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1.1 Struttura della ricerca e strumenti di indagine

2.1.2 Le interviste

Come abbiamo discusso nel capitolo relativo alla metodologia, ai ni della ricerca qualitativa è molto importante l'uso di strumenti diversicati per la raccolta di dati di tipo diverso e l'approfondimento Per questo abbiamo scel- to di approfondire i temi toccati nel questionario cartaceo con delle interviste dirette, strumento d'indagine ormai consolidato in Educazione Matematica per le ricerche qualitative sugli insegnanti (Kaasila, 2007).

Le interviste dirette semi-strutturate e completamente volontarie raccolte so- no state 15 della durata di circa 30-40 minuti ciascuna.

Presenteremo un'analisi di tipo trasversale delle interviste in relazione ai sin- goli temi toccati, che commenteremo uno per volta. Insomma procederemo con un approccio categoriale e non olistico.

1. Ha mai avuto esperienze di insegnamento della matematica nora? Di che tipo?

Tutti i futuri insegnanti intervistati, eccetto Inf79, aermano di aver svol-

to qualche tipo di attività di insegnamento della matematica. Osserviamo tuttavia che Inf7 lavora già da diversi anni come insegnante di scuola dell'in- fanzia, quindi pur non avendo mai insegnato matematica ha esperienza nel lavorare con i bambini.

Tutti gli altri raccontano di aver svolto attività di ripetizioni, tranne Inf4, che aerma di aver svolto soltanto attività di tirocinio per lo più passivo, e Inf10, che invece parla di aver aiutato alcuni bambini con i compiti e di aver già insegnato per alcuni mesi in una scuola elementare:

Io ho fatto un anno il maestro, alle elementari... da novembre a giugno insomma, sostanzialmente un anno, in una terza e una quarta, sostanzialmente... e poi, va be', da una decina d'anni ho a che fare soprattutto con bambini in contesti educativi in cui però c'entrava anche il far fare compiti sostanzialmente... in una associazione che si è occupata anche un po' a un certo punto proprio di... di fare, un po', un po' di didattica, diciamo. [Inf10] Alcuni insegnanti in formazione oltre alle ripetizioni aggiungono anche di aver svolto attività di tirocinio nelle scuole, oppure di aver anche aiutato altri ragazzi con i compiti, a volte semplicemente i propri fratelli o cugini:

(...) avevo mia cugina, che comunque anche lei per matematica, però al livello di superiori, più che per matematica, un pochino... un po' per studiarla in modo diverso, perché non capiva molto bene alcuni concetti, aveva ancora delle lacune che gli venivano dalle elementari appunto. [Inf15]

9Per garantire l'anonimato ai futuri insegnanti che ci hanno rilasciato le interviste, abbiamo assegnato a ciascuno di loro un nickname arbitrario ma che li identica in maniera univoca, della forma `Inf' seguito da un numero progressivo da 1 a 15.

In particolare è interessante osservare che quasi tutti gli insegnanti intervista- ti sembrano avere un buon livello di esperienza nel campo dell'insegnamento, in quanto la maggior parte di coloro che parlano di ripetizioni non parlano di ripetizioni saltuarie ma di un'attività abbastanza prolungata nel tempo:

 Sto ancora seguendo veramente, non solo a matematica ma an- che nelle altre materie, un bimbo di.. che ora fa la quinta ele- mentare e lo seguo da quando è in terza, quindi terza quarta e quinta lo sto seguendo, l'ho seguito per matematica. [Inf15]

In alcuni casi l'esperienza è anche molto variegata per tipologia di allievi a cui si rivolge:

 (...) ho aiutato una ragazzina delle medie, proprio aiuto compiti diciamo, e l'ho aiutata in quasi tutte le materie tra le quali ma- tematica, lo stesso ho fatto con due gemelle di quinta elementare e un ragazzo sordo. Queste sono state un po' le mie esperienze di ripetizioni o aiuto compiti. [Inf15]

Dunque questo campione su questo aspetto si presenta diversamente rispetto a quello relativo al questionario cartaceo (dove ricordiamo che la maggior par- te degli insegnanti in formazione aerma di non aver mai svolto nessun tipo di attività): tutti hanno avuto esperienza di insegnamento di qualche tipo, seppur - come immaginabile - principalmente legata ad attività di ripetizioni, e quindi relativa a un contesto di insegnamento-apprendimento diverso dal contesto classe.

