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Internazionale Scienze

Letterature

Alan Pauls, IL PASSATO, ed. orig. 2003, trad. dallo spagnolo di Tiziana Gibilisco, pp. 467, € 19, Feltri-nelli, Milano 2008

Il passato è la prima opera dell'autore

argen-tino a essere pubblicata in Italia, a seguito del successo di pubblico conquistato nel suo pae-se e la critica positiva riscossa a livello interna-zionale. L'assegnazione del Premio Herralde nell'anno della pubblicazione (Anagramma, 2003) segna l'inizio di una storia fortunata. Il re-gista Héctor Babenco ne ha tratto un film dal-l'omonimo titolo (2006). Alan Pauls è autore di saggi critici sull'opera di Borges e Puig e ha al-l'attivo la pubblicazione di tre opere narrative precedenti (Et pudor del pornografo, 1984, El

colloquio, 1990 e Wasabi, 1994). Attualmente

collabora con il quotidiano bonaerense "Pàgi-na/12". Il suo stile è vivace, esuberante al pun-to di rendere una spun-toria d'amore un turbine di delirio. Sembra che aspiri a

brillare per sagacia, per origi-nalità tutta sudamericana e "giovane", questa storia. È la cronaca della fine di un matri-monio da favola che si guasta dopo anni di perfetto equilibrio. Cresciuti insieme, Sofia e Rimi-ni si conoscono alla perfezio-ne. Simbiotici, costituiscono un modello per tutti coloro che li frequentano e il loro rapporto è considerato indissolubile. Il rit-mo incalzante del romanzo concede spazio a lunghe diva-gazioni in cui risiedono, forse, le soluzioni narrative più origi-nali di Pauls. In particolare, la storia di Jeremy Riltse, un

pitto-re contemporaneo, capofila della Sick art, cor-rente che, come il nome lascia intuire, non pro-mette niente di pittoresco. La vita vagabonda dell'artista, che si svolge in Europa, non con-fluisce mai nella corrente narrativa principale. Lungo le strade di Sofia e Rimini vi sono incon-tri e oggetti che si riconoscono come epifanie dell'esistenza dell'artista idolatrato da entram-bi. Riltse è il correlativo oggettivo di un legame indissolubile poiché fondato su affinità elettive superiori. Cambiano le priorità dell'autore: la storia delle persone passa in secondo piano, subordinata alla vita delle opere. Buco

postic-cio, la tela più importante nella storia dei due

amanti, è seguita in ogni spostamento attraver-so l'Europa fino al suo approdo in Argentina. Persino la morte dell'autore viene trattata come una mera appendice. Diventa invece fonda-mentale dire che Buco posticcio nasce in serie grazie a un coito, da una sequenza di tele so-vrapposte e penetrate da Pierre Gilles, l'aman-te di Riltse, per sottolineare che quest'opera apre nuovi orizzonti: la rappresentazione della superficie malata del fisico dell'autore, realizza-ta grazie a episodi di automutilazione (sono rappresentativi i titoli delle opere della serie

Storia clinica: Afta, Herpes, Placca; tra queste

anche Glande, la quale, invece, non è mai sta-ta rinvenusta-ta, dando vista-ta alle più stravaganti leg-gende), cede spazio all'esposizione del regno organico dall'interno. Un richiamo che, nello sti-le di Pauls, va interpretato in modo sti-letterasti-le e che costerà a Riltse la vita stessa.

EVA MILANO

to. Non è tanto la trama ciò che affascina il let-tore, ma il modo aggraziato con il quale Scheuermann tratta temi delicati come la soli-tudine, l'alcolismo e l'omosessualità: emerge una caratterizzazione della generazione dei trentenni condivisibile e realistica. Nel romanzo campeggiano in primo piano figure femminili dai caratteri opposti, ma nettamente profilati, mentre gli uomini si rivelano disorientati e inca-paci di gestire la quotidianità.

