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Intervista a Barbara Vannin

1. Ho visto leggendo la sintesi del “Tavolo di lavoro dell’economia” che ci sono 5 aree principali di sviluppo per l’economia ticinese, come si inseriscono i makerspace in questo contesto?

L’Openlab di Lamone si sta inserendo in questo contesto. Il Cantone lavora per promuovere una cultura imprenditoriale. Tra la gente vi è ancora molta confusione in merito ai makerspace dunque ci vorranno un po’ di anni prima di far passare il messaggio. Alcune aziende già colgono l’opportunità, per altre ci vorrà più tempo. Il processo è infatti ancora in corso.

2. Come vede lei il fenomeno dei fablab?

Questo fenomeno è molto più sviluppato in altri paesi come Italia e Stati Uniti (dove è nato il fenomeno). Da noi, in Ticino, si sta iniziando ma bisonga considerare che vi sono anche delle barriere culturali ed è un processo che richede tempo. La massa critica è diversa rispetto a Milano ad esempio, inoltre l’Italia è molto attiva a livello di innovazione. Qualcosa però si sta muovendo, il progetto Liberty, nato dal fondatore dell’Openlab di Lamone Niklaus Stocker è arrivato tra i cinque finalisti alla Start-Cup Ticino. L’intero progetto è nato da un makerspace e questo fa ben pensare.

3. Ho saputo che è in corso una trattativa tra la Fondazione Agire e l’”OpenLab” di Lamone per integrare quest’ultimo in una logica sistemica (SRI), come procede? La trattativa è in corso dunque non posso sbilanciarmi troppo. Si stanno valutando i bisogni della domanda, la si sta cercando di quantificare per vedere se davvero i makerspace possono essere inseriti in una logica sistemica. È sufficiente solo quello che già c’è a Lamone? Ce ne vorrebbero altri? Non si può pensare di inserire neanche l’Openlab? Questi sono tutti aspetti che stiamo valutando.

4. Pensa che questi spazi condivisi possano incentivare l’innovazione? Se si, come secondo lei, concretamente la favoriscono?

Si, dato che favoriscono lo scambio e l’interazione tra attori eterogenei. È da puntualizzare però che per favorire l’innovazione in modo concreto devono essere inseriti in una logica sistemica. Per essere più precisi, la Fondazione Agire coordina gli attori del sistema regionale dell’innovazione in modo da fornire alle aziende o alle start-up la collaborazione più mirata ed efficace possibile. Il percorso per una start-up è quello di andare all’incubatore “Cp-Start-up” dove si sviluppa soprattutto dal punto di vista economico e di solidità dell’idea. Qui non ci sono vincoli di tempo. Successivamente la start-up, dopo essersi consolidata e aver definito meglio l’opportunità di business, viene accolta dal

nuovissimo Accelleratore Cantonale start-up che stabilisce dei vincoli di tempo per raggiungere un certo livello di sviluppo. La start-up può poi partecipare alla “Start-Cup” dove, se arriva tra i cinque finalisti, può ricevere consistenti premi per evolversi ulteriormente. In questo senso vi è anche Hack the city, più orientata allo sviluppo di codici e innovazioni digitali, che elargisce anch’essa premi in denaro per le tre migliori idee di buisness. Infine start-up che sono in una fase già più avanzata, già inserite nel mercato, possono ottenre supporto dal Tecnopolo Ticino grazie a corsi e consulenze. Tramite questo polo si sostiene anche il tecnology transfer ovvero il passaggio di conoscenze dal ondo accademico alle aziende. Ecco in questo sistema potrebbero essere inseriti anche i

makerspace. Questo perché una start-up che ha un prototipo, nella fase di presentazione

dell’idea, ha molte più opportunità di successo e quest’ultimo può essere pensato e costruito grazie ad un makerspace. Questo è già successo ad esempio con il progetto Liberty. È molto importante che in una start-up ci siano competenze sia tecniche che economiche. In un makerspace si possono trovare competenze e consocenze eterogenee che sono la linfa vitale dell’innovazione.

5. Questi spazi condivisi hanno un ruolo nel Sistema regionale dell’innovazione? Se si, qual è questo ruolo?

Non ancora, ma come spiegato nella domanda percedente, potrebbero essere inseriti in tale contesto. La trattativa è in corso.

