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Interviste a testimoni privilegiati ed esperti che hanno coinvolto practitio-

il caso Laboratorio Urbano Aperto

2. Interviste a testimoni privilegiati ed esperti che hanno coinvolto practitio-

ner e studiosi attivi nell’ambito dell’innovazione sociale e hanno avuto luogo parallelamente all’analisi di benchmark con lo specifico scopo di ottenere un’ef- ficace triangolazione delle fonti (Yin, 1994).

Tabella 3. Casi individuati per l’analisi di benchmark

Fonte: nostra elaborazione

Il lavoro di ricerca: la fase partecipativa

La seconda macro fase del lavoro di ricerca si è concretizzata in un percorso parte- cipato di coinvolgimento di stakeholder e gruppi di cittadini che, nell’impianto del progetto, è stata concepita come complementare alla precedente67. Se infatti la ben- chmark analysis e le interviste a testimoni privilegiati rappresentavano un percorso d’indagine più strutturato e “guidato”, utile da una parte alla verifica delle variabili organizzative individuate e dall’altra ad attivare competenze tecniche e relazionali con soggetti esterni al territorio reggiano per intercettare nuove tendenze sui temi dell’innovazione sociale; questo secondo passaggio si è caratterizzato invece per un approccio bottom-up. Aprendo un confronto con stakeholder e cittadini, l’obiet- tivo di questa parte dell’indagine è stato quello di far emergere idee progettuali, punti di vista, segnalazioni, bisogni o necessità di settore, per delineare uno stato del- l’arte realistico delle dinamiche economiche e sociali del territorio reggiano e per co- costruire con la comunità, in collegamento allo scenario delineato, il quadro dei possibili assets di attività del Laboratorio Aperto. Il fine perseguito in questo modo rispecchia l’intento programmatico della strategia urbana sopra accennato: attivare una visione di innovazione legata al territorio, sinergica rispetto alle sue eccellenze

67. La parte di ricerca che ha visto il coinvolgimento di gruppi di studenti è stata condotta da Ki- lowatt in collaborazione con il prof. Christian Iaione.

Nome Città Composizione della governance Descrizione FabriQ Milano Promotore: Comune di Milano Gestori: Fondazione G. Brodolini; Impact Hub

Spazio situato a Quarto Oggiaro e attivo nel campo dell’innovazione sociale. Kilowatt Bologna Promotori e gestori: Kilowatt Società Cooperativa; Kilowatt Srls; Associazione Kilowatt Progetto di co-working e acceleratore di idee. È attivo negli ambito dello sviluppo sostenibile, della comunicazione digitale e della creatività. Open Incet Torino Promotore: Comune di Torino Gestore: ATI guidata da Fondazione G. Brodolini

Spazio di open innovation situato in un’area industriale riqualificata, la cui è ambizione è di porsi come riferimento per Torino e l’Italia.

e quindi con buone possibilità di ricadute positive su tutta la collettività una volta implementato.