MARIA GIOVANNA ZINI

Ingo S c h u l z e , BOLERO BERLINESE, ed. orig. 2007, trad. dal tedesco di Stefano Zangrando, pp. 213, € 16,50, Feltrinelli, Milano 2008

Una carrellata di personaggi e luoghi, tutti con vicende e passaggi correlati. Può essere riassunta così la nuova raccolta di Ingo Schul-ze, che, nella versione italiana, prende il nome dal secondo racconto, mentre nell'originale

te-disegni di Franco Matticchio

desco si intitola Handy, dreizehn Geschichten

in alter Manier. Ancora una volta, Schulze trova

nella struttura che procede per frammenti nar-rativi la forma maggiormente adatta a esprime-re la propria visione del mondo. Tesprime-redici storie "alla vecchia maniera", capaci di trasportare il lettore dall'Estonia agli stati Uniti, da Berlino al-l'Italia centrale, passando per II Cairo, per poi approdare nella ex Ddr, ancora in grado di for-nire alcune labili certezze. In ogni racconto è possibile scorgere almeno un aspetto della Germania attuale. La grandezza dell'autore sta nel raccontare aneddoti, all'apparenza banali, e di riuscire a far emergere un elemento tragi-comico; ogni storia, a una prima lettura sempli-ce, cela dentro di sé un aspetto più profondo. Particolarmente riusciti Calcutta, dedicato a Gunter Grass, In Estonia, in campagna e Fede,

amore, speranza, numero 23, in cui il

protago-nista deve fare i conti con una realtà dolcea-mara. Una nota a parte merita la traduzione di Stefano Zangrando, da anni "voce ufficiale" di Schulze in Italia, perfettamente in grado di ri-spettare le pause e gli accenti delle opere ori-ginali. Bolero berlinese, nel 2007, ha ottenuto il premio della Fiera del libro di Lipsia.

FEDERICA FURBATTO

realizzata in ambito accademico. L'autore (1883-1951)eranatoaOrtanova, in provincia di Foggia, ed era emigrato in America giovane, fa-cendo il barbiere e frequentando faticosamente le scuole serali. La scrittura era la sua ossessio-ne e i giornali dei suoi connazionali (dai titoli iossessio-ne- ine-quivocabili, come "L'Americolo") furono la pri-ma destinazione delle sue prose. In inglese scrisse questo romanzo che in buona sostanza è una personale rivisitazione di temi dannunzia-ni a partire da un filtro autobiografico. La storia è infatti quella di Romualdo, che giunge a New York con la moglie Maria, si integra subito men-tre lei rimane ossessivamente legata al paese d'origine, finché il consorte si lega di affetto alla americanissima Vicenza (che usa quasi le stes-se parole aspre di Anita in West Side Story), che per suo tramite recupera qualcosa delle proprie origini. Nella farraginosità evidente della scrittu-ra, proprio nella variata espressione di questo dissidio il romanzo trova il suo elemento di inte-resse. Diverso, e assolutamente lontano da qualsiasi naivetè, è l'iperletterato volume di

Fau-sto Maria Martini (1886-1931)

Si sbarca a New York, edito nel

1930, al termine di una vita agi-tata e segnata in modo netto dalla partecipazione alla prima guerra mondiale, da cui l'auto-re era uscito invalido. L'itinera-rio di Martini si era sempre svolto nel segno del crepusco-larismo, di cui era stato uno de-gli animatori, e proprio il mon-do di Sergio Corazzini, poeta-bambino, destinato a morte precoce, introduce questa biz-zarra opera di formazione. Lo scrittore romano vi è infatti raffi-gurato, come recita il titolo del primo capitolo, nelle vesti di un "semidio", tiranno di un gruppo di giovani intellettuali, che attendono il suo pa-rere come diktat, come accade al giovane Cor-rado Govoni, un po' goffo nei movimenti, che presenta le sue cantilenanti Fiale, nate sotto il segno di Francis Jammes.

LUCA SCARLINI

Silke Scheuermann, L'ORA TRA IL CANE E IL LUPO,

ed. orig. 2007, trad. dal tedesco di Elvira Grassi e Nikola Harsch, pp. 128, € 13, Voland, Roma 2008

Silke Scheuermann, classe 1973, nata a Karlsruhe, ha esordito con volumi di poesie ap-prezzati dalla critica e con una raccolta di rac-conti di prossima pubblicazione in Italia. L'ora

tra il cane e il lupo è il suo primo romanzo,

otti-ma prova narrativa per una scrittrice dallo stile essenziale, ma al contempo caratterizzato da una profondità espressiva particolare. La nar-razione è in prima persona: una giornalista, di cui non viene mai svelato il nome, si ritrova suo malgrado a fare i conti con la sorella maggiore, Ines, dopo anni privi di qualsiasi tipo di

rappor-Giuseppe Cautela, M O O N HARVEST, ed. orig. 1931, trad. dall'inglese di Eleonora Filomena, Lynne Re-becca Roberts, Vittorio Grassi, Ernesto L'Arab e Mi-chele Faglia, prefaz. di Thomas Cautela, introd. di Martino Marazzi, pp. 383, testo inglese a fronte, € 20, Lampyris, Castelluccio dei Sauri (Fg) 2008

