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Come descritto nella parte generale, il TSPO, grazie alla sua primaria localizzazione mitocondriale, riveste un ruolo importante sia nella regolazione della proliferazione cellulare e dell’apoptosi, che nella biosintesi degli steroidi. Il TSPO risulta quindi essere un target promettente per lo sviluppo di nuovi strumenti terapeutici per il trattamento clinico di numerosi disordini quali tumori, malattie neurodegenerative, autoimmuni ed infettive, tutte patologie correlate ad un alterato equilibrio dei processi vita/morte cellulari. In particolare, un incremento della morte cellulare caratterizza patologie acute quali l’infarto, l’AIDS, disturbi epatici, così come le patologie neurodegenerative. Al contrario, una ridotta capacità delle cellule di andare incontro ad apoptosi può portare all’accumulo di cellule anomale, caratteristico sia dei tumori che delle malattie autoimmuni.

Per quanto riguarda invece l’azione steroidogenica, le evidenze di una iperespressione del TSPO e delle proteine steroidogeniche associate in seguito ad un danno traumatico nel cervello e nel midollo spinale, insieme ad un aumento locale del livello di steroidi, suggerisce che tale recettore possa giocare un ruolo neuroprotettivo mediato dalla neurosteroidogenesi. Tra le patologie che implicano una alterazione dei livelli di alcuni specifici neurosteroidi possiamo ricordare i disturbi correlati allo stress, la depressione e le malattie neurodegenerative. Di conseguenza, l’identificazione di nuovi specifici ligandi per il TSPO risulta di grande importanza al fine di caratterizzare i potenziali ruoli farmacologici e terapeutici di tale recettore.

Negli ultimi anni, l’utilizzo di probes molecolari quali radioligandi e ligandi fluorescenti si è rivelato un valido metodo per lo studio delle interazioni ligando/recettore. Tali probes forniscono infatti un’ampia varietà di informazioni sul meccanismo di legame del ligando al proprio recettore e sulla distribuzione subcellulare del recettore stesso. In particolare, l’identificazione di nuovi probes molecolari capaci di marcare specificatamente il TSPO nelle cellule vive, riveste grande importanza per studiare meglio il ruolo di tale proteina in molte patologie ad essa correlate.

L’espressione basale di questo recettore risulta infatti alterata in vari disturbi: una

disturbi psichiatrici. Al contrario il TSPO è up-regolato in una serie di neuropatologie che includono i gliomi, i disturbi neurodegenerativi, quali l’Alzheimer, così come in varie forme di danno cerebrale e di infiammazione. Una densità particolarmente elevata di tale recettore si osserva nei tessuti neoplastici. Il TSPO potrebbe così rappresentare un marker sensibile e specifico di alterazioni patologiche, oltre che un mezzo diagnostico dello stato e progressione della patologia, incoraggiando le ricerche verso lo sviluppo di nuovi ligandi del TSPO quali strumenti utili per tecniche di imaging molecolare.

Nel corso di questo lavoro di tesi sperimentale sono stati sviluppati nuovi probes molecolari per il TSPO, in particolare, ligandi fluorescenti a struttura chinazolinica. La progettazione di tali ligandi è stata realizzata sulla base della struttura dei derivati chinazolinici I (Parte Generale), una classe di ligandi ad alta affinità e selettività per il TSPO. La loro elevata affinità (Ki nell’ordine del nanomolare) e selettività li rende degli ottimi leads per l’ottenimento di ligandi fluorescenti.

La caratteristica fondamentale che un probe deve possedere per essere definito un marker recettoriale è la capacità di legarsi con alta affinità al recettore in esame. I probes fluorescenti presentano alcuni vantaggi tra cui: il basso costo e la bassa tossicità e quindi una ottima maneggevolezza; la possibilità di essere spiazzati da ligandi non fluorescenti, permettendo quindi di valutare la specificità del segnale di fluorescenza. Per contro esistono anche tutta una serie di svantaggi: il gruppo

al recettore; esistono inoltre dei fattori che tendono a diminuire la sensibilità di rilevazione del segnale come ad esempio l’autofluorescenza dei tessuti.