Anche questa fase del lavoro di ricerca, come la precedente, ha utilizzato una me- todologia qualitativa che, per la parte di coinvolgimento degli stakeholder, si è rea- lizzata attraverso interviste, mentre per la parte di coinvolgimento dei cittadini ha implementato workshop, focus group e attività di animazione culturale. Le inter- viste condotto, oltre a raccogliere proposte, hanno rappresentato anche uno stru- mento utile di informazione-mirata sul progetto, stimolando una prima partecipazione diretta di cittadini e dei rappresentanti della comunità reggiana e un tramite per aumentare il loro commitment e la loro identificazione nel progetto. Le interviste con gli stakeholder del territorio hanno interessato 36 rappresentanti di 27 istituzioni e realtà di punta del territorio reggiano, attive sui temi della social innovation, del welfare diffuso e dell’innovazione. Le interviste sono state costruite in modo da poter raccogliere idee, considerazioni e opinioni su diversi aspetti del progetto del LUA. La restituzione di un ampio ventaglio di possibili idee proget- tuali da ospitare all’interno dei Chiostri di San Pietro, indicazioni dettagliate sui possibili metodi di lavoro e l’indicazione di ambiti tematici da rendere operativi rappresentano l’esito più importante di questa fase del lavoro di ricerca; ma non l’unico. L’indagine ha fornito anche una cartina di tornasole rispetto al grado di co- noscenza del progetto e al grado di apertura, in termini di disponibilità, dei soggetti ascoltati di prendere attivamente parte alla messa in opera del LUA. In tal senso l’a- nalisi ha rilevato un sentiment positivo e di generale apertura degli intervistati. Le interviste agli stakeholder hanno inoltre individuato potenziali criticità e possibili rischi da evitare nell’implementazione del Laboratorio Urbano Aperto. Sono emersi ad esempio timori rispetto alla possibilità di duplicazione di progetti cittadini esi- stenti o rispetto alla possibile distribuzione a pioggia, quindi dispersiva e non mi- rata, dei finanziamenti.

Le interviste hanno poi raccolto considerazioni sui possibili soggetti da coinvolgere nell’iniziativa, sia rispetto a ruoli di coordinamento, conduzione e gestione delle at- tività, sia rispetto ai target di utenza e beneficiari a cui rivolgere le azioni. Su que- sto punto è emerso chiaramente che il LUA deve essere innanzitutto uno spazio dei e per i cittadini, intesi sia come individui, sia come parte della comunità. Da un lato infatti essi sono “esperti per esperienza”, cioè portatori di una competenza e una consapevolezza significativa, acquisite o come utenti o per i ruoli di cura svolti al- l’interno delle reti sociali di cui sono parte, di cui è impossibile non tener conto nei processi di riscrittura e soprattutto di co-progettazione dei servizi alla persona. Dal- l’altro, i cittadini sono anche membri di un gruppo ampio, che necessita di uno spazio di aggregazione per lo scambio, la creazione, la condivisione e la circolazione

di idee e di sentimenti collettivi. Secondo gli stakeholder, quindi, è proprio a par- tire dalle idee e dai bisogni espressi dalle persone comuni che devono prendere forma processi di innovazione sociale all’interno del LUA. Successivamente le pro- poste dei cittadini possono diventare azioni e progetti concreti attraverso la siner- gia con i soggetti della società civile e l’istituzione pubblica, e con anche il coinvolgimento e il contributo delle imprese del territorio, essere ispirazione per la creazione di nuova occupazione e nuove competenze diffuse. Le interviste hanno in- fine cercato di stimolare la riflessione degli stakeholder sull’identificazione delle vo- cazioni e delle eccellenze territoriali da cui partire per la definizione dei contenuti, degli ambiti tematici e delle attività da implementare all’interno del LUA. Dall’a- nalisi incrociata delle dichiarazioni sono emersi quattro filoni identitari: educazione, qualità della vita, food, creatività e cultura. Si tratta di ambiti che gli stakeholder hanno indicato come significativi e importanti per l’identità del territorio e della città proprio per la loro capacità, nei decenni passati, di saper esprimere le istanze e i bisogni più forti della collettività reggiana e di saper radunare al loro interno le forze più vivaci della comunità esprimendo, attraverso alleanze ampie e la parteci- pazione delle persone comuni, risposte adeguate e soluzioni innovative per la città sul piano sociale, culturale e imprenditoriale.

