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La prospettiva dei datori di lavoro e/o responsabili di tirocinio

5.3 Gli inserimenti lavorativi tra tirocini e contratti a termine: limiti, potenzialità, conflittualità

Nella ricerca sono stati coinvolti datori di lavoro e responsabili di tirocinio, che in alcuni casi sono diventati a loro volta, anche datori di lavoro. Se in alcuni casi i limiti e le potenzialità nell’inserimento delle donne accolte a Casa Iride come tirocinanti o come lavoratrici sono stati simili, in altri possono essere individuate delle peculiarità, che mettono in luce aspetti relazionali e sociali del contesto sociale più ampio e che si riverberano nell’esperienza lavorativa tout court.

In generale, alcuni datori di lavoro hanno riscontrato, nelle fasi iniziali, una mancanza di formazione non solo rispetto alle mansioni lavorative specifiche, ma anche rispetto alle regole e consuetudini base proprie del contesto lavorativo, come l’obbligo di timbrare il cartellino in entrata e in uscita, o legate all’adempimento di norme e leggi nazionali, come ad esempio il dovere in determinati ambienti di cambiarsi gli indumenti al momento dell’ingresso o di non sostituirsi in determinate mansioni alle figure professionali responsabili. Queste difficoltà iniziali hanno comportato, soprattutto nei casi di assunzione, un prolungamento nei tempi di affiancamento da parte di un operatore esperto:

Ecco qui c’era molta difficoltà per esempio le [colleghe] mi rimandavano sempre delle difficoltà in termini non so se ha capito, perché tendono a dire che hanno capito anche quando non è così e lì c’è stata una necessità di conoscerci e soprattutto in questo caso specifico di ammettere quando non si aveva capito, cioè il sì sì va tutto bene e dopo sbagli quello che ti dico […] è chiaro che le si è stata data anche la possibilità di permettere di dire di no, non ho capito, perché siamo qui che ti spieghiamo anche due o tre volte, perché siamo consapevoli che alcune cose puoi anche non capirle o addirittura non le sai neanche fare […] è stato un appropriarsi anche di un metodo OK? […] è stato un trasferire delle abilità, delle mansioni, delle competenze alla fine, era una signora che non aveva mai fatto niente di tutto ciò e quindi c’è stato anche un education OK? oltre che lavorativa anche di metodo cioè ha imparato anche delle cose, però il personale è stato molto, ripeto, motivato perché doveva imparare perché così toglieva loro un carico e allo stesso tempo però ha trovato molta disponibilità […] l’episodio forse più eclatante è stato che questa ragazza avesse dato il badge, la timbratura e lei è venuta un giorno a timbrare, finiva alle 2, e 10 alle 2 e poi è andata giù a cambiarsi; e allora le abbiamo spiegato che se lui mi timbra 10 alle 2 io quei dieci minuti lì significa che non sono al lavoro e dice ma io sono qua, giù, cioè faceva fatica e allora ha creato […] però in effetti il fatto di avere uno strumento che definisce quando inizi e quando finisci per lei non era stato subito immediato […] non era entrata nella modalità invece che voleva dire essere retribuita per quello che quel segno lì alla mattina e il venir via dice insomma ecco poi per il resto insomma sono state tutte situazioni gestibilissime c’era da apprendere un po’ tutto quello che sono le norme igieniche un po’ che abbiamo all’interno di una struttura e che magari anche per un fattore culturale non ci sono nella base culturale di queste ragazze anche un po’ tutto il discorso di sanificare. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Tali difficoltà possono essere state aggravate da una limitata conoscenza della lingua, riscontrata in generale da tutti i datori di lavoro e che tende ad essere rappresentata come limite non solo materiale, ma anche culturale. Non si tratta di una generica conoscenza della lingua italiana, ma di una lingua per il lavoro e la specifica attività professionale.

