• Non ci sono risultati.

75

Insediamenti produttivi e fortificazioni nell’Italia nord-occidentale (secoli XIV-XVI)

enrIColuSSo

attIvItà eConomIChe e SvIluppI InSedIatIvI nell’ItalIa deI SeColI XI-Xv, omaggio a giuliano pinto - a cura di enrIColuSSo- Cisim, Cherasco 2014 - ISBn 978-88-904173-8-2

dietro al titolo del saggio che qui propongo si nasconde, è evidente, un tema di enorme rilevanza storiografica per quanto attiene sia agli specifici aspetti connessi con le forme e le dinamiche di organizzazione degli inse- diamenti produttivi – specializzati o meno che fossero, come vedremo –, sia alla preoccupazione di assicurare loro, attraverso interventi di potenzia- mento difensivo, la migliore e più stabile funzionalità, a prescindere dalle condizioni politiche di contorno1. altrettanto evidente è che assai vari e ar-

ticolati possono risultare, almeno in linea teorica, i rapporti intercorsi tra le due tematiche e, nel caso di insediamenti di dimensioni medio-grandi, le in- terrelazioni che tra loro, nel tempo, si vennero a stabilire.

Il presente contributo, lungi dal voler anche sono tentare di dare rispo- ste univoche ai vari problemi che tuttora risultano, sotto molti aspetti, aperti, intende concentrare l’attenzione su quelle forme di fortificazione che, con un’indubbia ma efficace semplificazione, possono essere ritenute diretta- mente stimolate – e orientate – a garantire l’efficienza produttiva degli in- sediamenti cui si applicavano, ovvero analizzare, attraverso una selezione di esempi, quale possa essere ritenuto l’approccio ricorrente nei secoli fi- nali del medioevo al tema della difesa “mirata” di conurbazioni protoindu-

1la bibliografia sul tema consta di un buon numero di saggi e di volumi che, per quanto di ar- gomenti talvolta specifici, offrono spunti di riflessione senz’altro utili anche a una loro genera- lizzazione. In particolare, non ci si può esimere dal menzionare Acque, ruote e mulini a Torino, a cura di g. BraCCo, torino 1988, passim, e Mulini da grano nel Piemonte medievale. Secoli

XII-XV, atti del convegno (Cuneo, 30 gennaio 1993), a cura di r. ComBa, Cuneo 1993, passim. per realtà differenti da quella piemontese si citano gli studi di p. vaCCarI, I diritti concessi alle

città lombarde sulle acque e sui fiumi nel medioevo, «archivio storico lombardo», lXXXv

(1958), pp. 204-212; l. ChIappamaurI, I mulini ad acqua nel Milanese (secoli X-XV), roma 1984 (Biblioteca della «nuova rivista storica», 36), passim; p. raCIne, Poteri medievali e per-

corsi fluviali nell’Italia padana, «Quaderni storici», n. s., lXI/1 (1986), pp. 9-32; a.I. pInI,

Energia e industria tra Sàvena e Reno: i mulini idraulici bolognesi tra XI e XV secolo, in Tec- nica e società nell’Italia dei secoli XII-XVI, atti dell’XI Convegno internazionale (pistoia, 28-

31 ottobre 1984), pistoia 1987, pp. 1-22; S. BortolamI, Acque, mulini e folloni nella formazione

del paesaggio urbano medievale (secoli XI-XIV), in Paesaggi urbani dell’Italia padana nei se- coli VIII-XIV, Bologna 1988, pp. 277-330; l. ChIappamaurI, Paesaggi rurali di Lombardia.

Secoli XII-XV, Bari 1990, pp. 132-162; g. FantonI, L’acqua a Milano. Uso e gestione nel basso

striali, valutando di conseguenza quali fattori di tipo ambientale interve- nissero a condizionare, caso per caso, le scelte di quanti esercitavano giu- risdizione su tali complessi.

al riguardo, pare opportuno iniziare la trattazione con quelle che erano senz’ombra di dubbio le strutture produttive più diffuse e comuni: i mulini o, per meglio dire, i complessi polifunzionali di impianti idraulici.

