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Lo studio degli eventi e delle relazioni che hanno portato alla nascita della Societa Irano-Italiana dei Petroli (SIRIP) e decisamente piu complesso e presenta molti piu attori di quello egiziano. Non a caso fu la progettazione e la stipula del contratto iraniano, sebbene come si e visto di poco successivo a quello egiziano, a portare ad un serrato confronto con le compagnie petrolifere riunite. In Egitto la storia del Paese – la presa di potere di Nasser, la Crisi di Suez e la sempre piu profonda nazionalizzazione dell’industria – favorī un’uscita di scena di molte delle compagnie straniere che operavano nel settore, lasciando ENI sempre piu partner privilegiato nelle relazioni del Paese. Nel caso iraniano, invece, fu la storia che precedette la comparsa di ENI a creare le basi per un cambio nella gestione delle risorse, mentre ENI si presento come agente di disturbo, cogliendo un momento di cambiamento nel modo di intendere le relazioni tra Paesi produttori e compagnie petrolifere, senza scompaginare particolarmente gli equilibri economici del Paese, ma costituendo un pericoloso precedente per la destabilizzazione degli equilibri stessi. In Iran ENI, a differenza che in Egitto, riuscī sī a istituire ottimi rapporti con il Paese produttore, ma senza diventarne interlocutore privilegiato.

Per arrivare a capire lo scenario politico ed economico in cui Mattei si trovo quando per la prima volta l’ENI mise piede in Iran bisogna tenere in considerazione la storia burrascosa che precedette questo contatto: in modo particolare bisogna tenere presenti le tante forze politiche che in Iran si contendevano il potere e delle influenze – alle volte sfociate in aperte ingerenze – che le altre potenze internazionali avevano su di loro. E proprio da un’ingerenza delle potenze straniere negli affari interni iraniani partono le considerazioni necessarie per capire quale fosse il clima politico del Paese nel dopoguerra. Fu nel 1941, infatti, che il fondatore della dinastia Pahlavi Reza Khan, Scia dal 1925, subī pesanti pressioni da parte delle potenze

Alleate affinche abdicasse in favore del figlio, Mohammad Reza.

Gran Bretagna e Unione Sovietica temevano che Reza Shah potesse tagliare la linea di rifornimenti di greggio che li sosteneva durante la guerra, o peggio, che potesse allearsi proprio con la Germania Nazista che loro combattevano. Tale convinzione nacque dal fatto che Iran e Germania erano diventati partner commerciali sempre piu stretti negli anni precedenti la guerra: le due potenze decisero di invadere il Paese adducendo che lo Scia si accingesse ad entrare in guerra al fianco dei tedeschi e lo costrinsero ad abdicare in favore del figlio. Mohammad Reza Pahlavi al tempo aveva appena ventidue anni e le potenze pensavano di poter meglio controllare il suo operato. Fu proprio durante l’occupazione pero che crebbe l’ostilita delle fazioni politiche contrarie allo Scia e alle potenze occupanti: furono anni “caratterizzati da una grande instabilita politica e soprattutto dal tentativo dell’Unione Sovietica di favorire la secessione delle province settentrionali iraniane”170, dando forza a movimenti e gruppi di opposizione.

La presenza di questi gruppi condiziono a lungo la scena politica iraniana, e condusse alla presa del potere di Mossadeq e alla conseguente nazionalizzazione dell’Anglo Iranian Oil Company. Il movimento politico di opposizione allo Scia , ritenuto incapace e succube della volonta straniera, aveva tra le sue fila esponenti legati a mondi anche molto distanti tra loro: si potevano riconoscere all’interno dell’opposizione sia gruppi legati all’islam sia alcuni caratterizzati da una forte connotazione ideologica nazionalista o comunista. I gruppi islamisti facevano riferimento a due principali correnti, una conservatrice e radicale, legata all’islam sciita e guidata dall’ayatollah Kashani, e una piu moderata e aperta a cambiamenti ideologici e sociali che riuniva i seguaci del mullah Safavi. I movimenti ideologici invece raggruppavano il partito comunista Tudeh e il piu complesso movimento nazionalista che faceva riferimento al Fronte Nazionale guidato da Mohammed Mossadeq171.

