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Gli interventi erano lo strumento base con cui veniva condotto il conflitto all’interno dei consigli cittadini, non solo attraverso i loro contenuti, ma anche tramite le tempistiche con cui veniva tenuto uno specifico discorso e attraverso la trascrizione o meno all’interno della documentazione. Purtroppo non è possibile, per il caso orvietano, fare un’indagine specifica dei testi degli interventi che furono tenuti durante le sessioni assembleari, poiché tutti gli interventi nelle riformagioni sono delle rielaborazioni, spesso molto riassuntive, scritte dal notaio dei Sette, che spesso condensò l’agire dei consiglieri a una frase singola di assenso o contrarietà con la delibera proposta o con quanto già detto da altri. Però si può fare, con ottimi esiti, lo

studio dell’ordine in cui furono tenuti gli interventi e l’analisi di quando e se furono riportati dal notaio all’interno delle riformagioni.

L’ordine di parola

Sono convinto che l’ordine con cui sono riportati gli interventi rispecchi in maniera abbastanza fedele quello in cui effettivamente parlarono i vari consiglieri, perché molto spesso i consiglieri fanno riferimento a ciò che è stato detto prima. Partendo da questa considerazione tutto sommato banale ho deciso di indagare se era possibile individuare una logica nella tempistica degli interventi, e che valore poteva avere ai fini del conflitto all’interno dei consigli.

Per analizzare questa materia ho preso in considerazione una specifica riformagione, quella dibattuta in consiglio del popolo il 17/03/1298, perché è la seduta per la quale fu trascritto il numero più altro di interventi, e che ci consente quindi di avere praticamente per intero il dibattito assembleare. Nella seduta in questione fu chiesto ai membri dell’assemblea di approvare la libbra decisa dal consiglio della Credenza. Nel dibattito, a fianco di due interventi favorevoli alla proposta, furono espressi numerosi pareri molto duri contro questa mozione; alcuni consiglieri indicarono sistemi alternativi alla libbra per raccogliere il denaro necessario, mentre altri suggerirono metodi diversi di allirare rispetto a quello deciso dai sapientes525, in particolare molti interventi, un terzo di tutti quelli riportati, richiesero che fosse usata la procedura d’alliramento suggerita da Filippo Venetici in una precedente seduta del consiglio generale526. La seduta terminò con l’approvazione, con voto palese e a maggioranza, di quest’ultima proposta, mentre la delibera iniziale che era stata presentata fu completamente ignorata527.

Attraverso le analisi fatte nel precedente capitolo possiamo affermare che la coalizione della Maremma in quel momento abbia provato a forzare la mano al consiglio del popolo, come ci testimonia l’altissimo numero di interventi in disaccordo con la proposta iniziale528. Nulla sappiamo della libbra che era stata presentata in

525 Noi non sappiamo qual’era il metodo scelto dai sapientes perché non fu esplicitato nella documentazione. 526 Purtroppo di questo consiglio non è sopravvissuta nessuna fonte.

527 SASO, Riformagioni, reg. 71, cc. 5 r.-7 v., 17/03/1298.

528 Furono ben dodici su quattordici. La media è di uno o due interventi per seduta, questa è la riformagione con il più alto numero di interventi trascritti.

consiglio, né conosciamo quale fosse la proposta alternativa invocata dai consiglieri; però alcuni dati accessori ci permettono di ricostruire il contesto politico e le motivazioni che spinsero a tentare questo colpo di mano. È riportato che Filippo Veneteci aveva esposto le modalità di alliramento in una precedente seduta del consiglio generale, dove doveva aver ricevuto un notevole consenso, dato l’alto numero di consiglieri che la ripropose in questa occasione, per altro in assenza del promotore; con ogni evidenza l’alliramento approvato in consiglio generale non doveva soddisfare la parte egemone nel “popolo” orvietano, che reagì spostando la questione in uno spazio decisionale a lei più favorevole, cioè il Consiglio della Credenza529. Questa soluzione presentava però il difetto di dare molta poca legittimità alla riformagione così approvata, infatti questa è la prima e unica volta in cui una discussione su argomenti fiscali avvenne su mandato del Consiglio di Credenza: un atto istituzionale inusuale, che andava in direzione contraria al volere di uno dei consigli più prestigiosi della città, non forniva quasi alcuna autorità alle proprie decisioni. Per il gruppo dirigente orvietano fu necessario ricorrere all’approvazione di almeno un altro dei tre consigli principali cittadini, ma in realtà la scelta era obbligata, poiché il consiglio generale si era già espresso, mentre il consiglio delle arti, un’assemblea rappresentativa solo del mondo delle corporazioni, difficilmente avrebbe fornito quel surplus di legittimazione richiesto; rimaneva così, quale unica opzione, sottoporre la questione al giudizio del consiglio del popolo. In questo modo si arrivò alla seduta testimoniata dalle fonti, nella quale naufragò il progetto di libbra proposto dal gruppo dirigente.