1. Mulini e impianti idraulici

È noto come, nel medioevo e non solo, dietro al termine molendina si nasconda spesso una realtà assai articolata, che oltre ai mulini nel senso che oggi si tende ad assegnare al termine (da grano), comprendeva una va- sta gamma di artificia idraulici, la cui caratteristica comune era, evidente- mente, di ricorrere all’uso di una ruota per trasmettere la forza motrice del- l’acqua ai meccanismi e, quindi, alle parti mobili, fossero queste macine, pistoni, maghi, mantici ecc.2.

uno dei casi su cui la storiografia ha già avuto modo di concentrare la propria attenzione, ritornando sul tema anche in anni relativamente recenti3,

è quello del borgo nuovo di Cherasco. Qui, a detta dello storico cheraschese Francesco voersio4, nel 1337 l’autorità comunale si era assunta l’onere di

murare e dotare di una torre quello che, a buon conto, può essere ritenuto il principale agglomerato di installazioni produttive cheraschese, il burga- tum Sturie o Borgo nuovo, vero e proprio polo protoindustriale collocato nel piano, alle radici del rilievo su cui si sviluppa l’abitato, e sorto tra il 1243 e gli ultimi decenni del secolo lungo la sponda meridionale del torrente che gli dava nome (fig. 1)5. Si tratta, dunque, di un intervento maturato ancora 2Si vedano, per un quadro di sintesi, i contributi di v. marChIS, Ruote, mulini e macchine, in

Acque, ruote e mulini a Torino cit., I, pp. 11-77: 17-27; g. allIaud, a. dalverme, Le spese di

gestione e manutenzione dei mulini di Torino nei secoli XIV-XVI, ibidem, pp. 129-176: 148 sgg.;

v. ChIarlone, I mulini del Piemonte bassomedievale: costruzione, funzionamento, manuten-

zione (secoli XIII-XIV), in Mulini da grano cit., pp. 169-188.

3Cfr., per alcuni aspetti specifici, d. lanzardo, Le difese di Cherasco e il castello visconteo (se-

coli XIII-XV), in Castelli e fortezze nelle città e nei centri minori italiani (secoli XIII-XV), atti

del convegno (Cherasco, 15-16 novembre 2008), a cura di F. panero, g. pInto, Cherasco 2009, pp. 97-118: 108; e. luSSo, Forme dell’insediamento e dell’architettura nel basso medioevo. La

regione subalpina nei secoli XI-XV, la morra 2010, p. 128.

4F. voerSIo, Historia compendiosa di Cherasco, posto in Piemonte sotto il felice dominio della

serenissima Casa di Savoia, mondovì 1618, pp. 81-82.

5oltre ai saggi citati sopra, nota 3, cfr. anche F. panero, Comuni e borghi franchi nel Piemonte

medievale, Bologna 1988, p. 224; I. naSo, Attività economiche e sistemi produttivi a Cherasco

fra Tre e Quattrocento, in Cherasco. Origine e sviluppo di una villanova, atti del convegno

77

in un contesto comunale, che precede però di pochi anni la dedizione di Cherasco ai visconti.

Sebbene il burgatum risulti oggi affatto scomparso, cancellato, si ritiene, nel 1553 durante le guerre franco-imperiali6, è comunque possibile farsi

un’idea abbastanza precisa della sua consistenza grazie agli estimi e agli or- dinati tardotrecenteschi. Si trattava, in buona sostanza, di un sobborgo ac- centrato in cui trovavano posto, oltre ai mulini, un paratorium e alcuni bat-

Fig. 1 - C.g. maffei, Catasto di Cherasco, 6 settembre 1790, particolare della zona pianeggiante, attraversata dal canale dei mulini, a ridosso del corso dello Stura, a nord del borgo (aSto, Finanze, Catasti, Cherasco, all. C, n. 178B).

6g.F. damIllano, Annali e Storia delle Chiese di Cherasco, a cura di F. Bonifacio-gianzana, B. taricco, Cherasco 2007, p. 279.

titori, circoscritto da una struttura che i documenti chiamano alternativa- mente bastita7o reclussum8– termine che si intende sinonimo di receptum,

il cui uso è documentato nell’area anche a pollenzo9–, cui era associato un

sistema di fossati e di barerie, esplicitamente menzionato a partire dal 137310.