Fu proprio Mossadeq a prendere la guida del Governo nel 1951, a seguito

170 M. Bucarelli, “All'origine della politica energetica dell'ENI in Iran: Enrico Mattei e i negoziati per gli accordi petroliferi del 1957”, Nuova rivista storica, XCIV (2010), 2, p. 468

dell’assassinio del Primo Ministro Ali Razmara e alle dimostrazioni e agitazioni nazionaliste che lo avevano preceduto: i nazionalisti fecero dell’Anglo Iranian Oil Company un simbolo dell’ingiustizia e della disparita che dominavano i rapporti tra lo Stato e le grandi potenze estere, in particolare la Gran Bretagna, il cui atteggiamento “semi-coloniale” nei riguardi dei Paesi arabi e gia stato menzionato. Effettivamente i patti stretti nel 1933 all’atto della stipula della Convenzione che fondo AIOC erano sbilanciati a favore della compagnia: questa era tenuta a pagare al governo iraniano il 20% dei dividendi pagati agli azionisti ordinari piu una royalty di 45 scellini a tonnellata di petrolio venduta, ma di fatto buona parte dei profitti veniva reinvestito diminuendo la redditivita azionaria: in tal modo “l’importo del 20% da pagare alle autorita di Teheran rimaneva sostanzialmente immutato, nonostante il costante e progressivo aumento della produzione di greggio […] e dei profitti ricavati da AIOC”172.

La lotta di Mossadeq nei confronti dell’Anglo-Iranian si fece sempre piu sostenuta, fino alla richiesta di applicare anche al contratto AIOC la formula fifty-fifty che intanto era stata applicata dalle compagnie statunitensi in Arabia Saudita e ancor prima in Venezuela. E importante considerare il fatto che “tra il 1945 e il 1950 in Iran si era registrato uno sviluppo particolarmente rilevante: da 16 a 32 milioni di tonnellate annue di petrolio” e che proprio per questo “la compagnia inglese – unica concessionaria in tutto il territorio – aveva incamerato profitti altissimi173. Fu il

secco rifiuto che la compagnia oppose alla contrattazione in direzione del fifty-fifty che incendio definitivamente gli animi. Dalla richiesta della parita degli utili Mossadeq passo a chiedere la nazionalizzazione, e la promessa fatta al popolo venne mantenuta nel ’51 quando divenne Primo Ministro dell’Iran: la gestione di apparecchiature e impianti di AIOC venne affidata ad una nuova societa a gestione pubblica dal nome National Iranian Oil Company (NIOC).

La nazionalizzazione della gestione petrolifera non venne accettata di buon grado dalla Gran Bretagna il cui Governo rispose imponendo un embargo alle esportazioni di greggio iraniano prodotto nei siti AIOC: tra i Paesi occidentali che compattamente

rispettarono l’embargo inglese ci fu anche l’Italia, e “lo stesso Mattei, che allora dipendeva dalla AIOC per i rifornimenti del gruppo ENI, non accetto di acquistare petrolio nazionalizzato, anche quando (febbraio 1953) una misteriosa petroliera italiana, la Mirella, cerco di offrire a vantaggiose condizioni il suo carico”174.

La contromisura, nota come crisi di Abadan, fece crollare le vendite e quindi la produzione, creando gravi instabilita nel Paese e spingendo Mossadeq a ricercare l’appoggio del partito comunista Tudeh per aumentare il consenso interno175.

L’avvicinamento al partito Tudeh fece sorgere nei britannici il timore che il governo iraniano potesse aprire le porte del Paese all’Unione Sovietica in un contesto di Guerra Fredda (era in corso in quegli anni la guerra di Corea, destinata a concludersi nel luglio 1953), un timore che condivisero con gli Stati Uniti e che porto , dopo la fuga dello Scia dal Paese nel marzo 1953, ad un accordo segreto teso a destituire Mossadeq.

L’accordo segreto, che portava il nome di Operazione Ajax, fece ricorso alle truppe ancora fedeli allo Scia per arrestare Mossadeq: i tumulti e la tensione che era divampata nel frattempo nel Paese, in conseguenza dell’embargo britannico, avevano fatto divenire sempre piu esile il sostegno popolare a Mossadeq, tanto che costui arrivo a dissolvere il Parlamento iraniano e ad accentrare su di se tutto il potere legislativo. L’opinione pubblica, scossa da questi avvenimenti, passo dall’adulazione dell’eroe nazionalista in grado di riappropriarsi dei giacimenti petroliferi iraniani al timore di un dittatore che permetteva la crescita del controllo sovietico nel Paese, tramite il Tudeh. A questo punto statunitensi e britannici, dopo un primo tentativo di golpe fallito che costrinse alla fuga lo Scia , aiutarono i lealisti a simulare una violenta rivolta comunista cosī da scandalizzare l’opinione pubblica e incanalare il disgusto verso Mossadeq in sostegno alla repressione militare e al ritorno dello Scia Reza. Mossadeq venne arrestato e imprigionato, e passo il resto della sua vita agli arresti domiciliari. La storia del coup che termino l’esperienza

