• Non ci sono risultati.

Intervista a Livio Karrer

79 Ogni sezione presenta un game finalizzato a stimolare la riflessione o la comprensione anche solo

1.9 Intervista a Livio Karrer

L’intervista che qui riportiamo è utile a comprendere come siano emerse le principali direttive che hanno portato alla progettazione dell’impianto allestitivo di M9. Lo storico Livio Karrer, attualmente appartenente al team curatoriale, è stato anche uno stretto collaboratore di Guido Guerzoni durante gli anni di progettazione di M9. In tal senso la sua figura ci permette di capire in che modo la filosofia emersa dagli studi di Guerzoni e dal suo team sia stata applicata e in quale misura.

Le analisi di benchmark portate avanti con Guido Guerzoni a quali risultati hanno portato in termini pratici per la progettazione dell’apparato multimediale di M9?

Il benchmark è una questione particolare, noi non abbiamo fatto un lavoro come dire ragionando nel vuoto, i lavori di benchmark che abbiamo fatto per gli altri musei hanno funzionato come formazione per noi che ci occupavamo della collezione permanente; invece il lavoro di analisi che ha fatto Guerzoni in Museum on the Maps era più quantitativo, una ricerca che serviva e che si è sviluppata in maniera autonoma e quindi ha avuto un suo percorso. Noi abbiamo quindi acquisito una serie di informazioni, organizzato una serie di spazi, studiato l’esperienza di Studio Azzurro e poi abbiamo aperto un dialogo con gli smid. Fondamentalmente il lavoro che poi è stato richiesto agli smid è un lavoro che ha avuto fasi diverse. Gli smid sono stati selezionati attraverso una gara a inviti da cui ne sono stati selezionati cinque. A ciascuno di loro è stato consegnato una sorta di brogliaccio di testo, un volume abbastanza consistente - parliamo di circa 700 pagine - in cui erano inseriti tutti i contenuti storici che intendevamo rappresentare nelle installazioni di M9. Da questo storyboard di 700 pagine gli smid hanno tirato fuori, ciascuno per le sezioni su cui intendevano partecipare alla gara, la propria offerta creativa. Quindi loro ci hanno fatto delle proposte di realizzazione delle istallazioni e di messa in esposizione dei contenuti presentati nello storyboard. Gli stessi smid sono stati da noi selezionati su curricula che appunto conoscevamo e che andavano già nella direzione dei musei di narrazione, erano tutti professionisti che a loro volta avevano lavorato per realtà museali di questo tipo perché alcuni di loro addirittura venivano proprio personalmente

67

come formazione dalla fucina di Studio Azzurro, in particolare in Karmachina uno dei soci fondatori, Paolo Ranieri. Anche lo smid Dotdotdot presentava elementi di contatto con la poetica di Studio Azzurro, infatti il loro modo di operare teneva conto delle loro idee come gli ambienti immersivi, quelli legati anche al rapporto con il territorio o alla tipicità dell’istallazione multimediale. Tutti gli smid che abbiamo selezionato erano già coerenti con la filosofia che Guerzoni aveva dato al progetto M9, dopo di che sono stati valutati le loro proposte di offerta creativa, le idee che avevano messo in campo per la realizzazione dei contenuti di M9; hanno vinto 5 studi e questi hanno poi fatto le sezioni. Due studi hanno seguito la realizzazione di un’unica sezione mentre invece altri tre studi hanno seguito due sezioni.

Quello che mi preme capire è come lo studio di benchmark di Guerzoni sia servito a comprendere la filosofia da applicare all’interno di M9 e di conseguenza anche a dividere quelli che sono stati gli studi scelti. Sono state trovate delle formule pratiche nell’allestimento da consegnare in mano agli Smid o è stata lasciata ampia possibilità di manovra?

In realtà no, la domanda è puntuale, la risposta è no! Agli smid è stata poi data carta bianca e solo dopo che loro hanno proposto degli allestimenti è iniziato un dialogo che ha portato in alcuni casi a parziali modifiche dei contesti visivi. La prima è stata una proposta libera che rispettava la loro intensità professionale a titolo artistico generale e quindi noi abbiamo lavorato successivamente con gli smid e l’ufficio museo ha proposto delle modifiche in corso d’opera. Però adesso tenga conto che gli smid erano stati selezionati nel panorama italiano perché si era visto dal loro curriculum come fossero sensibili a una filosofia molto simile a quella che avevamo individuato noi.

Chi si è occupato dell’individuazione degli smid da inserire nella lista della gara a invito?

Io mi sono occupato come curatore dei contenuti del museo mentre c’era una responsabile della produzione che ha seguito tutta la fase dell’iter amministrativo della selezione e che sicuramente ha del materiale in più. Tenga presente che Guido Guerzoni e la persona di cui le sto parlando, la responsabile della produzione che si chiama Valentina de Marchi, sono entrambi due professionisti che lavorano in questo segmento già da molti anni e quindi conoscevano le realtà che sono state invitate, avevano già avuto a che fare direttamente con questi professionisti. La gara che le dicevo era una gara di inviti, cioè

68

basata su aziende già preselezionate, che in realtà all’inizio erano 7 studi. Uno studio si è ritirato prima di arrivare alla proposta e quindi alla fine sono arrivate 6 proposte creative tra cui ne sono state selezionate 5. La selezione può essere fatta risalire rispetto ai lavori che questi studi hanno fatto prima del 2016 dato che fondamentalmente la selezione è stata fatta agli inizi del 2016.