Fausto Maria Martini, Si SBARCA A N E W YORK,

ed. orig. 1930, a cura di Guido Baldassarri, pp. 303, € 15,50, Salerno, Roma 2008

I percorsi italoamericani continuano a propor-re, dopo anni di oblio e di scarsa attenzione, an-che nelle pratian-che di luoghi di studio dedicati (come il Centro Pascal D'Angelo di Mercato Sanseverino, Salerno), reperti letterari non ne-cessariamente eccezionali per qualità, ma cu-riosi sempre per le risonanze che innescano. Martino Marazzi, tra i maggiori studiosi di quel territorio da noi, propone ora il raro Moon

Har-vest di Giuseppe Cautela, che introduce a un

manufatto curioso, vera e propria testimonianza di un mondo inquieto, proposto in una peculia-re (e talvolta disomogenea) traduzione multipla

LE DISSENZIENTI. NARRAZIONI E SOGGETTI LETTE-RARI, a cura Cristina Bracchi, pp. 182, € 15, Man-ni, Lecce 2008

Cristina Bracchi, che si occupa di teoria e critica femminista, ha curato una raccolta di saggi di varie studiose incentrati sul dissenso espresso da voci femminili. Attraverso l'analisi di alcune loro opere, viene sceverato il pensie-ro di donne che hanno scelto la scrittura quale veicolo privilegiato di protesta ideologica, stori-ca, generazionale. Nei primi cinque interventi sono i romanzi a far parlare il pensiero delle au-trici considerate: è il caso di Leila Sebbar, le cui protagoniste sono giovani maghrebine im-migrate in Francia; di Pearl Buck, che indaga l'imperialismo culturale americano; di Assia Djebar, le cui figure femminili contestano "un'Algeria dove il silenzio è la condizione im-posta alle donne"; di Agota Kristof, che scrive del disagio e del dramma dell'esilio; di Made-leine de Scudéry, che esprime un propositivo dissenso di genere nella Francia del Seicento. Nei saggi successivi, l'attenzione va alla scrit-tura autobiografica: Barbara Allason, con le sue Memorie di un'antifascista; Christa Wolf, che con il suo diaristico Un giorno all'anno.

1960-2000 "espone se stessa e la sua storia al

giudizio dei lettori"; Helga Schneider, la cui nar-rativa manifesta un dissenso intimo, che assu-me però un tono inevitabilassu-mente politico; Bar-bara Balzerani, la cui autonarrazione, pur con-figurandosi come un processo di ricostruzione identitaria, non si pone come dissenso da sé. E ancora: Anna Harendt, Iris Murdoch, Maria Zambrano, ossia tre espressioni di dissenso ri-spetto al linguaggio della tradizione filosofica occidentale. Originale ed efficace per scelta tematica, impianto e metodo di partizione, que-sto libro offre vari spunti di riflessione sul pen-siero della differenza, oltre a gettare luce su aspetti di genere sui quali non si è ancora sca-vato abbastanza.

N. 3

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Nicolas Fargues, E R O DIETRO DI TE, ed. orig. 2006, trad. dal francese di Marianna Basile e Benedetta Torroni, pp. 200, € 15, nottetempo, Roma 2008

"Ero dietro di te". Quattro parole accat-tivanti, seguite da un nome di donna e un numero di telefono, destinate a cambiare il corso dell'esistenza del protagonista, un attraente francese sulla trentina, a cena in un ristorante fiorentino. È "con il cuore e la testa devastati" che l'uomo è arrivato a Fi-renze, nel tentativo di prendere fiato dalla sua morbosa vita coniugale. Affascinato dall'intraprendenza della ragazza del bi-glietto, decide di chiamarla. L'incontro con Alice, bella studentessa torinese, è folgorante: tra i due étrangers (nel duplice senso di stranieri ed estranei) si instaura subito una complicità inattesa. L'idillio sembra però destinato a una brusca fine: dopo una notte di passione gli amanti si separano con la promessa di non cercar-si. Lei torna a Torino dal suo uomo, lui raggiunge la moglie a Parigi per poi tor-nare con lei nella loro dimora di Tanambo. Ma la vita coniugale è insostenibile. Alexandrine, moglie perennemente insod-disfatta, finisce per scoprire l'avventura del marito. Lui, che aveva ripreso i contat-ti con Alice, si trova, oppresso dai sensi di colpa, davanti a un bivio. Fatica di un au-tore indubbiamente colto, Ero dietro di te ha diversi pregi ma anche molti difetti. Bi-sogna, certo, riconoscere il coraggio del-l'autore, che compie la scelta azzardata di narrare una storia di tradimenti attraver-so la voce del protagonista maschile, tra-dito e tratra-ditore. Scelta che risulta purtrop-po infelice quando il narratore assume i toni lagnosi di chi si atteggia ora a vittima, ora a carnefice. Parimenti infelici i com-menti sociologici sulle differenze culturali tra Italia e Francia, segnati da una certa leggerezza nell'accogliere gli stereotipi. Tra i pregi vi è indubbiamente l'accurata semplicità della scrittura, che rende il te-sto piacevole per il lettore più interessato all'analisi psicologica dei rapporti di cop-pia che alle finezze estetiche.