174 N. Perrone, Mattei, il nemico italiano: politica e morte del presidente dell'ENI attraverso i

documenti segreti, pp. 65-66

175 M. Bucarelli, “All'origine della politica energetica dell'ENI in Iran: Enrico Mattei e i negoziati per gli accordi petroliferi del 1957”, p. 471

politica di Mossadeq e di rilevante interesse nell’analisi degli equilibri politici internazionali e della gestione delle risorse iraniane. Sono molte le conseguenze che la vicenda genero sul piano interno, una fra tutte l’ostilita nei confronti delle ingerenze americane nella politica estera. Due conseguenze pero sono estremamente rilevanti nell’analisi storica dello scenario con cui si confronto Mattei: la sostituzione degli USA alla Gran Bretagna come interlocutore privilegiato del regime iraniano e la riappropriazione da parte delle compagnie petrolifere dell’Anglo Iranian, nel frattempo diventata NIOC.

La prima conseguenza e di importanza primaria per capire lo scenario politico, e per afferrare quanto l’esperienza di ENI e il rapporto con NIOC possa aver disturbato le compagnie americane e, di conseguenza, il loro Governo. Come ha spiegato bene Perrone, infatti, l’Iran prima della crisi di Abadan e dell’Operazione Ajax

era una consolidata riserva degli interessi inglesi, e gli Stati Uniti, che avevano cercato di mettervi piede sin dall’indomani della prima guerra mondiale, ne erano rimasti completamente fuori, nonostante il sostegno dato dal Dipartimento di Stato a tutti i tentativi delle societa americane176.

Dopo il rientro dello Scia e la sua forte presa di posizione sulla politica iraniana, invece, furono proprio gli americani a conquistare un ruolo chiave nell’influenzare la politica interna e nel controllare la maggior parte delle decisioni concernenti l’estrazione e il commercio del petrolio. Il passaggio di mano che porto dalla nazionalizzazione dell’inglese AIOC alla “riconquista” del possesso di NIOC da parte americana fu talmente rapido ed efficace da far emergere un “caso Mossadeq”, e a portare alcuni osservatori a congetturare una possibile azione diretta USA nella nazionalizzazione di AIOC. Originariamente poi le congetture parlavano di un possibile coinvolgimento della CIA nella caduta di Mossadeq. Sarale scriveva nel 1978 che “la soluzione della crisi, del resto, raggiunta nel 1954, sembrerebbe confermare queste ipotesi: furono proprio le compagnie americane, e

indirettamente l’influenza politica americana, ad uscire beneficiati dalla nazionalizzazione, e a trarre vantaggio dalla liquidazione dell’egemonia inglese nel paese”177.

Delle congetture fatte in quegli anni una e stata sicuramente confermata: la partecipazione degli Stati Uniti alla caduta di Mossadeq e stata ammessa anche dal Presidente americano Barack Obama in un discorso pubblico all’Universita del Cairo nel 2009:

In the middle of the cold war, the United States played a role in the overthrow of a democratically elected Iranian government. Since the Islamic revolution, Iran has played a role in acts of hostage-taking and violence against US troops and civilians. This history is well known178.

Quella invece secondo la quale sarebbero stati proprio gli USA a favorire la nazionalizzazione dell’AIOC in un’azione premeditata tesa a portare, nel lungo periodo, la compagnia petrolifera nelle loro mani sembra un’ipotesi molto piu improbabile e che, in questa sede, non e opportuno commentare. Cio che era certo gia al tempo, pero , e che dopo Mossadeq il ruolo degli americani in Iran divenne centrale, mentre quello britannico venne fortemente ridimensionato. Cosī come nell’Egitto di Nasser, e nello stesso periodo, i nuovi equilibri mondiali si andavano assestando e l’egemonia americana occupava le zone lasciate libere dalla rottura di cio che rimaneva dei vecchi rapporti coloniali britannici.