l’immagine complessiva che sembra possibile ricavare è quella di una sorta di spazio fortificato con strutture provvisionali, separate fisicamente dalle mura allestite al cadere del XIII secolo a difesa del borgo11, ma, con

ogni probabilità, coordinate con le altre opere campali che, a medio rag- gio, proteggevano Cherasco12. l’unico elemento in muratura del sistema –

dunque, permanente – era, a quanto è dato di capire, la torre, ricordata sì da voersio, ma mai esplicitamente menzionata nei documenti dell’epoca.

un altro insediamento che, alla luce della documentazione conservata, mostra tratti di somiglianza con Cherasco è demonte. In questo caso, però, poco o nulla si conosce della struttura che proteggeva gli impianti molitori, se non che si sviluppava a nord-est del concentrico e che ricorre nei docu- menti con i termini barrium (1364)13, vocabolo senza dubbio raro nel les-

sico medievale dell’area subalpina che sembra però evocare, a giudicare

7lanzardo, Le difese di Cherasco cit., p. 108 e nota 62.

8archivio Storico del Comune (d’ora in poi aSC) di Cherasco, fald. 56, fasc. 4, Catasto del

quartiere di San Pietro (1377), f. 63; ibidem, fasc. 4, Catasto del quartiere di Sant’Iffredo (1395),

denunce di Henricus de Vineis e di Georgius Blanchetus.

9Cartario dell’abazia di Breme, a cura di l.C. Bollea, torino 1933 (Biblioteca della Società Storica Subalpina, d’ora in poi BSSS, 127), p. 247, doc. 185, 25 maggio 1244. In generale, a pro- posito dei ricetti e della sinonimia con il termine reclussum, cfr. a.a. SettIa, L’illusione della

sicurezza. Fortificazioni di rifugio nell’Italia medievale: «ricetti», «bastite», «cortine», Cuneo-

vercelli 2001, p. 114 e nota 388.

10lanzardo, Le difese di Cherasco cit., p. 108.

11a proposito delle mura di Cherasco cfr. g. gullIno, La topografia e il primo popolamento

della villanova di Cherasco, in Cherasco cit., pp. 87-106: 87-92; luSSo, Forme dell’insedia-

mento e dell’architettura cit., pp. 123-128.

12nuovamente, lanzardo, Le difese di Cherasco cit., pp. 103-112; luSSo, Forme dell’inse-

diamento e dell’architettura cit., pp. 126 sgg.

13In quell’anno si apprende che spettavano alla curia angioina la metà dei diritti su «duorum mo- landinorum sitorum infra barrium demontis versus portam Quanti». Il testo cui si fa qui riferi- mento è quello del documento originale conservato presso l’aSCdemonte, Pergamene, n. 8, 3 agosto 1364. la versione pubblicata nel Codex Demontis (1305-1509), a cura di p. motta, asti 1908, p. 29, presenta infatti errori di trascrizione grossolani al punto che il contenuto del docu- mento ne risulta del tutto travisato. l’edizione riporta infatti le diciture bacium e Quarti al po- sto di quelle, rispettivamente, di barrium e Quanti, ovvero «di Kant» dal nome del torrente che scorre a nord dell’abitato.

79

dalla sua etimologia, l’idea di un quartiere “chiuso”14, e recluxium (1509)15,

esattamente come nel caso di Cherasco. rispetto a questo esempio, però, è da credere, se si vuol prestare fede alla veduta di demonte del Theatrum Sabaudiae16, che il sistema difensivo allestito per proteggere i mulini del

luogo si sviluppasse a diretto contatto – se non addirittura integrato – con le mura del borgo, tanto che, in almeno un caso, un mulino ne sfruttava fi- sicamente le strutture come sostegno dell’albero e della ruota (fig. 2). Qual- cosa di simile doveva avvenire anche a Castelnuovo Bormida, dove nel 1490 il marchese di monferrato Bonifacio III, richiedendo agli uomini lo- cali di «edifficare turrionum unum in […] flumine Burmide deversus locum Cassinarum», descritto come «attingentem muros» e utile «pro fortalicio e

Fig. 2 - g. Boetto, Demontium, 1666, particolare dell’area suburbana a nord del- l’abitato attraversata dal canale dei mulini (inc. anonima in Theatrum statuum re-

giae celsitudinis Sabaudiae ducis, Pedemontii principis, Cypris regis, II, amste-

lodami 1682, tav. 45).