Attualmente come referente del settore multimediale a M9 è presente però Claudia Biotto e non Valentina De Marchi: le due hanno avuto ruoli diversi della definizione direzionale dell’allestimento?

Claudia Biotto si è occupata del museo in tutta la sezione attinente alla logistica degli allestimenti, era la persona che ha seguito l’aspetto del cantiere, quindi quando De Marchi se n’è andata per una fase ha coperto anche il rapporto con gli smid ma solo negli ultimi mesi prima dell’apertura. Diciamo che tutta la fase precedente, quella appunto di selezione, avvio dei rapporti e individuazione degli studi, l’ha seguita Valentina De Marchi.

Sono stati definiti dei criteri guida generali e/o per sezione da far applicare agli smid?

La stessa De Marchi ha seguito e coordinato la fase di progettazione creativo-ideativa, la Fondazione di Venezia e le committenze, ha avviato un dialogo con un comitato scientifico, perché c’è stato un comitato scientifico di storici che ha seguito la parte dei contenuti e in parallelo a questo comitato che invece ragionava sulla multimedialità e l’interazione tra contenuto storico e multimediale. Dunque, ha proposto una serie di elementi suggerendo alcune tecnologie, ragionando sul livello della multimedialità da presentare dentro M9, da questo punto di vista Valentina de Marchi le può raccontare anche la fase creativa che è stata sviluppata dentro M9, che è una parte che precede l’avvio dei lavori e la chiamata degli smid.

È stato definito un grado di multimedialità nell’analisi dei musei durante il benchmark?

No, dal punto di vista dei contenuti non abbiamo fatto quest'analisi, noi abbiamo più ragionato sul tema dell’interaction design e per capire che tipo di presentazione dei contenuti fosse all'altezza della comunicazione della storia. Ci interessava capire come il contenuto storico venisse rispettivamente valorizzato dalla tecnologia. La filosofia che ci ispirava è quella che vede la tecnologia al servizio della narrazione, non ci interessava far sfoggio di tecnologie. Ci interessava che le tecnologie potenziassero il contenuto rendendolo più fruibile più intellegibile e anche sicuramente più interessante, quindi

69

abbiamo tenuto in considerazione tutto l’aspetto dell’intrattenimento. Noi abbiamo cercato di mantenere un giusto equilibrio tra l’idea dell’intrattenimento, della comunicazione scientifica e degli aspetti della didattica, in questo senso M9 è un museo di edutainment.

Sempre all'interno del benchmark realizzato avete individuato musei storici che trattavano tematiche del Novecento da ritenersi come modelli ottimali nell'utilizzo del multimediale?

Alcuni musei sono stati un’importante fonte di ispirazione come l’Imperial War Museum di Manchester che si occupa di rappresentare la Prima Guerra Mondiale e risulta essere interessante soprattutto per i suoi teatri scenici. Sono stati presi in esame anche i musei dei media, i primi con contenuti tecnologici fra cui possiamo citare il Media Museum di Washington. Il Jewish Museum and Tolerance Center di Mosca che però propone un approccio che è una via di mezzo tra l’analogico e il digitale. Per citarne altri il museo dell’Apartheid di Johannesburg e le nuove sale dello Yad Vashem a Gerusalemme.

Soprattutto è stata fondamentale l’esperienza della mostra Fare gli Italiani: 1861-2011 di Studio Azzurro.

È prevista una riapertura a breve di M9?

M9 adesso riapre il 2 Settembre per una decina di giorni in corrispondenza della Mostra del cinema. Da noi si terrà la sezione di Virtual reality con le opere VR Expanded. Dopo di che l’idea è di riaprire in autunno, non le so ancora dire esattamente quando ma nel corso dell’autunno riaprirà. Diciamo che terremo queste giornate di mostra per testare l’interesse del pubblico e per capire come riaprire in sicurezza.

C’è l’idea di modificare l’allestimento, i contenuti o si vuole comunque continuare per com’è adesso il museo?

In questo momento no! Resta però nella filosofia di M9, in quanto museo multimediale, il bisogno di un continuo aggiornamento dato anche il fatto che la tecnologia invecchia precocemente. Questo continuamente non lo intenda come una volta l’anno ma una volta ogni 2 o 3 anni sicuramente verranno modificate parti dell’allestimento. Adesso la vicenda del Covid ha cambiato un po' i piani, però è probabile che nel corso dell’anno prossimo si cominci a ragionare in termini di riallestimento di pezzi del museo, questo

70

vuol dire che ci vorranno sempre circa 12 mesi, probabilmente tra 2021-2022 qualche nuova parte della collezione permanente sarà aperta.

In conclusione, non individuiamo una filosofia d’applicazione dai confini definiti ma più una tendenza che si serve di analisi comparative per tracciare delle dinamiche soddisfacenti. Da qui ne deriva l’attenzione all’interaction design, all’uso strumentale e non di sfoggio della tecnologia, l’idea di edutainment e l’interesse nel museo di narrazione. Quest’ultimo aspetto è quello che più si è presentato lacunoso e frammentario a favore di un impianto più nozionistico. Si evidenzia la libertà d’azione dei diversi exhibition designer, scelti in base alla condivisione della stessa visione dell’allestimento, mentre non viene approfondito nell’intervista il rapporto di coordinamento tra i due comitati e gli exhibition designer. Rimane incerta la data di apertura e le modalità con cui verranno proposte delle visite in sicurezza. Nonostante la difficile situazione sanitaria che sta investendo tutti i settori, propone una visione ottimistica di rinnovamento di una parte di M9 nell’arco di poco più di un anno.

71