• Non ci sono risultati.

Insorgenza di antibiotico resistenza negli operatori sanitari

CAPITOLO 3. RISULTATI DELLA RICERCA

3.3 Insorgenza di antibiotico resistenza negli operatori sanitari

La prolungata esposizione degli operatori agli agenti antimicrobici causa lo sviluppo, da parte dei batteri appartenenti alla normale flora commensale, di antibiotico resistenza verso agli antibiotici a cui avviene l’esposizione. Questo comporta la limitazione della scelta di antibiotici per il trattamento delle infezioni (Malo et al. 2014). Operatori sanitari e pazienti esposti ad agenti antimicrobici, anche indirettamente, sviluppano nella propria microflora resistenza agli antimicrobici ed immettono questi microorganismi in una catena di trasmissione e diffusione ad altre persone e all’ambiente. Lo Staphylococcus aureus è un microorganismo appartenente alla normale flora commensale e ha sviluppato nel tempo resistenza alla meticillina (Rashid Z et al, 2012).

Rashid (2012) con uno studio trasversale effettuato in Pakistan in un ospedale pediatrico stima il tasso di colonizzazione da Staphylococcus aureus meticillina resistente di alcune classi di lavoratori, e indaga i fattori di rischio associati all’insorgenza di resistenza. Il campione di 129 lavoratori comprendeva 27 medici, 33 infermieri, 22 addetti alle pulizie e 47 soggetti del personale amministrativo.

Il tasso più elevato di resistenza è stato riscontrato negli infermieri (66% positivi allo S. aureus e 27.3 % positivi allo Staphylococcus aureus meticillina resistente), seguiti da medici (51.8% e 18.5%), addetti alle pulizie (59%, 13.6%), mentre il personale amministrativo ha presentato un tasso di contaminazione molto basso.

Il tipo di professione è un fattore di rischio associato all’insorgenza di antibiotico resistenza (Rashid Z et al, 2012).

Gli studi che seguono indagano come in ambito farmaceutico e sanitario i lavoratori sono esposti al rischio d’insorgenza di resistenze, considerando le stesse classi di antibiotici.

Sarker (2014) ha indagato tramite uno studio sperimentale, l’esposizione occupazionale dei lavoratori in ambito farmaceutico, su un campione di 20 operatori appartenenti a diverse compagnie farmaceutiche in Bangladesh. Gli agenti antimicrobici a cui erano esposti a lavoratori erano: tetraciclina, penicillina, oxacillina, co-trimoxazole,

25

erythromycina, azithromycina, clindamycina, gentamicina, ciprofloxacina, vancomycina, daptomycina, levofloxacina, cloranfenicolo.

Gli operatori inclusi nello studio lavoravano nella produzione degli antibiotici da almeno tre anni, non erano mai stati sottoposti a una terapia antibiotica nei precedenti tre mesi dalla raccolta dei campioni per lo studio, e non avevano alcuna malattia incluse le allergie e lesioni cutanee. I risultati ottenuti da questo campione sono stati confrontati con quelli ottenuti da un campione di controllo composto da altrettanti lavoratori in altri settori, sani e non sottoposti a terapia antibiotica negli ultimi tre mesi.

Campioni ematici, da tamponi nasali ed espettorato sono stati raccolti e sottoposti a test di suscettibilità microbiologica agli antibiotici maggiormente utilizzati. I campioni ematici sono risultati negativi, mentre negli altri sono stati isolati batteri delle specie Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa e Escherichia coli che sono risultati resistenti agli antibiotici saggiati in entrambi i campioni di lavoratori con un grado di resistenza dei batteri tanto maggiore quanti più erano gli anni di esposizione occupazionale dei lavoratori. Nello studio sono assenza informazioni sull’utilizzo delle precauzioni da contatto da parte dei lavoratori coinvolti.

I lavoratori in ambito sanitario presentano un’elevata resistenza multipla agli antibiotici (Evelien ME et al, 2015).

Evelien (2015) ha condotto uno studio osservazionale svolto in Olanda nel 2015, su dati provenienti da 8 paesi europei (Austria, Belgio, Croazia, Francia, Ungheria, Olanda, Spagna e Svezia) raccolti dal centro europeo APRES (The appropriateness of prescribing antibiotics in primary health care) che ha coinvolto 6.137 persone sane appartenenti alla popolazione generale, non sottoposte a trattamento con antibiotici negli ultimi tre mesi, 50 % maschi e 50 % femmine.