Tra tutti gli interventi che si espressero contro la riformagione ce n’è uno molto particolare, perché non chiede, come la maggioranza, che sia approvata la libbra proposta da Filippo Venetici, ma suggerisce che quest’ultimo la presenti di nuovo in consiglio generale e sia ridiscussa in quella sede assembleare: di fatto una richiesta di annullare tutto il processo deliberativo già fatto e ricominciare come se tutto questo non fosse successo.

L‘intervento citato è significativo perché non si configura come l‘ennesima variante dell’opposizione alla delibera presentata, ma è il tentativo fatto dalla parte che aveva sostenuto questa riformagione per provare a reagire all’opposizione che aveva

529 I membri del consiglio della Credenza erano scelti dai Sette, per tale motivo era un consiglio molto vicino al gruppo al momento egemone all’interno delle istituzioni.

trovato; ci permette quindi di osservare come il gruppo cercò di condurre il conflitto. A suggerire tale interpretazione è il profilo del consigliere che tenne questo intervento: egli fu il dominus e jurisperitus Giovanni Bacheca, uno dei membri dell’assemblea più integrato nel gruppo dirigente del “popolo” orvietano, che fu presente ininterrottamente nei consigli cittadini per tutto l’arco cronologico studiato, inoltre ricoprì un mandato come Console530 e fu scelto per alcuni incarichi molto delicati nella gestione delle terre soggette531 e nella difesa dei diritti della città532.

Non è possibile sapere se l’intervento di Giovanni sia stata una sua iniziativa personale533 o se egli si sia fatto portavoce di un tentativo, elaborato all’interno della parte che aveva sostenuto questa delibera, di provare a mediare con i gruppi che si opponevano; però il contenuto dell’intervento e il fatto che lo abbia tenuto molto dopo i due iniziali a sostegno della proposta, quando ormai era chiaro che la riformagione così com’era non sarebbe stata approvata, configura la sua azione come una risposta meditata e ponderata agli altri gruppi. La richiesta di Giovanni di riportare la discussione in consiglio generale, annullando quanto fin’ora successo, era un accoglimento molto parziale dell’ipotesi di fare la libbra proposta da Filippo Veneteci, il quale avrebbe dovuto riproporre tutto in assemblea, con la possibilità di attuare modifiche in sede di dibattito. Questa proposta fu soprattutto un ottimo modo per azzerare il vantaggio guadagnato dai gruppi all’opposizione, che avrebbero dovuto condurre di nuovo questo scontro in un conteso mutato, e anche se fosse stata approvata la libbra di Filippo senza modifiche, a quel punto ciò sarebbe successo con l’avvallo del gruppo dirigente, che avrebbe quindi subito una sconfitta molto meno netta. La cosa interessante è che questo tentativo fatto dal gruppo dirigente si fondava sulla stessa premessa istituzionale su cui poggiava la richiesta delle opposizioni, cioè il diritto del consiglio generale di far valere la sua autorità su una materia sulla quale aveva già deliberato; da ciò consegue che regole e consuetudini istituzionali potevano essere

530 SASO, Riformagioni, reg. 72, c. 219 v. 01-15/09/1302.

531 SASO, Riformagioni, reg. 73, c. 86 r. v., 24/06/1304; c. 89 r., 15/07/1304; cc. 90 r.-91 r., 16/07/1301; cc. 92 r.- 93 v., cc. 92 r.-93 v., 29/07/1304; cc. 94 r.-95 v., 30/07/1304. Giovanni Bacheca fu uno dei sindaci eletti per gestire la sottomissione delle località conquistate nelle Terre Aldobrandesche.

