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Intese restrittive della libertà di ricerca e regolamentazione dei margini di compatibilità concorrenziale

1. Introduzione all’analisi interpretativa del regime concorrenziale sulla libertà di ricerca e sviluppo

Presentato il necessario quadro definitorio volto a delimitare il campo d’applicazione del regolamento in materia di accordi di ricerca e sviluppo, occorre ora entrare nel dettaglio dell’articolato normativo posto a governo delle fattispecie ivi rientranti. In particolare, stante la natura di fonte di più immediato rilievo per la normazione concorrenziale della cooperazione imprenditoriale di matrice inventiva, s’incentrerà l’oggetto dell’indagine sulle specifiche disposizioni che tale atto regolamentare prevede in via diretta con riguardo alla tutela della libertà di ricerca dei soggetti cooperanti ai fini di ulteriore innovazione.

Segnatamente, si ritiene opportuno investigare come la disciplina così prescritta regoli i rapporti intersoggettivi tra le imprese coinvolte in accordi di ricerca e sviluppo, nell’espletamento della necessaria opera di bilanciamento tra incentivo statico agli investimenti innovativi e concorrenza dinamica per il rilancio degli stessi 343 ; bilanciamento che si traduce nel valutare se ed in che misura possano ritenersi ammissibili sul piano antitrust i vincoli contrattuali limitativi dell’iniziativa individuale a supporto della cooperazione contro la fondamentale garanzia di libertà d’azione – anche e soprattutto economica - nel perseguimento del progresso.

2. L’impianto teorico sotteso alla disciplina antitrust della libertà di ricerca in costanza di cooperazione

Prima di addentrarsi nella disamina delle specifiche prescrizioni poste dal regolamento a governo della questione appena illustrata, pare opportuno offrire una breve ricognizione di quale sia il sostrato teorico che fonda l’intervento concorrenziale in materia.

In particolare, deve subito evidenziarsi come il tema dell’autonoma iniziativa sperimentale nel contesto degli accordi collaborativi di ricerca e sviluppo sia caratterizzato da un’intrinseca dialettica tra istanze contrapposte: da un lato, la facoltà di vincolarsi vicendevolmente con riguardo alla rispettiva libertà d’intrapresa innovativa al

343 Sull’aspetto economico di tale dialettica sottesa alla politica concorrenziale dell’incentivo alla ricerca e sviluppo v. più ampiamente i riferimenti citati al Capitolo I par. 3.

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di fuori del programma speculativo concertato mira a rafforzare la consistenza dell’alleanza sinergica tra le parti; dall’altro lato, la stessa possibilità di imporre limitazioni pattizie all’innovazione indipendente in chiave anticoncorrenziale assume valore restrittivo dell’insopprimibile principio della libertà di ricerca nel contesto di un sistema di mercato modellato sulla competizione dinamica.

E’ evidente come il conflitto tra queste due impulsi contrari non possa risolversi conclusivamente in senso di prevalenza assoluta di uno sull’altro, stante l’equipollenza dei relativi effetti beneficiali di cui entrambe queste logiche sono portatrici344.

Infatti, il ruolo di consolidamento del legame collaborativo attraverso le restrizioni contrattuali all’iniziativa sperimentale è ritenuto imprescindibile nella prassi per garantire un adeguato livello di mutua fiducia operativa senza il quale le cooperazioni speculative non possono essere attuate, con conseguente mancato ottenimento dei connessi vantaggi economici e sociali che tali programmi – anzi proprio e solo quelli più ambiziosi, in quanto intrinsecamente dispendiosi e rischiosi – consentono di raggiungere; al contempo, alla libertà di ricerca e sviluppo è indiscutibilmente riconosciuta la funzione sistematica di motore principale del progresso – cui peraltro la stessa regolazione concorrenziale del mercato, anche attraverso l’incentivo alla collaborazione imprenditoriale, risulta aspirare come obiettivo ultimo – e, come tale, essa dunque abbisogna di un apprezzabile margine di effettività nell’ambito delle

