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Inquadramento geologico generale dell’area

2.2 LE MATERIE PRIME LOCAL

2.2.1 Inquadramento geologico generale dell’area

I terreni affioranti nell’areale della Villa dei Quintili e nelle zone ad essa limitrofe sono di natura vulcanica e sedimentaria (fig. 34). I terreni vulcanici appartengono ai diversi cicli di attività del distretto dei Colli Albani, sebbene le vulcaniti del distretto dei Monti Sabatini affiorino poco più a nord. Entrambi i distretti vulcanici appartengono alla Provincia Magmatica Romana, la quale è caratterizzata da prodotti con affinità ultrapotassica (e.g., Washington 1906; Peccerillo 2005; Conticelli et al. 1997; 2010). I terreni sedimentari sono quelli appartenenti al sistema della Dorsale Tiberina (pre-Appennino centro-laziale), la quale è costituita da coperture mesozoiche che affiorano nei pressi del Monte Soratte, a nord, e dei Monti Cornicolani, nel settore più meridionale della Dorsale stessa. Di seguito vengono descritti i principali caratteri geologico- vulcanologici dei distretti dei Monti Sabatini e dei Colli Albani, nonché i caratteri geologici di rilievo della successione sedimentaria dei Monti Cornicolani, le cui formazioni affiorano a pochi chilometri dalla Villa dei Quintili.

Figura 34. Carta geologica generalizzata dell’area Romana mostrante i distretti vulcanici dei Monti Sabatini e dei Colli Albani, i depositi di travertino nei pressi di Tivoli e l’ubicazione della Villa dei Quintili (modificata dopo Jackson et al. 2005).

I materiali studiati

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Monti Sabatini

I prodotti vulcanici dei Monti Sabatini (fig. 35) ricoprono una superficie di 1800 km2,

relativamente pianeggiante, con circa 180 km3 di materiale prevalentemente piroclastico. I primi

prodotti dei vulcani dei Sabatini, datati intorno a 600.000 anni fa, sono rappresentati da colate laviche ricoperte da materiale quasi esclusivamente derivante da attività esplosiva attribuita al centro di Morlupo-Castelnuovo di Porto. Questi primi prodotti presentano una caratteristica alterazione che ne ha determinato una colorazione giallastra, da cui la definizione di Tufo Giallo della Via Tiberina (Cioni et al. 1993; Villa 1987; 1993). L’unità del Tufo Giallo della Via Tiberina è costituita da un deposito derivante da più eventi esplosivi datati tra 560.000 e 550.000 anni fa (Karner et al. 2001; Sottili et al. 2010). Un altro importante evento esplosivo si è avuto intorno a 514.000 anni fa che ha depositato il cosiddetto Tufo Giallo di Prima Porta. Uno degli eventi eruttivi più rilevanti nel record vulcanico dei Sabatini risale a circa 450.000 anni fa (Tufo Rosso a Scorie Nere detto anche Tufo Grigio Sabatino; Karner et al. 2001). Altri eventi esplosivi hanno messo in posto spessori variabili (fino a 10 metri) di pomici da caduta che in letteratura sono definiti Tufi Stratificati Varicolori di La Storta. Nel periodo compreso tra 400.000 e 285.000 anni fa, l’attività è stata prevalentemente effusiva. L’attività esplosiva riprese 280.000 anni fa con la messa in posto di diversi flussi piroclastici i cui prodotti sono denominati Tufi di Bracciano (De Rita et al. 1983). Tra 80.000 e 40.000 anni fa, infine, le eruzioni si sono concentrate prevalentemente nel settore orientale ed hanno avuto origine da alcuni centri eruttivi isolati.

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Colli Albani

La struttura dei Colli Albani (fig. 36) ricorda quella del complesso Somma-Vesuvio con una zona calderica del diametro di circa 8 km, al cui interno sorge un più recente edificio vulcanico. La suddivisione cronologica più classica dell’attività vulcanica dei Colli Albani comprende tre fasi (Fornaseri et al. 1963; De Rita et al. 1995; Karner et al. 2001; Marra et al. 2003):

 Fase Tuscolano-Artemisio (da circa 600.000 a 350.000 anni fa);  Fase delle Faete (da circa 350.000 a 270.000 anni fa);

 Fase idromagmatica (da circa 270.000 a dopo 20.000 anni fa).

Lavori più recenti suddividono l’attività dei Colli Albani in quattro litosomi (Vulcano Laziale, Tuscolano-Artemisio, Faete e Via dei Laghi), ciascuno dei quali appartenente all’attività di ogni singolo edificio vulcanico (Giordano et al. 2006).