532 SASO, Riformagioni, reg. 72, c. 195 r., 02/01/1302.

533 Abbiamo già incontrato questo individuo (vedere p. 37), che negli anni Ottanta del Duecento era esponente di spicco della parte ghibellina e che, almeno a partire dal 1300, fu sicuramente assimilabile alla “parte della Maremma”; azioni di questo tipo nei consigli potevano quindi inserirsi in una strategia personale di riposizionamento all’interno degli schieramenti cittadini.

usate in maniera strumentale senza particolare difficoltà, così come le parti avversarie non ebbero alcun problema, nell’ultimo intervento della seduta, a rifiutare la proposta di Giovanni, chiudendo a ogni trattativa e ribadendo che fosse approvata la libbra proposta da Filippo Venetici.

Tramite l’analisi dei singoli interventi è possibile evidenziare l’attenzione che le forze politiche e i singoli relatori in particolare quelli più esperti, davano alle tempistiche con cui intervenire: lo schieramento favorevole all’approvazione della libbra provò a chiudere lo scontro rapidamente, probabilmente perché sapeva che i rapporti di forza non era favorevoli,

Gli interventi

Le riformagioni orvietane furono scritte riportando solo raramente il confronto dialettico che dovette essere comune nei consigli534 e quando ciò fu fatto gli interventi furono comunque riportati in forma sintetica, tesa solo a testimoniare il loro contenuto. Nonostante questi limiti, il fatto che furono trascritte un numero ridotto di proposte divergenti le rende secondo me molto significative. A corroborare questa interpretazione vi è anche il fatto che i notai prestarono sempre molta attenzione a rendere chiari quali fossero i punti di disaccordo tra i vari relatori, anche nel caso le differenze fossero solo su alcuni aspetti della questione535, a riprova che i notai scrissero con lo scopo di certificare le divergenze presenti in consiglio e non per il mero intento di testimonianza.

Resta da provare a capire la logica con cui fu deciso di riportare il contraddittorio in alcuni casi e non in altri; perché non fu seguito il criterio di trascrivere il dibattito nelle sedute più combattute536, né fu fatta una scelta tematica, perché le delibere in questione furono relative a argomenti diversi, soprattutto materie fiscali, ma anche

534 Delle 394 sedute consiliari del consiglio delle arti o del popolo solo in 29 sono riportate più interventi tra loro in disaccordo. Le riformagioni orvietane erano caratterizzate dallo scarno spazio lasciato agli interventi (Tanzini,

Delibere e consigli, p. 66. Non condivido però la conclusione che egli trae da questa particolarità e cioè che

questo fosse una testimonianza della minor rilevanza che avevano i consigli in confronto con l’autorità dei Sette).

535 Una tecnica tipica è quella di scrivere in una frase che un consigliere si dichiara d’accordo con un altro o con la proposta dei Sette, ma proponendo un’aggiunta o una modifica, che viene riportata per esteso (un esempio in SASO, Riformagioni, reg. 73, cc. 179 r.-180 r., 28/07/1304).

536 SASO, Riformagioni, reg. 71, cc. 20 r.-21 v., 21/05/1298. In questa seduta, che funge da esempio, fu discusso come comportarsi con i baroni delle Rocchette che erano stati appena sottomessi ad Orvieto. Sono riportati gli interventi di dieci consiglieri, ognuno con una proposta diversa, ma la votazione non fu affatto combattuta: l’intervento che fu scelto fu approvato all’unanimità.

politica estera e gestione dell’annona. Quello che contraddistingue le sedute in cui è riportato il contraddittorio è il fatto che furono tutte su questioni molto rilevanti per la città e per il contado: tra queste riformagioni vi sono quelle in cui fu richiesto ai consigli come finanziare la spedizione militare contro i baroni delle Rocchette537 e quella in Maremma del 1303538, quelle in cui fu deciso come pagare gli ufficiali forestieri nei momenti di crisi economica della città539 e quelle in cui furono decise le più importanti riforme fiscali540.

Ritengo che furono più fattori a determinare la peculiarità di queste riformagioni, ma la volontà di attestare la posizione che una parte aveva avuto su una politica ritenuta importante ebbe un peso determinante541. A suggerirmi tale interpretazione non vi è solo il peso che tali delibere ebbero in quegli anni, ma anche altri fattori:

1. Queste 29 riformagioni sono quasi tutte conclusive di un processo decisionale542, quindi quello che fu deliberato doveva essere attuato e si capisce l’importanza, nel momento della valutazione degli esiti, di sapere chi aveva proposto cosa, chi aveva appoggiato la politica attuata, chi si era opposto. 2. Decisioni politiche di pari importanza a queste e che non sono presenti in questo

elenco, come la scelta della maniera in cui finanziare la prima spedizione contro gli Aldobrandeschi, hanno la caratteristica di essere state discusse in vari consigli cittadini, questo riduceva il valore di tenere un testimonianza scritta della posizione tenuta dalle varie forze politiche, perché c’era stato modo di presentarla davanti a molti testimoni e perché più sedute permettevano al notaio di riportare pareri diversi in riformagioni separate543.