6. Il Cantone prevede dei finanziamenti per incentivare la nascita di makerspace in Ticino?

Non in modo diretto ma possono ottenerli tramite competizioni e premi ticinesi o Svizzeri in generale. La recente modfica della Legge sull’innovazione permette un accesso facilitato delle start-up ai finanziamenti a livello nazionale. Inoltre gli Enti regionali di sviluppo si occupano dell’aspetto finanziario dove lo ritengono opportuno. La Fondazione Agire non elargisce più finanziamenti come faceva invece in passato. In Ticino però c’è l’organizzazione Ti Venture, che fa parte del sistema regionale dell’innovazione, ed essa si occupa di fornire finanziamenti a start-up promettenti e innovative.

7. Vi è un reale bisogno per le imprese di disporre di strutture simili?

Penso di si ma lo stiamo ancora verificando. Il concetto è molto nuovo e deve essere anche assimilato culturalmente. Probabilmente ci vorrà ancora qualche anno.

8. Le PMI ticinesi, secondo lei, utilizzerebbero questi spazi come crogiolo d’innovazione?

In Ticino la maggior parte delle realtà professionali sono microimprese. Dobbiamo chiederci, esse gestiscono veramente l’innovazione? Se ne preoccupano? È un problema soprattutto di comunicazione e di cultura. È importante far passare il messaggio che c’è

questa opportunità, senza forzare perché l’innovazione deve nascere liberamente, però è importante informare in maniere adeguata.

9. Secondo lei vi è la massa critica necessaria nel nostro Cantone?

In Ticino siamo pochi è inutile nasconderlo, un impresa qui dovrebbe sempre pensare in ottica nazionale o meglio ancora internazionale.

10. Queste strutture favorirebbero l’innovazione nelle zone periferiche?

Tutto dipende dal territorio, se vi sono oppure no persone in fermento capaci di cogliere nuove opportunità. Bisogna creare un ecosistema che favorisca i makerspace, lungimiranza della gente ma anche dei comuni e di tutto il territorio. Potrebbero essere riqualificati degli spazi abbandonati, vecchie fabbriche o edifici dismessi. Se si crea una

community sicuramente l’innovazione verrebbe incentivata ma per capire se il luogo è

adatto andrebbero fatte delle indagini.

11. Vede un futuro per la sharing economy in Ticino anche se qui non hanno avuto successo iniziative come quella di Uber?

Anche in questo caso è soprattutto un fattore culturale e poi bisogna avere il giusto “time to market”. Tralasciando la massa critica che è diversa da quella di Milano ad esempio, qui in Svizzera è più radicata l’idea di possesso. Iniziative del genere richiedono più tempo per attecchire. Anche nella Costituzione è molto più sottolineata la proprietà privata rispetto ad altri paesi.

12. Come vede i fenomeni del co-working e della open-innovation?

Sono concetti importanti sia per l’innovazione che per l’imprenditorialità. Favoriscono lo scambio di idee, sono driver per l’innovazione. Fare gruppo è molto importante, soptattutto per un Cantone cosi piccolo con aziende altrettanto piccole. Purtroppo come cultura siamo rimasti alla closed-innovation ma le cose si stanno muovendo. Non bisogna ragionare rimanendo chiusi se no poi si rischia di arrivare sempre in ritardo. Si sta facendo molto anche per la protezione della proprietà intellettuale che è molto legata a questi aspetti.

13. Pensa che i makerspace favorirebbero questi fenomeni?

14. Quali sono secondo lei le condizioni che favoriscono l’innovazione?

Vi sono diversi elementi come la collaborazione, la cultura, i bisogni della gente, la curiosità, l’istinto, la proattività, la comunicazione questo a livello personale. Dal punto di vista di un paese è importante avere un sistema che gestisce l’innovazione come il “sistema regionale dell’innovazione Ticino”, è poi vitale coordinare e organizzare adeguatamente il transfer tecnologico tra università e imprese. Favorire il sorgere di centri di ricerca aperti. Rendere la regione attrattiva per nuovi cervelli, fornire dunque molte possibilità di formazione, ricerca, sviluppo professionale che siano di qualità. Ricordiamoci poi che l’innovazione nasce dalla necessità di cambiare. Qui in Ticino forse questa necesssità sussiste.

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