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Introduzione 113 

Nel documento Altri soggetti istituzionali (pagine 117-119)

SEZIONE II LA VALUTAZIONE ECONOMICA DEL VALORE DI NON USO DEGL

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Gli ecosistemi contribuiscono in modo fondamentale al benessere umano attraverso la produzione di una vasta gamma di beni e servizi. Alcuni, come cibo e riparo per molte specie animali, inclusa la nostra, sono del tutto intuibili. Altri, come la protezione da tipologie diverse di dissesto idrogeologico quali alluvioni, frane, erosione costiera, o la regolazione del cima, sono meno ovvii. Il Millenium Ecosystem Assessment (MA, 2003; 2005) fornisce ampia informazione scientifica sulle relazioni tra servizi ecosistemici e benessere umano. Evidenzia inoltre la necessità di, e suggerisce strategie per, migliorare la gestione degli ecosistemi a livello locale, nazionale e globale.

Il rapporto classifica i servizi ecosistemici in: produzione, regolazione e culturali. I primi si riferiscono alla “fornitura” di cibo, acqua dolce, combustibili naturali, fibre, risorse biochimiche e genetiche. I secondi sono collegati alle funzioni di supporto alla vita fornite dagli ecosistemi, ad esempio, depurazione dell’aria e dell’acqua, contenimento dell’inquinamento, regolazione dei processi climatici, delle malattie, processi di impollinazione etc.. I terzi, vedono gli ecosistemi come fonte di valori spirituali, artistici, estetici o religiosi, educativi, di eredità culturale, identità e ricreativi. I servizi culturali, in particolare, assumono spesso due caratteristiche: contribuiscono al benessere umano, ma non sono immediatamente associabili a scambi di mercato; esulano da un uso specifico. Il primo dei due aspetti determina una “assenza di prezzo”. In altre parole, dal momento che i servizi culturali non originano transazioni su mercati ben identificabili, non originano nemmeno un prezzo, un “pedaggio”, una “tariffa” che indichi il valore del servizio. Il secondo aspetto, in base al quale i servizi ecosistemici possono avere un valore per determinati individui o gruppi indipendentemente dalla possibilità che questi ne facciano un uso diretto, indiretto, presente o futuro, genera un valore che è legato alla mera esistenza dell’ecosistema.

Sono molti gli studi che evidenziano le pressioni crescenti alle quali gli ecosistemi costieri sono soggetti. Nel 2001 lo studio PAGE (Pilot Study of Global Ecosystems), nota come ben il 39% della popolazione mondiale viva entro i 100 Km dalla costa, creando pertanto un’enorme pressione in termini di inquinamento, sovrasfruttamento e alterazione del paesaggio naturale costiero. Più recentemente, EEA (2006a; 2006b; 2006c) evidenzia il continuo degrado degli habitat costieri associato a fenomeni di inquinamento, inondazione ed erosione e sovrasfruttamento dello stock ittico. In questo contesto il TEEB (2008) e Maler et al. (2008) sottolineano l’importanza di considerare, e soprattutto misurare, gli ecosistemi e i loro servizi al fine di promuoverne una corretta gestione, fondamentale per uno sviluppo sostenibile delle società umane. Sulla stessa linea si pone EEA (2010) per le zone umide delle coste del Mediterraneo. La ricerca evidenzia sia il loro ruolo produttivo che quello di generatori di esternalità positive. Infine Wong et al. (2014) nel contributo del Working Group II al Quinto Rapporto dell’IPCC affermano che: “Nel XXI° secolo i benefici derivanti dalla protezione contro l’aumento delle inondazioni costiere, e dalla perdita di terra derivanti da allagamento ed erosione su scala globale, sono superiori al costo sociale ed economico dell’inazione”. E’ comunque interessante notare che, benché questa opinione sia condivisa dalla maggioranza degli studiosi, non sia sostenuta da una evidenza quantitativa particolarmente ampia, a conferma indiretta della difficoltà di stimare, in pratica, il valore dei servizi ecosistemici.

Se anche quelli con rilevanza d’uso sono relativamente più facili da determinare, complessità maggiori si trovano per quelli di non uso. La prima, come anticipato, deriva dal fatto che il valore di non uso, per sua definizione, viene attribuito da soggetti che non sono e non saranno fruitori del servizio (Bateman 2002). La seconda, deriva dall’assenza di prezzi come punto di partenza della valutazione. Questo obbliga a ricreare dei mercati “fittizi” a sostituzione di quelli non esistenti. In pratica, ad elicitare le preferenze degli individui attraverso diverse tecniche, in particolare quelle basate su interviste (si veda Mitchell e Carson, 1989; Haab e K. McConnell, 2002).

