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La terapia attuata per mezzo dell’ipnosi (ipnoterapia) trova indicazione in forme morbose le più svariate per natura, evoluzione e sintomi, in quanto suscettibile di indurre cambiamenti, anche notevoli, di funzioni cortico-diencefaliche, i quali si riflettono terapeuticamente su vari processi patologici o su loro conseguenze.

L’ipnoterapia può essere cioè rivolta, sebbene con modalità e fini diversi, tanto a disordini somatogeni, stati patologici che nascono ed evolvono nel soma (riflettendosi più o meno sulla psiche), nei quali, allo stato attuale delle conoscenze, non è attribuibile valore eziopatogenetico al fattore psichico, quanto a disordini psicogeni, stati patologici che nascono invece nella psiche, ivi evolvendo (psichici) o declinandosi nel soma (psicosomatici) , nei quali il primo elemento è costituito dal fattore psichico. A seconda della natura, dinamica e caratteristiche del disordine, a seconda ancora della personalità del paziente, variano le indicazioni e le modalità dell’ipnoterapia, la quale pertanto implica sempre anche un’accurata indagine diagnostica preliminare di personalità e di malattia e presuppone una particolare preparazione medico-psicologica da parte di chi la attua.

Ciò anche in quanto sono certamente possibili effetti collaterali negativi o addirittura danni, in accordo con Bernheim, Schultz, Janet e tanti altri, non all’ipnosi di per sé, che anche da ricerche sperimentali contemporanee è risultata innocua, ma al metodo impiegato e a chi lo attua.

Vi sono infatti situazioni in cui l’ipnosi non va impiegata; ve ne sono altre in cui può essere usata, con la precauzione però di evitare l’impiego di determinate tecniche. Severamente controindicate sono, ad esempio, la presa di coscienza di gravi problematiche profonde quando l’Io del soggetto è debole e la rimozione meccanica diretta per via suggestiva di certi sintomi che affondano le loro radici in seri conflitti inconsci. Tali eventi possono infatti aggravare lo stato psicopatologico e farne emergere un altro ancora più grave.

Da evitare è pure l’abolizione di sintomi somatici espressione di meccanismi di difesa e di compenso, quali certe dissenterie o ipertensioni, oppure utili a fini diagnostici, quale il dolore appendicolare; l’induzione di conflitti e di regressione di età in pazienti quali gli ipertesi, gli ipertiroidei, i cardiopatici di una certa gravità, nei quali le emozioni violente possono avere gravi ripercussioni somatiche. Può nuocere notevolmente il non saper instaurare con il paziente il rapporto interpersonale più proficuo : da ciò può derivare, ad esempio, quello stato di dipendenza così enfatizzato dalla maggior parte degli psicoanalisti, certamente non riscontrabile, di solito, se l’ipnosi viene usata correttamente.

Danni sono infine possibile impiegando tecniche particolari senza aver compiuto il tirocinio necessario per impiegarle correttamente.

In conclusione, è opportuno ribadire che l’ipnosi e le tecniche ipnotiche, diagnostiche e terapeutiche, hanno le loro indicazioni e controindicazioni : vanno quindi impiegate, alla stregua di qualunque altro mezzo usato in medicina con diligenza, prudenza e competenza.

Paragrafo 1 : La preparazione dell’ipnoterapeuta o ipnotista o ipnologo

Qualunque sia la natura del disordine da trattare, l’impiego corretto dell’ipnoterapia implica, ancor più che l’uso di altri mezzi, la visione dell’uomo non come congegno meccanico o laboratorio biochimico a compartimenti stagni, ma come unità psicosomatica in stretto rapporto con l’ambiente esterno (inteso come l’insieme di svariate condizioni fisiche, psicologiche e sociali cui l’uomo viene ad essere soggetto), nella quale psiche e corpo sono inscindibilmente legati.

Ogni stimolazione infatti, sia endogena che esogena, induce “ una sensazione specifica, una risposta adeguata nell’ambiente della muscolatura striata, una catena di reazioni vegetative ed endocrine” (Rigotti), di entità diversa a seconda della costituzione e disposizione dell’individuo, dell’intensità, frequenza e durata della stimolazione. Tali reazioni hanno come effetto immediato modificazioni nell’organismo, destinate ad esaurirsi se cessa la stimolazione, suscettibili invece di divenire permanenti se la stimolazione persiste, sufficientemente intensa, oltre un certo limite di tempo. Ogni variazione psichica si riflette quindi, sul corpo, come ogni cambiamento somatico produce risonanze nella psiche : in entrambi i casi ne consegue un modificarsi della condotta.