344 Per una presentazione complessiva dell’ambivalente incidenza del fattore cooperativo e di quello competitivo nella promozione dell’innovazione come concorrenza dinamica v.S.MARTIN, Public policies

towards cooperation in research and development, in L.WAVERMAN –S.COMANOR –A.GOTO (a cura di), Competition Policy in the Global Economy: Modalities for Co-operation, London, Routledge, 1997, p. 222 e ss.; per una riflessione maggiormente ampia sulle diverse possibilità di lettura dell’innovazione in senso dinamico con riferimento alle relazioni imprenditoriali da ciò implicate v. J.ELLIG –D.LIN, A

Taxonomy of Dynamic Competition Theories, in J.ELLIG (a cura di) Dynamic Competition and Public

Policy: Technology, Innovation, and Antitrust Issues, Cambridge, Cambridge University Press, 2001, p.

16 e ss.; invece, per un’evidenziazione delle opportunità beneficiali in termini di innovazione dinamica insita nel momento cooperativo, anche in ambito orizzontale tra operatori concorrenti v. specialmente T.M.JORDE –D.J.TEECE, Innovation, Cooperation and Antitrust, in T.M.JORDE –D.J.TEECE (a cura di),

Antitrust, Innovation and Competitiveness, Oxford, Oxford University Press, 1992, p. 47 e ss.; tuttavia,

per una ricostruzione teorico-pratica in chiave “revisionista” della persistente effettività del ruolo della concorrenza non cooperativa nello stimolo all’innovazione, in opposizione alla valutazione antitetica tradizionalmente prospettata a qualificazione del rapporto tra efficienza dinamica e protezione dalla competizione attuale v. P. AGHION –R.GRIFFITH, Competition and Growth: Reconciling Theory and

Evidence, Cambridge, MIT Press, 2008; mentre, in senso maggiormente critico nei confronti di una

ricostruzione unitaria in accezione positiva del concetto di innovazione nel contesto del diritto della concorrenza v. F. DENOZZA, Il progetto teorico dell’analisi economica del diritto antitrust e il suo

fallimento, in C. RABITTI BEDOGNI – P. BARUCCI (a cura di), 20 anni di antitrust: L’evoluzione

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dinamiche industriali per fornire quel continuo slancio verso l’innovazione successiva che solo un’azione economica necessariamente libera e competitiva può generare345. Ne segue che l’unica possibile quadratura del cerchio consiste in una mediazione tra questi diversi obiettivi contrastanti346: segnatamente, alla luce di tali presupposti, l’ordinamento non può che tentare di modulare il suo intervento regolatore sulla prospettiva di un giusto equilibrio347, capace congiuntamente di non pregiudicare i

345 In aggiunta ai richiami precedenti, su questo specifico profilo della libertà speculativa indipendente come fattore decisivo nel contesto della ricerca e sviluppo per il raggiungimento di un beneficiale progresso colletivo v. la puntuale disamina di W.J.ADAMS, Normativa antitrust e ricerca cooperativa:

applicabilità della regola della ragione (cit.), p. 15 e ss., il quale, nell’illustrare i diversi profili di

pregiudizialità delle prelazioni cooperative a limitazione della libertà di ricerca individuale delle parti, non manca di rilevare in senso critico la sottovalutazione di questa fondamentale lesione procompetitiva, notando che “la cooperazione non dovrebbe essere consentita nell’ambito della ricerca solo perché si

temono potenziali invenzioni da parte della concorrenza”; in via ulteriore, per una presentazione dei

peculiari pericoli collusivi insiti nelle cooperazioni di ricerca e sviluppo e dei delicati problemi di osservabilità che caratterizzano tali restrizioni concordate dell’innovazione, assai più nascoste rispetto alle classiche cospirazioni sui tradizionali mercati del prodotto (per loro natura immediatamente impattanti sull’offerta attuale in termini di prezzo o output, e quindi come tali concretamente percepibili dalle imprese e dai consumatori stessi) v. P.MAGNANI, La tutela della concorrenza nel <<mercato>>

dell’innovazione, Milano, Egea, 2003, p. 85 e ss.