La presente ricerca propone una stima del valore non di mercato e di non uso legato ai servizi culturali degli ecosistemi costieri italiani non applicando direttamente queste tecniche, ma avvalendosi di una meta-analisi,

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cioè di uno studio condotto su studi esistenti. Questa metodologia è particolarmente appropriata per ottenere

stime dei benefici ecosistemici in particolari siti di interesse anche quando studi specifici non esistano. (si veda ad esempio Glass, 1976; Bateman e Jones, 2003; Otrachshenko 2014).

In base alla nostra conoscenza quello presentato di seguito è il primo studio che applica questa metodologia agli ecosistemi costieri italiani. Sin da ora si sottolinea l’esiguità degli studi nazionali che possano costituire la base per la meta-analisi. In pratica, ci sono solo quattro studi disponibili. Il più recente, Polomé et al. (2005), basato sull’afflusso turistico e i visitatori giornalieri, stima il valore di opzione e di non uso delle spiagge di Venezia in circa 40 milioni di € l’anno. Per ovviare a tale carenza la presente ricerca utilizza anche gli studi condotti più in generale sui paesi dell’area Mediterranea. Anche in questo caso però la numerosità degli studi rimane contenuta. Non si può far altro che notare come la situazione non sia molto cambiata rispetto a quando, più di dieci anni fa, Mazzetti (2003) evidenziava la difficoltà di applicare tecniche di benefit transfer alle spiagge italiane dal momento che i pochi studi esistenti si riferivano soprattutto a spiagge inglesi o americane del tutto differenti per tipologia. I risultati di seguito presentati devono quindi essere considerati con una certa cautela e come un primo tentativo di stimolare la ricerca in questa direzione. La definizione di ecosistemi costieri adottata è basata sul concetto di prossimità alla costa (Hinrichsen, 1998). Elemento caratterizzante di molte località costiere e particolarmente vero per l’Italia (ma si veda per esempio anche Jennings (2004) per la UK) è il potenziale conflitto tra zone con valenza ricreativa, come spiagge ed acque balneabili, ed ecosistemi. Questo è da intendersi nel senso che la protezione dei secondi può confliggere con l’espansione delle prime ad uso per esempio turistico. Per questo

motivo, le due devono essere analizzate congiuntamente (Figura 12.1).

Figura 12.1: Acque balneabili in Italia

Fonte: National boundaries: European Environment Agency; Bathing waters data and coordinates: Italian authorities (EEA, 2012

).

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Secondo EEA (2012), in Italia 4.712 acque potenzialmente balneabili rispettano i requisiti obbligatori

rispetto alla presenza di enterococchi intestinali e Escherichia coli. In totale il numero delle zone balneabili costituisce il 30% del complesso dei 19 paesi europei con sbocco sul mare. La linea di costa si prolunga per 7.600 Km ed è densamente popolata (Eurostat, 2012). Spesso le regioni costiere Italiane sono ricche di ecosistemi che ospitano e forniscono nutrimento a molte specie animali e vegetali. Tali regioni hanno un ruolo socio economico determinante per lo sviluppo del Paese fornendo snodi chiave per i trasporti con la portualità, attività ittiche e turismo. In Italia le regioni costiere contribuiscono per il 64% del GDP nazionale (Eurostat, 2011).93

I risultati della presente ricerca suggeriscono che la diponibilità a pagare (WTP) media per gli ecosistemi costieri italiani, che ne esprime il valore di non uso, è pari, per i residenti nelle zone costiere, allo 0,18% del PIL pro capite, mentre è pari al 3,05% della spesa totale dei turisti internazionali nel caso dei non residenti. Questo corrisponde ad un totale annuo di circa 2 miliardi di € associabile ai residenti nelle zone costiere e di circa 1 miliardo di € associabile ai non residenti sia nazionali che internazionali.

La WTP annua dei residenti e dei non residenti per le spiagge e le loro amenità ricreative è invece pari all’1,41% del PIL pro capite e al 23,64% della spesa totale dei turisti internazionali rispettivamente. Questo corrisponde ad un totale di circa 16 miliardi di € associabile ai primi e di circa 8 miliardi di € associabile ai secondi, quindi circa 8 volte superiore al valore di esistenza degli ecosistemi in senso stretto.

Di seguito, il capitolo 13 presenta il database utilizzato e specifica il modello econometrico per la regressione di meta analisi, i capitoli 14 e 15 sviluppano i test di robustezza e descrivono i risultati ottenuti. L’ultima sezione conclude.

Nel documento Altri soggetti istituzionali (pagine 117-119)

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