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L'INTEGRAZIONE TRA IL DISPOSITIVO COMUNITARIO E QUELLO NAZIONALE IN MATERIA DI ASILO

Nel documento Corso di Laurea triennale in Sociologia (pagine 51-60)

Contemporaneamente allo scoppio delle numerose emergenze migratorie durante gli anni Novanta alcune introduzioni nel corpus nazionale e comunitario, seppur non direttamente riguardanti la materia, hanno avuto un forte impatto sulla sua stessa disciplina. Il decreto legge n. 451/1995 convertito poi nella legge 563/1995 (nota anche come “legge Puglia”) istituiva alcuni centri di prima accoglienza per “persone prive di qualsiasi mezzo di

sostentamento e in attesa di identificazione o espulsione”; queste stesse strutture

assorbiranno poi la funzione di primo intervento garantito fino al rilascio del permesso di soggiorno per i richiedenti asilo. Sempre a livello nazionale ha avuto ancor più impatto la legge 40/98, cosiddetta legge Turco-Napolitano, confluita assieme alle altre disposizioni normative affini nel “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” introduce così disposizioni che intervengono su fondamentali aspetti della normativa in materia d'asilo, quali il principio di

non refoulement che viene confermato (art.19) e introducendo la “protezione temporanea”

(art.20) per eventi eccezionali, nonché predisponendo l'istituzione dei centri di prima accoglienza per stranieri presenti regolarmente sul territorio (art. 40). In particolare l'art. 40 definisce la possibilità che le Regioni, assieme all'intervento di Province e Comuni, associazioni e organizzazioni di volontariato allestiscano strutture in grado appunto di ospitare gli stranieri regolarmente soggiornanti i quali si trovano temporaneamente in 10 Dati del capitolo provenienti da Ministero dell'Interno, dati elaborati da ISMU e Centro Ricerche IDOS.

situazioni di disagio e siano incapaci di provvedere a se stessi ed alle proprie esigenze. Di conseguenza questi diventano luoghi di accoglienza anche per i richiedenti asilo, i rifugiati e le persone titolari di altre forme di protezione. Diviene però di ancora maggiore rilevanza la legge di autorizzazione alla ratifica del 23 dicembre 1992, n. 253, della cosiddetta “Convenzione di Dublino”, la quale a sua volta nasce con l'intento comunitario di armonizzare le politiche europee con quelle nazionali in tema di riconoscimento del diritto d'asilo nonché di strutturare un rapporto di cooperazione intergovernativa sul tema. La legge Turco-Napolitano subisce significative modifiche dall'approvazione della legge n. 189 approvata il 30 luglio 2002, o legge Bossi-Fini, che allo stesso tempo rivisita piuttosto radicalmente l'art. 1 della legge Martelli. La nuova disciplina sull'immigrazione tende a perseguire lo stesso obiettivo della precedente, anche con strumenti diversi, ma soprattutto cambia l'approccio alla disciplina sull'asilo. In particolare la legge Bossi-Fini istituisce una doppia procedura d'asilo: una semplificata rivolta a tutti i richiedenti asilo trattenuti obbligatoriamente nei Centri di identificazione e permanenza temporanea, ed una invece ordinaria per i richiedenti asilo non soggetti all'obbligo di trattenimento. Inoltre nasce un nuovo sistema di accoglienza realizzato tramite l'istituzione di Centri di identificazione e del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR). La Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato si trasforma in Commissione nazionale per il diritto di asilo; a questa sono attribuiti compiti di indirizzo e coordinamento delle Commissioni territoriali, di formazione e aggiornamento dei componenti delle medesime e di raccolta dei dati statistici. La Commissione nazionale detiene inoltre il potere decisionale per quanto riguarda le revoche e le cessazioni degli status concessi.

