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2. Quadro teorico

2.7 Interpretazione dei potenziali rischi di alterazione in età evolutiva

L’atteggiamento dell’ambiente familiare e soprattutto una madre “sufficientemente buona”, è fondamentale perché il bambino possa attraversare le diverse tappe di sviluppo e integrare le esperiente psicologiche con quelle corporee. Un ambiente troppo rigido e troppo limitante, cioè che aumenta continuamente i divieti e si preoccupa del rispetto di regole rigide, porta a frenare progressivamente l’evoluzione del corpo rispetto all’ambiente e provoca nel bambino mancanza di naturalezza e di disinvoltura (Le Boulch,

33 2008). Rispetto a quanto detto precedentemente, cioè che l’Io è basato su un Io corporeo, il bambino si lega al proprio corpo e alle sue funzioni quando tutto va bene; la condizione del “va tutto bene” sembra risiedere nella qualità affettiva del comportamento materno (Montella, s.d.). Quando questo non è sufficientemente all’altezza dei bisogni del bambino, molti autori e studiosi scrivono che il piccolo perde il collegamento tra la mente e il corpo per dar luogo a meccanismi complessi e intricati; alcuni li hanno descritti come “dei meccanismi di difesa contro una tensione mentale intollerabile per il soggetto” (Trombini & Baldoni, 2001). Se per quel che riguarda un comportamento considerato inadeguato della madre si possono leggere svariate descrizioni e definizioni, quella che è la risposta attuata dal bambino sembra invece mettere d’accordo tutti gli autori: volendo delineare teoricamente ciò che accade si potrebbe dire che si tratta di una sorta di “chiusura al mondo dei sentimenti” (Montella, s.d.), che non potendo essere simbolizzati adotteranno “il loro linguaggio più arcaico, quello corporeo” (Winnicott Donald W., 2005). Si ricollega a questo discorso il concetto di “psicosomatico”. Sotto questo punto di vista si può intendere che la strategia abituale di questi pazienti è un meccanismo, per così dire, “involutivo” o “regressivo”, per cui quando ci si trova posti di fronte a contenuti (come detto prima, emozioni, desideri, conflitti, ecc.) troppo profondi per poter essere descritti a parole e tantomeno elaborati, si riduce la propria esperienza esclusivamente a quella corporea così come vissuta dal bambino nelle prime fasi dello sviluppo (Montella, s.d.). Il proprio disagio emotivo viene espresso attraverso il corpo (Trombini & Baldoni, 2001). Francoise Dolto, pediatra e psicanalista, si è occupata tra le altre cose di osservare quali situazioni possono portare a delle alterazioni precoci dell’immagine corporea. Le situazioni da lei descritte ruotano tutte intorno al legame simbolico esistente tra la madre e il piccolo.

I primi rischi li riscontra in gravidanza; secondo la dottoressa l’assenza di sentimenti, qualsivoglia, destinati al figlio portato in grembo potrebbe causare delle alterazioni future nel bambino (Dolto, 1996). È questo il caso per esempio di una mamma che durante la gestazione subisce uno choc o un grave trauma psichico, come potrebbe essere un lutto, e per questo motivo dimentica per qualche giorno di essere in gravidanza (Dolto, 1996). Si specifica che non si intende quelle situazione in cui la donna ha dei sentimenti di ostilità nei confronti del bambino, che seppur sentimenti negativi provano un legame conscio madre-feto, così come la gravidanza è presente nell’inconscio della gestante. La Dolto invece descrive quelle situazioni in cui la gravidanza esce addirittura dalla sfera dell’inconscio, non garantendo più al bambino di vivere la propria vita fetale in modo sano (Dolto, 1996). Queste situazioni sono di una gravità tale che nella maggior parte dei casi il feto muore per aborto o viene al mondo prematuro, in risposta ad un ambiente ostile venutosi a creare a causa della situazione della madre (Dolto, 1996).