Converge sulla visione emersa dal basso sul LUA anche l’Assessora Montanari la quale, come regista politico dell’operazione, propone quattro possibili assets opera- tivi proprio a partire dai filoni tematici emersi dall’analisi incrociata e dal lavoro partecipativo realizzato con la città. Impresa culturale, osservatorio d’impatto, coo- perativa di comunità locale e formazione possono essere, a suo avviso, i quattro pi- lastri su cui fondare e consolidare un luogo che pone al centro la persona, i cittadini, i reggiani. Il LUA, afferma l’Assessora, deve diventare un luogo che può trarre della produzione culturale la cifra identitaria del territorio reggiano a riprova che con la cultura non solo “si mangia”, vale a dire ci si sostenta economicamente, ma si evolve come comunità. Ancora, il Laboratorio Urbano Aperto può essere un luogo di ri- cerca e sperimentazione che attua strategie di data-driven decision making, in grado di incrociare in modo raffinato i dati e le informazioni sul territorio e, attraverso la loro interoperabilità, di indicare soluzioni percorribili. Il LUA come occasione per rinnovare e ampliare il patto pubblico-privato, per creare quindi alleanze ampie ca- paci di integrare i modelli sociali ed economici vigenti con soluzioni diverse, nuove e integrative. Il LUA, infine, deve essere il luogo per ridefinire il framework per la formazione in prospettiva open innovation, per rendere cioè la formazione non solo un momento di approfondimento, ma anche di creazione di competenze nuove che possono scaturire dalla contaminazione tra ambiti e soggetti finora tra loro di- stanti.

Conclusione

I processi di innovazione (in qualsiasi ambito e di qualsiasi natura) sono lunghi, spesso non lineari, incerti e soprattutto complessi. Durata, incertezza e complessità aumentano nel momento in cui ad uno stimolo istituzionale finalizzato ad intro- durre dinamiche innovative si accompagna l’attivazione di un percorso di co-pro- gettazione allargata a stakeholder e cittadinanza come quella illustrata nelle pagine precedenti. L’inclusione e il coinvolgimento di soggettività “altre” rispetto ai prin- cipali promotori dell’intervento di innovazione può aumentare le potenziali ricadute del progetto, ma al tempo stesso rende anche più impegnative la gestione della pro- gettazione prima e dell’implementazione poi, richiedendo l’adozione integrata di di- versi approcci di analisi e intervento.

La dinamica partecipativa (se implementata efficacemente) permette di generare un processo di responsabilizzazione diffusa e di allargare la progettazione e la con- divisione degli obiettivi. In questo senso il coinvolgimento degli stakeholder e dei cittadini nel percorso di co-progettazione esposto nei paragrafi precedenti offre spunti interessanti; in particolare esso non è da intendere come una formula sem- plificatrice del processo decisionale su “come il LUA debba essere organizzato” e su “cosa il LUA debba produrre”, ma è da assumere come alimentatore della com- plessità delle decisioni. E non c’è dubbio sul fatto che l’Amministrazione Comunale di Reggio Emilia abbia accettato la sfida della complessità, ritenendola evidente- mente un passaggio ineludibile se l’ambizione è quella di generare nel territorio processi di innovazione sociale condivisi e sostenibili.

Se la partecipazione e la co-progettazione offrono indubbi vantaggi in termini di ge- nerazione di idee innovative e maggiormente embedded nel contesto socio-econo- mico di riferimento, pare opportuno osservare anche alcune criticità che esse pongono. Ad esempio, anche i più estesi processi co-partecipati non evitano rischi e patologie tipiche dei fenomeni organizzativi e proprio a tali rischi diventa neces- sario prestare particolare attenzione. Uno su tutti il fenomeno del group-think, ben conosciuto dagli studiosi delle organizzazioni e che gli innovation studies hanno da tempo individuato come una delle cause ricorrenti del fallimento dei processi di innovazione. Nonostante questi potenziali rischi, il metodo implementato nel caso del LUA di Reggio Emilia sembra indicare che le istituzioni locali hanno colto un aspetto costitutivo delle azioni di innovazione sociale, la cui sottovalutazione ri- schierebbe di comprometterne l’effettiva realizzazione: il carattere aperto e relazio- nale a partire dalla sua progettazione. Anche in questo senso l’aumento del tasso di complessità è un prezzo che vale la pena pagare.

CAPITOLO 10

Il living lab come strumento