346 Sulla vituperata questione concernente gli obiettivi politico-economici verso cui mira l’ordinamento

antitrust, anche in ambito giurisprudenziale può apprezzarsi una posizione di sostanziale mediazione da

parte della suprema corte europea, la quale, nella sua opera interpretativa, si manifesta come tendenzialmente orientata ad ammettere, in maniera inclusiva ed al contempo equilibrata, le diverse anime finalistiche generalmente riconosciute come proprie questa speciale branca della regolamentazione del mercato. In particolare v. Corte Giust.UE, 6 ottobre 2009, cause riunite 501/06 P, 513/06 P, C-515/06 P, C-519/06 P, GlaxoSmithKline Services Unlimited (in Raccolta 2009 I-09291), secondo cui “da

un lato, dalla detta disposizione (art. 81 CE, ndr) non emerge minimamente che unicamente gli accordi che privino i consumatori di taluni benefici possono presentare un oggetto anticoncorrenziale. Dall’altro, si deve sottolineare che la Corte ha affermato che l’art. 81 CE, al pari delle altre regole in materia di concorrenza enunciate nel Trattato, non è destinato a tutelare soltanto gli interessi di concorrenti o consumatori, bensì la struttura del mercato e, in tal modo, la concorrenza in quanto tale”;

per un commento a tale pronuncia, ove riceve trattazione (peraltro in maniera alquanto pilatesca) anche il connesso ed altrettanto annoso tema della giustificabilità concorrenziale di intese restrittive sulla base di incrementi economici di efficienza dinamica, al di là dell’incidenza oggettiva sull’assetto competitivo del mercato, nella prospettiva di incentivo all’innovazione, v. G. COLANGELO, T-Mobile Netherlands e

GlaxoSmithKline. La giusrisprudenza comunitaria torna indietro, in Mercato Concorrenza Regole, 2010,

p. 527 e ss.; E.LOOZEN, The workings of article 101 TFEU in case of an agreement that aims to limit

parallel trade, in European Competition Law Review, 2010, p. 349 e ss.; S.B.VÖCKLER, Joined cases

C-501/06 P, C-513/06 P, C-515/06 P and C-519/06 P, GlaxoSmithKline Services Unlimited v. Commission,

in Common Market Law Review, 2010, p. 175 e ss.

347 Rimarca la natura di bilanciamento di interessi sottesa al giudizio di compatibilità concorrenziale delle intese implicanti prospettive beneficiali in termini di progresso tecnico L.TOFFOLETTI, Progresso tecnico e bilanciamento di interessi nell’applicazione dei divieti antitrust (cit.), p. 99 e ss., il quale pone specifico

accento sulla promozione dell’interesse dei consumatori (in accezione futura, nella dialettica intertemporale tra consumatori attuali lesi dalla restrizione concorrenziale e consumatori successivi avvantaggiati dalla maggiore varietà e qualità dell’offerta) nella sua valenza di criterio cruciale ai fini del perseguimento del livello ottimale di innovazione senza inficiare un regime desiderabile di concorrenza effettiva, sottolineando in particolare come “tra i possibili effetti redimenti […] debbano ricevere

prioritaria valorizzazione gli effetti innovativi (di efficienza dinamica o qualitativa, che dir si voglia) che siano scaturiti da un processo di rivalità concorrenziale e dunque di ampia varietà e libertà di scelta del consumatore”.

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propositi cooperativi e di non frustrare la libertà di ricerca, secondo un armonico perseguimento del fine primario dell’innovazione348.

Più precisamente, per un corretto perseguimento dell’appena illustrato scopo di politica del diritto antitrust, appare cruciale che l’incentivo normativo approntato dalla disciplina di categoria sia rettamente ispirato al fondamentale principio di proporzionalità: ossia, esso deve operare esclusivamente in favore di quelle intese innovative effettivamente meritevoli e commisuratamente non oltre quanto necessario per rispondere alle esigenze di beneficialità da esse implicate349.

