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Interdizione di accumulo

3. DIRITTI E DOVERI DELLA ZAKĀT

3.2 Interdizione di accumulo

Essere ricchi non è un peccato, la ricchezza non equivale al male, se tutti i musulmani ricchi adempiono al pagamento della tassa. Infatti nei testi musulmani né una né l’altra sono ritratte come intrinsecamente giuste o sbagliate, forse

116 Ibid, p. 145. 117 Ibid, pp. 147-148.

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perché entrambe sono attribuite a Dio118. Essere poveri non fornisce una licenza esclusiva diretta per il paradiso dal momento che il paradiso è aperto anche ai ricchi. Tuttavia il Corano avverte bene i trasgressori:

«O voi che credete! Non privatevi, come fossero illecite, delle buone cose che Iddio v’ha reso lecite, senza però far passare la misura, ché Dio non ama i trasgressori. – Mangiate delle cose lecite e buone che Dio non vi riprenderà per una svista nei vostri giuramenti, bensì vi riprenderà per aver concluso giuramenti che avete poi violato: in tal caso l’espiazione sarà il nutrire dieci poveri con cibo medio di cui nutrite le vostre famiglie, o il vestirli, o l’affrancamento di uno schiavo. Chi non troverà mezzi per far questo, digiuni tre giorni. Questa è l’espiazione per aver violato i vostri giuramenti quando vi sarete impegnati. Mantenete dunque i vostri giuramenti! Così Iddio vi dichiara i Suoi Segni affinché per avventura Gli riconoscenti» (V,87-88).

Il permesso di godere delle bontà di Allah non è privo di qualificazione, anzi è ristretto da un’importante condizione: la moderazione. La credenza del consumatore musulmano in un sistema di ricompense e punizioni nella vita e nell’aldilà permea e influenza il modo in cui questo spende il suo capitale e soddisfa i suoi bisogni. Il principio si applica quindi alla spesa dedicata ai beni e servizi di consumo, tanto quanto alla relazione tra lo spendere e il risparmiare, senza troppo accumulare.

Il capitale è visto come lavoro immagazzinato incarnato in prodotti e usato nel processo di creazione di altrettanti beni utili. Il capitale non è la conseguenza del lavoro solamente, piuttosto del lavoro combinato con risorse naturali che compongono il capitale immagazzinato. Queste risorse sono le donazioni di Dio per rendere la terra abitabile, valorizzate poi dal lavoro dell’uomo il quale è visto dall’islam come un importante fattore nei processi di produzione che mirano ad aumentare l’utilità delle risorse naturali divinamente assegnate all’uomo119

. Dal momento che possedere una ricchezza per generare altra ricchezza è un comportamento ḥarām (vietato), se non tramite il lavoro e il duro impegno personale, la posizione del consumatore circa il risparmio del capitale andrebbe osservata alla luce di alcuni fattori.

118 Singer A., Charity in Islamic societies, p. 154.

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Innanzitutto la responsabilità domestica, ovvero il bisogno e il dovere di mantenere la famiglia da parte del capofamiglia; un lascito ereditario che inevitabilmente crea un accumulo di capitale acquisisce elevata priorità ma sarà in un secondo momento ricompensato da Dio nell’aldilà; la precauzione contro qualsiasi tipo di evento che possa portare ad una povertà strutturale e/o accidentale. Il rinvio del consumo e l’accumulo di ricchezza provenienti dal desiderio di essere ricchi devono sempre essere permeati dal principio di moderazione, altrimenti se si conduce uno stila di vita misero e avaro con l’unico scopo di essere ricchi, si verrà condannati. Infine la condizione di accumulo subentra al fine di contribuire al pagamento della zakāt.

El-Ashker A. F. e Wilson R. ritengono che accumulare beni non è considerato come una politica razionale nel comportamento del consumatore, il quale viene invitato al risparmio e all’investimento riducendo al minimo il capitale.