14per qualche riflessione al riguardo mi permetto di rimandare a e. luSSo, Lo sfruttamento del-

l’energia idraulica a Demonte. Mulini e opifici tra medioevo ed età moderna, «langhe, roero,

monferrato. Cultura materiale, società, territorio», 7 (2013), pp. 33-63: 38.

15Codex Demontis cit., p. 269, 25 ottobre 1509. originale in aSCdemonte, Pergamene, n. 83. 16Theatrum statuum regiae celsitudinis Sabaudiae ducis, Pedemontii principis, Cypris regis, II, amstelodami 1682, tav. 45, 1666.

de fortalicio dicti loci», concedeva loro facoltà «fabricandi in dicto torriono molendinum unum» (fig. 3)17.

può essere a questo punto interessante analizzare il caso di un insedia- mento che a partire dalla seconda metà del XIv secolo iniziò a costruire le proprie fortune economiche sulla lavorazione e la tintura dei panni – e dun- que necessitava di un comparto produttivo di una certa ampiezza –, ma che, come è stato osservato, si era sviluppato in un territorio caratterizzato da una generale scarsità idrica18, la qual cosa rendeva l’acqua un bene assai

prezioso e, dunque, da difendere prioritariamente: Chieri. non è questa la sede per analizzare nel dettaglio il ruolo assunto da tali condizionamenti ambientali nell’orientare la politica comunale nel XIII secolo; basti sapere

17archivio di Stato di torino (d’ora in poi aSto), Corte, Monferrato feudi, m. 24, n. 1, 28 ot- tobre 1490. per qualche ulteriore riflessione cfr. anche e. luSSo, Torri extraurbane a difesa di

mulini nel Piemonte medievale, in Case e torri medievali, III, atti del Iv Convegno di studi

«Case e torri medievali, Indagini sui centri dell’Italia comunale (secc. XI-Xv). piemonte, li- guria, lombardia» (viterbo-vetralla, 29-30 aprile 2004), a cura di e. demInICIS, e. guIdonI, roma 2005, pp. 48-59: 52.

18m. montanarIpeSando, Carenza idrica e attività molitorie nella Chieri medievale (secoli

XII-XV), in Mulini da grano cit., pp. 11-46.

Fig. 3 - Il torrionus di Castelnuovo Bormida voluto dal marchese Bonifacio III di monferrato nel 1490, dove gli uomini del luogo ottennero di poter installare un mu- lino (foto e. lusso).

81

che, in almeno due casi, le magistrature intervennero rifondando e fortifi- cando un borgo preesistente (riva presso Chieri, 1223)19e creandone uno

ex novo (villastellone, 1236)20con l’esplicito obiettivo di garantirsi il con-

trollo di corsi d’acqua la cui portata fosse in grado di movimentare con co- stanza nuovi impianti molitori che non tardarono a essere realizzati in loco. e, nel caso di riva, sopravvive tuttora testimonianza di un complesso for- tificato di verosimile origine trecentesca, il mulino della torre (con ogni probabilità la bizocha molendini citata nel 154621), adiacente il perimetro

difeso del borgo (fig. 4)22.

19ead., Villaggi nuovi nel Piemonte medievale. Due fondazioni chieresi nel secolo XIII: Villa-

stellone e Pecetto, torino 1991 (Biblioteca storica subalpina, d’ora in poi BSS, 208), pp. 21-22.

Qualche riflessione al riguardo anche in d. CaFFù, Costruire un territorio: strumenti, forme e

sviluppi locali dell’espansione del comune di Chieri nel Duecento, «Bollettino storico biblio-

grafico subalpino (d’ora in poi BSBS)», CIII (2005), pp. 401-444: 416 sgg.

20montanarIpeSando, Villaggi nuovi nel Piemonte medievale cit., pp. 23 sgg.; ead., Carenza

idrica e attività molitorie cit., pp. 16-22.

21aSCChieri, art. 143, par. 1, vol. 62, Catasto 1546, f. 15v.

22Si vedano, per notizie al riguardo, g. vanettI, I rii, le bealere e i mulini nella storia di Chieri, Chieri 1996, pp. 25-26; e luSSo, Torri extraurbane a difesa di mulini cit., pp. 50-51.