La fase Tuscolano-Artemisio, che comprende una serie di importanti eruzioni esplosive, è ulteriormente suddivisa in quattro cicli di attività che si sono ripetuti con cadenza di circa 100.000 anni (Fornaseri et al. 1963; Karner et al. 2001; Giordano et al. 2006). Il primo ciclo (tra 600.000 e 500.000 anni fa) comprende una serie di eruzioni che hanno ricoperto, con depositi piroclastici, un’area di circa 1600 km2 di estensione, su cui sorge buona parte di Roma (De Rita

et al. 2002; Freda et al. 2006). I prodotti eruttati sono generalmente ignimbriti, depositatisi a seguito di almeno quattro eventi esplosivi: Tufo di Trigoria, Tufo di Tor de Cenci, Tufo del Palatino e Tufo del Casale del Cavaliere (Freda et al. 2006). Il secondo ciclo di attività è anch’esso caratterizzato da eruzioni esplosive con fasi pliniane. Pomici da caduta, attribuibili a questa fase, si trovano alla base del deposito di un flusso piroclastico denominato Pozzolane Rosse, il cui volume corrisponde a circa 30-40 km3 distribuiti su un’area di oltre 1000 km2 (De Rita et al.

1995; Giordano e Dobran 1994). Questa violenta fase esplosiva è caratterizzata da altri eventi pliniani, seguita da una fase prevalentemente effusiva che chiuse il secondo ciclo (tra 480.000 e 460.000 anni fa; colata di lava di Vallerano). Al terzo ciclo di attività (fino a circa 400.000 anni fa) appartiene la Terza Unità di Flusso del Tuscolano-Artemisio, che comprende le ignimbriti delle Pozzolane Nere e il Tufo Lionato, eventi datati rispettivamente a 520.000 e 480.000 anni fa (De Rita et al. 1995). La Quarta Unità di Flusso del Tuscolano-Artemisio (quarto ciclo di attività) comprende i depositi da caduta e le unità ignimbritiche delle Pozzolanelle e del Tufo di Villa Senni (De Rita et al. 1995; Karner et al. 2001). Con l’eruzione del Tufo di Villa Senni (datata intorno a 350.000 anni fa), che ha emesso i maggiori volumi di materiale nell’area, si chiude il ciclo delle grandi eruzioni ignimbritiche. Dopo un periodo di stasi di circa 75.000 anni, le eruzioni ripresero con uno stile di attività meno esplosivo (stromboliano) rispetto al precedente e con volumi di materiale emesso nettamente inferiori (circa 6 km3) (Karner et al. 2001; Marra

et al. 2003). I primi depositi di questo nuovo centro eruttivo, denominato Faete, sono costituiti da livelli di scorie alternati a colate laviche (tra cui la colata di Capo di Bove; 277.000 anni fa).

I materiali studiati

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L’ultima fase, chiamata Fase Idromagmatica o Litosoma di Via dei Laghi (Giordano et al. 2006), diede origine ad una serie di coni isolati costituiti da materiale finemente frammentato derivanti da interazione magma-acqua. Tra gli edifici più importanti vi è quello di Albano, la cui attività iniziò intorno a 45.000 anni fa e terminò con le eruzioni più recenti di tutta l’area, datate tra 36.000 e 19.000 anni fa (Voltaggio & Barbieri 1995).

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I Monti Cornicolani

I Monti Cornicolani (fig. 37) appartengono al sistema di thrusts dell’Appennino centrale, caratterizzato da una successione di falde derivanti dalla deformazione (Neogene) delle coperture sedimentarie meso-cenozoiche della placca Adria. Essi costituiscono, nel loro insieme, una propaggine meridionale del bacino umbro-marchigiano e rappresentano un settore del preappennino centrale sopraelevato rispetto alla Campagna Romana. I monti Cornicolani appartengono al dominio pelagico del Giurassico, durante il quale si svilupparono condizioni di piattaforma carbonatica pelagica dal Pliensbanchiano fino al Titoniano. Successivamente, la successione carbonatica registrò sedimentazione in ambiente di bacino pelagico con la deposizione della Formazione Maiolica (Pirro M. 2007). La sedimentazione continuò nell’area fino al Miocene medio e, a partire dal Tardo Tortoniano, l’intera successione pre-orogenica fu coinvolta nella costruzione della Catena Appenninica. A partire dal tardo Pliocene la tettonica estensionale legata all’apertura del Tirreno, raggiunse il lato occidentale degli Appennini Centrali dando origine alla trasgressione del Mar Tirreno (Galesiano-Santerniano). Nella successione dei Monti Cornicolani questo ciclo transgressivo è testimoniato dalla presenza di depositi clastici di mare poco profondo. I terreni mesozoici che caratterizzano l’area cornicolana sono costituiti dalle sei formazioni geologiche principali: Calcare Massiccio (Hettangiano – Sinemuriano p. p.), Corniola (Sinemuriano p. p. – Toarciano p. p.), Rosso Ammonitico (Toarciano p. p.), Calcare Dolomitico di S. Angelo Romano (Bojaciano – Titonico superiore), Calcari Diasprini (Calloviano – Kimmeridgiano p. p.), Maiolica (Titonico superiore - Aptiano inferiore; Pirro M. 2007).

I materiali studiati

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