348 Ancora, per un’evidenziazione del ruolo centrale dell’innovazione dinamica come obiettivo fondamentale della disciplina concorrenziale, prioritario anche rispetto allo stesso beneficio statico verso i consumatori, per la massimizzazione del benessere economico-sociale v. T.M. JORDE – D.J. TEECE,

Antitrust Policy and Innovation: Taking Account of Performance Competition and Competitor Cooperation, in Journal of Institutional and Theoretical Economics (JITE), 1991, p. 123, ove

puntualmente si enuncia come “the focus of antitrust on consumer welfare is possibly misplaced.

Consumer welfare is enhanced in the long term only if productivity increases; and that requires technological innovation. Hence, an economic welfare calculus which includes future benefits, appropriately discounted of course, requires the promotion of innovation. […] Accordingly, if consumer welfare is to be the goal of antitrust, it needs to be couched in a forward-looking, innovation-centred context. […] Adopting dynamic competition and innovation as the goal of antitrust would, in our view, serve consumer welfare over time more assuredly than would the current focus on short-run consumer welfare”; tuttavia, per un riconoscimento della preferibilità per il benessere dei consumatori della

predisposizione di un regime antitrust fortemente incentrato sull’attualità del controllo concorrenziale, anche nell’ambito di un orientamento verso l’innovazione in senso dinamico, v. C.EWALD, Competition

and Innovation: Dangerous "Myopia" of Economists in Antitrust?, in Competition Policy International,

2008, p. 253 e ss.; mentre in ottica generale, per una riflessione più equilibrata sulla fondamentale problematica della collocazione dell’interesse dei consumatori nel contesto degli scopi del diritto antitrust v. le diverse posizioni autoriali riportate in G. AMATO –H.SCHWEITZER –F.DENOZZA –D.STALLIBRASS

– A. NICITA., Tutela della concorrenza e tutela dei consumatori: due fini confliggenti?, in Mercato

Concorrenza Regole, 2009, p. 381 e ss.; invece, per una posizione maggiormente propositiva riguardo la

possibilità di conciliare gli immediati scopi di politica concorrenziale con la tutela dell’interesse dei consumatori, auspicando un’orientamento teleologico dell’intervento normativo da parte dell’ordinamento antitrust verso il perseguimento sinergico di entrambi questi obiettivi v. P. KALBFLEISCH, Aiming for Alliance: Competition Law and Consumer Welfare, in Journal of European

Competition Law & Practice 2011, p. 108 e ss.; infine, per una ricostruzione dell’effettività del regime

concorrenziale di mercato come interesse giuridicamente protetto in capo al singolo consumatore, con conseguente tutelabilità diretta dello stesso per via giurisdizionale (anche e soprattutto in forma di azione collettiva di classe, le cui vicissitudini strettamente procedurali devono giocoforza qui tralasciarsi) v. G. GUIZZI, Interessi individuali ed interessi collettivi nella disciplina della concorrenza, in A.M. AZZARO (a cura di), Contratto e Mercato, Torino, Giappichelli, 2004, p. 79 e ss.

349 Sulla funzione del principio di proporzionalità nell’ordinamento europeo come criterio preferibile per l’ottimale risoluzione dei conflitti tra diritti contrastanti v. T.I.HARBO, The Function of Proportionality

Principle in EU Law, in Eur. Law Journal, 2010, p. 158 e ss.; per un’ampia riflessione sul principio di

proporzionalità nel diritto dell’Unione Europea al di là dello specifico ambito antitrust v. i diversi contributi raccolti in E.ELLIS (a cura di), The Principle of Proportionality in the Laws of Europe, Oxford, Hart Publishing, 1999, tra in quali con più specifica portata definitoria T.TRIDIMAS, Proportionality in

Community Law: searching for the appropriate standard of scrutiny, p. 65 e ss; mentre per una

ricognizione comparata maggiormente focalizzata sulle origini giuridiche di tale principio fondamentale v. N. EMILIOU, The Principle of Proportionality in European Law: A Comparative Study, The Hague, Kluwer Law International, 1996; per una compiuta benché più risalente disamina in prospettiva comunitaria applicata v. G.DE BURCA, The Principle of Proportionality and its application in EC Law, in