La seconda conseguenza provocata dalla caduta di Mossadeq che divenne centrale nell’intreccio di interessi che arrivo a coinvolgere l’ENI di Mattei fu invece la privatizzazione di NIOC e l’acquisizione del suo controllo da parte delle compagnie petrolifere. Una lunga trattativa, aperta al ritorno dello Scia e con lo scopo di decidere il futuro di NIOC, arrivo alla sua conclusione nel 1954 con la nascita di un

177 M. Sarale, “La dimensione internazionale: nascita e decadenza di un impero”, p. 152

178 Obama Barack, “A New Beginning”, discorso tenuto all’Universita del Cairo il 4 giugno 2009, The Guardian, World, http://www.theguardian.com/world/2009/jun/04/barack-obama- keynote-speech-egypt, data di aggiornamento 4 giugno 2009, data di consultazione 24 gennaio 2016

“Consorzio internazionale per la produzione, la raffinazione e la commercializzazione del petrolio iraniano”179. Questo nuovo consorzio non

smantellava quanto con NIOC era stato costruito, ma subentrava nel controllo della societa creata da Mossadeq. Le quote della societa nel consorzio andarono per un 40% alla British Petroleum (il nuovo nome di AIOC), per un 40% a cinque compagnie americane – Standard Oil of New Jersey, Standard Oil Company of New York, Gulf Oil Corporation, Texas Oil Company e Standard Oil of California – per un 14% alla Royal Dutch Shell, compagnia anglo-olandese nata dall’unione di Royal Dutch e Shell, e infine un 6% andava alla francese Compagne Française des Pe troles180.

Con l’introduzione del Consortium Agreement nasceva quindi il “cartello” iraniano delle “Sette sorelle”, come lo definī spesso Mattei. A differenza di AIOC il Consorzio concesse da subito la formula fifty-fifty e il suo accordo fondante “delineava per la prima volta la figura di un «contratto di servizio, caratterizzato dalla presenza della compagnia di stato iraniana, la NIOC, in veste di committente, e dalla presenza di due societa , la Iranian Oil Exploration and Production Co. (Ioepc) e la Iranian Oil Refining Co. (Iorc), in funzione di operatori per conto dell’Iran e della Nioc»”181. Il nuovo

accordo riusciva cosī a salvaguardare il principio sancito in costituzione della proprieta statale degli idrocarburi e a garantire allo stesso tempo le pretese delle compagnie petrolifere182.

Come e facile constatare, l’ENI di Mattei non venne invitata ad aderire al Consorzio. Se la decisione delle compagnie di escludere l’Ente italiano fu dovuta all’inadeguatezza – a loro modo di vedere – di capitale e mezzi per sostenere l’entrata nel mercato iraniano, parte della scena politica italiana interpreto invece questa esclusione come una precisa volonta delle “Sette sorelle” di tagliare fuori un’azienda che poteva costituire per loro una minaccia183. Questa seconda versione,

che leggeva la vicenda come uno “sgarbo” all’ENI e agli interessi italiani, venne

179 M. Bucarelli, “All'origine della politica energetica dell'ENI in Iran: Enrico Mattei e i negoziati per gli accordi petroliferi del 1957”, p. 472

180 Ibidem.

181 M. Sarale, “La dimensione internazionale: nascita e decadenza di un impero”, p. 154 182 Ibidem.

alimentata da alcuni tra coloro che ricostruirono le vicende di Mattei, soprattutto tra chi gli era idealmente vicino. Accorinti, ad esempio, ha rappresentato la vicenda come un tentativo convinto di Mattei di entrare nel consorzio che, una volta deluso, lo convinse ad andare consapevolmente contro gli interessi delle compagnie. Secondo lui infatti, oltre ad aver rifiutato di acquistare il greggio della nave Mirella – a cui si e gia accennato –

Mattei fece di piu , perche presto assistenza anche economica allo Scia : pago , i primi giorni, i conti dell’albergo Excelsior di Roma allo Scia che era sceso con la moglie Soraya e che si era trovato improvvisamente senza denaro per il blocco dei fondi a suo favore disposto da Mossadeq […] Nemmeno questo atteggiamento consapevole di Mattei servī a far entrare l’ENI nel gioco del consorzio internazionale184.

In realta le cose andarono diversamente, e l’immagine di uno sgarbo a cui il presidente ENI andava orgogliosamente a porre rimedio fu piuttosto un’immagine opportunamente creata da Mattei, che amava rappresentarsi come un piccolo “Davide” pronto a sfidare “Golia”, gli interessi delle grandi potenze, pur di tutelare quelli del suo Paese. Era un’immagine utile per rintuzzare le critiche della stampa che lo accusava di fare mosse azzardate in Medio Oriente. D’altro canto questa idea venne certamente alimentata dall’aura di eroismo che avvolse il presidente ENI dopo la tragica morte.