LUIGIA PATTANO

Grete Weil, CONSEGUENZE TARDIVE, ed. orig.

1992, trad. dal tedesco di Camilla Brunetti, pp. 123, € 12, Giuntina, Firenze 2008

Parlare di memoria della Shoah a pro-posito dei sopravvissuti, di chi è stato lambito dallo sterminio, anche solo in quanto vittima predestinata, è assoluta-mente paradossale. Auschwitz, con tutto ciò che racchiude e simboleggia, è l'oriz-zonte imprescindibile, la quotidiana dan-nazione, l'assurdo senso di colpa che ac-compagna i sopravvissuti, che toglie loro il senso e, talvolta, anche il fiato. E le con-seguenze di tutto ciò si possono

manife-stare anche molti anni dopo, a migliaia di chilometri di distanza dai luoghi dei mas-sacri, nelle forme più imprevedibili. Sono le "conseguenze tardive" che danno il ti-tolo alla raccolta di cinque racconti brevi e una riflessione della scrittrice ebrea te-desca Grete Weil e che lei stessa avreb-be desiderato come titolo per un libro che non scrisse mai. Vittima designata della Shoah, come furono tutti gli ebrei, e di cui ammette di avere preso coscienza molto tardi, Grete Weil nacque in Germania nel 1906 e sposò il drammaturgo Edgar Weil, con cui andò esule in Olanda per sfuggi-re alle persecuzioni. Il

ma-rito morì a Mauthausen, mentre lei sfuggì alla de-portazione e alla morte. Il dolore e il senso di colpa per essere sopravvissuta al marito, l'inconciliabile dilemma fra la responsa-bilità di raccontare quello che è stato e la consape-volezza di non essere te-stimone diretta della Shoah, le difficoltà, prima di tutto psicologiche, nella

scelta di tornare a vivere in Germania do-po la guerra si ritrovano, in forma traslata, in questi racconti pubblicati per la prima volta nel 1992 e ora curati da Camilla Bru-nelli. Alcuni dei personaggi non reggono alla sfida di tornare in Germania o di par-lare in quella che fu prima lingua madre e poi lingua matrigna, altri praticano uno sradicamento a oltranza che non ammet-te riconciliazioni con il paese natio, altri ancora semplicemente non reggono la sfida di vivere dopo Auschwitz, che la stessa autrice definì come la sua malattia. Negli ultimi anni della sua vita apprese con turbamento la notizia del suicidio di alcuni scrittori ebrei che erano stati nei la-ger: Levi, Améry, Celan, Bettelheim. Ne ragiona nella riflessione conclusiva della raccolta: chi "sapeva davvero" non ha po-tuto sopravvivere. Anche ciò che hanno raccontato è stato compreso troppo tardi: anche questa, forse, è una conseguenza tardiva. Perché quella che hanno raccon-tato "non è una storia per un libro da scri-vere. Non è affatto una storia".

DONATELLA SASSO

Simon Fruelund, CREPUSCOLO CIVILE, ed.

orig. 2006, trad. dal danese di Bruno Berni, pp. 87, € 12, Scritturapura, Villa San Secondo (At) 2008