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Ove così non fosse, deve ammonirsi che il risultato sistematico originato da un eventualmente più energico stimolo regolamentare agli accordi di ricerca e sviluppo sarebbe tutt’altro che ottimale, perché un aumento esorbitante della tutela cooperativa, seppur a sostegno di concertazioni desiderabili, non significa geometricamente un vantaggio ancora maggiore; anzi, all’opposto, si giungerebbe ad un esito complessivamente controproducente, dal momento che un eccesso di protezione dalle dinamiche competitive sconfinerebbe in un sottocompensato pregiudizio sistematico agli altrettanto positivi effetti riconnessi alla salvaguardia della libertà di competizione innovativa350.

Così tratteggiato il quadro concettuale di riferimento, può ora procedersi ad analizzare come il regolamento d’esenzione per categoria provveda ad apprestare giuspositivamente la relativa disciplina normativa concorrenziale, valutando se effettivamente trovi riscontro tale necessario ed opportuno bilanciamento proporzionato tra supporto cooperativo e presidio competitivo in materia di libertà di ricerca e sviluppo.

3. La disciplina sostanziale della libertà di ricerca nel regolamento d’esenzione per categoria

Scorrendo il testo regolamentare, può apprezzarsi come la libertà di ricerca, sebbene non trovi consacrazione formale a mo’ di dichiarazione di principio, risulti tutt’altro che pretermessa dall’impianto precettivo ivi predisposto, trovando anzi una disciplina specificamente prevista in via diretta a sua tutela.

In specie, si fa riferimento all’ambito delle restrizioni concorrenziali oggetto di divieto, disciplinate dall’articolo 5 del regolamento in questione, il cui primo comando dispone una peculiare serie di limiti all’autonomia contrattuale delle parti sul profilo oggetto di disamina, sancendo come vietata “la limitazione della libertà delle parti di svolgere,

indipendentemente o in cooperazione con terzi, attività di ricerca e sviluppo in un campo non connesso a quello cui si riferisce l’accordo ovvero, dopo il completamento dell’attività comune di ricerca e sviluppo o dell’attività di ricerca e sviluppo a pagamento, nel campo cui si riferisce l’accordo o in un campo connesso”351.

350 Per una complessiva analisi giuseconomica dell’intervento regolatore nello speciale comparto degli accordi interimprenditoriali di cooperazione orizzontale v. D.GERADIN –A.LAYNE-FARRAR –N.PETIT,

EU Competition Law and Economics, Oxford, Oxford University Press, 2012, p. 423 e ss.

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Occorre allora procedere ad analizzare tale norma, la quale, benché relativamente concisa nel disciplinare un tema di ben più vasta portata, risulta foriera di complessità di primario significato applicativo ai fini del trattamento concorrenziale degli accordi di categoria, nonché pregna di implicazioni sistematicamente rilevanti per il complessivo assetto regolatorio dell’intervento antitrust nel campo dell’innovazione.

Prima di affrontare lo stretto dato testuale, deve precisarsi come siffatta disposizione rappresenti un dato costante della legislazione concorrenziale nel comparto della ricerca e sviluppo, presentandosi in maniera sostanzialmente immutata non solo nella precedente versione regolamentare352, ma anche nei più risalenti, e strutturalmente meno affini, atti normativi353, financo agli albori dell’intervento comunitario nel campo

integrale quanto segue: “L’esenzione di cui all’articolo 2 non si applica agli accordi di ricerca e sviluppo

che, direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno i seguenti obiettivi: a) la limitazione della libertà delle parti di svolgere, indipendentemente o in cooperazione con terzi, attività di ricerca e sviluppo in un campo non connesso a quello cui si riferisce l’accordo ovvero, dopo il completamento dell’attività comune di ricerca e sviluppo o dell’attività di ricerca e sviluppo a pagamento, nel campo cui si riferisce l’accordo o in un campo connesso”.