Sì, le abbiamo chiesto se aveva già svolto simili mansioni. Beh, poi c’è anche il problema della lingua… purtroppo se non si ha modo di comunicare…. Lei un po’ di italiano lo sa, ma poco. A volte non capivi se lei aveva compreso la domanda iniziale, se tu avevi capito bene la sua risposta… Lei un po’ di inglese lo conosceva, ma anche il suo inglese era molto lacunoso. Non era sempre facile capirsi... Poi abbiamo trovato un modo per comunicare, ma all’inizio… (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Le difficoltà linguistiche possono essere considerate anche ostacoli non solo allo svolgimento del tirocinio lavorativo, ma anche alla sua conversione in assunzione. Se, infatti, nel caso del tirocinio formativo i limiti linguistici possono essere tollerati, lo stesso ragionamento non vale nel caso dell'assunzione dove le aspettative e le esigenze sono più alte e la conoscenza linguistica rappresenta un criterio di selezione:

La lingua: cioè il fatto che uno non capisce, che devi spiegare che gli dici prendi una cosa e non capisce che ti guarda con gli occhi così? quello sì cioè se devi dare un lavoro retribuito ti aspetti che insomma bene o male si arriva, cioè mica si può pretendere che tutti sappiano il francese o l’inglese, vero? cioè bisogna che sia un po’ il contrario ecco io su questa cosa punterei moltissimo perché è importante cioè tu entri in relazione (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

[nel colloquio di selezione] il secondo piano [di valutazione] più sostanziale è stato quello rispetto alla conoscenza della lingua perché questo servizio prevede la necessità di interagire con persone […] quindi un minimo conoscenza della lingua era necessario per poter scambiare quelle due informazioni basiche. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Fondamentale che imparino bene la lingua. Dopo di che hanno le strade aperte, almeno per tutti i colloqui. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Riconoscendo l'importanza che la conoscenza della lingua assume anche per entrare in relazione con gli altri attori con cui si condivide lo spazio lavorativo, alcuni datori di lavoro riportano come in alcuni casi incomprensioni di natura prevalentemente linguistica possano essere state amplificate anche da diversi approcci al mondo del lavoro. Diverse modalità di apprendimento del nuovo lavoro da parte delle donne accolte, come ad esempio la timidezza nel chiedere ulteriori spiegazioni o l’affermare di aver compreso la consegna tradendo tale affermazione poi nella pratica, sono stati interpretati come incidenti comunicativi che hanno talvolta portato ad incomprensioni relazionali più ampie

in quanto associati ad un’inadeguatezza di tipo culturale nello svolgere quel tipo di mansione:

Legate alla non comprensione e quindi si crea da un elemento tecnico, pratico, magari si genera un problema che poi diventa relazionale che mette in discussione in gioco tutto su questo livello direi che se devo identificare un limite vedo questo ancora che ha a che fare un po’ con ovviamente con la conoscenza e l’imparare una lingua nuova un po’ anche con l’impegno che ci viene messo; quindi un po’ ha a che fare con una parte tecnica, un po’ ha a che fare con una parte motivazionale, sicuramente una cosa che io ho notato e che diventa molto molto limitante è la questione della lingua nel senso che quella a volta dà un po’, al di là poi della personalità, perché poi la personalità si può anche tra virgolette aiutare ad educarsi un po’, no guarda no quando entri devi timbrare, poi ti vai a cambiare, si danno poi delle regole e si aiutano anche ad entrare in un clima diciamo più anche ortodosso, di che cosa vuol dire avere un lavoro, il rispetto, insomma tutti questi aspetti che fanno parte di un contesto lavorativo; la lingua diventa una grande discriminante nel senso che io partirei proprio, quello l’ho visto come un aspetto importante, prioritario, cioè senza lingua non fanno niente, cioè diventano comunque già si emarginano, diventano degli emarginati da soli insomma ecco questo sì, però in realtà la difficoltà più grande per loro non riesco a comunicare con loro, perché alcuni passaggi sarebbero sicuramente più facili, ma io non so come coinvolgerle su altre cose ecco. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Alla fine, quando ho parlato con le operatrici, mi hanno detto che è andata be-nis-si-mo. l’unica cosa era che lei sì faceva tutto e bene, ma le mancava l’italiano, non parlava molto. Questo era un ostacolo. […] Soprattutto con un anziano che parla solo italiano – a volte solo il dialetto… – e, quindi, dicevano che doveva sforzarsi nel parlare, stavano zitte per spronarla a rispondere e parlare lei. […] Ad esempio, una ragazza anche brava nel fare… ma non parlava, non parlava, zero, non parlava con gli italiani, non si interfacciava con le famiglie… non poteva. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Dopo tutto quello che hanno passato, hanno questa opportunità, quindi dovrebbero “mangiarselo” questo lavoro, no? Invece a volte sono un po’… passive, timide. Molto timide. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Una debolezza è quando stanno in mezzo alla gente. Timide. […] Poi, piano piano, si sono inserite… All’inizio, però, hanno avuto un po’ di... “paura”. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Nonostante qualche datore di lavoro riconosca come i percorsi formativi realizzati grazie al Progetto Comunità di Accoglienza Casa Iride abbiano consentito alle donne accolte di potenziare l’apprendimento della lingua italiana e di avere una infarinatura generale su norme di sicurezza e igiene (grazie ad esempio a formazioni ad hoc come il corso HCCP o quello sulla sicurezza sul lavoro), differenziandosi dalle altre donne richiedenti asilo, le loro competenze, messe in discussione dai limiti prima descritti, le portano ad essere comunque considerate, agli occhi del mercato del lavoro, manodopera “poco competitiva”, anche per la maggiore lentezza nello svolgimento delle mansioni e la mancanza, almeno nelle fasi iniziali, di iniziativa:

Un punto di forza il fatto che fosse anche stata già attivata una formazione per loro, quindi sulla lingua italiana, che fossero già state inserite in percorsi formativi e che gli ha permesso quindi di avere già qualche nozione di base, sia dal punto da vista della lingua, linguistico, sia mi pare avessero fatto anche il corso, adesso non vorrei dire o sulla sicurezza o sull’Hccp comunque un corso ce l’avevano già quindi insomma un’infarinatura di qualcosa; secondo me il fatto di avere comunque una formazione basilare che sia anche sulla sicurezza o sulle norme igieniche ecco questa è una cosa che aiuta molto perché hai già qualcosa sulle quali appoggiare poi le future nozioni che tu vai ad aggiungere insomma e poi la lingua secondo me sono delle lavoratrici poco competitive da un punto di vista di una selezione iniziale perché comunque sia anche l’ostacolo della lingua fa, un po’ è quello secondo me che è il punto critico, perché poi nel momento in cui tu selezioni una persona ovviamente vai alla ricerca di qualcuno che ha un’esperienza o di qualcuno che conosca approfonditamente la lingua, se non continuamente stimolate tenderebbero un po’ a fermarsi; ecco, per loro il fatto di continuare a trovare qualcosa da fare non fa parte […] dopo imparano e sono brave a fare le loro cose l’iniziativa è un po’ più difficile da coltivare ecco, si limitano abbastanza a vedere il loro compito, magari affinano anche la capacità di svolgerlo, però finito ad esempio qui si lavora in un ambito di anziani quindi molte volte parlano il dialetto, neanche l’italiano. Il non sapere le credenze culturali, non so, che sembra una stupidaggine però se l’anziano c’ha sul comodino il crocefisso con il rosario messo in un certo modo il capire che quella non è collana che va messa nel cassetto, ma è un rosario per la preghiera; ma è la difficoltà che incontra secondo me qualunque lavoratore che cambia proprio l’orizzonte culturale del posto in cui lavora. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

L’insieme di questi fattori influiscono sulla tipologia di relazione che la nuova inserita può instaurare con i colleghi nella quotidianità lavorativa. I limiti prima descritti, così come le modalità per affrontarli ed eventualmente superarli, possono assumere diversi significati nel tirocinio o nell’assunzione diretta, influendo direttamente sul tipo di relazione che la tirocinante o la neoassunta può instaurare con colleghi e colleghe. In generale, nel caso dei tirocini tale relazione tende a declinarsi in una prospettiva collaborativa e i colleghi mostrano maggiore disponibilità ad affiancare la tirocinante:

Avevo anche paura che ci fossero problemi con le colleghe. Invece, la cosa che mi ha sorpreso è che, ad esempio, una di loro è una leghista sfegatata ed io ero preoccupata, perché prima o poi avrebbe dovuto affiancarla anche lei. Invece le colleghe la hanno protetta molto. L?hanno aiutata. Soprattutto questa l’ha aiutata più di tutti, la andava a prendere se perdeva l’autobus… Secondo me, hanno visto che si dava da fare, faceva tutto quello che doveva fare, non dava disturbo, anzi… Quindi l’hanno protetta, soprattutto una di loro. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Tale atteggiamento, maggiormente inclusivo, risulta essere più difficile nei casi delle nuove assunzioni, dove si possono creare più facilmente delle ostilità e delle recriminazioni. L’estratto che segue mostra i significati materiali e simboli attribuiti alle due diverse esperienze da parte dei colleghi di lavoro:

Il personale lavorante che entrava in contatto e…. normali rapporti lavorativi, le spiegavano un po’ come fare alcune cose, ovviamente, il team lavora così. […] Il rapporto tra lavoratori è andato tutto sommato bene, anche se questa velocità lavorativa – ecco, perché bisogna dire che aveva tempi molto tranquilli, mentre chi lavora qua da tempo, ha ritmi più veloci – poteva creare attriti, ma…

non ho visto problematiche particolari. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Inizialmente è stata dura […] sempre inerente alla questione di capire che questa persona ci avrebbe messo un po’ più tempo ad imparare le cose ovviamente per loro era vissuto male perché quello che non fa lei lo devo fare io, un po’ questo meccanismo che scatta no? […] no il tirocinio no perché si sa che è una persona che non copre il turno ma è un affiancamento tuo; il tirocinio viene vissuto più positivamente perché pur avendo il tuo turno sai che hai una persona che ti aiuta alla quale puoi delegare alcune cose; il tirocinio è più, anche perché è diversa la finalità lei è qui per imparare; anche a livello del lavoratore cresce un po’ l’autostima, diventa un maestro che deve insegnare quindi insomma a livello di autostima questa cosa aiuta, anche perché poi c’è la scelta a chi affiancarla; non tutti i lavoratori che ho qua affiancano i tirocinanti quindi insomma; mentre [nell’assunzione era] una persona che doveva lavorare quindi coprire, era un’unità quindi se lei alla mattina non fa determinate cose ricadono su chi entra in pomeriggio in turno e le cose non fatte non sono non fatte per mancata voglia ma proprio perché c’era bisogno di un periodo un po’ più lungo di addestramento inizialmente questa cosa è stata vissuta male. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Il tirocinio rappresenta, innanzitutto, un’esperienza di tipo formativo in cui la nuova risorsa si presenta come un’unità aggiuntiva e non sostitutiva all’interno dell’organizzazione. Prevedendo un affiancamento costante, esso consente l’incremento del capitale sociale e relazionale del tutor formativo a cui la tirocinante è affiancata: capitale che può essere spendibile e fatto valere nei confronti dei quadri dirigenziali e dei propri colleghi. Una nuova assunzione invece va a sostituire un’unità lavorativa necessaria al funzionamento del servizio e le sue eventuali mancanze e inefficienze possono avere innanzitutto ricadute sul carico di lavoro dei colleghi che la affiancano e, se riconosciute come tali dal gruppo di lavoro e legittimate e “giustificate” dai quadri dirigenziali, possono generare dinamiche competitive ed espulsive. L’instaurazione di tali dinamiche ha anche rappresentato un ostacolo concreto all’assunzione della tirocinante a conclusione dell’esperienza formativa:

Io le posso dire quello che io ho capito dal gruppo di lavoro e quello che il gruppo di lavoro mi ha detto. Sicuramente si mettono in evidenza esclusivamente i punti che noi riteniamo negativi ovviamente, perché se avessero valutato tutti i punti positivi probabilmente, dopo c’è da dire purtroppo che il mondo nostro quanto meno gira sul denaro, sul risparmio di denaro, sull’investimento di denaro, sul denaro percepito e quant’altro. Fondamentalmente perché dicevano che era lenta, c’è sempre uno zoccolo in ogni struttura, quindi tolta lei c’è ne è un’altra che è comunque più lenta, cioè la più lenta c’è sempre in un gruppo, quindi magari tenendo lei era quella che poteva giustificare il resto del gruppo a non essere più lenti perché non c’era lei; effettivamente non era una persona veloce, ma già in Italia generalizziamo […] però purtroppo non possiamo discriminare lo stipendio, quindi, la persona che ci mette mezz’ora a pulirmi un tavolo, la persona che ci mette un’ora e mezza, paradossalmente rischiamo di premiare chi ci mette un’ora e mezza, è come in una corsa podistica andassimo a premiare l’ultimo perché ha corso più tempo del primo, in realtà no. Non è così purtroppo e quindi bisognava fare una nel gruppo di lavoro nostro la prospettiva è questa, devi fare veloce. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

ha stimolato una collaborazione ancora più fattiva rispetto alle esperienze di tirocinio, in quanto mirata a ridurre nel minor tempo possibile lo squilibrio di competenze esistente al fine di una più equa redistribuzione del carico di lavoro complessivo:

Il personale lavorante che entrava in contatto e…. normali rapporti lavorativi, le spiegavano un po’ come fare alcune cose, ovviamente, il team lavora così. […] Il rapporto tra lavoratori è andato tutto sommato bene, anche se questa velocità lavorativa – ecco, perché bisogna dire che aveva tempi molto tranquilli, mentre chi lavora qua da tempo, ha ritmi più veloci – poteva creare attriti, ma… non ho visto problematiche particolari. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

È arrivata la persona e abbiamo fatto come ci siamo comportati come facciamo con qualsiasi altra persona che entra nel nostro contesto, quindi ha un momento di affiancamento, che possono essere due o tre giorni, […] abbiamo valorizzato questo ingresso perché secondo me se le persone vengono comunque accolte in più diventano una sorta di pseudo-tirocinio così che alla fine ho visto non ne fa conto nessuno, cioè si fa fatica; qui invece era proprio programmato avevamo un’assenza lunga cioè una signora che doveva assentarsi per tanto tempo e, quindi, erano anche motivati diciamo i lavoratori che l’accoglievano perché doveva imparare per poi dare realmente una mano perché sostituiva un’unità e questo secondo è sempre funge da incentivo e stimolo e così è andata io l’ho approcciata con molta professionalità ed è partita ha fatto i suoi giorni di affiancamento. (Responsabile di tirocinio/Datore di lavoro)

Anche in questo caso quindi il Progetto Comunità di Accoglienza Casa Iride ha permesso di illuminare dinamiche strutturali più ampie. Se da un lato, le sue finalità sociali sono state accolte da alcuni settori del mercato del lavoro, che si possono definire più “sensibili”; dall’altro lato, gli inserimenti lavorativi hanno mostrato come anche tali realtà possano rispondere a logiche neoliberali basate sull’efficienza, la produttività e meccanismi premiali, generando dinamiche concorrenziali e minacciando la creazione di legami di solidarietà tra lavoratori che si trovano nella stessa posizione. In questo senso, la “funzione specchio” svolta dall’immigrazione” (Sayad, 1999; 2006), riflettendo e rivelando le caratteristiche e le dinamiche della società di “arrivo” nella loro interezza, le sue organizzazioni politiche ed economiche, ha consentito di illuminare i meccanismi di esclusione sociale di cui sono vittime tutti i lavoratori e le lavoratrici che non riescono a stare al passo con un mercato del lavoro che li vuole sempre più veloci.

Infine, un ulteriore limite che è stato evidenziato è quello relativo ai trasporti, che mette sempre in relazione le condizioni strutturali del contesto locale con le capacità e competenze delle donne accolte. La mancanza della patente e di una macchina a disposizione, unita all’insufficienza e inefficienza della rete di trasporti pubblici,