«D’altronde anche se la zakāt incoraggia all’utilizzo del denaro alcuni consumatori, per evitare il pagamento della tassa, una porzione di entrate si dovrebbe indirizzare in attività economiche e scoraggiare l’istinto di accumulo»120

.

D’altro canto questa affermazione porta a riflettere sul concetto di proprietà in ambito musulmano: la proprietà per sua essenza non è l’affermazione né la negazione di un diritto bensì una relazione fra la consapevolezza e le sue possibilità di azione. Questo rapporto costituisce l’occasione per un’utilizzazione nel rispetto di un’etica confermata da un ordine supremo. Varriale E. distingue le categorie di beni commerciabili e non. Per la prima lo scambio è libero, per la seconda ne è proibito. A loro volta i beni si distinguono in beni mobili ed immobili e infine tra beni fungibili e infungibili.

«Questa distinzione è importante nel diritto islamico in quanto è fatto divieto di alienare certe cose fungibili per un peso o una quantità maggiore di altre cose ma appartenenti allo stesso genere: questo scambio dà luogo alla ribāʼ (usura)»121.

120 Ibid, p. 72.

121 Varriale, E., La Legge Sacra, diritto e religione nell’Islam, Stamperia della Frontiera SA,

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Da sempre è stato vietato questo tipo di comportamento, nella Sunna come anche nel Corano.

Nella Sunna è scritto che un prestito può avere luogo in due casi. In primo luogo può scaturire a seguito dello scambio di materie prime, od oggetti con oggetti dello stesso tipo, con consegna immediata. In questo caso la ribāʼ risulta proprio da un possibile incremento della quantità. Si può scambiare oro con oro e non oro con dell’argento: lo scambio non deve portare a nessun tipo di guadagno. La ribāʼ può avvenire anche dallo scambio di oggetti sempre dello stesso tipo ma con una consegna posticipata. Anche qui si può scambiare grano con grano e non vi deve essere nessun tipo di guadagno122. Qualora queste condizioni non siano rispettate di sta disobbedendo a Dio e infrangendo la legge.

Si può parlare quindi di interessi considerati eccessivi ed illegali provenienti dalla vendita di beni, anch’essi illegali oppure di interessi che sono stati maturati a seguito di un prestito, apparentemente non libero da interessi, senza alcuno sforzo da parte del prestatore.

Nel Corano è condannato esplicitamente:

«Coloro che praticano l’usura, il dì della Resurrezione sorgeran dai sepolcri come chi è reso epilettico dal contatto si Satana. Questo perché essi hanno detto: “La compravendita è come l’usura”. Ma Dio ha permesso la compravendita e ha proibito l’usura. E colui che arrivi a questo avvertimento divino e desista da questo peccato, gli sarà condonato quel ch’è passato, e la sua causa sarà giudicata da Dio; coloro però che tornano a praticar l’usura, saran dannati dal fuoco, nel quale rimarranno in eterno. – Ma Dio distruggerà l’usura e moltiplicherà il frutto dell’elemosine, ché Dio non ama nessun negatore perverso» (II, 275-276).

E:

«Quel che voi prestate ad usura perché aumenti sui beni degli altri, non aumenterà presso Dio. Ma quello che date in elemosina, bramosi del Volto di Dio, quello vi sarà raddoppiato» (XXX, 39).

Lo scopo del divieto è l’eliminazione di questa potente risorsa di ineguaglianza sociale. L’interesse trasferisce ricchezza dal povero al ricco, aumentando la

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disparità tra l’uno e l’altro e nella distribuzione della ricchezza. Inoltre inculca l’amore per il denaro all’uomo più debole e innesca al desiderio di accumularne sempre di più per sé stesso, rendendolo così egoista, misero, stretto di mente privando la società dell’onesto lavoro123

.

123 Kuran T., The economic system in contemporary Islamic thought: interpretation and

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4. LA ZAKĀT OGGI: USANZA O OBBLIGO?

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