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3 Capitolo 3

soggette a carichi verticali e carichi orizzontali dovuti a frenature, accelerazioni e sterzature.

Figura 3.1 – Via Ugo Bassi a Bologna.

Figura 3.2 – Overlay di manti bituminosi.

Capitolo 3 Pavimentazioni stradali ad elementi: analisi della letteratura

veicolari e per tale motivo deve raggiungere e mantenere nel tempo alcuni requisiti fondamentali garantendo elevate prestazioni di tipo strutturale e funzionale. Per quanto riguarda le prestazioni strutturali i requisiti fondamentali sono la capacità di trasmissione dei carichi di traffico allo strato di sottofondo e la capacità di resistere ai fenomeni di degrado. Indipendentemente da come la pavimentazione sia realizzata essa deve essere in grado di distribuire le azioni trasmesse dai veicoli in modo tale che le tensioni verticali che agiscono sul sottofondo siano compatibili con la sua portanza e con la sua resistenza all’accumulo delle deformazioni permanenti. Inoltre, tenendo conto dell’azione combinata dei carichi ciclici e delle condizioni ambientali (quali gelo, disgelo, presenza di acqua etc.) essa deve essere in grado di garantire una determinata vita utile. Per quanto riguarda le prestazioni funzionali, la superficie della pavimentazione stradale deve possedere e mantenere nel tempo una certa regolarità ed una buona aderenza; infatti, se si considera l’interazione tra pneumatico e superficie stradale, essa ha un riflesso diretto sull’utente con conseguenze sulla condotta di guida e sul comfort.

Le pavimentazioni ad elementi differiscono dagli altri tipi di pavimentazione poiché la superficie di usura è costituita da piccoli blocchi distinti posati in una predeterminata apparecchiatura, al di sopra di uno strato di allettamento. Al di sotto dello strato di allettamento la struttura è concettualmente simile a quella di una pavimentazione flessibile.

Le principali tipologie di deterioramento delle pavimentazioni ad elementi possono essere suddivise in due macro-categorie. La prima consiste in deformazioni verticali che possono presentarsi in maniera più o meno estesa su un’area pavimentata e sono dovute agli elevati carichi verticali a cui essa è soggetta unitamente a difetto di portanza degli strati sottostanti. La seconda consiste invece in deformazioni orizzontali dovute alla componente orizzontale dei carichi veicolari durante la frenatura e l’accelerazione, che causano uno

“scivolamento” degli elementi: per evitare tale fenomeno è necessario realizzare la miglior coesione tra gli elementi della pavimentazione agendo sulle apparecchiature e sulla dimensione dei giunti. Una terza categoria riguarda invece la rottura dei singoli elementi che deriva da una selezione errata dei materiali. In realtà si ha spesso una interazione tra le cause, infatti un mal dimensionamento degli strati della pavimentazione porta ad un cedimento verticale dei vari elementi

che, a sua volta, porta ad una successiva mancanza di coesione tra gli elementi stessi e viceversa [4].

Come abbiamo già detto, la superficie delle pavimentazioni ad elementi, a differenza di quella delle pavimentazioni continue, è costituita da elementi distinti posati in una determinata apparecchiatura per realizzare una superficie discreta.

L’insieme dei singoli elementi e dei giunti costituisce una superficie con caratteristiche strutturali e non è quindi da considerarsi come un semplice rivestimento. Tali pavimentazioni sono considerate pavimentazioni flessibili e nel loro progetto si segue la stessa filosofia che si segue per la realizzazione delle pavimentazioni flessibili benché esse siano concettualmente molto differenti. La soluzione analitica di calcolo per tali tipologie di pavimentazioni in un multistrato tridimensionale è estremamente complessa e quindi è necessario analizzare le singole componenti. La capacità di trasferimento del carico agli strati sottostanti di tali pavimentazioni non è paragonabile a quella delle pavimentazioni flessibili proprio a causa delle piccole dimensioni degli elementi nonché della loro interazione, delle frequenti discontinuità, delle interazioni che avvengono tra i vari strati etc. [5].

Come osservato in diversi studi, nel periodo iniziale di apertura al traffico la pavimentazione è soggetta ad un elevato grado di deformazioni verticali, sotto i carichi dinamici di traffico, che con il tempo tendono a stabilizzarsi. In pratica sotto l’azione di questi carichi ripetuti si ha un irrigidimento della pavimentazione ed un miglioramento della sua capacità portante dovuto ad una sorta di

“precompressione” nello strato superficiale (definito fenomeno di lock-up) e perfezionando il mutuo incastro tra gli elementi ( definito fenomeno di interlocking) [6–13]. Per limitare il più possibile tali cedimenti in opera è quindi necessario eseguire una compattazione adeguata prima dell’aperura al traffico [14].

Quando la pavimentazione è soggetta a carichi veicolari gli elementi tendono a ruotare ed a traslare. Quando un elemento soggetto a carico veicolare subisce una rotazione produce lo sviluppo di forze orizzontali all’interno della pavimentazione [7]; tale meccanismo sarà fortemente influenzato, come vedremo nei prossimi paragrafi, dallo spessore dei giunti, dalla forma degli elementi e

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l’interlocking verticale, l’interlocking orizzontale e l’interlocking rotazionale [15,16].

L’interlocking verticale (Figura 3.3) è principalmente dovuto al trasferimento del carico attraverso la resistenza di attrito che si genera all’interno dei giunti. Se si considerano una serie di elementi posati al di sopra di un allettamento in sabbia e si applica un carico verticale ad un singolo elemento, questo tenderà a muoversi verticalmente indipendentemente dagli elementi circostanti. Se invece la superficie viene compattata e vibrata, parte della sabbia dell’allettamento risale attraverso i giunti. Se si procede poi alla saturazione a sabbia dei giunti e ad un ulteriore compattazione della superficie, tra gli elementi si genereranno delle forze che tenderanno a limitare tale deformazione verticale.

Figura 3.3 – Meccanismo di interlocking verticale.

L’interlocking rotazionale (Figura 3.4) è invece principalmente garantito dal contenimento laterale attraverso l’uso di cordoli e da un adeguato serraggio dei giunti. Considerando lo stesso esempio di prima, se si applica una forza eccentrica ad un elemento della pavimentazione non compattata, questo tenderà a ruotare liberamente. Se invece i giunti sono saturati a sabbia e la superficie è ben compattata e contenuta lateralmente da cordoli, tale rotazione sarà in parte inibita.

Figura 3.4 – Meccanismo di interlocking rotazionale.

L’interlocking orizzontale (Figura 3.5) è invece principalmente dovuto al tipo di apparecchiatura, alla forma e dimensione degli elementi e, ancora, al riempimento dei giunti.

Figura 3.5 – Meccanismo di interlocking orizzontale.

Nei tre descritti fenomeni sono sempre rilevanti i ruoli assunti dalle condizioni di posa quali lo spessore e la tipologia di allettamento, la forma e la dimensione degli elementi, lo spessore dei giunti ed il materiale utilizzato per il loro riempimento, le apparecchiature ed ovviamente gli strati sottostanti. In questo capitolo verranno analizzati tali parametri.