2. Se ci sono state, quali sono state le dicoltà maggiori che ha incontrato nel condurre questo tipo di attività?

Nella maggior parte delle interviste sono stati indicati a questo riguardo pro- blemi relativi alla condivisione dei contenuti, anche se poi questo problema generale si specica in modi diversi nei singoli casi. Alcuni futuri insegnanti infatti sottolineano la dicoltà nel trovarsi a dover rispondere a questioni po- ste da bambini o spiegare qualcosa improvvisamente, senza cioè aver strut- turato a priori una spiegazione. Inf1 è particolarmente interessante perché fa riferimento ad una esperienza in classe (tirocinio):

Abbiamo svolto quest'anno col tirocinio (...) (i bambini) in que- sto gioco dovevano prendere dei foglietti con scritti delle frazioni: quando si incontravano dovevano confrontarsi fra di loro su chi fra di loro avesse la frazione più alta e chi aveva la frazione più alta (...) in molti casi, i bambini arrivavano e uno aveva, non so, 1

9 e l'altro 2

6, e mi guardavano e dicevano: Ma qual è quella

più grande?, e così, spiegarlo a voce, ero veramente in dicoltà perché non avevo alcun riferimento (...) e lì io per esempio mi sono trovata molto a disagio (...) perché non riuscivo a dargli un riferimento concreto.. [Inf1]

Inf11 racconta una situazione simile, ma in una interazione 1 a 1: (...) stavo spiegando un problema, che poi in realtà era semplice, però non riuscivo a far capire al bambino il perché non dovesse prendere un determinato dato - perché c'erano tanti dati in quel problema: alcuni li doveva prendere in considerazione e altri no  e non riuscivo cioè a far capire il perché non dovesse prendere quel tipo di dato; cioè, o meglio, glielo spiegavo ma non riusciva capire il bambino, e quindi un po' in dicoltà... sì, lo sono stata. [Inf11]

Interessante nel suo racconto anche come la responsabilità (il non riuscire) passi nel racconto dal docente (che sta raccontando l'episodio) allo studente (non riuscivo a far capire... o meglio, glielo spiegavo ma non riusciva capire il bambino).

Opposto in questo senso è il racconto dell'esperienza di Inf15. L'esperien- za è ancora più particolare: spiegazioni ad un fratello, ma in questo caso, alla ne della storia e attraverso il confronto con un altro metodo, il falli- mento è decisamente associato alle scelte del docente e non a mancanze di quest'ultimo:

Col mi' fratello il discorso è stato proprio di... ci sono state di- verse cose che non riuscivo a spiegargli proprio, forse proprio per mia incapacità di rapportarmici, proprio. Per esempio, i sistemi. I sistemi, che... io cercavo di spiegare la sostituzione nell'equazio- ne, la sostituzione della y, e gliela spiegavo cercando di cambiare anche i termini eccetera, però vedevo che non entrava, non gli riusciva a entrare (...) è intervenuta la mi' sorella (...) gliel'ha spiegato in un modo diverso  non te lo so dire quale perché non ero presente  però gliel'ha spiegato in un modo che poi quando ho visto gli esercizi come l'era andati a fare, li aveva capiti. Quindi una cosa forse più pratica (...) ho visto solamente che era molto pratica perché lei l'aveva fatta fare sul foglio, mentre io puntavo più a fargli capire il metodo... perché magari nella mia visione c'è il fatto che se uno impara poi il metodo, uno poi.. anche se poi cambiano i termini, le cose poi se uno ha la metodologia le riesce a fare, mentre lui probabilmente aveva bisogno di un'altra cosa, di una cosa di più concreto. [Inf15]

Il caso di Inf15 è interessante perché sottolinea il contrasto tra il suo tentativo di spiegare che cosa signica usare il metodo di sostituzione (io cercavo di spiegare la sostituzione nell'equazione, la sostituzione della y, e gliela spiegavo cercando di cambiare anche i termini eccetera (...) io puntavo più a fargli capire il metodo... perché magari nella mia visione c'è il fatto che se uno impara poi il metodo, uno poi.. anche se poi cambiano i termini, le cose poi se uno ha la metodologia le riesce a fare) e l'apprendimento della procedura in sé, che potrebbe essere avvenuta anche in seguito ad una spiegazione di tipo meccanico (lui probabilmente aveva bisogno di un'altra cosa, di una cosa

di più concreto).