N N O N R2 R1 L3 R3 H1 L4 R4 R5 L1

Sulla base del modello farmacoforico per l’interazione di questi ligandi con il recettore[24] e della fattibilità sintetica, il gruppo fluorescente è stato introdotto al termine della catena carbossammidica in modo da poter interagire con le tasche L3 o L4, che sembrano avere delle dimensioni abbastanza grandi per ospitarlo, andando quindi a perturbare al minimo il legame col recettore. La lunghezza della catena alchilica è stata variata da 4 a 6 unità metileniche in modo da introdurre una flessibilità che permetta il miglior posizionamento possibile della molecola all’interno del sito recettoriale. Come gruppo fluorescente è stato selezionato il 4- cloro-7-nitrobenzofurazano (NBD). Questo gruppo ha infatti un volume molecolare relativamente piccolo per cui produce un’influenza minima sull’affinità per il recettore e inoltre è stato ampiamente utilizzato con ottimi risultati per lo studio di vari sistemi recettoriali. Inoltre, la fluorescenza emessa per mezzo dell’NBD in ambiente lipofilo, ossia in seguito al legame ligando/recettore, è maggiore e facilmente distinguibile da quella emessa in ambiente idrofilo quando, al contrario, il ligando non interagisce con il TSPO.

La procedura per la sintesi dei derivati 10 e 11 è riassunta nello Schema di Sintesi 1.

Schema di Sintesi 1

La bromurazione dell’ Etil 3,4-diidro-4-oxochinazolin-2-carbossilato 1 con tribromuro di fosforo porta alla formazione del rispettivo Etil bromochinazolin estere 2, ottenuto con bassa resa, circa 10-15%, poiché il prodotto risulta essere particolarmente instabile. Il composto è stato purificato con flash cromatografia (miscela eluente Esano : Acetato in rapporto 5 : 5). Il bromo derivato 2 così ottenuto è stato sottoposto ad una reazione di cross coupling con acido 2-clorofenilboronico, Palladio Tetrakis come catalizzatore e K2CO3 come base. Il composto 3, purificato tramite flash cromatografia (miscela eluente Esano : Acetato in rapporto 6 : 4) è

idrolizzato ottenendo il rispettivo acido 4 con resa quantitativa. L’acido 4 è stato poi fatto reagire con SOCl2 in THF anidro 0°C. Al termine il grezzo di reazione viene portato a secco a p.r e lavato per 3 volte con THF anidro per eliminare l’eccesso di reattivo presente in miscela. Il cloruro acido così ottenuto 5 vienerispettivamente trasformato nei composti 6 e 7 per aggiunta dell’appropriata ammina (N-Boc-1,4

diamminobutano e N-Boc-1,6 diamminoesano) in presenza di trietilammina in

quantità equimolare per neutralizzare l’acido cloridrico che si forma dalla reazione. La reazione è condotta in corrente d’azoto a temperatura ambiente per circa 12 ore, controllandone l’andamento tramite TLC (miscela eluente Esano : Acetato in rapporto 2 :8). Al termine la soluzione viene portata a secco ed il residuo viene ripreso con diclorometano. La fase organica, dopo lavaggio con una soluzione di NaHCO3 al 5%, con HCl 10% e con H2O, viene essiccata su MgSO4, filtrata ed evaporata a secco[31]. I composti 6 e 7 sono stati purificati tramite flash cromatografia (miscela eluente Esano : Acetato in rapporto 3 : 7) ed ottenuti con una resa del 65% circa. I composti 6 e 7 sono in seguito idrolizzati con acido trifluoroacetico per circa 4 ore in diclorometano, controllandone l’andamento con TLC. Al termine il solvente viene evaporato a p.r. Al residuo ottenuto viene aggiunto ghiaccio e la soluzione è alcalinizzata con NaOH 3M fino a pH=7, ed estratta con diclorometano. Dopo essiccamento su MgSO4, la fase organica viene evaporata a p.r. Si ottengono così i composti 8 e 9, con una resa rispettivamente del 75% e dell’86%, che risultano sufficientemente puri per essere utilizzati nella reazione successiva senza ulteriore purificazione. Ad una soluzione del composto 8 o 9 e trietilammina in dimetilformammide anidra viene aggiunto, goccia a goccia a 0°C, il 4-cloro-7-nitrobenzofurazano (NBD) (miscela eluente Acetato 10). La reazione viene condotta in corrente d’azoto, mantenuta in agitazione a temperatura ambiente per 24 ore circa, controllandone l’andamento con TLC. Al termine il solvente viene poi evaporato a p.r.. Il residuo ottenuto viene trattato con ghiaccio ed estratto con diclorometano. Dopo essiccamento su MgSO4 la fase organica viene filtrata ed evaporata a p.r. I composti 10 e 11 sono stati infine purificati tramite flash cromatografia (miscela eluente AcOEt 10) ed ottenuti con una resa del 50%.

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