352 V. art. 5 comma 1 lettera a), Regolamento CE n. 2659/2000 (cit.), il quale recita in maniera pressoché identica: “L'esenzione di cui all'articolo 1 non si applica agli accordi di ricerca e sviluppo che,

direttamente o indirettamente, isolatamente o congiuntamente con altri fattori soggetti al controllo delle parti, hanno per oggetto quanto segue: a) la limitazione della libertà delle imprese partecipanti di svolgere, indipendentemente o in cooperazione con terzi, attività di ricerca e sviluppo in un settore non connesso a quello dell'attività contrattuale o, dopo il compimento dell'attività contrattuale, nel settore di quest'ultima o in un settore connesso”; da notare che in tale versione dell’atto regolamentare, nonostante

il cosiddetto more economic approach che ne ispira la strutturazione, è conservata un’espressa esemplificazione di una clausola positivamente ammessa al beneficio esentativo concorrenziale (nell’ambito del trattamento delle ancillary restraints), la quale verte proprio in materia di libertà di ricerca, disponendo quanto segue: “L'esenzione di cui al paragrafo 1 si applica anche alle disposizioni

contenute in accordi di ricerca e sviluppo che, pur non costituendo l'oggetto principale di tali accordi, sono direttamente collegate e necessarie alla loro realizzazione, come l'obbligo di non svolgere, individualmente o insieme a terzi, attività di ricerca e sviluppo nel settore cui si riferisce l'accordo o in un settore strettamente collegato durante il periodo di vigenza dell'accordo” (v. art. 1 comma 2,

Regolamento CE n. 2659/2000 (cit.)).

353 V. art. 6 comma 1 lettera a), Regolamento CEE n. 418/85 (cit.), secondo cui: “L’esenzione prevista

dall’articolo 1 non si applica quando le parti, mediante accordi, decisioni o pratiche concordate: a) limitano la loro libertà di svolgere, indipendentemente o in cooperazione con terzi, attività di ricerca e sviluppo in un settore non connesso a quello contemplato dal programma di ricerca e sviluppo o, dopo la realizzazione del programma, nel settore contemplato da quest’ultimo o in un settore ad esso connesso”;

analogamente a quanto notato alla nota immediatamente precedente, è opportuno citare in questa sede, rammentando la diversa conformazione dei regolamenti di esenzione per categoria della previa generazione, anche le altre previsioni di tale atto normativo che interessano la libertà di ricerca, le quali, disciplinando le restrizioni ammissibili in prospettiva positiva, fanno il paio con il divieto in prospettiva negativa appena esposto, e che segnatamente così recitano: “L’esenzione di cui all’articolo 1 si applica

anche ai seguenti obblighi restrittivi di concorrenza imposti alle parti: a) non svolgere autonomamente attività di ricerca e sviluppo nel settore contemplato dal programma o in un settore ad esso strettamente connesso, per tutta la durata del programma stesso; b) non concludere con terzi accordi in materia di ricerca e sviluppo nel settore contemplato dal programma o in un settore ad esso strettamente connesso, per tutta la durata del programma stesso” (v. art. 4 comma 1 lettere a)-b), Regolamento CEE 418/85

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della cooperazione innovativa354; ciò – da notarsi subito – a riprova della decisività della predisposizione di un presidio a tutela della libertà di ricerca nel contesto della disciplina normativa di questo peculiare settore355.

Ancora, deve ulteriormente premettersi come la norma in questione appartenga al novero delle cosiddette “restrizioni fondamentali” o “hardcore”356, le quali si collocano nella sistematica regolamentare al livello di più incisivo divieto sul piano antitrust ai margini di collaborazione degli operatori cooperanti, tale per cui la singola previsione di una di queste concertazioni proibite comporta l’esclusione dell’intero accordo dal beneficio dell’esenzione concorrenziale per categoria357; non solo, l’appena descritta interdizione massima riguarda non solo le pattuizioni espresse, ma ogni forma di coordinamento, anche solo indiretto ed effettuale, sul piano della condotta

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