Il sistema di accoglienza nazionale, regolamentato dal D.L. 18 agosto 2015 n.142 è gestito a livello centrale dal Tavolo di Coordinamento Nazionale, insediato presso il Ministero

dell'Interno; quest'organo dispone a cadenza annuale un piano nazionale per l'accoglienza che sulla base delle previsioni di arrivo per il periodo considerato indica il necessario numero dei posti da destinare a questa finalità. Il Ministero dell'Interno predispone in seguito, tramite una circolare annuale, la distribuzione per quote regionali e la programmazione viene attuata a livello territoriale tramite Tavoli di Coordinamento Regionale insediati presso le Prefetture del capoluogo di regione, le quali individuano i criteri di localizzazione e ripartizione dei posti disponibili per l'accoglienza in ciascuna delle regioni italiane. Ho in precedenza già accennato all'introduzione degli hotspot nei Paesi di frontiera (in questo caso Italia e Grecia), che a partire dal 2015 sono subentrati come centri di smistamento e identificazione per separare i candidati all'asilo dai cosiddetti migranti economici. Allo scopo di fronteggiare al fenomeno migratorio ed alle proporzioni sempre più crescenti dello stesso, nonché per scongiurare il susseguirsi di perdite di vite umane in mare la Commissione Europea ha presentato in data 13 maggio 2015 l'Agenda Europea sulla Migrazione il cui contenuto si riferiva a quelle che dovrebbero essere state le azioni immediate per “agire rapidamente e con determinazione di fronte alla tragedia umana che si consuma in tutto il Mediterraneo”. Viene introdotto così il cosiddetto “sistema hotspot”. Con questa introduzione l'Europa tende dare sostegno agli Stati membri impegnati in prima linea nell'affrontare i massicci sbarchi per quanto riguarda le coste italiane e greche. Fisicamente gli hotspot compongono un'area designata, spesso in prossimità di un luogo di sbarco, nel quale si fa sì che i migranti in arrivo possano sbarcare in sicurezza e vengano successivamente sottoposti ad accertamenti medici, ricevendo le prime informazioni riguardo la normativa vigente in tema di immigrazione ed asilo. In seguito le autorità procedono ad una pre-identificazione e dopo aver informato i migranti sulla possibilità e le dinamiche per l'ottenimento della protezione internazionale, procedono con la segnalazione fotografica degli sbarcati. Gli hotspot operativi in Italia sono situati a

Lampedusa, il maggiore dei centri di accoglienza con una capienza di 500 posti ed operativo dal 1 ottobre 2015; quello di Trapani che può accogliere 400 persone, reso operativo a partire dal 22 dicembre 2015; seguono poi l'hotspot di Pozzallo con una capienza pari a 300 posti ed operativo partire dal 19 gennaio 2016 ed infine il centro pugliese di Taranto, operativo dal 29 febbraio 2016 e con un'accoglienza massima pari a 400 posti. L'ipotesi di attivazione di centri anche ad Augusta e a Porto Empedocle sembra essere ad oggi del tutto sfumata, mentre sarebbe in fase di implementazione l'utilizzo di “hotspot mobile team” allo scopo di poter coprire anche eventuali sbarchi fisicamente distanti rispetto alla locazione di hotspot fissi. All'interno delle strutture vi sono numerosi centri governativi suddivisi in: CPSA (Centri di Primo Soccorso e Accoglienza), CDA (Centri Di Accoglienza), CARA (Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo) ed i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), istituti nati inizialmente allo scopo di sopperire alla mancanza di posti in caso di arrivi massicci e che ad oggi costituiscono la modalità ordinaria di accoglienza. Inoltre vi è la collaborazione dal punto di vista organizzativo di autorità nazionali e non, quali UNHCR e OIM, i quali collaborano strettamente con i team europei di supporto, composti a loro volta dal personale Frontex (EU Border Agency), Europol (EU-Police Cooperation Agency) ed Easo (European Asylum Support Office) ed infine Eurojust (EU-Judicial Cooperation Agency). Le Prefetture in quanto organi nazionali sono preposte ad individuare queste strutture in convenzione con cooperative, associazioni, strutture alberghiere e secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. La durata della permanenza in questi centri è prevista fino alla notifica della decisione della commissione territoriale in merito all'istanza di protezione internazionale. Oltre all'approccio hotspot l'Agenda Europea sulla Migrazione ha introdotto il nuovo meccanismo di relocation basato sull'attivazione del sistema di emergenza ex articolo 78, paragrafo 3, del Tfue (Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea). Tale introduzione,