Fig. 4 - la torre a difesa di uno degli impianti molitori presso riva di Chieri (foto e. lusso).

per quanto riguarda nello specifico Chieri, il sistema produttivo del grosso borgo si articolava attorno ad alcune derivazioni del rio tepice e, a partire probabilmente dal XIII secolo, contava almeno sette impianti23. Si

tratta, com’è consueto, di ingenia disposti all’esterno del perimetro fortifi- cato più antico, che, secondo le fonti, prese forma dopo il 1168, anno in cui il vescovo di torino concedeva i boni usus et consuetudines ai burgen- ses chieresi24.

tuttavia, dal momento che, nei decenni finali del duecento, le magi- strature comunali deliberarono la realizzazione di un consistente amplia- mento dello spazio urbano, dando così il via alla creazione di un secondo, poderoso e assai articolato limite difensivo con andamento pressoché con- centrico rispetto a quello delle mura originarie – limite documentato però, per la prima volta, solo negli statuti del 131325–, potrebbe legittimamente

nascere il sospetto che, oltre a necessità demografiche, l’intervento fosse volto a garantire protezione agli impianti molitori, i quali, senza eccezione, si trovarono inscritti entro il nuovo perimetro murario.

In realtà, in quel momento l’economia chierese era ancora essenzial- mente basata, da un lato, sulle attività commerciali e, dall’altro, sullo sfrut- tamento agricolo del districtus26, e dunque non si riscontrano i presupposti

economici a giustificazione di un’impresa di tale portata. Se non bastasse, nel pieno Quattrocento, fallita l’urbanizzazione estensiva delle aree rese disponibili all’interno delle nuove mura a causa della decompressione de- mografica determinata dalle iterate epidemie di peste, risulta evidente dalle fonti come la difesa dei mulini presenti tra le due cerchie murarie fosse an- cora affidata a opere militari puntiformi. nel 1451 sono infatti documentate spese per la riparazione della batagleria sive turris a protezione degli im- pianti «que sunt intus locum Cherii», collocata «ad portam rivi superio-

23montanarIpeSando, Carenza idrica e attività molitorie cit., pp. 22-29.

24Il documento è pubblicato in Il Libro rosso del comune di Chieri, a cura di F. gaBotto, F. gua- SCo dIBISIo, pinerolo 1918 (BSSS, 75), pp. 1-2, docc. 1-2, 7 aprile 1168. tratta dell’assetto delle più antiche mura di Chieri g. lange, Le mura di Chieri, in Atti del X Congresso di Storia

dell’architettura (torino, 1957), roma 1959, pp. 138-159.

25Statuti civili del comune di Chieri (1311), a cura di F. CognaSSo, pinerolo 1913 (BSSS, 76), p. 73, cap. 227, De plano barbacanarum fossatorum circharum manutenendo. a proposito dello sviluppo e dell’assetto delle mura chieresi nel corso della storia, oltre al già citato saggio di lange, Le mura di Chieri cit., passim; cfr. anche e. luSSo, Rocchetta e mura urbane di Chieri, in Atlante castellano. Strutture fortificate della provincia di Torino, a cura di m. vIglIno, a. Brunojr., e. luSSo, g.g. maSSara, F. novellI, torino 2007, pp. 88-89.

26Si vedano al proposito, rispettivamente, g. Berruto, Le origini del comune di Chieri (955-

1238) e la formazione del suo territorio politico, Chieri 1974, pp. 23 sgg.; C. rotellI, L’eco-

83

rem», nei pressi della via murorum circharum27. Si tratta, a tutti gli effetti,

di una torre isolata, ancora conservata entro il tessuto urbano (fig. 5) che, solo nel corso dei secoli XvIII e XIX, riuscì infine, gradualmente, a satu- rare lo spazio esterno alle mura del XII secolo28.

2. Comparti produttivi specializzati

l’esempio chierese risulta utile anche a introdurre l’analisi di un’altra categoria di conurbazioni produttive, le quali, sebbene anch’esse perlopiù composte da “macchine” idrauliche, paiono caratterizzarsi per un più ele-

Fig. 5 - la batagleria a difesa del comparto molitorio sorto a Chieri presso la Porta rivi su-

perior (foto e. lusso).

27aSCChieri, art. 137, par. 2, vol. 6, f. vI.

