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Nonostante l’indiscussa importanza e centralità del lessico nell’apprendimento di una lingua straniera e non, gli aspetti lessicali e semantici sono considerati in modo unanime i più tralasciati nella pratica glottodidattica. Anche se negli ultimi decenni il lessico ha iniziato a suscitare interesse in studiosi e linguisti, persiste ancora un notevole divario tra i vari aspetti della competenza linguistica, che danneggia particolarmente il livello lessicale (Casadei, Basile 2019).

Diversi autori riconoscono e ribadiscono questo concetto; per citarne solo alcuni, Cardona (cit. in Casadei, Basile, 2019:143) ribadisce che “Il lessico, la sua natura e il suo insegnamento sono stati ampiamente ignorati nell’ambito educativo fino agli anni Novanta del secolo scorso”. Balboni (1998: 112) afferma che “Il problema glottodidattico relativo al lessico […] rappresenta uno dei maggiori casi di rimozione da parte di studiosi, di autori di libri di testo e multimediali, di insegnanti”. Meara (1980:121) scriveva che “L’acquisizione del lessico è parte della psicologia linguistica relativa all’apprendimento di una lingua seconda che ha ricevuto poca attenzione da parte della linguistica applicata e che è stata largamente trascurata dai recenti sviluppi nella ricerca”12. Infine, Morgan e Rinvolucri (1986:3) ritengono che

“è curioso riflettere sul fatto che così poca importanza è stata attribuita al lessico

nell’insegnamento delle lingue moderne. Entrambi gli approcci

behavioristico/strutturale e funzionale/comunicativo lo hanno, in modi diversi, costantemente sminuito”13.

In passato, l’insegnamento tradizionale della lingua era basato sul metodo grammaticale e le parole nuove servivano per rimarcare specifiche eccezioni

12 Testo originale: “Vocabulary acquisition is part of the psychology of second language learning that has received short shrift from applied linguistics, and has been very largely neglected by recent developments in research” (Meara 1980:121).

13 Testo originale: “it is curious to reflect that so little importance has been given to vocabulary in modern language teaching. Both the behaviourist/ structural model and the functional/ communicative model have, in their different ways, consistently underplayed it” (Morgan, Rinvolucri 1986:3).

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grammaticali (ad esempio uovo-uova, dito-dita, braccio-braccia ecc., o per introdurre forme verbali irregolari). La conoscenza della grammatica era ritenuta indispensabile al fine di saper tradurre nella e dalla lingua straniera e al fine di comprendere i testi, trascurando in questo modo la produzione orale (Corda, Marello, 1999).

Con l’introduzione del metodo audiolinguale14 e delle attività nel laboratorio linguistico intorno agli anni sessanta, l’ascolto e la produzione orale divennero più importanti. L’obiettivo principale rimaneva però ancora quello di supportare la memorizzazione di strutture grammaticali grazie ad esercizi di ripetizione meccanica. Per questo motivo per lungo tempo lo studio del lessico è stato messo in secondo piano e comunque subordinato a quello della grammatica e della morfologia (ibid.). La situazione è migliorata solo negli anni settanta e ottanta, con la nascita dei metodi nozio-funzionali e comunicativi15, secondo i quali l’insegnamento linguistico doveva essere finalizzato a fornire all’allievo i mezzi linguistici necessari per raggiungere un certo scopo in una determinata situazione comunicativa. Ragion per cui le parole venivano contestualizzate e collegate ad una funzione linguistica (ibid.). Alla fine degli anni settanta, inoltre, gli esperti del Consiglio d’Europa hanno evidenziato una serie di funzioni e nozioni linguistiche fondamentali per comunicare a livello elementare in una precisa situazione in una lingua straniera, dando vita al cosiddetto livello soglia16 (ibid.). Per quanto concerne questo aspetto una precisazione è tuttavia d’obbligo, come sottolineano Corda, Marello (1999: 39):

In molti manuali […] ci si rifà a questo approccio, che però, per essere realmente efficace, va integrato con l’analisi approfondita delle concrete situazioni comunicative: quali parole ed

14 “Metodo di insegnamento delle lingue basato sui principi del comportamentismo e dello strutturalismo americano. Ogni forma di comportamento (anche linguistico) è una reazione a uno stimolo ed è quindi influenzabile dall’esterno. Il comportamento corretto viene premiato e in questo modo si rinforza la tendenza a ripeterlo, creando così un automatismo. Il metodo dà molta importanza all’ascolto e alla produzione orale (attività che si svolgono nel laboratorio linguistico). Le regole grammaticali non vengono fornite esplicitamente e si ricorre il meno possibile a spiegazioni nella madrelingua degli studenti; se necessario si adotta però un approccio contrastivo, prestando attenzione alle strutture della LS diverse da quelle della L1” Corda, Marello (1999:191).

15 “Metodo didattico centrato sull’incremento della competenza comunicativa e sull’insegnamento della funzione svolta da un enunciato linguistico all’interno di uno scambio verbale” Corda, Marello (1999:191).