adottata nel settembre 2015 dal Consiglio dell'Unione Europea, stabiliva la ricollocazione di 180mila persone nell'arco di due anni, le quali necessitavano di protezione internazionale da Grecia, Italia ed altri Stati membri in base alle quote messe a disposizione da ogni Stato. Il sistema hotspot e la ricollocazione sono strettamente correlati tra loro, alla luce del fatto che la ricollocazione è resa possibile proprio attraverso le procedure di identificazione e segnalamento fotografico del primo. Sono previste anche misure particolari di accoglienza per minori di stranieri non accompagnati e per persone portatrici di particolari esigenze quali anziani, donne in stato di gravidanza e per la categoria dei cosiddetti “vulnerabili”. Nel caso in cui la domanda di asilo venga accettata, i titolari di protezione vengono trasferiti nelle strutture che fanno riferimento al Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) promosso dal Ministero dell'Interno e costituito dalla rete degli enti locali che per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo Nazionale per le politiche e i servizi d' asilo. Gli enti locali con il prezioso supporto di molte realtà promosse dalla società civile garantiscono interventi di accoglienza integrata e, oltre ad offrire vitto e alloggio, mettono a disposizione iniziative riguardanti informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento attraverso la costruzione di percorsi individuali di inserimento socio-lavorativo. Numerose di queste pratiche nate in questi ultimi anni hanno permesso di rendere il sistema di accoglienza relativamente efficiente e articolato capillarmente sul FONTE: dati elaborati dal Ministero dell'Interno

territorio; questo prevede inoltre il coinvolgimento finora di 800 comuni italiani, anche se purtroppo questi sono numeri ancora insufficienti per poter far fronte alle necessità in continuo aumento. Risulta inoltre che lo SPRAR non sia effettivamente in grado di assorbire tutti coloro che hanno ricevuto protezione. I dati di luglio 2016 parlano di 30.000 persone che hanno raggiunto i servizi su un totale di 135.000 accolti per quanto riguarda i

dati che si riferiscono a luglio 2016, evidenziando così lo stato di criticità in cui versano i servizi per l'accoglienza in questi ultimi anni caratterizzati da massicci flussi migratori in direzione delle nostre coste. Pur dovendo fare i conti con afflussi quantitativamente senza precedenti storici di migranti in questi anni l'Italia è stata in grado di accogliere e ridistribuire gli immigrati su buona parte del territorio nazionale, creando così un modello di accoglienza diffusa frutto della collaborazione tra istituzioni statali, realtà associative di base ed enti locali. Nonostante tutto vi sono state, a partire da settembre 2015, gravi preoccupazioni rispetto proprio il sistema hotspot con denunce riguardanti gravi violazioni di diritti fondamentali dei migranti. Si parla di casi di respingimenti arbitrari, trattenimento coatto senza l'apporto di alcun controllo giudiziario e per periodi maggiori alle quarantotto ore previste legalmente, oltre che di casi di negazione dell'accesso alla procedura d'asilo e uso della forza per l'identificazione delle persone in arrivo. Inoltre risulta come sia alto il rischio all'interno degli hotspot di erronee identificazioni di migranti minorenni, data la necessaria rapidità con la quale vengono svolte le procedure nazionali di accertamento dell'età dichiarata. Sta di fatto che comunque in Italia è tutt'ora mancante la legittimazione di tipo giuridico del sistema hotspot; questi sono istituiti con la Circolare del Ministero dell'Interno in data 6 ottobre 2015, ma mancano di regolazione da parte di leggi.