A questo proposito, un'altra futura insegnante, Inf13, esplicita proprio il problema di un apprendimento talvolta troppo meccanico dei bambini:

Allora, ho dicoltà qualche volta a rispiegare... (...) ripetere alcune nozioni, alcune lezioni che... (il bambino) ripeteva mecca- nicamente senza comprendere poi il signicato di quello che fos- se, e infatti poi sbagliava i compiti (...) Quella era un po' una dicoltà, perché trovare delle parole diverse, degli esempi che si capissero e che rendessero più chiaro l'argomento... ci vuole un po' di fantasia. [Inf13]

Anche Inf2 cita quest'ultimo aspetto, ma declinandolo sul tipo di insegna- mento piuttosto che sull'apprendimento: Tanti insegnanti anche tendono a spiegare dicendo come si fa e allora lì si perde un po' il senso.

In altre interviste invece si pone in evidenza il problema tipico di sovrap- posizione ad un altro docente uciale10 - il confrontarsi con il metodo di

spiegazione proposto dall'insegnante a lezione. A volte emerge come la pau- ra di poter disorientare gli allievi porti a fare scelte diverse da quelle che si vorrebbe, ad uniformarsi:

(...) al tirocinio forse la maggiore dicoltà è stata che io avrei risolto un problema in un modo, e la maestra, e di conseguenza anche i bambini, ne adottavano un altro. E ovviamente io non potevo dire il mio ai bambini perché altrimenti si sarebbero confusi ancora di più le idee. [Inf5]

Volevo comunque sempre cercare di capire come avessero spiegato in classe le cose, perché avevo paura poi di dare una mia spiegazio- ne che non fosse quella data in classe, magari anche solo spiegare la moltiplicazione, avevo paura che comunque... cioè avevo pau- ra di spiegarla in un modo diverso, quindi chiedevo sempre La maestra ti ha spiegato in questo modo? Come avete proceduto nel calcolare 5 × 3 nella moltiplicazione?, quindi comunque cercavo sempre di non spiegare in maniera diversa da quello che avevano loro. [Inf14]

Un'altra dicoltà percepita che emerge con forza dalle interviste è legato alla dicoltà di usare e condividere con i bambini della scuola primaria il linguaggio matematico:

In realtà la dicoltà spesso era far comprendere quello che bi- sognava fare eccetera, e spesso utilizzavo un lessico specico che non veniva compreso. E quindi dovevo trovare il modo di rende- re la matematica il più reale possibile per farla comprendere, con

10Questa situazione d'altronde si ripresenta anche in servizio quando si subentra ad un altro docente.

esempi stupidi o altre cose di questo genere. Ad esempio: Per- ché non posso aggiungere le x alle y?Perché le x sono le patate, le y sono pomodori e patate e pomodori non puoi aggiungerle. [Inf12]

Un aspetto trasversale a molte delle risposte già viste è la necessità di capire da dove partire, ovvero capire quali siano le eventuali dicoltà dei bambini e le loro conoscenze pregresse (Ci sono stati sicuramente i primi incontri dove ho dovuto comunque capire che tipo di problema avessero con la matematica, perché eettivamente non riuscivano, cioè perché chiedevano a me di aiutar- li, Inf14).