16 “L’insieme delle conoscenze di base di una lingua che permettono al parlante straniero di comunicare a livello elementare in determinate situazioni (come ordinare qualcosa a un ristorante, comprare un biglietto alla stazione)” Corda, Marello (1999:191).

38 espressioni si usano realmente in queste situazioni? Se non ci si pone questa domanda, si rischia nuovamente di ridurre la lingua, e quindi il lessico, a una lista di elementi astratti, senza applicazioni chiaramente definite.

Ma è solo dagli anni ottanta e novanta che il lessico diviene oggetto di interesse ed assume importanza nell’insegnamento delle lingue moderne; di conseguenza nascono nuovi approcci incentrati su di esso, in primis il Lexical approach17, creato da Lewis negli anni novanta.

Una possibile spiegazione per il fatto che il lessico è stato trascurato dalla pratica glottodidattica viene da Balboni (2014:93), il quale afferma:

Insegnare il lessico – carico di valenze e connotazioni culturali, spesso impreciso e limitato, […] – è molto più difficile che non lavorare sui sistemi chiusi della morfologia e della sintassi e per questo forse è trascurato non solo nella prassi didattica, ma soprattutto nei materiali per l’insegnamento delle lingue.

2.1.1. La centralità del lessico

Bettoni (2001:62) evidenzia che “gli studi sul lessico sono relativamente pochi”, tuttavia il ruolo del lessico nell’apprendimento di una lingua è fondamentale, in quanto essa “senza lessico non esisterebbe” (Berruto, Cerruti 2011:197).

Non a caso, come sottolinea Macagno (2018:97) “per il parlante comune, una lingua è fatta fondamentalmente di parole: sapere una lingua significa anzitutto sapere le parole di quella lingua, sapere come si dice una certa cosa in quella lingua”.

Anche De Mauro (2008:28) ricorda il ruolo preminente del lessico nell’apprendimento e nell’insegnamento di una lingua, affermando:

Per chi impara e per chi parla una lingua apprendere e saper usare ciò che diciamo lessema o, più comunemente, parola ha una centralità didascalica, psicologica e sociale. Apprendere l’uso di parole per capire e farsi capire è la porta d’ingresso nel mondo di una singola lingua, e solo varcandola e avendola varcata il linguaggio, una facoltà certamente innata per la specie umana, non si atrofizza e si attiva e permane.

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Anche Balboni (2008:44) mette l’accento sull’importanza che riveste il lessico nell’apprendimento di una lingua affermando:

Nelle lingue non native, se si vuole produrre un apprendimento significativo la prima necessità è quella di avere significati da scambiare e i significati sono veicolati anzitutto dal lessico, che quindi deve essere abbondante per dare senso, significato, all’acquisizione morfosintattica.

Per concludere, riportiamo quanto riassume Ferreri (cit. in Casadei, Basile 2019:37) sull’importanza del lessico:

Il lessico traspare come componente che consente l’accesso a una lingua e permette all’individuo e alla specie l’esercizio delle funzioni cognitive, euristiche, emozionali, di socializzazione; da qui se ne comprende la centralità per l’apprendente tanto di una L1 quanto di una L2, che pure richiedono procedure differenziate sul piano operativo.

Prima di capire come un apprendente impara e quindi memorizza il lessico è importante chiarire innanzitutto che cosa si intende quando, in generale, si parla di «lessico18» e di «parole», concetti apparentemente banali ma tecnicamente difficili da definire (Balboni, 2008).

Ispirandoci a Lewis e al suo Lexical approach, possiamo affermare che il lessico comprende almeno quattro categorie, come riportato da Balboni (2008:45):

1. parole singole o complesse (polywords): sono le parole singole e le locuzioni che esistono in quanto unite;

2. co-occorrenze o collocazioni: sono combinazioni ad alta frequenza;

3. routine: […] sono entità fissate nell’uso, hanno un significato unitario e creano spesso problemi in lingue non native, dove non sempre ci sono routine corrispondenti;

4. modi di dire, metafore fossili, proverbi: sono entità lessicali di base metaforica […] o di cultura popolare […], che hanno un significato unitario – talmente fissato dalla tradizione

18 Alcune precisazioni terminologiche possono essere utili: il lessico è l’insieme delle parole e delle locuzioni di una lingua; il lessico di frequenza è l’elenco delle parole più frequenti in una lingua, basato su corpora trattati informaticamente […]; il lessico ad alta disponibilità è costituito da parole che non rientrano nel lessico più frequente, […] ma sono estremamente importanti. Quanto alle raccolte lessicali: il dizionario è un volume, il vocabolario è la ricchezza lessicale di una persona, la terminologia è il repertorio ufficiale dei termini di una microlingua scientifico-professionale” Balboni (2014:92).

40 che consentono la creazione di varianti comprensibili solo se si conosce il modo di dire originario;