537 SASO, Riformagioni, reg. 71, cc. 17 v.-18 r., 1298/05/17. 538 SASO, Riformagioni, reg. 73, cc. 61 r.- 62 r., 1303/09/12.

539 SASO, Riformagioni, reg. 72, cc. 50 v.-51 v., più una non cartulata, 13/11/1300; SASO, Riformagioni, reg. 72, cc. 55 v.-56 v., 23/11/1300; SASO, Riformagioni, reg. 72, c. 73 r. v., 24/09/1301.

540 La già citata riforma del catasto del 1298 e l’imposizione della gabella su modello senese nel 1304 (SASO,

Riformagioni, reg. 73, cc. 138 v.-140 r., 19/04/1304).

541 Il presupposto teorico e storiografico della mia interpretazione sono gli studi, condotti soprattutto da Enrico Artifoni, che hanno dimostrato l’importanza che la scrittura e i notai ebbero nella cultura politica e nelle modalità di governo attuate dal “popolo”, non solo come strumento di testimonianza delle decisioni prese. L’intento è stato quello di partire da questi risultati per indagare la logica sottintesa alla scrittura delle riformagioni.

542 Vi sono due eccezioni; la seduta del consiglio delle arti del 13/11/1300 e quella del consiglio delle popolo di dieci giorni dopo (segnate nella nota n. 539), entrambe sulle modalità con cui pagare capitano e podestà. Le due riformagioni si inseriscono nel conflitto, già analizzato (vedere pp. 110-111), sul finanziamento della prima missione in Maremma, che portò a ridiscutere tutta la politica fiscale orvietana di quel periodo.

543 Nel caso della discussione sui metodi di finanziamento della spedizione militare del 1300 in Maremma abbiamo quattro riformagioni sul tema e in ognuna è riportato un intervento di un consigliere diverso; se a questo si aggiunge la documentazione che doveva esistere per il consiglio generale, in cui l’argomento fu discusso

3. Oltre 2/3 di queste sedute sono relative al consiglio delle arti che, tra i tre consigli cittadini principali, era l’assemblea meno aperta alle varie componenti della società orvietana – era quello con il minor numero di membri, tutti provenienti dal mondo delle corporazioni – e quindi aveva maggior bisogno di testimonianze scritte che provassero l’operato dei vari consiglieri.

L’altro fattore che ebbe rilevanza in questa scelta furono i cambiamenti politici che furono attuati tra i consigli cittadini e che videro il consiglio delle arti diventare il primo parlamento cittadino. Come mostrerò successivamente, queste trasformazioni portarono a un aumento della conflittualità all’interno del consiglio delle arti. Non è casuale che in contemporanea a tali mutamenti comparirono le prime trascrizioni degli interventi di opposizione544, che furono fatti, per la maggior parte, nel consiglio delle arti, e aumentarono nel corso degli anni, in maniera proporzionale alla crescita di importanza di quell’assemblea e al declino di autorità del consiglio del popolo. Senza dubbio l’inasprirsi della lotta politica in quell’arena si riversò nella documentazione, perché le sedute divennero effettivamente più combattute, e ciò accrebbe la volontà delle varie parti politiche di rendere note le proprie posizioni nel conflitto, riportandoci quindi a quanto detto prima sulla volontà di testimoniare lo svolgimento dello scontro.

Gli interventi a favore, e in particolar modo la trascrizione di numerosi interventi in supporto di una data delibera, possono essere guidati dalla stessa necessità di testimoniare una posizione nello scontro politico, ma alcune caratteristiche peculiari mi fanno ritenere che la logica che guidò tale pratica fu soprattutto un’altra, legata alle necessità di legittimare l’operato del gruppo dirigente. Nel 1295 le riformagioni del consiglio del popolo in cui fu riportato che più consiglieri esprimevano lo stesso intervento sono molte di più di quelle in cui è riportata la proposta di un solo relatore; di fatto, la pratica scrittoria corrente era quella di trascrivere un solo intervento condiviso da più individui. Non vi è alcuna distinzione nelle tematiche, né nei consiglieri, né nel loro numero, che possono essere due545 come cinque546. Non credo

almeno altre due volte, è evidente che la posizione politica di tutte le forze in campo fosse mappata molto accuratamente dalla documentazione.