Una problematica interessante, anche questa legata alla necessità di trovare un equilibrio, è risolvere quella che viene vista come una dicotomia tra pro- blemi semplici e problemi sensati, problematica ben esplicitata dalle parole di Inf1:

Lei (l'insegnante del corso universitario) faceva... problematiz- zava su queste pagine di libri in cui, non so, mettono questo pro- blema ma in realtà è un problema apparente perché ci sono già tutti i dati e anche la risposta. Ed è positivo, però sinceramente anche lì in quel caso non avrei saputo bene quali... quali alterna- tive orire a un bambino, cioè se eettivamente devo spiegargli le moltiplicazioni, è vero che se le mele sono già contate giuste su un albero, ovvio che non verrà un numero col resto, ed è vero, però nello stesso tempo se metto un numero col resto ho visto che crea abbastanza disagio a un bambino che sta ancora imparando la moltiplicazione dire: Eh, ma queste due mele che rimangono fuori per esempio?... cioè è abbastanza disorientante su quel- lo (...) i problemi in cui sbagliamo noi insegnanti, è vero sono problemi in cui sbagliamo ma in cui io non avrei avuto una so- luzione. (...) erano tutti problemi giusti, come anche il fatto che il problema deve avere questa relazione forte e concreta con la realtà, è vero, era proprio vero, però spesso trovare dei problemi che avessero delle relazioni con la realtà che non si cadesse nel banale diventava quasi impossibile, cioè diventa veramente di- cile perché comunque, per quanto reale, alcune situazioni hanno già un pochino dell'assurdo. [Inf11]

Su questo aspetto, e la sua rilevanza nell'insegnamento della scuola prima- ria, si è sviluppato tutto un lone di ricerca, tra cui in particolare facciamo riferimento ai lavori di Rosetta Zan sui cosiddetti word problems, quali per esempio La dimensione narrativa di un problema: il modello C&D per l'ana- lisi e la (ri)formulazione del testo, parte I e II, del 2012.

Il passo di Inf1 introduce il tema del collegamento con la realtà. Tale aspetto viene ripreso anche in altri punti dell'intervista:

Il problema fondamentale della matematica è che non c'è una relazione con la realtà. C'è pochissimo questo approccio con la

relazione con la realtà, e quindi (i bambini) trovano veramente dicile imparare una formula che poi non ha... e non trovano nemmeno un senso a imparare una formula che non abbia poi un risvolto pratico e concreto, quindi una relazione così.

In questo passaggio per esempio si osserva un certo carattere di assolutezza dell'osservazione che viene fatta: la convinzione che la matematica sia slegata dalla realtà è espressa come se fosse una verità assoluta e assodata (non c'è una relazione con la realtà). La cosa interessante è che, nonostante tale certezza, Inf1 spiega, in un altro passaggio, che il fare riferimento al concreto è per lei quasi una strategia didattica:

(...) io nel mio modo di fare quando mi trovo in dicoltà cerco subito di fare qualcosa di... un esercizio che sia più concreto, e quindi non mi rendo conto se il mio modo di spiegare, non so, era sbagliato, perché se faccio l'esercizio più concreto e vedo che il bambino, o i bambini comunque lo capiscono. Potrebbe anche solamente essere veramente un problema di espressione, cioè, del mio modo di spiegare. Perché comunque matematica mi rendo conto che davvero... una minima parola e cambia già tutto. Però, no, per il resto devo dire che non ho mai riscontrato altri grandi problemi. [Inf1]

Un altro problema signicativo che è esplicitato nelle interviste è quello della scarsa preparazione in matematica, scarsa preparazione che inuisce sulla serenità didattica e quindi sulle scelte didattiche:

Io adesso ho una laurea in lettere, quindi ho una formazione più umanistica, quindi chiaramente ho incontrato dicoltà, perché... perché nonostante tutto... diciamo, la didattica è una cosa che mi ha sempre interessato molto, però rispetto... cioè, come tutte le cose, uno si accorge che quanto più, cioè, quanto più il tuo pensiero è complesso su una cosa, tanto più riesci a semplicare e a renderlo, diciamo, a renderlo accessibile a tutti; quindi essendo io in passato, ho fatto il liceo classico, poi ho fatto lettere, quindi ho passato dieci anni a confrontarmi in contesti letterari, poi, appunto, pormi il problema di insegnare una cosa scientica è stato particolarmente dicile. [Inf10]

Ho sempre avuto problemi in matematica, sono più ferrata nelle materie umanistiche (...) considera che, allora, personalmente non ho mai avuto problemi a dare ripetizioni in italiano o altre materie, ma matematica... (...) perché non nego che comunque ho avuto delle dicoltà con la disciplina in sé, quindi guriamoci anche nella spiegazione. [Inf9]