Le ragioni del costante aumento di individui che necessitano di protezione internazionale nel quadro globale sarebbero, secondo il rapporto del Global Trends. Forced

Displacement in 2015 essenzialmente tre: le crisi interne che inevitabilmente causano

grandi flussi di migranti forzati (tra i quali rifugiati) durano in media più a lungo; si verificano con maggiore frequenza nuove situazioni drammatiche o peggiorano ulteriormente crisi già in atto; infine la tempestività con la quale si ricercano e trovano soluzioni per rifugiati e sfollati interni è andata in diminuzione dalla fine del periodo della Guerra Fredda. I dati a riguardo sono chiari: lo stesso UNHCR registrava nel 2005 una

media di circa 6 persone costrette a fuggire dalla propria residenza ogni minuto; lo stesso dato aggiornato ad oggi è salito a 24 ogni minuto. Negli ultimi anni l'attenzione pubblica è stata rivolta alle difficoltà dell'Europa nella gestione dell'ammontare di circa un milione di rifugiati ma si tratta pur sempre di una percentuale residuale dell'ammontare complessivo di questi: l'86% dei rifugiati a livello mondiale, affermano i dati delle Nazioni Unite, troverebbero infatti accoglienza in paesi a basso o medio reddito, peraltro spesso confinanti con le aree di conflitto. La Turchia detiene il primato per ospitare rifugiati con numeri che arrivano a 2,5 milioni, mentre il Libano accoglie il più alto numero di rifugiati rispetto alla proporzione della popolazione nel paese con una stima pari a 183 rifugiati ogni 1000 abitanti. Nel Sud dell'Europa gli sbarchi via mare hanno raggiunto proporzioni epiche superando di poco il milione secondo le stime dell'UNHCR; solo in Italia se ne sono contate 153.842 (il record per gli sbarchi nel 2015 appartiene alla Grecia con 844.176 arrivi). Del totale degli arrivi quasi la metà (49%) erano siriani in fuga dall'insostenibile situazione interna al loro paese mentre il restante era composto persone provenienti dall'Afghanistan e dall'Iraq, in analoghe situazioni. Il già citato accordo tra Unione Europea e Turchia del 20 marzo 2016 ha attenuato sensibilmente gli arrivi via mare registrati in Europa ed in Italia in particolare la diminuzione rispetto l'anno precedente è stata del 9%. Tale variazione si spiega in primo luogo con la forte diminuzione di cittadini siriani in fuga, passati dall'essere i primi per quanto riguarda gli sbarchi in Italia del 2014 con (42.323 sbarchi) ai 7.444 del 2015 secondo i dati del Ministero dell'Interno.

ITALIA. Migranti arrivati via mare per nazionalità, valori assoluti (2014 e 2015)

2014 2015 Siria 42.323 Eritrea 38.612 Eritrea 34.329 Nigeria 21.886 Mali 9.938 Somalia 12.176 Nigeria 9.000 Sudan 8.909 Gambia 8.707 Gambia 8.123 Palestina 6.082 Siria 7.444 Somalia 5.756 Mali 5.725 Senegal 4.963 Senegal 5.751 Bangladesh 4.386 Bangladesh 5.039 Egitto 4.095 Marocco 4.486 Altre 40.521 Altre 35.664