544 I primi contraddittori sono del 1298.

545 SASO, Riformagioni, reg. 69, cc. 127 v.-129 r., 24/12/1295. In questa seduta furono discussi ben quattro argomenti diversi e i due relatori fecero un intervento comune su tutti i punti all’ordine del giorno.

546 SASO, Riformagioni, reg. 69, cc. 112 v.-115 r., 09/12/1295. In questa seduta consiliare si discusse di una lettera da inviare alla Curia e di come gestire il cassero della località Capo di Monte.

che questa modalità di redazione della riformagione rispecchiasse, anche solo parzialmente, l’effettivo andamento della seduta consiliare, non si spiegherebbe la totale assenza di contraddittorio, né il fatto che più consiglieri esponessero un unico intervento547, inoltre tale modalità di scrittura scomparì dopo il 1298548 e ciò fa supporre che essa fosse dovuta alla contingenza politica, in particolare alla volontà della parte allora egemone nel “popolo” di dare una rappresentazione molto unita del consiglio del popolo, e non a effettive dinamiche assembleari. Come poi tratterò più estesamente nei paragrafi sulle modalità di voto, la conflittualità consiliare nel 1295 sembra essere stata molto bassa osservando la documentazione, ma questo avvenne perché la parte allora predominante spese molte energie per pacificare le assemblee, o presentarle come tali. Vi sono alcune testimonianze che mi portano a sostenere che in quello stesso tempo il conflitto fosse molto acceso, come la defezione in massa dalla cavallata contro Bolsena549, o la presenza quell’anno dell’unica riformagione bocciata in tutta la documentazione vagliata. Questi scontri interni erano collegati alla lotta tra Orvieto e il papato, che raggiunse il suo apice proprio nel 1295550, è quindi molto probabile che tramite una scrittura delle riformagioni che metteva in evidenza l’unità del consiglio, la parte al potere cercasse di dare una visione compatta della città e cercasse di enfatizzare il sostegno di cui godevano le politiche proposte.

Questa pratica fu abbandonata alla fine del secolo, quando il contesto politico interno ed esterno era profondamente cambiato; da un lato fino alla calata di Arrigo VII non vi fu più alcun importante avversario della città, dall’altro l’avvicendamento delle parti al potere avvenne anche tramite negoziazioni e trattative delle quali abbiamo già parlato551 e che ebbero l’esito di aprire il consiglio delle arti alla conflittualità politica proprio quando la sua documentazione cresceva esponenzialmente.

547 Nella pratica consiliare i relatori parlavano uno dopo l’altro, come è anche testimoniato da riformagioni successive nelle quali furono riportati interventi in cui ci si approvava con quanto già espresso (un esempio in SASO, Riformagioni, reg. 71, c. 3 r. v., 08/05/1298, Matteo di Migliore parlò per ultimo e si dichiarò d’accordo con tutti i consiglieri che lo avevano preceduto).

548 Nel 1298 sono solo due le riformagioni che riportano gli interventi scritti in questa maniera. 549 Vedere pp. 167-171.

550 Digard, Faucon, Thomas, Fawtier, Les Registres de Boniface VIII, p. 263, n. 738, 12/05/1295. In questa lettera, redatta a fini memorialistici, viene segnalato che è stato aperto il processo contro gli orvietani che avevano occupato illegalmente la Val di Lago, Acquapendente e Bolsena.

2 - I contendenti: i proponenti

Col termine “proponenti” indico quegli individui che ebbero l’incarico di esporre all’assemblea gli ordini del giorno che sarebbero stati discussi. Questa figura è stata già analizzata da John Grundman nel suo lungo articolo del 2008 su Perugia e Enrico VII552, nel quale riteneva che l’individuo che aveva questo compito era anche colui che guidava il Priorato e ne dettava gli indirizzi politici per il bimestre in cui era in carica. Non sono convinto di questa identificazione proposta dallo storico americano553, ma condivido l’idea che la figura del proponente fosse centrale all’interno

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