Il parto è un'altra fase a rischio di complicanze sotto il punto di vista dell’immagine corporea per il bambino. I bambini nati da placenta previa (posizionamento errato della placenta durante il parto) accuserebbero una rottura del legame simbolico con la madre negli istanti in cui essa è in pericolo di morte a causa dell’emorragia, e il bambino si trova in rianimazione; la gioia si è tramutata in angoscia di morte sia per il piccolo che per la madre (Dolto, 1996). Dalle esperienze psicanalitiche della Dolto, risulta che i soggetti venuti al mondo in tali condizioni vivono come se fossero morti sin dalla nascita (Dolto, 1996). “La coesione soggetto-immagine del corpo-schema corporeo non ha potuto costituirsi, poiché per il piccolo andare verso la vita significava rischiare di morire” (Dolto, 1996). Anche Le Boulch non esclude che un parto effettuato in condizioni poco favorevoli possa provocare dei danni irreversibili; come esempio leggiamo quello dell’anoxia, che non solo può causare danni neurologici ma l’autore dice che ci possono essere anche

34 delle ripercussioni nel comportamento futuro, in quanto l’esperienza negativa può essere fissata in una certa “memoria del corpo” e creare degli squilibri (Le Boulch, 2008). Durante la fase di allattamento il bambino lega determinate parti del suo corpo al seno della madre; la bocca, parte del suo naso, le labbra, i bronchi, la lingua, l’udito e l’olfatto sono simbolicamente legati alla voce dalla madre, al suo odore, al suo modo di toccare il bambino (Dolto, 1996). Se la madre muore per un incidente nel periodo di allattamento, crea una “ferita narcisistica”, cioè nell’immaginario del bambino che lega ogni sua esperienza e relazione alla madre, essa porta via con sé quelle parti del piccolo che le erano legate, sopprimendo il luogo del legame che per esso rappresentava l’unica mediazione verso l’esistenza (Dolto, 1996). Il bambino si ritrova ad esistere ma i momenti di allattamento non avranno più una connotazione di piacere (Dolto, 1996). Un paziente della dottoressa Dolto aveva subito un tale trauma e si era ritrovato incapace di succhiare e inghiottire; l’immagine corporea era amputata in una zona erogena scomparsa con la madre (Dolto, 1996). In un altro caso invece si osservava un assenza totale di sonorizzazione, causata dalla ”morte simbolica” della laringe, zona erogena nel momento della perdita della madre e modulatrice della parola (Dolto, 1996).

Può capitare che il superamento della fase che Margaret Mahler chiama simbiotica incontri delle difficoltà. Nel caso in cui la madre non accetti la graduale autonomia del proprio figlio (la relazione di fusione con il figlio la gratifica)17, oppure nel caso in cui il fanciullo viva situazioni così gravi da essere più grandi delle sue capacità di elaborazione mentale (perdita di un genitore, malattie, casi di negligenza), egli non acquisirà la capacità di tollerare e superare la separazione, esperienza che si deve sviluppare gradualmente. Può capitare allora in futuro che il bambino attivi attraverso una “memoria del corpo” quelle sensazioni legate alla simbiosi con la madre e dunque che “senta la madre nel proprio corpo” (Trombini & Baldoni, 2001), come descritto precedentemente, e non la riconosca come figura esterna a sé. Non sarà possibile uno sviluppo psicologico del corpo in cui il bambino lo percepisce come “proprio” e si instaurerà una predisposizione a somatizzare in quanto il soggetto non riuscirà ad attribuire un significato appropriato alle emozioni (Trombini & Baldoni, 2001).

“Una presenza materna sufficientemente valida è necessaria affinché il bambino sviluppi una sana percezione di sé come corpo e, in generale, per il raggiungimento di un buon equilibrio psicosomatico (Trombini & Baldoni, 2001).

L’individualità dei sistemi di sviluppo che normalmente troviamo sovrapposti può venir confermata nella patologia (Wallon, 1973).

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