT n, ma anche VDS > VGS−VT n; in questo ambito, il guadagno sar`a circa costante, e pari al guadagno massimo ottenibile in zona quadratica, quindi:

ID = Kn

2 (VGS− VT n)

2

Si noti: spesso per alleggerire la notazione, si definisce la tensione di overdrive, VOV, come:

VOV = VGS− VT n

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