Lo studio ha individuato i fattori di rischio per l’acquisizione di antibiotico resistenza tramite valutazione del tasso d’insorgenza di antibiotico resistenza del batterio Staphylococcus aureus (appartenente alla normale flora commensale).

Il microorganismo è stato isolato da 28.929 campioni di tamponi nasali sottoposti a test di suscettibilità a 12 antibiotici: tetraciclina, penicillina, oxacillina, co-trimoxazole, erythromycina, azithromycina, clindamycina, gentamicina, ciprofloxacina, vancomycina, daptomycina and linezolid.

Il 77% di 6.093 campioni di tamponi nasali sono risultati resistenti ad almeno un antibiotico, 7,1% a tre o più antibiotici (multiresistenza), 1,3% dei campioni era resistenti alla meticillina. Si evidenzia una variabilità in termini di esposizione agli

26

antibiotici sia tra gli stati partecipanti sia nei singoli stati. L’esposizione è stata valutata analizzando il numero di confezioni di antibiotici prescritti a persona ogni 100 soggetti: questo numero risulta <20% in Svezia e Francia mentre è elevato in Croazia, Ungheria e soprattutto in Spagna con 68,7 confezioni prescritte su 100 soggetti.

Dallo studio emerge che i fattori di rischio per insorgenza di antibiotico resistenza sono risultati: lo svolgere un lavoro in ambito sanitario, la giovane età, lavorare con i bambini o in ambito veterinario. Su un numero di 5.191 campioni in cui è stato isolato lo Staphylococcus aureus risulta che i professionisti sanitari hanno un rischio di 1,7-1,9 volte maggiore di insorgenza di antibiotico resistenza nella flora commensale in particolare dello S. aureus presente nella flora commensale nasale (stima del rischio: Odd ratio= 1,72 su un intervallo di confidenza al 95% di 1,14-2,60).

Gomes (2014) valuta, tramite uno studio trasversale, i fattori di rischio che espongono alla colonizzazione con Staphylococcus aureus e S. aureus meticillina resistente, gli infermieri di un ospedale pediatrico di Rio de Janeiro (Brasile) nel 2012.

Lo studio ha coinvolto un campione di 178 infermieri con un età di 43.6 ± 10.1 anni, 87.6% femmine, 52.8% del campione totale impiegati da più di 10 anni nello stesso reparto. La colonizzazione con i batteri resistenti è stata stimata con la raccolta e analisi colturale di tamponi nasali: del campione totale il 33.1% (n=59) degli operatori sanitari sono risultati colonizzati da Staphylococcus aureus e 5.1% (n=9) colonizzati da Staphylococcus aureus meticillina resistente.

I fattori di rischio indagati sono: età, durata del periodo lavorativo e professione infermieristica. Dallo studio di evince che il tipo di professione è l’unico fattore che ha un’associazione significativa con la colonizzazione dello Staphylococcus aureus meticillina resistente: gli infermieri colonizzati sono risultati 16.7% (n = 5), (p = 0.022). Il rischio degli infermieri di essere colonizzati dallo Staphylococcus aureus meticillina resistente è di 11.6 volte maggiore (IC al 95%, 1.2-110.7), nello specifico nel reparto di pediatria, rispetto ad altri reparti.

La colonizzazione con batteri resistenti per esposizione professionale rende i soggetti coinvolti dei portatori che veicolano e diffondono i batteri sia in ambito sanitario sia nella comunità, in quanto i batteri resistenti diventano parte della loro normale flora commensale (Gomes IM et al, 2014).

Tale affermazione è sostenuta anche da Archana (2014) con un rischio di contaminazione proporzionale all’esposizione lavorativa ai microorganismi.

27

Lo studio prospettico svolto in Arabia Saudita ha effettuato campionamenti del batterio Staphylococcus aureus, tramite tamponi nasali in un campione di 100 professionisti sanitari (gruppo sperimentale) e 50 studenti universitari (gruppo di controllo); il 73% dei professionisti sanitari sono risultati portatori nella loro flora commensale della mucosa nasale dello Staphylococcus aureus meticillina resistente, mentre nessuno studente è risultato portatore. Dal confronto tra i due gruppi emerge che i professionisti sanitari sono portatori del batterio a causa dell’esposizione professionale al contatto con il batterio.

28

CAPITOLO 4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Documenti correlati