Su una via residenziale, la Dantes Allé, si affacciano numerose case, ciascuna po-polata da persone diverse per età, ceto, professione, abitudini, convinzioni. Ciascu-na offre un punto di vista diverso, uCiascu-na tes-sera unica ma non dissimile dalle vicine nel composito mosaico della vita quotidiana,

vario ma sempre uguale. Ogni inquilino è un ricettacolo di desideri, fantasie, ricordi, legami, esposti con scarna lucidità e lapi-daria durezza in terza persona. La voce che racconta dispone fatti, pensieri, ogget-ti uno in fila all'altro, in apparente ordine, seminando in realtà spore narrative sem-pre nuove, creando nuove trame spiralifor-mi che poi si ricongiungono, quasi casual-mente, con le altre. I brevi brani dedicati al singolo individuo gettano le basi della sua storia, ma contribuiscono anche a narrare quella degli altri, intrecciandosi a mano a mano fino a comporre un affresco

realisti-co, e talvolta un po' cinirealisti-co, dell'intera comunità. Sul piano della vita moderna si inserisce poi, nel capitolo centrale, una parentesi che riporta la Dantes Allé alla preistoria, e da lì ripercor-re, mediante brevi istanta-nee, millenni di storia, in cui la natura umana si ma-nifesta nelle sue minuscole differenze diacroniche, per palesarsi sempre uguale, e per fare infine ritorno (nella terza parte del libro) alla modernità urbana. Basta uno sguardo superficiale per accor-gersi del carattere sperimentale dell'opera, segnata da una scrittura estremamente scarna, da un susseguirsi di paragrafi di un solo periodo che si accumulano a formare una sorta di insolito elenco, catalogo di re-perti culturali, sociali, umani.

ILARIA RIZZATO

Fulvio Ervas, PINGUINI ARROSTO, pp. 295,

€ 15, Marcos y Marcos, Milano 2008

Spiritoso, intelligente, ritmato, il romanzo si svolge nella pittoresca provincia trevigia-na, permeata da una natura acquatica e fascinosa, che incanta e resta aggrappata ad abitudini e tradizioni centenarie, pur ospitando una società industriale invaden-te e aggressiva. Su questo sfondo si collo-ca l'inspiegabile omicidio di un anziano sa-cerdote, irreprensibile e benvoluto da tutti, autorità ecclesiastiche comprese. A que-sto insolito caso se ne affianca un secon-do, meno importante ma decisamente ri-danciano: un oscuro velocista atterra inno-centi corridori che fanno jogging sulle al-zaie lungo il Sile. Protagonista è in entram-bi i casi l'ispettore Stucky, di origini irania-ne, acuto e spiritoso come vuole la miglio-re tradizione poliziesca straniera e nostra-na, coadiuvato da italianissimi agenti di po-lizia, veri e propri personaggi comici per gesta e linguaggio. Al racconto delle inda-gini si alterna lo spassoso diario di Ma'ria, ragazza rumena venuta in Italia come ba-dante, portatrice di una filosofia pratica e spassosa, che non manca di mettere in ri-dicolo tante ipocrisie e contraddizioni della

società italiana. Molte, e ben delineate, le figure che contribuiscono alla vicenda, tut-te afflittut-te da piccole manie e difettucci, ma senza mai sconfinare nei grottesco: un pre-te motociclista che difende i diritti dei citta-dini, ma forse cela un lato oscuro; le vicine di casa di Stucky, chiassose, invadenti e desiderose di interferire con l'operato delle forze dell'ordine; lo zio Daij Cyrus, pacato ex farmacista di Teheran; un'estetista lo-gorroica, acuta e iperattiva; un inventore eremita e quasi autarchico; una vecchia paralitica amante dei latino. Tutti esempla-ri di un'umanità possibile, tanto realistica da farci ridere di noi stessi.

( I R )

Hans Fallacia, E ADESSO, POVER'UOMO?, ed.

orig. 1932, a cura di Mario Rubino, introd. di Ralf Dahrendorf e Beniamino Placido, pp. 577, € 15, Sellerio, Palermo 2008

L'epopea di un impiegato nel crollo del-la Germania weimariana verso l'abisso nazista. La vicenda del giovane e fragile Pinneberg, che perde il lavoro e si trova -con la generosa e volitiva moglie Làmm-chen (agnellino) e un figlio in arrivo - pro-gressivamente relegato al fondo della scala sociale. Attorno a lui, l'affresco di una società in declino divisa tra vinti e vol-gari profittatori. Tra i primi, la vedova Scharrenòfer, che ha visto il proprio patri-monio eroso dall'inflazione, la famiglia operaia di Làmmchen, ideologicamente contraria al nascente terrore nazista, e lo stesso Pinneberg, che sfoga il suo ranco-re in sterili invettive contro il sistema. Tra i secondi, i datori di lavoro, i colleghi e per-sino la madre di Pinneberg, volgare e ar-rogante tenutaria di bordello. In questa spaccatura della società tedesca, descrit-ta con i tratti della Neue Sachlichkeit (il neorealismo tedesco), dove c'è poco

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