Un tentativo di inserimento nel Consorzio ci fu sicuramente, e venne respinto dalle grandi compagnie sia per motivi economici – l’ENI era considerata troppo piccola per sostenere i costi finanziari dell’operazione – sia per motivi politici – l’eventuale entrata nel “cartello” di un Ente piccolo come l’ENI avrebbe attirato la domanda di innumerevoli altri soggetti interessati. D’altro canto e necessario sottolineare che fu proprio Mattei a ritirarsi dal confronto nonostante le pressioni di Vittorio Zoppi, segretario generale del Ministero degli Affari Esteri, che nel gennaio ’54 gli scrisse per “invitare sia l’AGIP, che la FIAT, […] ad agire per inserire gli

interessi italiani nella costruzione del Consorzio internazionale in Iran”185. Mattei

riteneva che ne ENI ne FIAT fossero in grado di sostenere un’operazione di quel tipo, che avrebbe richiesto un complesso lavoro diplomatico e che sarebbe stata sicuramente destinata al fallimento considerato il “risibile peso politico che l’Italia poteva vantare nel 1954 sullo scacchiere internazionale”186. Fu lo stesso presidente

ENI, dunque, contrariamente a come e stato spesso riportato, ad evitare il contatto in quell’occasione con le grandi compagnie. Frankel attribuiva questo atteggiamento di Mattei nei confronti delle grandi compagnie ad una sorta di “ambivalenza freudiana: la sua ammirazione per la loro efficienza e potenza era profonda […] ma allo stesso tempo egli deve aver sentito che la sua missione non era quella di allinearsi”187.

Nonostante l’esclusione iniziale, in ogni caso, l’occasione per ENI di fare affari in Iran si sarebbe presentata di lī a poco, e sarebbe risultata in un contratto innovativo e uno “sgarbo” – quello sī intenzionale – da parte dell’Ente italiano alle “Sette sorelle”. Lo Stato iraniano infatti, nel 1956 fece giungere a ENI una proposta di collaborazione paritaria in una societa mista italo-iraniana, per effettuare prospezioni in 12 siti da circa 20 mila ettari ciascuno188 che erano rimasti disponibili dopo l’appropriazione

di NIOC da parte delle compagnie e risultavano ora di pertinenza del governo iraniano. Anche su questo la letteratura e spesso fuorviante: l’immagine di Mattei che esce dallo “sgarbo iraniano” a testa alta e combattivo nei confronti delle “Sette sorelle” diede modo di pensare che fosse stato proprio Mattei a proporre agli iraniani l’accordo 75-25, e anche il nome con cui e tutt’ora conosciuta questa formula – formula ENI o formula Mattei – lascia pensare che fosse stata sua l’idea del contratto. Niente di piu sbagliato: Mattei, per le motivazioni sin qui lungamente discusse, risultava il partner piu adatto ad accettare la formula innovativa, ma non fu lui stesso a inventare e proporre quella soluzione. Anzi, Teheran propose la creazione di una

185 M. Bucarelli, “All'origine della politica energetica dell'ENI in Iran: Enrico Mattei e i negoziati per gli accordi petroliferi del 1957”, pp. 473-474

186 D. Pozzi, Dai gatti selvaggi al cane a sei zampe: tecnologia, conoscenza e organizzazione nell'AGIP

e nell'ENI di Enrico Mattei, p. 415

187 P. H. Frankel, Petrolio e potere: Enrico Mattei, p. 96

societa mista a capitale paritario ad altre compagnie petrolifere, e addirittura, prima di rivolgersi a ENI, aveva gia tentato un approccio con la British Petroleum.

La British, pero , rifiuto la proposta spingendo gli iraniani verso l’ENI che, molto probabilmente, intesseva rapporti con Teheran dalla meta del 1955189.

Anche se questo creo le basi per l’errore di attribuzione dell’innovativa formula, portando piu di qualcuno a credere che la proposta di fondazione della SIRIP fosse stata fatta da parte italiana, di certo la stampa dell’epoca e la letteratura che descrisse l’atteggiamento ostile di Mattei nei confronti delle compagnie petrolifere non sbagliava di molto. La proposta dell’innovativa formula venne infatti veicolata a

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