Questa realtà è riscontrabile anche in condizioni di malattia, sia che questa interessi il corpo o la psiche, sia che costituisca la risposta dell’organismo ad agenti fisici o psicologici. Anche questi ultimi possono avere influenza patogena, presentandosi nell’uomo processi non solo biochimici ma anche affettivi, ambedue integrati dell’esistenza e da questa riorganizzati. A perturbamenti nella sfera psichica, la cui genesi può essere varia, possono conseguire così anche nel corpo disfunzioni, periodiche e costanti, suscettibili, se protratte nel tempo, di dar luogo ad alterazioni di strutture; inversamente, ad ogni malattia fisica si accompagna una regressione del paziente, nell’ambito della quale sono rilevabili perturbamenti psichici; in entrambi i casi altri effetti ancora possono conseguire, nella psiche e nel corpo, stabilendosi così, non raramente, un circolo chiuso ulteriormente patogeno.

L’ipnoterapeuta non può non tener in debito conto la realtà sovraesposta : l’ipnosi infatti, mezzo sperimentale particolarmente idoneo a confermarla, viene ad agire, essendo contemporaneamente stato psicofisico e rapporto interpersonale, tanto sull’organismo quanto sulla persona del malato; tale azione si realizza, qualunque sia la sfera in cui si declina, attraverso la psiche come risposta all’ipnologo; questi inoltre deve essere, anche di per sé, con la propria persona e condotta, agente terapeutico. Ne consegue che la terapia attuata mediante ipnosi è da considerare sempre, anche quando la malattia ha la sua origine ed evoluzione nel soma, psicoterapia, cioè cura che si attua con mezzi psicologici attraverso la psiche.

Attuare una tale terapia implica, quindi, da un lato, conoscenze sul come e sul perché l’emotività, non solo del paziente, ma anche dell’ipnologo, può andare incontro ad alterazioni; sulle conseguenze intra ed interorganismiche di tali alterazioni e sulle modalità psicologiche atte a prevenirle o a correggerle quando già in atto; dall’altro, un “training”, un allenamento cioè che permetta allo specialista di poter seguire tali modalità nella pratica, di divenire cioè terapeutico attraverso il rapporto interpersonale, non solo quando usa l’ipnosi, ma anche quando non la impiega.

Tali conoscenze ed allenamento, del tutto particolari, divengono tanto più complessi, quanto più ci si allontana dalla terapia dei disordini la cui genesi ed evoluzione è nel soma e ci si addentra nella cura di quelle turbe che nascono nella psiche. Infatti, non può essere produttiva un’ipnoterapia se l’ipnologo è motivato ad impiegare l’ipnosi solo da un forte senso di frustrazione di fronte alla vita e, pertanto, la induce, indiscriminatamente in ogni paziente per compensare i suoi insuccessi personali, senza preoccuparsi dell’esistenza di indicazioni e controindicazioni, cercando di ottenerla il più delle volte “profonda” in quanto solo così si sente “bravo”.

D’altra parte, una volta avvicinatisi all’ipnosi non è nemmeno opportuno abbandonarla per la presenza di sensi di inferiorità, che potrebbero essere favorevolmente modificati da adeguati provvedimenti. Sono spesso questi sentimenti, alla base di affermazioni quali “l’ipnosi” è un processo molto complesso in cui, difficoltà o paura da parte dello specialista, non accettate consciamente, di stabilire un rapporto interpersonale particolarmente intimo e di utilizzarlo poi proficuamente.

Il rapporto interpersonale è infatti estremamente importante ai fini sia dell’induzione sia dell’ipnoterapia, dipendendo da esso qualità, intensità e numero di risposte del paziente. In realtà, la preparazione dell’ipnologo oltre ad una formazione culturale specifica, dovrebbe anche realizzarsi attraverso una personale esperienza transferale, acquisita mediante un appropriato training didattico-terapeutico, considerato che l’uso di tale tecnica implica un impegno emotivo quasi sempre alto agli inizi.