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Negli ultimi anni diversi gruppi di ricerca hanno studiato l’interazione delle cellule con sistemi nanoparticellari. Questi studi si sono dimostrati molto interessanti dal momento che la terapia cellulare è in continua evoluzione nell’offrire opportunità per la medicina rigenerativa, specialmente nella riparazione delle funzioni tissutali dopo il danneggiamento dell’organo [67]. Il successo di molte terapie cellulari e della immunoterapia dipende da un accurato rilascio, dosaggio e trafficking delle cellule impiegate allo scopo [68]. In biologia e medicina le SPIO sono state ampiamente utilizzate per la selezione cellulare oltre che per il loro normale uso come agenti di contrasto MRI [69]. La tecnica MRI, infatti, ha una lunga storia di applicazioni nel campo della diagnostica clinica e si sta rapidamente sviluppando come strumento non invasivo per l’imaging cellulare nello studio di malattie in modelli animali. Al fine di aumentare la visualizzazione del contrasto all’interno delle immagini si rende necessario l’impiego di agenti di contrasto specifici per il labeling cellulare che permettano una maggiore distinzione tra le cellule labellate ed il background tissutale. Un agente di contrasto ideale dovrebbe possedere le seguenti caratteristiche : biocompatibilità, un profilo non citotossico, grande sensibilità e garantire un cell tracking a lungo termine. In questo senso la popolarità delle SPIO è cresciuta negli ultimi anni grazie alle seguenti proprietà : (1) grande diminuzione dell’intensità del segnale MRI per unità di metallo; (2) biodegradabilità del ferro in esse contenuto e possibilità di riutilizzo da parte delle cellule attraverso le normali vie biochimiche del metabolismo del ferro; (3) presenza di coating superficiali, che permettono la formazione di legami chimici con gruppi funzionali e ligandi; (4) facile visualizzazione per mezzo della microscopia ottica ed elettronica; e, infine (5) possibilità di essere manipolate magneticamente [70]. L’imaging cellulare con l’impiego delle nanoparticelle SPIO è stato introdotto per la prima volta per analisi a livello epatico [71]. Dopo la somministrazione intravenosa le particelle SPIO sono rapidamente fagocitate dalle cellule Kupffer del fegato, una classe di macrofagi specializzati. Questo uptake cellulare rende l’organo ipointenso (e quindi più scuro) nelle immagini MRI. Nelle aree dove la normale architettura del fegato è disturbata (mancanza di cellule Kupffer), come accade in presenza di tumori epatici, l’intensità

Gilberto Mulas, MRI in campo biomedico e farmaceutico : nanoparticelle SPIO e ottimizzazione del contrasto. Tesi di dottorato in Scienze e Tecnologie Chimiche, indirizzo Scienze Farmaceutiche (XXIV ciclo), Università

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del segnale rimane invece inalterata e quindi messa in evidenza rispetto al restante tessuto epatico sano. Le particelle di ossido di ferro hanno trovato ulteriori applicazioni di imaging cellulare per altre patologie. In particolare le USPIO, grazie allo loro dimensioni (inferiori ai 40 nm), vengono fagocitate dai macrofagi circolanti nel sangue e di conseguenza possono : permettere la visualizzazione dell’ attività macrofagica in diverse malattie (patologie renali, disfunzioni della barriera emato- encefalica) [72] ed evidenziare la loro localizzazione in focolai infiammatori (placche ateromatose) o in distretti del sistema immunitario (linfonodi) [73]. Senza dubbio però l’applicazione più importante delle particelle SPIO è quella di monitorare tramite MRI la migrazione di cellule labellate ex vivo nelle nuove terapie basate sull’utilizzo delle cellule staminali [74].

Cellule Staminali

Le cellule staminali (SC) sono cellule non specializzate capaci di autorigenerarsi attraverso la divisione cellulare o di differenziarsi in cellule specializzate di diverse e determinate linee di tessuto. Esse sono capaci di proliferare indefinitamente mantenendosi in uno stato indifferenziato: possono dunque affrontare numerose duplicazioni senza dare segno di invecchiamento o differenziamento. Questa proprietà prende il nome di self-renewal (o autorinnovamento) e viene altrimenti definita come la capacità di generare cellule con le medesime caratteristiche della cellula madre ad ogni duplicazione cellulare [75].

Inoltre, le cellule staminali presentano una grande plasticità differenziativa, ovvero sono in grado di dare luogo a numerosi tipi cellulari diversi qualora vengano indotte a differenziarsi [76].

Un meccanismo correlato al fenomeno della plasticità è la transdifferenziazione cioè la capacità delle cellule già programmate di cambiare il proprio profilo di espressione genetica in quello di un tipo cellulare completamente diverso. Quindi le cellule staminali adulte o cellule progenitrici, quando vengono rimosse dal loro microambiente e introdotte in uno differente, sono attivate alla riprogrammazione genica per assumere l’aspetto del nuovo tipo cellulare [77]. Le cellule staminali si suddividono in cellule staminali embrionali, cellule staminali adulte e cellule precursori/progenitrici [78]. I tessuti adulti fornitori di cellule staminali sono:

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 Midollo osseo  Sangue  Sistema nervoso  Muscolo  Fegato  Cute

Le cellule staminali adulte del midollo osseo si dividono in due popolazioni con distinta progenie: cellule staminali emopoietiche (HSCs) e cellule staminali mesenchimali (MSCs). Le MSCs sono cellule pluripotenti e rappresentano una piccola frazione, circa 0,001-0,01% della popolazione di cellule nucleate del midollo osseo [79]. Le MSCs sono cellule adese che assumono una forma fusata, simile a quella dei fibroblasti ed esprimono una specifica combinazione di molecole di adesione quali CD29, CD44, CD105, CD166, ed altri. Non esprimono invece marker fenotipici propri delle cellule emopoietiche come il CD34.

Macrofagi

I macrofagi costituiscono una popolazione di cellule fagocitiche mononucleate che originano nel midollo osseo da un precursore mieloide che dà origine ai monociti del sangue. Questi, dal sangue migrano nei tessuti e maturando si differenziano in macrofagi. I macrofagi sono estremamente mobili e dotati di elevata attività fagocitica. Essi sono inoltre caratterizzati da un grosso nucleo di forma variabile, che spesso presenta una profonda indentatura che si accentua con la progressiva maturazione della cellula, al punto tale da assumere un aspetto a “ferro di cavallo” o addirittura bilobato [80].

I macrofagi sono i componenti chiave dell’immunità innata: rappresentano infatti la prima linea di difesa dell’ospite nei confronti di numerosi microrganismi invasori e molto spesso sono sufficienti a controllare e debellare l’infezione e ad evitare quindi l’insorgenza di un’eventuale malattia.

Grazie alla loro elevata attività fagocitica e al notevole contenuto di enzimi idrolitici, i macrofagi sono in grado di esplicare funzioni citotossiche: inglobano e distruggono detriti derivanti dai tessuti e materiale esogeno, che possono essere presenti durante

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l’infiammazione e la riparazione dei tessuti.

Durante la fagocitosi, i macrofagi emettono lunghi prolungamenti citoplasmatici (pseudopodi) per circondare e inglobare il materiale particolato. Queste cellule rimuovono dalla circolazione il materiale particolato estraneo all’organismo, le cellule morte e i detriti cellulari [81, 82].