FONTE: Ministero dell'Interno

Il dato è però in controtendenza con l'aumento di 20mila domande di protezione internazionale dal 2014 al 2015: in totale per quanto riguarda i dati del secondo periodo le domande di protezione presentate da migranti forzati sono state 83.970. Se, come già riportato, il numero degli sbarchi di siriani è stato attenuato dall'accordo Ue-Turchia, i dati del 2015 presentano una forte presenza negli arrivi via mare di eritrei (38.612), nigeriani (21.886) e somali (12.176) nelle prime tre posizioni della tabella. A fronte di un numero così alto di eritrei, però, solo 729 sono state le richieste d'asilo di questi presentate al governo italiano, il resto di essi perlopiù si è trovato in una sorta di sosta intermedia europea con la speranza di proseguire il cammino verso i paesi del Nord Europa. Situazione analoga per quanto riguarda i migranti siriani: dei 7.387 sbarchi nel Sud Italia 497 sono state le domande presentate per ottenere l'asilo. Il trend si ripresenta anche per gli sbarcati di nazionalità somala (747 richiedenti protezione su 11.242 sbarcati) e sudanese, per i quali i dati si assestano a 270 richiedenti su un totale di 8.766 sbarcati. La tendenza sembra però arrestarsi quando, all'inizio del 2016, sono state presentate ben 40.512 richieste di asilo al governo italiano, con un incremento del 58% in più rispetto al medesimo arco temporale del precedente anno. Per poter dare risposte efficaci a tali flussi occorre riuscire ad individuare le condizioni dei soggetti, partendo dal loro status giuridico che obbliga all'accoglienza nei casi di richiedenti asilo e minori non accompagnati in accordo alla convenzione di Ginevra, all'accordo di Schengen e al trattato di Dublino, tutti e tre sottoscritti dall'Italia. Le caratteristiche, riguardanti in particolar modo lo SPRAR, possono essere sintetizzate in una crescita in termini quantitativi del sistema che oggi offre una capacità di accoglienza tripla, la diffusione per quanto riguarda tutte le regioni italiane di centri di accoglienza e di migranti accolti, con un atteggiamento uniforme. Inoltre vi è un'assistenza ad hoc per richiedenti asilo e soggetti vulnerabili, oltre che per minori

stranieri non accompagnati. Da segnalare miglioramenti per quanto riguarda la creazione in molti centri SPRAR di lezioni di lingua, formazione professionale ed orientamento legale e lavorativo, spesso culminato con un effettivo inserimento nella società locale, un'impostazione basata sulla logia dell'assegnazione tramite gara di contratti ed assegnazioni di appalti ad enti gestori, più che uno “stato d'emergenza”. Il forte ammodernamento del sistema generale di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati è stato determinato dall'approvazione del D.L. 18 agosto 2015, n. 142, in attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e della direttiva 2013/32/UE recante a sua volta procedure comuni ai fini del riconoscimento della revoca dello status di protezione internazionale. A livello nazionale il sistema di soccorso e prima assistenza continuano ad essere svolte nelle strutture legate alla legge Puglia (Decreto Legge 30 ottobre 1995, n. 451) e per quanto riguarda la prima accoglienza il D.L. 142/2015 istituisce i centri governativi di prima accoglienza la cui gestione è affidata, come recita il testo, “ad enti locali, anche associati, alle unioni o consorzi di comuni, ad enti pubblici o privati che operano nel settore dell'assistenza ai richiedenti asilo o agli immigrati o nel settore dell'assistenza sociale , secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici”. Per quanto riguarda, invece, la fase di seconda accoglienza il D.L. Regola il trasferimento dei richiedenti asilo che abbiano completato le operazioni di identificazione, che siano inoltre privi di mezzi e ne facciano richiesta, nei centri del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, regolamentati dal successivo. Nel caso in cui si verificassero situazioni di temporanea indisponibilità dei centri SPRAR, viene stabilita la permanenza nei centri di prima accoglienza esclusivamente “per il tempo strettamente necessario al trasferimento”. Sono in seguito intervenuti una serie di provvedimenti legislativi, tra i quali la Roadmap di settembre 2015, la quale ha agito sostanzialmente ridisegnando il sistema per tenere

conto dell'Agenda europea sulle migrazioni per incrementare l'azione di canalizzazione degli arrivi in determinate serie di porti di sbarco, dando di fatto il via all'attivazione dei già descritti hotspot11.

Nel documento Corso di Laurea triennale in Sociologia (pagine 51-60)

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