28per una sintesi delle vicende urbanistiche del borgo e del suo assetto topografico in età me- dievale, rimando a I. maddalena, Le torri degli hospicia a Chieri, in Case e torri medievali cit., III, pp. 25-36. per gli sviluppi moderni e contemporanei si veda invece g. vanettI, Chieri. Ap-

vato grado di specializzazione funzionale. un caso di indubbio interesse, anche perché poco noto alla storiografia, è quello di Caselle (fig. 6), inse- diamento alle porte di torino che pare precocemente – e, a quanto si sa, per un arco cronologico relativamente limitato, dal momento che al princi- pio del XvIII secolo tale specializzazione appariva già marginale29– votato

alla produzione su ampia scala di carta.

utili a tratteggiare le dimensioni anche economiche dell’attività carta- ria casellese sono i consegnamenti del 1469-147130. Come ben emerge dal-

l’analisi condotta da Beatrice del Bo31, si deve però preliminarmente tenere

Fig. 6 - g.a. naretto, Misura generale del territorio di Caselle fatta fare dalla

magnifica comunità […], 1746, particolare del borgo murato con, ben evidente, il

sistema idrico (aSto, Finanze, Catasti, Caselle, all. C, n. 200).

29Cfr., al riguardo, quanto documentato dall’intendente g. SICCo, Relazione distinta storica e

generale di tutte le città, terre e luoghi della provincia di Torino colla spiegazione dello stato e coltura dei beni dei rispettivi territori et aggiornata di altre particolari notizie coerentemente al disposto dell’ultime regie instruzioni, torino 1753, ms. in aSto, II archiviazione, capo 79,

m. 12, vol. I, ff. 224v-225v.

30aSto, Camera dei conti, art. 737, par. 1, Consegnamenti, vol. 30.

85

presente il fatto che, nel caso specifico delle cartiere, le singole installa- zioni si configuravano spesso come impianti di una complessità – e, di ri- flesso, di dimensioni – superiore rispetto agli altri ingenia idraulici. Signi- ficativo al riguardo è la cinquecentesca descrizione proprio di un complesso casellese, il quale risultava composto da un «battitore con suo salto et ac- quedutto et doe rotte voltanti a coppi coperto con tutti suoi hediffitii et in- genii ad uso di far papero, fabricato insema una casotta ad esso contigua, coperti a coppi; et anche uno benalle ivi propinquo per tender et sugar la carta; incluso la caldera ad uso di incolar la carta»32. ritornando a noi, al

cadere degli anni Sessanta del Quattrocento, accanto alle strutture di di- retta gestione ducale, limitate ai mulini Sancte Marie e «de molinotorum cum duabus rotis»33, e tralasciando lo «ius faciendi et construendi inge-

nium papiri» – che, essendo un privilegio signorile fiscalizzato, non è ne- cessariamente da intendere quale indice significativo della volontà, da parte delle persone che ne godevano, di procedere alla costruzione di una car- tiera34, si contano un amolatorium35, due segherie36, quattro batenderia da

canapa37, un follone per panni38, un mulino da olio39, un mulino per la spre-

mitura delle galle (probabilmente per ottenere inchiostro)40, almeno 14 bat- 32aSto, Corte, Paesi per A e B, m. 27C, fasc. 1, f. 4v, 1 gennaio 1582.

33aSto, Camera dei conti, art. 737, par. 1, Consegnamenti, vol. 30, f. 1. 34per esempio ibidem, f. 109.

35Ibidem, f. 64: Bartolomeo malegnani consegnava «medietatem unius amolatoris […] subtus molendinum», confinante con la rugia molendinorum e la platea ulmi Beate Marie e dunque, ri- spetto a quanto si conosce dell’assetto topografico del borgo – per il cui dettaglio mi permetto di rimandare a luSSo, Forme dell’insediamento e dell’architettura cit., pp. 21-24 – collocato pro- babilmente entro i confini dell’abitato. l’altra metà era consegnata dal suo parente pietro (aSto, Camera dei conti, art. 737, par. 1, Consegnamenti, vol. 30, f. 283) e coerentemente descritta presso la stessa rugia e il cimitero della chiesa di Santa maria.

36Ibidem, ff. 116: giorgio mazzolati dichiarava un «saltum unius ressie cum duabus rotis […] ad Serminos»; 154: giovanni panero e suo fratello consegnavano «unam ressiam cum artifficiis» nei pressi di «unum baptenderium canape et appapiri cum duabus rottis […] ad Frascheam»,

Documenti correlati