Ci sono poi degli intervistati che fanno riferimento a casi di bambini con dicoltà speciche, ad esempio con disturbi cognitivi: (E c'è invece un al- tro bambino che ho seguito, proprio per lui non... cioè la quantità per lui

non aveva... non aveva un senso, per cui dire che ce ne fosse uno, che ce ne fossero 5, che ce ne fossero 11, poteva essere lo stesso numero, poteva essere la stessa cosa. (...) lavoravo con, anche con la logopedista perché ave- va grandissimi problemi di dislessia accertati, ma in realtà anche vari altri problemi), o problemi di competenze linguistiche limitate ((...) coi bambi- ni stranieri, alcuni erano proprio... non comprendevano proprio quello che dicevo, dovevo fare gli esempi più scrivere quello che... cioè, per carità, la matematica è matematica comunque, però mi trovavo (in dicoltà) magari nelle spiegazioni per parlare in maniera molto per frasi corte e brevi).

In generale emergono dicoltà: speciche delle tipiche attività matema- tiche condotte (tirocini, supplenze brevi, ripetizioni) quali il trovare il giusto equilibrio tra la continuità rispetto ai metodi del docente uciale e le pro- prie convinzioni didattiche - ma che come detto possono capitare anche in servizio. Altre, più tipiche dell'insegnamento, come quella di dover fron- teggiare una situazione imprevista, rapportarsi con bambini con dicoltà speciche, adattare i metodi e le spiegazioni agli stili dei discenti, o risolvere altre dicotomie (facile vs sensato).

3. Come descriverebbe il suo rapporto con la matematica? Ci sono stati dei cambiamenti in questo rapporto nel corso del tempo? Se sì quali?

Questa domanda era mirata a far emergere storie o quantomeno l'evoluzione nel tempo del rapporto e dunque l'identicazione dei fattori che hanno inciso sull'evoluzione.

La lettura e l'ascolto delle esperienze degli insegnanti (in formazione e in servizio) che hanno partecipato alla nostra indagine, confermano come la maggioranza delle storie raccolte descriva dei momenti di buio nel rapporto con la matematica. Quanto questi momenti siano considerati passati o meno, non sempre è facile da far emergere. Talvolta infatti traspare un certo com- prensibile pudore nell'esplicitare che il rapporto con la matematica, una disciplina che si insegna o si dovrà insegnare, non sia allo stato attuale dei migliori. A questo riguardo, dal punto di vista della riessione metodologi- ca, le interviste hanno mostrato la loro potenzialità rispetto al questionario aperto: infatti, pur cadendo l'anonimato, da una parte lo sviluppo delle in- terviste ha permesso sia all'intervistato che all'intervistatore di sciogliersi e di creare un'interazione via via sempre più rilassata, dall'altra lo strumento intervista permette all'intervistatore di approfondire con ulteriori domande ciò che ascolta e dunque di raccogliere informazioni decisive per l'interpreta- zione di ciò che sta ascoltando.

Tornando alle interviste, in alcune storie emerge che le problematiche si ma- nifestano già durante la scuola primaria, spesso in relazione a problemi con gli insegnanti:

Io, senti, allora, son sincero: no alla terza-quarta superiore ero una frana, nel senso... 6 e quello mi bastava, però tutto derivato dall'insegnante che ho avuto alle elementari. Era

vecchio stile, a volte metteva anche le mani addosso... a me no, però ai miei compagni sì, e quindi s'era un po' tutti impauriti dalla matematica. (...) io avevo paura, e quindi per me matematica a quel punto lì era diventata un tabù, e quindi io non la studiavo fondamentalmente. [Inf2]

Tutto è cominciato durante la scuola primaria (...) diciamo che ho avuto come maestra una suora, alla scuola primaria. Questa suora era molto brava, diciamo, nella parte letteraria, italiano, storia, geograa era preparatissima, ma di matematica non mi ha insegnato assolutamente niente, e non lo dico perché io so- no presuntuosa o... ma perché proprio chi la sapeva fare perché c'aveva già il ragionamento perché... insomma, c'è chi c'ha una testa e chi ce n'ha un'altra, diciamo, no?, chi c'aveva già la testa

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