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Introduzione: l’architettura sacra esisteva in Età micenea?

I. 9 *si-ro srÒw, oË (ı)

II.1 Introduzione: l’architettura sacra esisteva in Età micenea?

Oggi con il termine santuario si intende un luogo (edificato o non edificato) e al tempo stesso un organismo che può essere strutturato gerarchicamente (con sacerdoti, dipendenti e servi), detenere ricchezze e giocare un ruolo più o meno importante, non solo nella vita religiosa, ma anche nella vita economica (come centro di produzione, consumo e redistribuzione) e in quella politica (come centro di potere). Come abbiamo visto nel capitolo precedente, il miceneo disponeva di più termini per indicare un “luogo di culto”234. A livello archeologico, il riconoscimento di edifici indipendenti destinati ad essere frequentati come luoghi di culto è reso difficile dalla mancanza di una forma architettonica peculiare dell’edificio con funzione di tempio. Le identificazioni devono, perciò, basarsi sulla presenza di chiari indicatori del culto: terracotte antropomorfe e teriomorfe di dimensioni medio-grandi (attività votive), piattaforme, banchine, tavole per offerte, kylikes e vasi miniaturistici, rhyta e ossi di animali (commensalità rituale e libagioni)235. Spesso gli edifici di culto micenei sono provvisti di banchina e/o di varie tipologie di altari, alcuni con segni di combustione, cioè di sacrifici cruenti, mentre altri, stuccati e decorati, erano verosimilmente destinati ad offerte , ma le tipologie sono molto varie.

I dati sia filologici sia archeologici indicano che i templi erano intesi dai Greci del II millennio come dimore della divinità236. Come abbiamo visto nel precedente capitolo, lo scriba miceneo utilizzava in modo generico il termine i-je-ro flrÒn, che, come aggettivo sostantivato, indica il luogo sacro, e in modo più specifico i termini *na-wo naÒw, da cui l’aggettivo na-wi-jo in PY Jn 829.3, e wo-ko o‰kow, che indica la “casa” della Potnia in cui si svolgevano attività artigianali in TH Of 36.2. Tale concezione “minimale” del luogo sacro collima con i resti architettonici, poiché, come vedremo nel dettaglio in queto capitolo, quelli che possiamo definire “templi” sono edifici semplici e di dimensioni assai modeste, del tutto analoghe alla contemporanea

234 Alle espressioni analizzate nel cap. I, si aggiungano quelle derivate dai teonimi, per esempio “di-wi-

jo” e “po-si-da-i-jo”, che indicano, rispettivamente, il santuario di Zeus e quello di Poseidone.

235 Sugli indicatori del culto RENFREW 1985,11-26 eFERNANDEZ 1988. 236 Inter alii ALBERS 2001.

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architettura domestica237. Inoltre, i diversi idoli femminili di medio-grandi dimensioni, torvati in molti santuari del Continente, di Creta e delle Cicladi, sono probabilmente offerte votive di immagini della divinità lasciate dai fedeli. Le tracce più evidenti della caratterizzazione del tempio della Tarda Età del Bronzo come naòs dell’immagine di culto, si trovano a Creta nella primissima Età del Ferro, dove i modellini di Cnosso (Subminoico) e di Archanes (Protogeometrico) rappresentano al proprio interno un’immagine divina, la quale riprende ancora il tipo iconografico della divinità con le braccia alzate particolarmente caratteristica del TM IIIB-C238. Ciò non implica ovviamente che i templi micenei dovessero ospitare un’immagine di culto funzionalmente analoga alle statue che si trovavano nelle celle dei templi greco- romani, ma che, come sottolinea la Aamont: “Mycenaean cult buildings functioned as

places where the cult equipment was kept, where offerings to the divinity were deposited and consequently where the divinity was thought to be present”239.

Un’altra caratteristica peculiare degli edifici religiosi micenei è la frequente presenza di aree destinate alla produzione artigianale nelle immediate adiacenze, le cui tracce più evidenti sono i prodotti semilavorati, le scorie e gli utensili240. Tali indicatori di attività artigianali sono stati rintracciati in vari santuari micenei, per es. nel Cult

Center dell’acropoli di Micene, nel vano 123 (TE IIIB) e nei vani sovrapposti 119, 117,110 e 110a (TE IIIC) dell’acropoli bassa di Tirinto241. Il coinvolgimento dei santuari nelle attività economiche è un fenomeno riscontrabile anche nell’impero ittita ed in Egitto, inoltre, a livello archeologico, nell’Egeo della Tarda Età del Bronzo, soprattutto a Cipro, si conoscono diversi casi di associazione tra culto religioso e produzione artigianale, in particolare metallurgica242. Tra gli edifici di culto architettonicamente indipendenti dovremo, dunque, distinguere le “dimore” della divinità, le “dimore” della divinità con annessi spazi destinati al lavoro artigianale e gli edifici primariamente domestici nei quali sono presenti indicatori di attività rituali di carattere religioso. Tuttavia, poiché, come abbiamo detto, non esiste una tipologia architettonica strettamente connessa con il culto e la religione, ci baseremo sia

237 WHITTAKER 1997, 144.

238 Recentemente PRENT 2009, 233-236, figg. 19.1 e 19.7. 239 Cf. AAMONT 2008, 31-34 (citazione da pp. 33-34).

240 Per il problema dell’identificazione e della classificazione degli spazi deputati alla produzione

artigianale nel Tardo Bronzo v. TOURNAVITOU 1988.

241 MONTECCHI 2006, 161-189.

242 Per gli esempi di associazione tra culto e produzione artigianle a Creta v. HÄGG 1992. Per

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sull’eventuale continuità di culto (quando sull’edificio miceneo si è impiantato un santuario in età storica) sia sul riconoscimento degli indicatori materiali dei rituali religiosi, ma le interpretazioni saranno più o meno certe a seconda dello stato di conservazione, della “monumentalità”, dell’“univocità d’uso” e della reiterata presenza dei materiali diagnostici. Inoltre, poiché soltanto i megara, i nuclei centrali dei Palazzi Peloponnesiaci nei quali senz’altro avevano luogo rituali religiosi, rappresentano una categoria architettonica ben distinguibile e dunque analizzabile in quanto tale, la rassegna degli altri luoghi di culto segue un ordine meramente alfabetico, regione per regione, proprio perché essi esistono come categoria funzionale ma non come categoria architettonica e perché non si vuole tenere conto, a

priori, della tradizionale distinzione di due macro-livelli nella religione e nelle pratiche cultuali micenee, uno ufficiale e l’altro popolare, la cui efficacia sarà messa in discussione nel paragrafo conclusivo.

II.2 Il carattere religioso della società micenea e dei Megara di Pilo,